N. 627 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 1990
N. 627 Ordinanza emessa il 20 febbraio 1990 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Siracusa nel procedimento penale nei confronti di ignoti Processo penale - Nuovo codice - Reato commesso da persone ignote - Richiesta di archiviazione al g.i.p. - Mancata condivisione Ritenuta preclusione a chiedere ulteriori indagini anche in caso di carenza di quelle gia' effettuate - Ingiustificata discriminazione rispetto all'analogo rito contro indiziati noti (art. 409) - Violazione del principio di obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale - Lamentata impossibilita' di esercitare un controllo sull'operato del p.m. (C.P.P. 1988, art. 415). (Cost., artt. 3, 111, primo comma, e 112).(GU n.40 del 10-10-1990 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento penale n. 430/1989 del r.g.p.m. relativo alla uccisione di Domenico Garro, avvenuta in Palazzolo Acreide il 5 giugno 1989; OSSERVA Il 5 dicembre 1989 il procuratore della Repubblica di Siracusa presentava richiesta di archiviazione del procedimento suddetto, perche' rimasti ignoti gli autori del delitto. Con decreto del 29 dicembre 1989 questo giudice, ritenendo incomplete le indagini, indicava al pubblico ministero alcuni accertamenti ritenuti necessari alla individuazione degli ignoti autori del grave e recente delitto e comunque necessari all'approfondimento di alcune circostanze emerse dalle risultanze processuali, facendo riserva di provvedere, all'esito, sulla chiesta archiviazione. Con suo provvedimento presentato il 16 gennaio 1990, il procuratore della Repubblica, ritenendo insuscettibili di concreti sviluppi le indagini indicate, insisteva nella richiesta di archiviazione. Ma poiche', ad avviso del giudicante, non possono a priori ritenersi sterili - e non possono per cio' solo omettersi - gli accertamenti che la specificita' stessa della fattispecie suggerisce di compiere, rimane a parere del decidente l'esigenza di sviluppare i temi d'indagine indicati. Senonche', a fronte del dissenso insorto tra la pubblica accusa e il giudice, la norma data dall'art. 415 del c.p.p. non prevede - e comunque non prevede espressamente - un meccanismo processuale volto a dirimere la situazione d'impasse a creare, per cui s'impone la verifica della legittimita' costituzionale della norma citata, pe le seguenti considerazioni. La direttiva n. 50 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, prevede il "potere-dovere del giudice di disporre, su richiesta del pubblico ministero, l'archiviazione per manifesta infondatezza della notizia di reato, per improcedibilita' dell'azione penale o per essere ignoti gli autori del reato". Prevede, altresi', l'obbligo del giudice, nel caso di non accoglimento della richiesta di archiviazione, di fissare la udienza preliminare per stabilire in quella sede, in cotraddittorio delle parti, se disporre l'archiviazione o richiesta al p.m. ulteriori indagini. Si e' inteso, dunque, demandare al giudice, in un processo di parti, una funzione di controllo sul corretto esercizio dell'azione penale da parte del p.m. per assicurare nel concreto l'osservanza del principio di obbligatorieta', previsto dall'art. 112 della Costituzione: - sia attraverso interventi volti ad impedire indiscrimintati rinvii a giudizio (come si rileva dal potere-dovere del giudice di disporre l'archiviazione o di pronunziare sentenza di non luogo a procedere, a fronte della richiesta di rinvio a giudizio: - dir. n. 52 legge delega), sia, al contrario, mediante provvedimenti conseguenti alla inerzia della pubblica accusa (a tale scopo soccorre il potere-dovere del giudice di richiedere al p.m. ulteriori indagini: direttiva n. 50 citata, cui corrisponde l'analoga disposizione della direttiva n. 52). Senonche', mentre per quanto concerne il meccanismo dell'archiviazione di notizie di reato relative a persone individuate, la disciplina dell'art. 409 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, uniformandosi ai principi ispiratori della legge-delega, prevede che il g.i.p. possa non accogliere la richiesta quando ritenga incomplete le indagini e possa fissare, in tal caso, un termine per completarle, non altrettanto dispone l'art. 415 del c.p.p. per i reati commessi da persone ignote quando il giudice, pur non potendo ritenere che il reato sia da attribuire a persona gia' individuata, abbia ragioni per negare la chiesta archiviazione a causa della incompletezza delle indagini e ritenga che, con il compimento di ulteriori, specifici accertamenti, sia possibile la individuazione dell'autore del reato. Prevede, infatti, la norma in questione che il giudice, alternativamente, accolga la richiesta di archiviazione o autorizzi la chiesta prosecuzione delle