N. 663 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 marzo - 12 ottobre 1990
N. 663 Ordinanza emessa il 22 marzo 1990 (pervenuta alla Corte costituzionale il 12 ottobre 1990) dal tribunale di S. Maria Capua Vetere nel procedimento civile vertente tra Sgambato Luigia e comune di S. Felice a Cancello Espropriazione per pubblico interesse - Regione Campania - Indennita' di espropriazione - Rinvio formale della legge regionale n. 8/1981 al d.-l. n. 776/1980 (convertito, con modificazioni, in legge n. 874/1980) che adotta il criterio (ritenuto costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 223/1983) del valore agricolo medio dei terreni secondo i tipi di coltura praticati nella regione agraria, senza fare riferimento specifico al valore dei terreni medesimi in relazione alle caratteristiche essenziali ed alla destinazione economica degli stessi - Necessita' della dichiarazione di incostituzionalita' della disposizione di legge regionale che opera il rinvio, attesa l'efficacia giuridica della stessa (secondo la giurisprudenza della Cassazione) in mancanza di abrogazione o di dichiarazione di incostituzionalita'. (Legge regione Campania 21 febbraio 1981, n. 8, art. 5; d.-l. 26 novembre 1980, n. 776, art. 3, quinto comma, convertito in legge 22 dicembre 1980, n. 874). (Cost., artt. 3 e 42).(GU n.44 del 7-11-1990 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. E' necessario premettere una breve esposizione dei fatti di causa. Con decreto del 12 dicembre 1981, il sindaco del comune di S. Felice a Cancello premesso: che ai sensi della legge regionale n. 8 del 21 febbraio 1981, l'ente territoriale aveva ottenuto un finanziamento per l'acquisto di due prefabbricati da destinare a scuole elementari; che la giunta municipale aveva individuato le aree per l'installazione di detti prefabbricati, tra le quali ricadeva quella di mq 2000 (porzione del terreno di proprieta' della Sgambato) "da occuparsi ed espropriare", come da piano particellare d'esproprio debitamente approvato con la predetta deliberazione; che l'opera, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5 della legge regionale citata, era stata dichiarata di pubblica utilita', nonche' indifferibile ed urgente e che per le modalita' di occupazione si doveva seguire la procedura di cui all'art. 3 del d.-l. 26 novembre 1980, n. 776, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 1980, n. 874. Tanto premesso autorizzava il comune ad occupare temporaneamente e, cioe' per un periodo di cinque anni dalla data "di presa di possesso", ed in via d'urgenza l'immobile di proprieta' della Sgambato, prevedendo che, con successivo provvedimento, sarebbero state determinate le indennita' per la stessa occupazione. In data 20 gennaio 1982, il tecnico incaricato procedette alla redazione del "verbale di consistenza", a cui segui', in data 1º febbraio 1982, la presa di possesso della porzione di suolo di proprieta' di Sgambato Luigia, destinata all'insediamento dei prefabbricati scolastici. Successivamente il sindaco con provvedimento del 10 novembre 1983, notificato all'interessata il 14 novembre, determino' l'indennita' da corrispondere "a titolo provvisorio per il periodo 1º febbraio 1982-1º agosto 1983 per la disposta occupazione degli immobili, occorrenti per la realizzazione dell'opera di cui alle premesse, sentito il parere dell'ufficio tecnico erariale di Caserta", fissndola nella misura di L. 3.110.000. La Sgambato, quindi, convenne, innanzi alla Corte d'appello di Napoli, il comune di S. Felice a Cancello (rimasto contumate per l'intero giudizio), proponendo opposizione avverso la liquidazione della suddetta indennita', ai sensi dell'art. 19 della legge n. 865/1971, perche' calcolata in base a norme dichiarate incostituzionali, e comunque, senza tener conto delle effettive caratteristiche dell'area in questione (colture praticate sul fondo in relazione all'esercizio dell'azienda agricola). Pertanto, l'attrice chiedeva che l'indennita' fosse determinata secondo il valore venale del libero mercato del bene occupato, o in via subordinata, che fosse fissata la giunta indennita' ad essa spettante, previa rettifica degli errori commessi dall'u.t.e. di Caserta, con condanna del convenuto al deposito della somma determinata, unitamente agli interessi legali. Instauratosi il contraddittorio innanzi a quella Corte, veniva disposta ed espletata (anche con un supplemento di mandatao) consulenza tecnica d'ufficio ed il consulente, seppure in modo non estremamente lineare, attribuiva al terreno oggetto dell'occupazione temporanea, natura di suolo edificatorio, che, quanto meno con riferimento all'anno 1986, aveva un valore di L. 40.000 al mq a seguito di stima comparativa. La Corte d'appello napoletana si dichiarava incompetente a conoscere della controversia poiche' la stessa aveva ad oggetto la opposizione avverso la determinazione dell'indennita' di occupazione, non finalizzata all'espropriazione (art. 20 della legge n. 865/1971), ma disposta in applicazione della legge regionale n. 8 del 21 febbraio 1983, che richiama quanto a modalita' (tra cui anche i criteri dettati dal quinto comma dell'art. 3) quelle previste dall'art. 3 del d.