N. 637 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 giugno 1990

                                 N. 637
    Ordinanza emessa il 25 giugno 1990 dal tribunale per i minorenni
  dell'Emilia-Romagna in Bologna nel procedimento relativo a Caravello
                                 Pietro
 Processo  penale  -  Minori  socialmente pericolosi - Possibilita' di
 applicare le misure di sicurezza  solo  previo  accertamento  di  una
 spiccata   pericolosita'   sociale   -  Insufficienza  della  nozione
 tradizionale di pericolosita' sociale - Eccesso di delega.
 (C.P.P. 1988, artt. 37, comma secondo, e 39).
 (Cost., art. 76).
(GU n.41 del 17-10-1990 )
                      IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Letti   gli   atti,  che  sorge  questione  di  costituzionalita',
 influente e non manifestamente infondata,  degli  artt.  37,  secondo
 comma, e 39, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.
    Come  gia'  aveva  ritenuto il giudice per le indagini preliminari
 all'atto  di  respingere  la  richiesta  del  pubblico  ministero  di
 applicare in via provvisoria una misura di sicurezza al minore Pietro
 Caravello  (nei  confronti  del  quale  ha  dichiarato  non   doversi
 procedere per difetto di imputabilita'), anche il tribunale stima che
 manchino  i  presupposti  di  legge  per  applicare  una  misura   di
 sicurezza.
    Siffatti  presupposti  sono  pertanto influenti sulla decisione da
 assumere. E, invero, dal combinato disposto dagli artt.  37,  secondo
 comma,  e  39  del  d.P.R.  n.  448/1988 si ricava che il minore puo'
 essere sopposto a misura di sicurezza solo "quando per le  specifiche
 modalita'   e   circostanze   del   fatto   e   per  la  personalita'
 dell'imputato, sussiste il  concreto  pericolo  che  questi  commetta
 delitti  con  uso  di  armi  o di altri mezzi di violenza personale o
 diretti contro la  sicurezza  collettiva  o  l'ordine  costituzionale
 ovvero gravi delitti di criminalita' organizzata".
    Ora  i  reati  di furto aggravato e guida senza patente per cui si
 procede e gli altri fatti di cui agli incarti allegati  dal  pubblico
 ministero  per  illuminare  la personalita' e la condotta del minore,
 tra cui l'incendio di un cassonetto della nettezza  urbana,  appaiono
 tipici  della  comune delinquenza minorile e non rivelatori di quella
 gravissima pericolosita' sociale insita nel tipo di reati contemplati
 come  presupposto per potere applicare misure di sicurezza ai minori.
 In  particolare,  dare  alle  fiamme  un  contenitore   di   rifiuti,
 quand'anche  possa determinare una situazione di comune pericolo, non
 denota  certo  concreta  proclivita'  ad  attentare  alla  "sicurezza
 collettiva".
    Il  legislatore, in realta', ha voluto circoscrivere drasticamente
 il ricorso alle misure di sicurezza nei confronti dei  minori.  Giova
 in  proposito,  trascrivere  quanto  scritto  da un commentatore: "Si
 tratta di una novita' importante:  non  basta  piu'  la  tradizionale
 pericolosita'  sociale,  ma e' necessario accertare una pericolosita'
 molto accentuata,  quella  appunto  indicata  dall'art.  37,  secondo
 comma.  In  sostanza,  con una norma processuale viene realizzata una
 rilevante  modificazione  sostanziale,  che,  mentre   da   un   lato
 comportera'  la riduzione dell'applicazione della misura suindicata a
 pochissimi casi, dall'altro introdurra' di fatto un limite minimo  di
 eta'   tuttora   formalmente   inesistente.   Infatti,  se  anche  il
 legislatore  ha  fatto  esplicito   riferimento   anche   al   minore
 infraquattordicenne  richiamando  l'art.  97  del  c.p.,  tuttavia si
 tratta  di  una   previsione   assolutamente   eccezionale,   essendo
 praticamente impossibile reperire una cosi' grave pericolosita' in un
 ragazzo tanto giovane". (AA.VV. "Codice di procedura penale  minorile
 commentato", esperienze di giustizia minorile, Roma, 1990, p. 266).
    Se  non  che,  tutto  cio'  rende  fondato  l'interrogativo  sulla
 legittimita'  costituzionale  del   potere   cosi'   esercitato   dal
 legislatore  delegato.  Nell'art.  3 della legge 16 febbraio 1987, n.
 81, di delegazione al Governo  in  nessun  punto  erano  contemplate,
 infatti, le misure di sicurezza. Anche se quell'articolo conteneva in
 premessa un'attribuzione di poteri di adeguamento e integrazione  dei
 principi  generali del nuovo processo penale, in considerazione delle
 particolari esigenze psicologiche ed educative dei  minori,  incidere
 sul  codice  penale sembra aver posto in essere uno sconfinamento dai
 limiti di un adeguamento tecnico della discplina processuale.
    Il  legislatore  delegato  minorile  (che  ha  fatto  largo uso di
 siffatti poteri di adeguamento e integrazione) sembra in questo  caso
 essere  trapassato  nel campo delle vere e proprie scelte di politica
 criminale. E cio' ritenendosi investito, nell'interesse  dei  minori,
 di poteri addirittura indefiniti di modifica dell'ordinamento.
                                 P. Q. M.
    Visti  gli artt. 23 della legge n. 87/1953, sospende il giudizio e
 solleva questione di legittimita' costituzionale in ordine agli artt.
 37,  secondo  comma,  e  39  del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, in
 rapporto all'art. 76 della Costituzione;
    Ordina   che   la   cancelleria  trasmetta  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale, curando altresi' la notifica della presente ordinanza
 all'imputato,  al  pubblico  ministero,  nonche'  al  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  e  ai  Presidenti  delle  due  Camere   del
 Parlamento.
      Bologna, addi' 25 giugno 1990
                   Il presidente estensore: SACCHETTI

 90C1190