N. 628 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 giugno 1990
N. 628 Ordinanza emessa il 27 giugno 1990 dal tribunale di Lucera sul ricorso proposto dai periti Mario Cardillo ed altro nel procedimento penale a carico di Perrone Vincenzo ed altri Ausiliari del giudice - Consulenti tecnici di ufficio - Onorario del consulente tecnico per la perizia in materia amministrativa, contabile e fiscale - Onorario nella misura dall'0,3% allo 0,6% del valore accertato per lo scaglione da cinquecento milioni di lire fino e non oltre ad un miliardo di lire - Mancata previsione di scaglioni di cifra superiori ad un miliardo di lire per stabilire l'ammontare di detto onorario - Ingiustificata violazione del principio di uguaglianza per l'eguale trattamento di situazioni diverse - Incidenza sul principio della retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' di lavoro svolto. (D.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, art. 2). (Cost., artt. 3 e 36).(GU n.40 del 10-10-1990 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per i seguenti MOTIVI 1) Con ricorso depositato il 2 febbraio 1990, Mario Cardillo e Matteo Mauro Albanese, premesso di essere stati nominati periti dal giudice istruttore del tribunale di Lucera e di aver conseguentemente depositato una perizia contabile l'ufficio istruzione del medesimo tribunale, hanno proposto ricorso ai sensi dell'art. 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319 ed art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 714, nei confronti del decreto del giudice istruttore del 25 gennaio 1990 con il quale era stato loro liquidato il compenso per l'attivita' espletata rispettivamente di L. 8.783.600 oltre spese documentate. Hanno assunto i ricorrenti che l'opera da loro svolta era stata molto complessa e laboriosa, poiche' avevano esaminato n. 1003 bolle di acompagnamento, risultate alterate, classificandole a seconda del tipo di alterazione riscontrata, per un valore complessivo accertato di L. 3.857.000.000. A loro avviso il giudice istruttore, nel liquidare il loro compenso ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, non solo si sarebbe attenuto al minimo tabellare, ma avrebbe compiuto la liquidazione sulla base di un valore massimo accertato di un miliardo e non di quello effettivo. Al contrario, nella specie, avrebbe dovuto tenersi conto del disposto dell'art. 1 del d.P.R. ora richiamato; inoltre, l'ultimo scaglione di valori previsto dal successivo art. 2 non avrebbe potuto considerarsi insuperabile, poiche' diversamente l'articolo medesimo sarebbe stato contrastante sia con l'art. 1 che con il principio desumibile dell'art. 2233 del c.c. secondo il quale il compenso dell'opera deve essere commisurato all'importanza della stessa. I ricorrenti hanno pertanto chiesto al tribunale che venisse liquidato il loro compenso sulla scorta delle loro osservazioni, da calcolarsi sul valore dai medesimi accertato. I dottori Cardillo ed Albanese sono successivamente comparsi dinanzi al tribunale in camera di consiglio, insistendo sul ricorso. 2) Pregiudizialmente, osserva il tribunale che il procedimento instaurato dai ricorrenti rientra pacificamente nella nozione di "giudizio" di cui all'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Invero, esso ha l'attitudine a risolvere, dinanzi ad una autorita' giurisdizionale, una controversia su diritti soggettivi, e si conclude con un provvedimento di carattere definitivo, idoneo ad incidere "con l'efficacia propria del giudicato" sui medesimi diritti (Cass. 18 dicembre 1987, n. 9438). 3) Il tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 2 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, in relazione all'art. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione nella parte in cui non prevede scaglioni di cifre superiori a lire un miliardo per stabilire l'ammontare dell'onorario per la perizia o consulenza tecnica in materia amministrativa, contabile e fiscale. 3.1) La norma in questione, infatti, espressamente prescrive che per tali perizie o consulenze tecniche, all'esperto spetti un onorario a percentuale calcolato per scaglioni; per lo scaglione "da L. 500.000.000 fino e non oltre 1.000.000.000" va applicata la percentuale dallo 0,3% allo 0,6%. La formulazione della norma prescrive chiaramente che la percentuale ivi prevista possa essere solo fino ad un valore di lire un miliardo, che costituisce la cifra ultima ed insormontabile sulla quale calcolare la percentuale medesima questa, al contrario, non potra' essere applicata per valori superiori. In tal senso depone, in particolare, l'espressione "... e non oltre", contenuta nella norma, che il legislatore non avrebbe avuto ragione d'introdurre se non avesse voluto limitare quella percentuale e quella cifra massima, entrambe ora esaminate. 3.2) Questo precisato, rileva il tribunale che e' sicuramente condivisibile l'interpretazione della norma offerta da una parte della giurisprudenza di merito (App. Roma, 3 giugno 1988, in Consulenze Societa', 1988, n. 42, p. 3849), secondo la quale il legislatore non avrebbe inteso con cio' "escludere la proporzionalita' del compenso al valore del bene oggetto dell'accertamento o al valore della controversia", ovvero stabilire un limite al valore di siffatta perizia o consulenza tecnica, escludendo in conseguenza il diritto al compenso "oltre un determinato tetto di valore (cfr. sentenza innanzi richiamata). Invero, siffatta limitazione non si rinviene ne' la lettera, ne' nella ratio della norma. Al contrario, appare evidente da un canto che il legislatore si sia proccupato di stabilire un compenso proporzionato al valore del bene o della controversia laddove ha previsto ben 7 scaglioni di cifre con percentuali differenti (in particolare decrescenti); d'altro canto, che non ha inteso stabilire un importo massimo non superabile, se solo riconsidera che una norma in tal senso, manca, mentre e' stato espressamente prescritto il limite minimo insuperabile dell'ammontare del compenso (art. 2 citato, ultimo comma). E cio' limitandosi alla sola interpretazione delle norme contenute nell'art. 2. 