N. 569 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 febbraio 1990
N. 569 Ordinanza emessa il 30 gennaio e il 27 febbraio 1990 dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Lucci Paolo contro il Ministero della difesa Militare - Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica - Cessazione della ferma per motivi disciplinari con collocazione in congedo illimitato - Mancata previsione del giudizio della commissione di disciplina e dell'assistenza di un difensore come previsto per le sanzioni di Corpo - Ingiustificato diverso trattamento delle sanzioni di stato rispetto alle sanzioni di Corpo. (Legge 31 luglio 1954, n. 599, artt. 66, 67, 73, primo comma e 74, primo comma). (Cost., art. 3).(GU n.39 del 3-10-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 85/1984 proposto da Lucci Paolo rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Spadea ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Milano, via Pinamonte da Vimercate, 2, contro il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro-tempore rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Milano e domiciliato ope legis presso la medesima in Milano, via Freguglia, 1, per l'annullamento del provvedimento (d.m. 27 ottobre 1983, n. 4232) con cui il Ministro della difesa ha irrogato al ricorrente la sanzione disciplinare di stato della cessazione dalla ferma per motivi disciplinari con collocazione in congedo illimitato; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione statale intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Uditi, alla pubblica udienza del 30 gennaio 1990, relatore il dott. Carmine Spadavecchia, l'avv. Spadea per il ricorrente e l'avv. dello Stato G. Onano per il Ministero intimato; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Il sig. Paolo Lucci, gia' sergente dell'Aeronautica in ferma volontaria, in servizio presso la prima regione aerea di Milano, e' stato posto in congedo illimitato a seguito di provvedimento di cessazione della ferma per motivi disciplinari, consistenti nell'avere lo stesso offeso l'onore ed il prestigio di altro ufficiale di grado piu' elevato in presenza di altri militari e per avere successivamente rivolto minacce all'offeso. Il provvedimento e' stato adottato dal Ministro della difesa con decreto 27 ottobre 1983, n. 4232, ai sensi degli articoli 40, lettera c), e 63 lettera b), della legge 31 luglio 1954, n. 599, previa inchiesta formale disposta dall'autorita' militare dopo la definizione del procedimento penale relativo agli stessi fatti, concluso con sentenza di improcedibilita' dell'azione penale per mancanza di richiesta. Con ricorso notificato il 24 dicembre 1983 il ricorrente ha impugnato il citato decreto ministeriale formulando le seguenti censure: 1) violazione dell'art. 64 della legge n. 599/1954, per la genericita' della contestazione degli addebiti, la mancanza di un compiuto accertamento dei fatti materiali e l'omessa indicazione di elementi a supporto dell'asserita gravita' degli addebiti; 2) violazione dell'art. 66 della stessa legge perche' l'autorita' militare che ha disposto l'inchiesta avrebbe omesso di presentare al Ministero della difesa la proposta sulla sanzione da irrogare; 3) violazione del giusto procedimento, delineato da norme interne della stessa Amministrazione, per essere stato precluso al ricorrente di prendere visione ed estrarre copia dei documenti dell'inchiesta e di depositare difese scritte; 4) illegittimita' costituzionale degli articoli 64 e 66 della legge n. 599/54, a fronte degli articoli 3, 24 e 52, ultimo comma, della Costituzione, in quanto tali norme, non disciplinando compiutamente il procedimento disciplinare, priverebbero l'inquisito di idonee garanzie difensive diversamente da quanto avviene per tutti i pubblici dipendenti e - nello stesso ordinamento militare - per i procedimenti diretti all'irrogazione di sanzioni militari di corpo; 5) illegittimita' costituzionale dell'art. 63 della legge citata rispetto all'art. 25 della Costituzione per mancata tipizzazione delle infrazioni perseguibili ed omessa correlazione delle stesse alle corrispondenti sanzioni disciplinari; 6) eccesso di potere per inutilizzabilita' in sede disciplinare della sentenza di proscioglimento processuale resa dal giudice militare, nonche' per