N. 483 ORDINANZA 9 - 22 ottobre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Commercio - Autorizzazioni all'esercizio - Disciplina differenziata
 per il rilascio - Adozione o meno del piano di commercio e sviluppo -
 Ragionevolezza - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L. 1 ottobre 1982, n. 697, art. 8, secondo comma, convertito, con
 modificazioni, nella legge  29 novembre 1982, n. 887).
 
 (Cost., artt. 3, 27 e 97).
(GU n.43 del 31-10-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8,  comma
 secondo, del decreto-legge 1Πottobre 1982, n. 697  (Disposizioni  in
 materia  di  imposta  sul  valore  aggiunto,  di regime fiscale delle
 manifestazioni sportive e cinematografiche e di  riordinamento  della
 distribuzione  commerciale,  nel  testo  sostituito  dalla  legge  di
 conversione 29 novembre 1982, n. 887, promosso con  ordinanza  emessa
 il  30 novembre 1989 dal T.A.R. del Friuli-Venezia Giulia sul ricorso
 proposto da Diana Roberto  contro  il  comune  di  Sacile  ed  altra,
 iscritta  al  n.  369  del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  25,  prima  serie  speciale
 dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Ritenuto  che  nel ricorso promosso da Diana Roberto nei confronti
 del  comune  di  Sacile,  avverso   il   diniego   di   rilascio   di
 autorizzazione  ad  attivare  un esercizio commerciale, il T.A.R. del
 Friuli-Venezia Giulia, con ordinanza emessa il 30 novembre  1989,  ha
 sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
 agli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione, dell'art. 8, secondo comma,
 del decreto-legge 1Πottobre 1982, n. 697, nel testo sostituito dalla
 legge di conversione 29 novembre 1982, n. 887, il  quale  dispone  la
 sospensione  del  rilascio  di  autorizzazioni  all'apertura di nuovi
 esercizi commerciali per i comuni di oltre 5000  abitanti  sprovvisti
 del  piano  di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita di cui
 alla legge 11 giugno 1971, n. 426,  ed  alla  cui  stregua  e'  stato
 adottato il provvedimento di diniego oggetto di impugnativa;
     che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  questione appare non
 manifestamente infondata, in quanto la disposizione censurata: a)  si
 pone  in  contrasto con l'art. 3 della Costituzione, poiche' crea una
 ingiustificata disparita' di trattamento fra i cittadini  dei  comuni
 con  oltre  5000 abitanti che si sono dotati del piano di commercio e
 quelli dei rimanenti comuni con meno di 5000 abitanti  che  cio'  non
 hanno  fatto; b) fa ricadere sul cittadino incolpevole le conseguenze
 dell'inerzia delle amministrazioni comunali nell'adottare il piano di
 commercio,  cosi'  confliggendo  con  il principio della personalita'
 della responsabilita', che l'art. 27  della  Costituzione  stabilisce
 espressamente  per  la  responsabilita'  penale, e che l'art. 3 della
 legge  24  novembre  1981,  n.  689  estende   alla   responsabilita'
 amministrativa;  c)  contrasta  con  il  princi'pio di buon andamento
 dell'amministrazione, fissato dall'art.  97  della  Costituzione,  in
 quanto fa ricadere su altri le conseguenze della sua inosservanza;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura  dello  Stato,  che  ha  contestato  la
 fondatezza della questione;
    Considerato,  quanto  alla  dedotta  violazione  dell'art. 3 della
 Costituzione, che la previsione di una disciplina  differenziata,  in
 relazione  all'avvenuta  adozione  o  no  del piano per lo sviluppo e
 l'adeguamento della rete commerciale non e'  ingiustificata,  ne'  se
 riferita  alla diversa consistenza demografica dei Comuni (con piu' o
 meno di 5000 abitanti), attesa, per questa parte,  la  ragionevolezza
 di  una  distinzione fondata su realta' socio-economiche diverse, ne'
 se riferita alla mancata adozione del piano da parte  di  Comuni  con
 eguale  consistenza  demografica  (con 5000 o piu' abitanti), attesa,
 per questa seconda parte, la ragionevolezza di  una  distinzione  fra
 situazioni  nelle quali una pianificazione e' garanzia di ordine e di
 non arbitrarieta' nel rilascio  delle  autorizzazioni,  e  situazioni
 nelle quali mancherebbe la detta garanzia;
      che  non  pertinente  e'  il  richiamo all'art. 27, primo comma,
 della  Costituzione,   poiche'   il   giudizio   a   quo   concerneva
 esclusivamente  la legittimita' o meno del diniego di autorizzazione,
 sicche' una responsabilita' del ricorrente  -  da  collegare  ad  una
 eventuale   attivazione   dell'esercizio  nonostante  la  carenza  di
 autorizzazione - e' da ritenere meramente ipotetica; senza dire  che,
 comunque,  tale  eventuale  illecita  attivazione  sarebbe pur sempre
 riferibile  ad  una  condotta  personale  del  soggetto  sfornito  di
 autorizzazione;
      che  nessun  contrasto e' infine ravvisabile con l'art. 97 della
 Costituzione, poiche', al contrario, la disposizione impugnata appare
 finalizzata    proprio    ad    assicurare    il    buon    andamento
 dell'amministrazione,   condizionando   il    rilascio    di    nuove
 autorizzazioni  alla  preventiva  adozione  di un piano, predisposto,
 come gia' osservato, al  fine  di  assicurare  ordine  e  di  evitare
 arbitri nel rilascio stesso;
      che,   pertanto,   la  questione  va  dichiarata  manifestamente
 infondata.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                             PER QUESTI MOTIVI
                          LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  3,  27  e   97   della
 Costituzione,  dell'art.  8,  secondo  comma,  del  decreto-legge  1Œ
 ottobre 1982, n. 697, convertito, con modificazioni, nella  legge  29
 novembre   1982,  n.  887,  sollevata  con  l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 ottobre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                        Il redattore: CORASANITI
                         Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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