3.3) A questo punto, pero', dovendo l'ermeneuta far ricorso all'interpretazione sistematica della norma, non rinviene alcuna prescrizione che, essendo "di chiusura", soccorra nell'ipotesi di perizie o consulenze che superino il valore di un miliardo. Ed invero, non puo' utilmente essere utilizzato il disposto dell'art. 1 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, il quale prescrive i criteri per la determinazione degli onorari a percentuale (che sono per la perizia il valore del bene o di altra utilita' oggetto dell'accertamento e per la consulenza tecnica il valore della controversia). "Se non e' possibile applicare i criteri predetti gli onorari sono commisurati al tempo ritenuto necessario allo svolgimento dell'incarico e sono determinati in base alle variazioni", conclude la norma. Il criterio del tempo, pertanto, e' stato inteso dal legislatore quale risiduale allorche', per la natura della perizia o della consulenza tecnica, non soccorrano affato i criteri per primi indicati. Ed allora, poiche' e' alla natura dell'opera che occorre far riferimento quest'ultima, per la sua unitarieta' non puo' essere scissa ed essere in parte ricompresa fra quelle il cui valore vada calcolato con i criteri per primi indicati ed in parte fra quelle di valore calcolabile secondo il tempo. Peraltro ben potrebbe presentarsi il caso di una perizia o consulenza tecnica effettuata su un bene di valore elevatissimo ma che non abbia comportato una spendita di tempo eccessiva, con il che il criterio temporale non sarebbe neppure logicamente utilizzabile. In tal senso depone anche il contenuto della legge n. 319/1980, che disciplina la materia dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorita' giudiziaria, la quale costituisce pertanto la legge fondamentale di riferimento per l'interpretazione della norma in argomento. Questa legge all'art. 2 dispone che la misura degli onorari fissi e di quelli variabili e' stabilita "con tabelle redatte con riferimento alle tariffe professionali" le quali sono state da ultimo approvate con il d.P.R. n. 352/1988 in argomento. L'art. 4 prosegue: "per le prestazioni non previste nelle tabelle e per le quali non sia applicabile l'articolo precedente gli oneri sono commisurati al tempo impiegato... ". Da cio' discende chiaramente il carattere di residualita' accordato dal legislatore al criterio temporale nel senso innanzi visto. Sempre ricercando in questa legge una norma che possa consentire un'interpretazione dell'art. 2 conforme al dettato costituzionale, non sembra al tribunale che possa soccorrere l'art. 3 della legge medesima, il quale dispone per prestazioni "analoghe" a quelle previste nelle tabelle, mentre la questione che ci occupa concerne la medesima prestazione, per la parte di valore accertato eccedente lo scaglione ultimo previsto dal legislatore. Infine, neppure sembra applicabile la norma contenuta nell'art. 5, la quale dispone la facolta' per il giudice di aumentare fino al doppio gli onorari per le prestazioni di eccezionale importanza, complessita' e difficolta'. Invero, tale norma appare dettata dall'intento del legislatore di rendere il compenso per l'opera prestata il piu' adeguato possibile alla qualita' e quantita' della medesima. Non puo' pertanto essere applicata quando, a prescidere dall'importanza o complessita' o difficolta' dell'opera, il legislatore abbia individuato un preciso criterio e cioe' come nella specie una data percentuale per scaglioni di cifre, senza pero' estenderlo oltre il miliardo di lire. Inoltre, voler interpretare la norma in esame quale norma di chiusura, comporterebbe una disparita' di trattamento a tacer d'altro fra chi avrebbe compiuto un'opera di valore pari ad un miliardo e di particolare complessita', che si vedrebbe applicati i due, concorrenti, criteri per la determinazione del compenso; e che, per contro, avendo svolto un'opera di valore superiore al miliardo, e di particolare complessita', vedrebbe, a titolo di compenso, liquidata la medesima cifra. 3.4) Non sfugge al tribunale che verosimilmente il legislatore ha introdotto nell'art. 2 la cifra ultima di un miliardo poiche' e' apparsa pari ad un valore sufficientemente elevato in relazione alla natura dell'attivita' ivi prevista; ed altresi' che sarebbe stato impossibile prevedere scaglioni di cifre fino all'infinito, onde coprire tutti i casi possibili. 4) La norma, pero' cosi' come articolata, appare in contrasto sia con l'art. 3 che con l'art. 36 della Costituzione. 4.1) Invero, l'aver pretermesso la disciplina applicabile nel caso di perizie o consulenze tecniche di valore superiore al miliardo comporta sicuramente per tali attivita' un trattamento deteriore rispetto a quello assicurato per perizia o consulenza tecniche di valore inferiore, con evidente violazione del principio di uguaglianza. Conseguentemente tale disciplina non offre neppure la possibilita' giuridica che l'autore di una tale attivita' veda retribuito il lavoro svolto in relazione alla quantita' e qualita' del medesimo, ponendosi cosi' anche in violazione dell'art. 36, primo comma, della Costituzione. 5) Osserva infine il tribunale che la questione proposta e' rilevante poiche' e' stata chiesta la liquidazione di una perizia contabile per un valore superiore al miliardo la cui disciplina e' contenuta proprio nella norma misurata.
P. Q. M. Letti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, in relazione agli artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede scaglioni di cifre superiori a lire un miliardo per stabilire l'ammontare dell'onorario per la perizia o consulenza tecnica in materia amministrativa, contabile e fiscale; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che di essa venga data comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Lucera, addi' 27 giugno 1990 Il presidente: (firma illeggibile) 90C1180