difetto di motivazione sui fatti materiali accertati, in relazione a quelli contestati, sull'inquadramento giuridico degli stessi, sulla ritenuta gravita' delle infrazioni, sulle circostanze addotte a discolpa dell'inquisito, sulla proporzionalita' della sanzione inflitta, che si assume incongrua rispetto alla modestia della vicenda consistente in un futile alterco tra sottufficiali non in servizio; 7) eccesso di potere per contradditorieta' tra l'instaurazione del procedimento disciplinare e la mancata richiesta del procedimento penale. Si e' costituito in giudizio il Ministero della difesa deducendo l'infondatezza del ricorso. Con sentenza parziale n. 212 in data 25 maggio 1990 questo tribunale ha: respinto le censure sub 1), 2) e 3) concernenti la contestazione degli addebiti, la regolarita' dell'istruttoria, l'iniziativa propositiva del comandante di corpo in ordine alla infliggenda sanzione, il rispetto delle garanzie difensive riconosciute all'inquisito dalla vigente normativa; respinto, per manifesta infondatezza, l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 63 della legge 31 luglio 1954, n. 599, in relazione all'art. 25 della Costituzione (censura sub 5), sul rilievo che il principio di tipicita' dell'illecito disciplinare non e' assistito da garanzia costituzionale, restando affidata all'amministrazione - salvo il sindacato giurisdizionale di legittimita' - la scelta, tra quelle tipizzate ex lege, della sanzione piu' congrua rispetto alla natura ed alla gravita' dell'illecito commesso; respinta, per manifesta infondatezza, l'eccezione di illegittimita' costituzionale degli artt. 64 e 66 della stessa legge n. 599/1954, in relazione agli artt. 3, 24 e 52, ultimo comma (censura sub 4), sul rilievo che, seppure le norme denunciate non contengono alcuna previsione diretta in ordine alle attivita' difensive esplicabili dall'inquisito, a cio' ha tuttavia provveduto la normativa ministeriale di attuazione (d.m. 15 settembre 1955), la quale, in piena sintonia con i principi dell'ordinamento in materia, assicura all'inquisito garanzie difensive non inferiori a quelle assicurate nel corrispondente procedimento a carico degli impiegati civili dello Stato. Il giudizio non e' stato definito in quanto l'esame dei residui motivi postula la preliminare soluzione della questione di legittimita' costituzionale sollevata dal ricorrente con la censura sub 4) sotto un profilo che il collegio ritiene, per ragioni che seguono, rilevante e non manifestamente infondato. D I R I T T O 1. - La difesa del ricorrente eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 66 della legge 31 luglio 1954, n. 599, (stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), a fronte dell'art. 3 della Costituzione, denunciando una disparita' di trattamento tra militari, a livello legislatorio, in ordine all'esercizio del potere sanzionatorio disciplinare di stato e di corpo. Osserva a tal fine che l'art. 15 della legge 11 luglio 1978 n. 382 (norme di principio sulla disciplina militare) prescrive, per l'irrogazione di sanzioni disciplinari di corpo, in regolare procedimento disciplinare che contempla (secondo comma) la garanzia della difesa tecnica. Uguale garanzia non e' prevista a favore dei sottufficiali passibili ( ex art. 63 della legge n. 599/54 cit.) di sanzioni disciplinari di stato: il che comporterebbe una irragionevole discriminazione dipendente esclusivamente dal tipo di sanzione cui il militare e' soggetto. 2. - La questione e' rilevante, giacche' il provvedimento sanzionatorio impugnato in questa sede e' stato assunto in esito ad un giudizio disciplinare in cui l'inquisito non ha potuto avvalersi della assistenza di un difensore: assistenza invero non prevista per i sottufficiali passibili delle sanzioni disciplinari di cui all'art. 63, lettera a), b) e c) - ne' dalla legge n. 599/1954 ne' dal decreto ministeriale di attuazione (d.m. 15 settembre 1955), neppure con carattere facoltativo. Il riscontro del denunciato vizio procedurale, scaturente dalla mancata nomina di un difensore all'inquisito, postula dunque la previa verifica di legittimita' costituzionale della norma (o delle norme) che tale specifica garanzia non prevedono; si che il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla soluzione della prospettata questione di costituzionalita'. 