N. 634 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 agosto 1990

                                 N. 634
     Ordinanza emessa il 9 agosto 1990 dal giudice per le indagini
  preliminari presso la pretura di Macerata nel procedimento penale a
                         carico di Gatti Dario
 Processo penale - Nuovo codice - Disposizioni di attuazione - Decreto
 di archiviazione -  Richiesta  del  pubblico  ministero  -  Requisito
 sufficiente:  inesistenza  di elementi idonei a sostenere l'accusa in
 giudizio - Lamentata omessa previsione solo per il caso di  manifesta
 infondatezza della notitia criminis - Violazione dei principi fissati
 dalla legge-delega.
 (D.Lgs.  28 luglio 1989, n. 271, art. 125, in relazione alla legge 16
 febbraio 1987, n. 81, art. 2, dir. 50).
 (Cost., art. 76).
(GU n.41 del 17-10-1990 )
                 IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letta  la  richiesta  in  data  13  luglio  1990  con  la quale il
 procuratore della  Repubblica  presso  questa  pretura  circondariale
 chiede  disporsi  l'archiviazione  del procedimento a carico di Gatti
 Dario per il reato di cui all'art. 612 del  c.p.  commesso  in  Porto
 Potenza Picena il 2 novembre 1989;
    Ritenuto  che  la richiesta espressamente si fonda sul motivo "che
 gli elementi acquisiti  non  sono  idonei  a  sostenere  l'accusa  in
 giudizio"  e  cioe'  sul  disposto dell'art. 125 delle disp. att. del
 c.p.p. anch'esso espressamente richiamato;
    Rilevato  che  le  ragioni  addotte dal p.m. sembrano verosimili e
 fondate nel senso che effettivamente sussistono quelle circostanze  -
 positive  e negative - acquisite nel corso delle indagini preliminari
 (recte: desunte dalla originaria querela della parte  lesa)  e  dallo
 stesso  requirente analiticamente illustrate nella richiesta de qua e
 che, dunque, in presenza di esse non resterebbe a questo giudice  che
 provvedere nel senso della richiesta medesima;
    Invero,   per   un   verso  non  potrebbe  il  g.i.p.  pronunciare
 l'ordinanza ex art. 554, secondo  comma,  del  c.p.p.  con  la  quale
 restituisce  gli  atti  al  p.m.  ordinandogli,  entro  10 giorni, di
 formulare l'imputazione e di  emettere  il  d.c.g.,  in  quanto  tale
 provvedimento era inserito armonicamente nel sistema del nuovo c.p.p.
 che, all'epoca, non poteva contemplare e comprendere la nuova ipotesi
 di  archiviazione introdotta successivamente dall'art. 125 del d.lgs.
 28 luglio 1989, n. 271: esso,  cioe',  riguardava  solo  il  caso  di
 "manifesta   infondatezza"  in  senso  stretto  (che  e'  poi  quello
 tradizionalmenteacquisito dalla coscienza e dalla civilta'  giuridica
 del  nostro  ordinamento)  vale  a  dire  il caso di notizia criminis
 riferentesi a fatti in realta' non accaduti  o  non  integranti  ictu
 oculi  alcuna  fattispecie  penalmente  rilevante  come si esprime la
 legge delega (art. 2, direttiva n. 50, della legge 16 febbraio  1987,
 n.  81)  e  come si esprime il legislatore delegato nell'art. 408 del
 nuovo codice (al riguardo deve notarsi che  la  scomparsa  nel  testo
 definitivo   dell'art.  408  del  c.p.p.  dell'attributo  "manifesta"
 accanto al sostantivo  "infondatezza"  non  deve  portare  ad  alcuna
 diversa  conclusione  esegetica ove si consideri che il redattore del
 codice  ebbe  ben  presente  la  necessita'  che  l'archiviazione  si
 riferisce  solo alle ipotesi di manifesta inconsistenza della notizia
 criminis ed in tal senso, infatti, si espresse a chiare lettere nelle
 relazioni al progetto preliminare e definitivo in (Gazzetta Ufficiale
 supplemento n. 93 del 24 ottobre 1988, pag. 101).
    In  tale  ipotesi,  cioe', il parametro di giudizio a disposizione
 del g.i.p. di fronte ad una richiesta di archiviazione per "manifesta
 infondatezza"  in senso stretto era e rimane la verifica della palese
 inconsistenza in punto di fatto  ovvero  della  altrettanto  evidente
 irrilevanza in linea di diritto della notizia criminis.
