N. 650 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 1989- 4 ottobre 1990

                                 N. 650
        Ordinanza emessa l'11 luglio 1989 (pervenuta alla Corte
    costituzionale il 4 ottobre 1990) dalla Corte di cassazione sul
    ricorso proposto da Marino Carmelo contro S.p.a. Immobiliare S.
                                Giuseppe
 Procedimento   civile   -  Impugnazione  per  revocazione  -  Mancata
 previsione nei riguardi  delle  sentenze  di  cassazione  affette  da
 errore di fatto (nel caso di specie: errore sulla data della notifica
 del ricorso) rese su ricorsi non basati sulla nullita' della sentenza
 e del procedimento - Irragionevole prevalenza del principio della non
 impugnabilita'  delle  sentenze  di  cassazione   su   quello   della
 revocabilita'  di  tutte  le  sentenze inficiate da errore di fatto -
 Violazione del diritto di difesa.
 (C.P.C., art. 395, prima parte, e n. 4).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.43 del 31-10-1990 )
                         LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso proposto da
 Marino Carmelo, elettivamente domiciliato in Roma, via Bertoloni n. 8
 presso  l'avv.  Biagio  Bertolone  rappresentato  e  difeso dall'avv.
 Stefano  Aloisi  giusta  procura  speciale  a  margine  del  ricorso,
 ricorrente,  contro  l'Immobiliare S.  Giuseppe S.p.a. in persona del
 legale rappresentante    pro-tempore,  elettivamente  domiciliato  in
 Roma,  via  Bertoloni  n. 8 presso l'avv. Ugo Giurato rappresentato e
 difeso  dall'avv.  Francesco  Andronico  giusta  procura  speciale  a
 margine  del  controricorso,  controricorrente,  per  l 'annullamento
 della sentenza della Corte di cassazione in  data  20  gennaio  1987,
 dep. il 3 luglio 1987 al n. 6392/85 r.g.;
    Udita  - nella pubblica udienza dell'11 luglio 1989 - la relazione
 della causa svolta del cons. rel. dott. Farinaro;
    Udito il p.m. nella persona del sost. proc. gen. dott. Dettori che
 ha concluso solleva  questione  di  costituzionalita'  art.  395  del
 c.p.c. in relazione artt. 3 e 24 della Costituzione;
    La  Corte  di  cassazione  ha pronunciato la seguente ordinanza su
 ricorso per revocazione, notificato il 29 giugno  1988,  proposto  da
 Carmelo  Marino  avverso  la sentenza della Corte di cassazione, sez.
 lavoro, 20 gennaio-3 luglio 1987, non notificata;
    Visti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso;
    Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere dott.
 Domenico Farinaro;
    Udito il p.g. in persona del dott. Dettori;
                                 Fatto
    Carmelo   Marino,  con  ricorso  16  luglio  1985,  impugnava  per
 cassazione, con cinque motivi, la sentenza 26 febbraio-15 aprile 1985
 del  tribunale di Catania, sezione lavoro, emessa tra esso ricorrente
 e la soc. Immobiliare S. Giuseppe ed avente  ad  oggetto  la  pretesa
 illegittimita'  del licenziamento intimatogli dalla detta societa' il
 1ยบ ottobre 1982.
    La  Corte di cassazione, con sentenza 20 gennaio-3 luglio 1987, n.
 5847, rilevato preliminarmente  che  la  sentenza  del  tribunale  di
 Catania risultava notificata il 17 maggio 1985, mentre il ricorso per
 cassazione era stato notificato  il  diciotto  luglio  1985  e  cioe'
 successivamente  alla  scadenza del termine breve di sessanta giorni,
 di  cui  all'art.  325,  secondo  comma,   del   c.p.c.,   dichiarava
 inammissibile il ricorso.
    Lo stesso Marino, ravvisando in tale rilievo della Corte un errore
 di fatto, ha chiesto a questa Corte, con ricorso del 29 giugno  1988,
 la  revocazione  della citata sentenza n. 5847/1987, in base all'art.
 395, prima parte, e n. 4  del  c.p.c.  Si  e'  costituita  l'intimata
 societa'.