3.0. - Questa appare al collegio non manifestamente infondata, sia pure per un ordine di ragioni piu' articolato di quanto non emerga dal succinto svolgimento dell'eccezione di parte, meritevole di essere integrata con considerazioni ulteriori volte a sostanziare il dubbio di irrazionalita' della disciplina legislativa che regola la fattispecie. Il dubbio nasce, in prima battuta, dal raffronto, sul piano delle garanzie difensive, tra il trattamento normativo previsto dalla legge 11 luglio 1978, n. 382, per i militari sottoposti a sanzioni disciplinari di corpo e la disciplina dettata dalla legge 31 luglio 1954, n. 599, per i sottufficiali passibili di sanzioni disciplinari di stato; in seconda battuta, dalla considerazione del diverso trattamento che la legge n. 599/1954 cit. riserva, all'interno del proprio ambito applicativo, ai sottufficiali in ferma volontaria o rafferma, secondo che la cessazione dalla ferma per motivi di sciplinari sia accompagnata o meno dalla perdita del grado. 3.1. - In ordine al primo profilo va rilevato che la legge 11 luglio 1978, n. 382, recante "norme di principio sulla disciplina militare", premesso (art. 13, primo e secondo comma) che il potere sanzionatorio nel campo della disciplina e' attribuito all'autorita' militare e che la violazione dei doveri di disciplina militare comporta sanzioni disciplinari di stato e di corpo, stabilisce (terzo e quarto comma) che le sanzioni disciplinari di stato siano regolate per legge e le sanzioni di corpo dal regolamento di disciplina militare nei modi e limiti fissati dai successivi artt. 14 e 15. L'art. 14 enumera e tipizza le sanzioni disciplinari di corpo: richiamo, rimprovero, consegna, consegna di rigore. L'art. 15 prevede (primo comma) che nessuna sanzione di corpo possa essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano sentite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato. Il secondo comma prosegue in questi termini: "Non puo' essere inflitta la consegna di rigore se non e' stato sentito il parere di una commissione di tre militari, di cui due di grado superiore ed uno pari grado del militare che ha commesso la mancanza. Quest'ultimo e' assistito da un difensore da lui scelto fra i militari dell'ente cui appartiene o, in mancanza, designato d'ufficio". Le procedure per infliggere la consegna di rigore, la composizione e la nomina della commissione consultiva, la nomina ed i compiti del militare difensore sono oggetto di piu' dettagliata disciplina da parte degli artt. 66, 67 e 68 del regolamento di disciplina militare approvato con d.P.R. 18 luglio 1986, n. 545, ai sensi della legge n. 382/1978. In sintesi, al militare incorso in un illecito disciplinare passibile di consegna di rigore - sanzione di corpo, non incidente sullo status del medesimo - e' assicurata la garanzia di un procedimento disciplinare che contempla l'audizione di un organo consultivo ad hoc, nonche' la presenza necessaria di un difensore, scelto dall'interessato o nominato d'ufficio. 3.2. - Analoga garanzia non e' prevista dalla legge 31 luglio 1954, n. 589, per i sottufficiali passibili di sanzioni disciplinari di stato (art. 63: sospensione dall'impiego; cessazione dalla ferma o dalla rafferma; sospensione dalle attribuzioni del grado; perdita del grado per rimozione). Relativamente alle anzidette sanzioni il procedimento disciplinare delineato dagli artt. 64 e seguenti si articola in una duplice fase: necessaria, la prima; eventuale, la seconda. La prima fase e' volta all'accertamento dell'illecito disciplinare mediante "inchiesta formale" (art. 64). Essa e' affidata - giusta la disciplina di dettaglio contenuta nel capo IV, sezione I del d.m. 15 settembre 1955, recante disposizioni per i giudizi disciplinari a carico dei sottufficiali in attuazione della legge n. 599/1954 - ad un ufficiale inquirente, cui compete la contestazione degli addebiti, la conduzione dell'istruttoria, con escussione dei testimoni e fissazione di termini all'inquisito per l'esercizio delle facolta' difensive a lui spettanti (visione degli atti, presentazione di discolpe, ecc.), la redazione di una relazione riepilogativa e di un rapporto finale con le proprie conclusioni e proposte. Compete infine al Ministro, su proposta