    In  altri  termini  il  g.i.p.  puo'  restituire  gli atti al p.m.
 ordinandogli di procedere solo in caso di  dissenso  in  ordine  alla
 valutazione  di  manifesta  infondatezza  espressa  dal  p.m., ma non
 certamente allorche' constati l'esattezza della valutazione fatta dal
 p.m.  circa  la  non  idoneita' degli elementi acquisiti a sorreggere
 l'accusa  nel  futuro   dibattimento.   E   cio'   maggiormente   nel
 procedimento pretorile nel quale, a differenza da quello per reati di
 competenza del tribunale (art. 409, quarto comma, del c.p.p.), non e'
 previsto che il g.i.p. possa ordinare al p.m. ulteriori indagini.
    Ne'   per  altro  verso  potrebbe,  quindi,  il  g.i.p.  decretare
 l'archiviazione  dichiarando  la  notizia  criminis   "manifestamente
 infondata"  puramente  e semplicemente in quanto tale, perche' in tal
 modo egli, pur aderendo nel dictum alla richiesta del p.m.,  verrebbe
 in effetti a sovrapporre una diversa motivazione a quella del p.m. il
 quale aveva fondato, al contrario, la richiesta sul giudizio di  "non
 idoneita'"  degli elementi acquisiti rispetto all'accusa da sostenere
 in dibattimento pur in  presenza  di  notizia  criminis  in  se'  non
 manifestamente  infondata  nel senso che a tale locuzione danno tanto
 le leggi delega quanto il nuovo codice; non solo, ma in tal  modo  il
 g.i.p.   verrebbe  a  pronunciare  un  provvedimento  intrinsecamente
 contraddittorio, in quanto decreterebbe l'archiviazione per manifesta
 infondatezza di una notizia criminis che nemmeno il p.m. ha giudicato
 tale e che, pur essendo fondata e giuridicamente  rilevante,  non  si
 stima   idonea   ad   essere  suffragata  in  prosieguo  dalle  prove
 raccoglibili in dibattimento.
    Conclusivamente  sul  punto,  sembra  chiaro  che  in  presenza di
 notizia criminis  non  manifestamente  infondata  ne'  giuridicamente
 irrilevante   la   quale   peraltro,   in   relazione  agli  elementi
 eventualmente acquisiti dal p.m. nelle indagini  preliminari,  appaia
 di   incerto   esito   nel   successivo  giudizio  in  rapporto  alla
 possibilita' di sostenere l'accusa nel dibattimento; di fronte ad una
 richiesta  in  tali termini formulata dal p.m. ai sensi dell'art. 125
 delle disp. att.; verificato il fondamento degli elementi  posti  dal
 p.m.  a  base  di  una  simile  richiesta; il g.i.p. - si diceva - in
 simili condizioni (che sono quelle del caso  in  esame)  non  avrebbe
 altra  strada  che  decretare l'archiviazione, appunto, in base ed in
 omaggio al principio fissato dalla citata  norma  dell'art.  125  del
 disp. att. del c.p.p.
    Premessa, dunque, la impossibilita' per questo giudice di decidere
 senza applicare tale norma (donde la  rilevanza  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale  che  ci  si  appresta a sollevare), non
 resta che segnalare l'evidente violazione della legge delega da parte
 del  redattore  dell'art.  125 della disp. att. del c.p.p. e, dunque,
 sollevare incidente di costituzionalita' per  vizio  di  "eccesso  di
 delega" in relazione all'art. 76 della Costituzione.
    Come  noto, con l'articolo in esame il redattore del d.lgs. del 28
 luglio 1989, n. 271,  anziche'  limitarsi,  come  avrebbe  dovuto,  a
 dettare  regole che agevolassero la concreta applicazione delle norme
 e dei principi stabiliti dal codice, ha  introdotto  una  innovazione
 nel  regime  della archiviazione tanto piu' radicale ove si pensi che
 essa, non solo  non  da'  attuazione  ma  anzi  innova  profondamente
 rispetto  al codice (che, infatti, all'art. 408 letto anche alla luce
 del citato passo della relazione -  limita  l'archiviazione  al  solo
 caso  di  infondatezza  manifesta  in  se'  e  per  se' della notizia
 criminis) ma addirittura -  ed  e'  quello  che  conta  nel  presente
 incidente  di  legittimita'  costituzionale  -  innova  profondamente
 rispetto alla legge delega la quale, come noto, restringeva anch'essa
 la possibilita' per il p.m. di richiedere l'archiviazione (e cioe' di
 non esercitare l'azione penale) alla sola ipotesi in cui  la  notizia
 criminis  risultasse, in se' o all'esito delle indagini eventualmente
 disposte, sfornita di fondamento oppure di giuridico rilievo  penale.