                             D i r i t t o
    Il  ricorrente  ascrive  alla Corte l'errore di avere assunto come
 data di notificazione del ricorso per cassazione avverso la  sentenza
 del  tribunale  di  Catania 16 febbraio-15 aprile 1985, pacificamente
 notificata il 17 maggio 1985, quella del 18 luglio 1985, in contrasto
 con  la  data del sedici luglio 1985, risultante dallo stesso atto di
 notificazione,   eseguito   a   ministero   dell'aiutante   ufficiale
 giudiziario Simone Italo.
    Quindi,  ricondotto  tale  errore  alla  categoria cui ha riguardo
 l'art. 395, n. 4, del c.p.c., il Marino,  invocando  l'estensione  al
 caso   del   principio   enunciato   dalla   sentenza   della   Corte
 costituzionale  30   gennaio   1986,   n.   17,   secondo   cui   "e'
 incostituzionale  l'art.  395,  prima parte, e n. 4 del c.p.c., nella
 parte in cui non prevede la revocazione di sentenze  della  Corte  di
 cassazione  rese  su ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 ed affette
 dall'errore di cui al n. 4 dell'art. 395 dello stesso  cod.",  chiede
 la  revocazione della sentenza di questa Corte n. 5847/1987 cit.; ed,
 in subordine, sollecita la  Corte,  in  relazione  alla  ratio  della
 sentenza  n.  17/1986 della Corte costituzionale a proporre questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 395, prima parte,  e  n.  4,
 con riferimento alla diversa soggetta fattispecie.
    Rileva  la  Corte che, pur non potendosi fare diretta applicazione
 della sentenza  additiva  di  accoglimento  n.  17/1986  della  Corte
 costituzionale,    in   quanto   l'autorita'   della   decisione   e'
 espressamente contenuta e limitata alla fattispecie  "dell'errore  di
 fatto,  di  cui  all'art.  395,  prima  parte,  e  n.  4,  del c.p.c.
 effettuato dalla Cassazione in sede di ricorso ex art.  360,  n.  4",
 senza  dire  alcunche'  in  ordine ed errori di fatto della specie di
 quelli descritti dall'art. 395, n. 4, cit., compiuti dalla Cassazione
 esaminando  altri  motivi  di  ricorso  (come  nel caso in esame), la
 questione d'incostituzionalita' dell'art. 395, prima parte, e  n.  4,
 che  esclude  ancora  la  revocazione,  per  errori  di fatto di tale
 specie, ove commessi dalla Cassazione esaminando  motivi  diversi  da
 quelli  di  cui  all'art.  360,  n.  4,  del  c.p.c., ma che tuttavia
 incidono  direttamente  sulla  sorte  finale  del  processo,   appare
 rilevante e non manifestamente infondata.
   Infatti, essa e' rilevante in relazione alla ratio della cit. sent.
 n. 17/1986 della Corte costituzionale,  identificabile  nel  rigoroso
 rispetto  del  diritto  di difesa garantito in ogni stato e grado del
 procedimento dall'art. 24, secondo comma, della  Costituzione,  anche
 quando  l'errore  di  fatto,  come descritto dall'art. 395, n. 4, del
 c.p.c. venga perpretato dal giudice cui spetta  il  potere-dovere  di
 nomofilachia,  la  indagine  del quale, quando scrutina la ritualita'
 degli atti del processo, non differisce da quella di ogni e qualsiasi
 altro giudice.
    A dimostrare che nel caso in esame sia stato commesso un errore di
 tale specie basta rilevare che la Corte di cassazione, pur  investita
 dell'esame  di  motivi  diversi da quelli, di cui all'art. 360, n. 4,
 del c.p.c., ma scrutinando d'ufficio  gli  atti  del  processo,  come
 qualsiasi  altro  giudice,  per  accertare la ritualita' del proposto
 ricorso, ha supposto erroneamente che la data  di  notificazione  del
 ricorso  era il diciotto luglio 1985, anziche' il sedici luglio 1985,
 come risultante dalla realta' di notificazione  del  ricorso  ed  ha,
 sulla   base   di   tale  errore,  chiuso  il  processo,  dichiarando
 inammissibile il ricorso, in quanto notificato oltre  il  termine  di
 sessanta  giorni ex art. 325, secondo comma, del c.p.c. rispetto alla
 data di notificazione  della  impugnata  sentenza  del  tribunale  di
 Catania, avvenuta pacificamente il 17 maggio 1985.