dell'autorita' che ha disposto l'inchiesta, l'irrogazione di una delle sanzioni disciplinari di stato di minor gravita' (art. 66). La seconda fase (eventuale) ha luogo nell'ipotesi in cui il Ministro o l'autorita' che ha disposto l'inchiesta ritengano il sottufficiale passibile di perdita del grado (per compimento di atti incompatibili con il suo stato) e ne dispongano il deferimento a commissione di disciplina (art. 67). Di quest'ultima la legge regola nomina, composizione, convocazione (artt. da 69 a 72). L'art. 73, per quanto qui piu' specificamente interessa, dispone che "il sottufficiale puo' farsi assistere da un ufficiale difensore, da lui scelto o designato dal presidente della commissione disciplina". Alla seduta di quest'ultima ed alle modalita' di svolgimento della stessa e' dedicato l'art. 74, che prevede l'intervento dell'inquisito e del suo difensore. In conclusione: nella disciplina della legge n. 599/1954 al sottufficiale in ferma volontaria il quale commetta un illecito disciplinare sanzionabile con la cessazione dalla ferma - che comporta la risoluzione del rapporto di servizio - non e' assicurato ne' l'intervento della commissione di disciplina ne' l'assistenza di un difensore: intervento ed assistenza previsti (ma la seconda con carattere meramente facoltativo) nel solo caso di deferimento alla commissione di disciplina per un illecito suscettibile di comportare, in aggiunta alla sanzione espulsiva, la perdita del grado. 3.3. - In questo quadro, ed assumendo per ora come tertium comparationis l'art. 15 della legge n. 382/1978, non puo' sfuggire la grave discrasia di un sistema che appresta un insieme di garanzie procedurali e difensive di piu' ampia portata - consistenti nella acquisizione del parere di un organo collegiale e nella assistenza necessaria di un difensore - in relazione ad una sanzione disciplinare di minore gravita' (consegna di rigore), che per sua natura spiega ed esaurisce i propri effetti nell'ambito dell'ordinamento militare senza incidere sulla prosecuzione del rapporto; laddove siffatte garanzie sono precluse in modo assoluto o previste in forma parziale ed attenuata riguardo ad illeciti disciplinari suscettibili di sfociare in misure di ben piu' grave momento, consistenti in sanzioni di stato anche a carattere espulsivo e degradatorio. Giova rimarcare, per quanto specificamente concerne la posizione del sottufficiale in ferma volontaria esposto per motivi disciplinari alla sanzione della cessazione dalla ferma (art. 63, lett. c), che il potere decisionale del Ministro si esercita (cfr. art. 64) sulla base della proposta dell'autorita' militare che ha disposto l'inchiesta, la quale a sua volta si radica sulle conclusioni e proposte formulate dall'ufficiale inquirente, il cui rapporto finale costituisce nella normalita' dei casi la sola reale motivazione del provvedimento sanzionatorio, motivato - come nella fattispecie - per relationem ad esso. Manca pertanto nella formazione della decisione l'apporto effettivo e bilanciato di organi istituzionalmente investiti di funzioni diversificate e contrapposte, non prevedendo l'art. 66 della legge n. 599/1954 ne' il parere di un organo collegiale (che offre le maggiori garanzie di ponderatezza derivanti dal confronto delle opinioni) ne' l'assistenza necessitata di un difensore: misure presenti invece nel procedimento disciplinare preordinato dall'art. 15 della legge n. 382/1978 ad una sanzione di corpo di minore gravita'. Cio' da corpo al sospetto di illegittimita' costituzionale dell'art. 66 della legge n. 599 cit. per violazione dell'art. 3 della Costituzione, che appare al collegio vulnerato proprio in quel criterio di logicita' e di ragionevolezza che e' sotteso al precetto costituzionale di eguaglianza: sembra invero irrazionale che in un ambito omogeneo, qual e' quello delle violazioni della disciplina militare, seppure regolato da fonti normative distinte, siano predisposte misure procedurali meno garantiste nei confronti di militari esposti a sanzioni disciplinari piu' gravi, incidenti sullo stato dei medesimi con effetti di quiescenza (sospensione dall'impiego) o addirittura di risoluzione (cessazione dalla ferma) del rapporto. 