    Con la impugnata norma, al contrario, in palese contrasto rispetto
 alla chiarissima direttiva della legge delega, si consente al p.m. di
 richiedere  -  e  si  obbliga  (nei  limiti  sopra visti) il g.i.p. a
 decretare  -  l'archiviazione  anche  della  notizia   criminis   non
 manifestamente   infondata;  si  costringe  il  giudice  ad  avallare
 l'inerzia del p.m. rispetto all'esercizio dell'azione penale in  base
 non  gia'  alla concreta e diretta valutazione della notizia criminis
 in  se'  o  degli  elementi  acquisiti  nella  fase  delle   indagini
 preliminari,  bensi'  in  base  ad  una prognosi probabilistica e del
 tutto incerta circa l'idoneita' presunta degli elementi  acquisiti  a
 sostenere  l'accusa  nel  futuro  dibattimento: il tutto mediante una
 formula del tutto generica che si rifa' ad una sorta di anticipazione
 di  quello  che  potra'  essere  in  futuro  l'esito del dibattimento
 (operazione assai ardua anche per l'umana impossibilita' di prevedere
 in  questa  fase  l'atteggiamento  futuro,  ad esempio, dei testimoni
 ovvero adddirittura una eventuale  confessione  dibattimentale  della
 persona sottoposta alle indagini).
    L'eccesso  di  delega  e'  palese  altresi' ove si rifletta che la
 direttiva della legge delega in questione, riguardando le ipotesi  in
 presenza delle quali l'organo della pubblica accusa puo' sottrarsi al
 dovere -  costituzionalmente  presidiato  -  di  esercitare  l'azione
 penale  di  fronte  ad  una  notizia  criminis,  e' di strettissima e
 rigorosissima interpretazione e non ammette nessuna forma di  esegesi
 o attuazione "deviante".
    Ad   ulteriore   riprova  di  quanto  l'introduzione  della  norma
 impugnata abbia inciso sull'equilibrio  sistematico  disegnato  dalla
 legge  delega e realizzato dal legislatore delegato, si consideri che
 il  g.i.p.   (nel   procedimento   di   tribunale),   pur   all'esito
 dell'approfondito   esame   compiuto   nell'udienza  preliminare  nel
 contraddittorio di tutte le parti, puo' pronunciare sentenza  di  non
 luogo  a  procedere soltanto quando risulta evidente che il fatto non
 sussiste o che l'imputato non lo ha  commesso  o  che  il  fatto  non
 costituisce  reato"  (art.  425  del  c.p.p.),  dovendo altrimenti (e
 quindi  anche  in  presenza  del  dubbio  circa,  ad  es.  l'elemento
 soggettivo  del  reato)  rinviarlo  a  giudizio; orbene, con la norma
 impugnata si consente invece  al  p.m.  in  casi  analoghi  (ad  es.:
 giudicata  inidoneita'  degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa
 nel futuro dibattimento  con  riguardo  all'elemento  soggettivo  del
 reato,    pur   materialmente   risultante   dagli   atti   in   modo
 incontrovertibile)  addirittura  di  non  iniziare  nemmeno  l'azione
 penale, con quanto rispetto della logica e del sistema non e' dato di
 sapere
    L'eccesso  di  delega  da  cui  sirulta  viziata  la norma de qua,
 introdotta dai redattori delle disposizioni di attuazione del  codice
 in  aperto spregio dei severi moniti e dei pareri nettamente contrari
 provenienti  da  piu'  parti  (si  legge,  per   tutti,   il   parere
 assolutamente  negativo  espresso,  al  riguardo  di tale norma e per
 analoghe ragioni, dal Consiglio superiore  della  magistratura  nella
 deliberazione approvata nella seduta del 16 marzo 1989, in notiziario
 del C.S.M. n.  3  del  marzo  1989)  rende  necessario  rimettere  la
 questione alla Corte costituzionale.
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente infondata - e pertanto
 solleva  d'ufficio  -  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art. 125 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (norme di attuazione,
 di coordinamento e transitorie del codice di procedura  penale),  per
 eccesso  di  delega  rispetto  all'art.  2,  dir.  50, della legge 16
 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo per  l'emanazione
 del nuovo codice di procedura penale), in relazione all'art. 76 della
 Costituzione;
    Sospende  il  giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
 della presente ordinanza alla Corte costituzionale;
    Ordina,  infine,  che la stessa ordinanza venga notificata al p.m.
 in sede, all'indagato ed al Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,
 nonche' comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
      Macerata, addi' 9 agosto 1990
            Il giudice per le indagini preliminari: PERFETTI

 90C1187