    E,  poi,  la  non  manifesta  infondatezza  del dubbio che non sia
 legittima l'esclusione della sentenza di cassazione dalla revocazione
 per  errore  di  fatto,  deriva  dalla  considerazione che - ferme le
 ragioni che presiedono al postulato  del  "giudicato",  che  in  ogni
 sistema  giuridico  processuale  garantisce la esigenza di evitare il
 protrarsi all'infinito del giudizio - proprio la  natura  dell'errore
 di  fatto, come descritto dall'art. 395, n. 4, del c.p.c., che, lungi
 dal contenere un giudizio, si risolve in  una  "svista"  del  giudice
 nella  percezione  degli  atti  e documenti di causa, ma non riflessi
 decisivi  sulla  decisione  processuale  del  giudizio,   con   grave
 pregiudizio  delle  ragioni  delle  parti,  lascia  dubitare  che sia
 giustificato (art. 3, primo  comma,  della  Costituzione)  e  non  in
 contrasto  con  i  diritti  di  azione  e di difesa (art. 24, primo e
 secondo comma, della Costituzione)  far  prevalere  il  principio  di
 inimpugnabilita'   delle  sentenze  di  cassazione  su  quello  della
 revocabilita', valido per tutte le altre sentenze quando quelle siano
 inficiate da errore materiale.
    Si  tratta in sostanza non gia' di porre nuovamente in discussione
 il ragionamento del giudice, ma soltanto di sopprimere un presupposto
 di fatto, sicuramente falso, inserito in quel ragionamento.
    Se   cosi'   e',   sembra  irrilevante  che  l'intera  fattispecie
 dell'errore de quo si sia  verificato  ed  esaurito  nell'ambito  del
 giudizio  di  cassazione  in  fase  di verifica d'ufficio del rituale
 esercizio del potere d'impugnazione,  in  ricorso  basato  su  motivi
 diversi  da quelli di cui all'art. 360, n. 4, del c.p.c., sia perche'
 in tale verifica la cassazione e' giudice del fatto processuale, come
 ogni e qualsiasi altro giudice, sia perche' la garanzia dell'art. 24,
 secondo comma, della Costituzione, sarebbe gravemente offesa se  tale
 errore  di  fatto, come descritto dall'art. 395, n. 4, del c.p.c. non
 fosse suscettibile di emenda  per  il  solo  fatto  di  essere  stato
 perpretato dal giudice cui spetta il potere-dovere di nomofilachia.
    Si  impone,  quindi,  la  sospensione del giudizio e la rimessione
 degli atti alla Corte costituzionale, affinche' dica se  l'art.  395,
 prima parte, e n. 4, del c.p.c., in quanto non prevede la revocazione
 delle sentenze di cassazione affette da errore di fatto,  rese  anche
 su  ricorsi  non  basati  sul  n.  4 dell'art. 360 del c.p.c., sia in
 contrasto con l'art. 3, primo comma, e con l'art. 24, primo e secondo
 comma, della Costituzione.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante  e  non manifestamente infondata, in relazione
 all'art. 3 ed all'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione,
 la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 395, prima
 parte, e n. 4, in quanto non prevede la  revocazione  delle  sentenze
 della  cassazione  affette  da errore di fatto, rese anche su ricorsi
 non basati sul n. 4 dell'art. 360 del c.p.c.;
    Dispone  la  sospensione  del  presente giudizio e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la presente ordinanza sia, a cura della cancelleria,
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri,  al  procuratore
 generale,  nonche'  alle  parti  in  causa e comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Roma, addi' 11 luglio 1989
                   Il presidente: (firma illeggibile)
                           Il collaboratore di cancelleria: DEL FRANCO
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