3.4. - Va poi rilevata - per venire al secondi profilo di possibile incostituzionalita' accennato all'inizio della presente disamina - una ulteriore anomalia riscontrabile all'interno della stessa legge n. 599/1954: anomalia derivante dal fatto che militari della stessa categoria (sottufficiali in ferma volontaria o rafferma) passibili della medesima sanzione espulsiva (cessazione dalla ferma) sono sottoposti a procedure disciplinari differenziate secondo che a detta sanzione si accompagni o meno la perdita del grado per rimozione ex art. 60, primo comma, n. 6. Parrebbe logico, considerato che in entrambi i casi ne risulta pregiudicata la sorte del rapporto, che l'illecito disciplinare venga comunque ricondotto alla cognizione della commissione di disciplina; cognizione che dell'inchiesta formale - preordinata alla mera acquisizione di elementi istruttori - costituisce il naturale sviluppo anche nel settore dell'impiego civile, ove essa e' prevista con carattere di generalita' salvo che per gli illeciti di minor conto (cfr. art. 107 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3). 4. - Le suesposte considerazioni consentono di individuare gli strumenti idonei a ricondurre a coerenza il sistema, depurando la legge n. 599/1954 del sospetto vizio di incostituzionalita'. Osserva in proposito il collegio che seppure e' la legge n. 382/1978 ad offrire la misura della irrazionalita' del sistema, riguardato in una prospettiva globale, la frattura non sembra sanabile sic et simpliciter mediante una mera operazione di trasposizione dell'art. 15 secondo comma di detta legge nel corpo dell'altra. A parte la discutibilita' in generale di siffatti trapianti, non puo' trascurarsi la considerazione che le leggi in esame, pur attenendo alla medesima materia (sanzioni disciplinari a carico di militari), ne disciplinano settori diversi e con modalita' non sempre suscettibili di reciproca integrazione: del resto lo stesso art. 13 della legge n. 382/1978 intende che siano tenute distinte le sanzioni disciplinari di stato e quelle di corpo, affidandone la rispettiva regolamentazione a fonti diversificate. E' peraltro dato di osservare come la stessa legge n. 599/1954 offra i rimedi idonei allo scopo: gia' essa prevede infatti, sia pure limitatamente ad una ipotesi particolare, il giudizio di una commissione di disciplina e la nomina (sia pure soltanto facoltativa) di un difensore. Trattasi di istituti che trovano il loro parallelo rispettivamente nel parere della commissione consultiva e nella difesa obbligatoria previsti dall'art. 15, secondo comma, della legge n. 382/1978 per la sanzione di corpo della consegna di rigore. Essi appaiono dunque perfettamente idonei a correggere la ravvisata disuguaglianza sol che ne venga allargato l'ambito di applicazione: del primo (giudizio della commissione di disciplina) estendendolo all'ipotesi di cessazione dalla ferma per motivi disciplinari; del secondo (assistenza di un difensore) nel senso di rendere la nomina del difensore obbligatoria anziche' facoltativa. 5. - In conclusione, appare al collegio rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale della legge 31 luglio 1954, n. 599 per quanto concerne: gli artt. 66 e 67 nella parte in cui non prevedono che venga sottoposto al giudizione di commissione di disciplina il sottufficiale passibile della sanzione di stato di cui all'art. 63, lett. b) (cessazione dalla ferma per motivi disciplinari); l'art. 73, primo comma, nella parte in cui non prevede che detto sottufficiale debba essere assistito da un difensore da lui scelto o, in mancanza, designato d'ufficio; dell'art. 74, primo comma, nella parte in cui non prevede l'intervento obbligatorio del difensore nominato dall'inquisito o d'ufficio nel corso della seduta disciplinare.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 66, 67, 73, primo comma, e 74, primo comma, della legge 31 luglio 1954, n. 599 (stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica) nei sensi e nei limiti di cui in motivazione; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina altresi' che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Milano dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione terza, nelle camere di consiglio del 30 gennaio 1990 e del 27 febbraio 1990. Il presidente: MARIUZZO Il referendario: ROVIS Il referendario estensore: SPADAVECCHIA 90C1098