indagini per individuare l'autore del reato od ordini la iscrizione nell'apposito registro del nome della persona che, contrariamente all'avviso del p.m., ritenga gia' individuata. Ma non prevede che il giudice, al quale sia stata presentata richiesta di archiviazione, ove ravvisi la necessita' di ulteriori indagini, possa all'uopo, indicare al p.m. gli ulteriori accertamenti da compiere. E' pur vero che, per identita' di ragione, potrebbe ritenersi applicabile lo stesso criterio dell'art. 409 del c.p.p. al caso di reati commessi da persone ignote. Ma, nel silenzio del testo normativo in commento, la specificita' della regolamentazione data ai procedimenti contro ignoti impedisce una interpretazione univoca del precetto, nel senso che il legislatore abbia voluto disciplinare in conformita' all'art. 409 del c.p.p. tutte le ipotesi di incompletezza delle indagini. Per altro, la inesistenza di sicure soluzioni giurisprudenziali, in una materia del tutto nuova, e la impossibilita' di elidere l'"impasse", nella specie verificatasi, attraverso il ricorso alla procedura dei conflitti ex art. 28 del c.p.p. (a prescindere da ogni altra notazione, l'"impasse", nella ipotesi in commento, non dipende da questioni di competenza o da casi analoghi), rendono scarsamente consolidabile lo sforzo interpretativo volto a colmare la relivata lacuna del testo normativo. Non rimane, dunque, che prendere atto della mancata previsione, nei procedimenti contro ignoti, per i quali si chieda l'archiviazione, di un meccanismo processuale atto a rimuovere, per la individuazione dei responsabili del reato, situazioni di incompletezza di indagine avvertite dal giudice. Consegue in tal caso l'obbligo per il giudice di conformarsi alla richiesta di archiviazione nonostante il suo contrario convincimento, per cui non sembra manifestamente infondato ritenere la illegittimita' costituzionale della norma data dall'art. 415 del c.p.p., oltre che per contrasto con il principio di parita' di trattamento a parita' di condizioni, per i seguenti profili: 1) per violazione dell'art. 112 della Costituzione che, prevedendo per il p.m. l'obbligo di esercitare l'azione penale, necessariamente implica l'adozione di garanzie atte ad assicurare nel concreto l'obbligatorieta' dell'azione stessa; l'addove, invece, la richiesta di archiviazione di un procedimento contro ignoti, se incontrastabile pur nei casi in cui la pubblica accusa ometta di svolgere le possibili indagini atte alla individuazione del colpevole, costituirebbe, di fatto, espressione inammissibile di facoltativita' dell'azione penale, rimanendo in tal caso il p.m. arbitro assoluto ed incontrollabile dell'adempimento del precetto costituzione in commento; 2) per violazione degli artt. 101.2 e 111.1 della Costituzione che, esigendo la motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali e assicurando che i giudici siano soggetti soltanto alla legge, postulano l'autonomia e l'indipendenza del giudice nell'esercizio della giurisdizione; mentre, invece, ove il giudice delle indagini preliminari debba insindacabilmente accogliere la richiesta di archiviazione del p.m. nonostante il suo contrario convincimento sulla incompletezza delle indagini (e sulla individuabilita' dell'ignoto mediante ulteriori accertamenti), verrebbe svuotata di contenuto la sua funzione di controllo sull'esercizio dell'azione penale, per cui egli finirebbe per compiere una sorta di atto dovuto, automatico e, dunque, del tutto privo di autonomia. E pertanto, attesa la rilevanza, ai fini della decisione, della prospettata illegittimita' della norma (in quanto il procedimento potrebbe gia' concludersi con l'archiviazione od essere, invece, oggetto di ulteriori indagini, a seconda della soluzione che verra' data al problema sollevato), va disposta, d'ufficio, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il procedimento in corso.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 415 del c.p.p. in relazione agli artt. 3, 112 e 111.1 della Costituzione, nella parte in cui non prevede a differenza di quanto e' stabilito dall'art. 409 del c.p.p., il potere-dovere del giudice per le indagini preliminari di non accogliere la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero nei procedimenti per reati commessi da persone ignote ogni qualvolta il giudice rilevi la incompletezza delle indagini e ritenga di indicare ulteriori indagini, da compiere entro dato termine; Sospende il procedimento in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza venga notificata, a cura della cancelleria, alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che venga comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato. Siracusa, addi' 20 febbraio 1990 Il giudice per le indagini preliminari: LO RE 90C1179