-l. 26 novembre 1980, n. 776 (convertito con modifiche nella legge 22 dicembre 1980, n. 874). La Corte, pertanto, esclusa la propria competenza per materia ex art. 19 della legge n. 865/1970, osservava che ove l'occupazione si fosse protratta oltre il termine fissato col provvedimento d'urgenza, si da trasformare in definitiva una situazione programmata come temporanea, "ancora piu' accentuata" si doveva ravvisare la competenza del tribunale, vertendosi in tema di risarcimento danni da fatto illecito (irreversibile trasformazine del fondo non sorretta da provvedimento ablativo), a prescindere dalla considerazione che l'eventuale questione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, quinto comma, della legge n. 874/1980, in quanto richiamante per la determinazione degli indennizzi la legge 29 luglio 1980, n. 385, dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale (sentenza n. 223/1983), doveva "rientrare nei poteri del giudice competente a conoscere della controversia". Orbene, ritiene il tribunale che la questione di costituzionalita' appena accennata dalla corte partenopea non sia manifestamente infondata e deve, quindi, essere rimessa al vaglio della Corte costituzionale per i seguenti motivi. E' opportuno rilevare che, sebbene il giudice, dichiaratosi incompetente, avesse implicitamente indicato la via per conseguire il ristoro del danno subito per la perdita del bene, irreversibilmente destinato all'opera pubblica, verificatasi dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima, autorizzata con decreto sindacale del 12 dicembre 1981, l'attrice ancora una volta, con l'atto riassuntivo del precedente giudizio, si e' limitata a chiedere la determinazione dell'indennita' "di esproprio" ad essa spettante, ritenendo suolo edificatorio quello oggetto dell'occupazione ovvero, in via subordinata, la determinazione della giusta indennita', rettificando le omissioni ed errori commessi dall'u.t.e. di Caserta "nella stima che col presente atto si impugna". Nel caso di specie, pero', non vi e' stato alcun decreto d'esproprio definitivo, come precisato anche dal consulente d'ufficio (v. seconda relazione, fol. 25 retro), essendo stata, del resto, l'occupazione temporanea, disposta con decreto del 12 dicembre 1981 (sicche' il decreto indicato e non prodotto dall'attrice, non poteva essere emesso in data 10 ottobre 1981 come dalla medesima dedotto), non finalizzata all'espropriazione, ma alla installazione temporanea dei prefabbricati scolastici, ai sensi della legge regionale n. 8 del 21 febbraio 1981, richiamante l'art. 5, secondo comma, della legge statale 22 dicembre 1980, n. 874. Del resto, il d.-l. 26 giugno 1981, n. 333, convertito in legge 6 agosto 1981, n. 456, ha conferito ai comuni la facolta' di espropriare le aree gia' destinate all'installazione di alloggi precari, destinandole ad attrezzature pubbliche o ad edilizia pubblica compatibilmente con le norme previste dalle leggi e dagli strumenti urbanistici in vigore, sicche' l'ordinanza del Ministero per il coordinamento della protezione civile n. 49 del 14 giugno 1982, ha poi disposto che il comune, in tal caso, trasmetta copia della delibera alla prefettura perche' venga interrotto il pagamento dell'indennita' di occupazione temporanea. Nel caso in esame, il predetto potere espropriativo non e' stato esercitato. Escluso, quindi, che vi sia indennita' di esproprio da determinare e non potendosi, in mancanza di prospettazione della relativa causa petendi, ritenere che la domanda di opposizione alla stima possa, ex officio, convertirsi in richiesta di risarcimento danni (cfr. Cass. 26 giugno 1978, n. 3140; Cass. 22 giugno 1985, n. 3767; Cass. 12 novembre 1985, n. 5531), pena l'evidente vizio di extrapetizione da cui risulterebbe affetta la pronuncia, non rimarrebbe che determinare l'indennita' di occupazione temporanea e d'urgenza secondo i criteri fissati dall'art. 3, quinto comma, del d.-l. 26 novembre 1980, n. 776, convertito in legge 22 dicembre 1980, n. 874. Infatti, e' costantemente affermato in giurisprudenza che il giudice nel rideterminare l'indennita' in sede di opposizione alla stima, tra le varie leggi in vigore al tempo dell'esproprio, debba adottare i criteri di quella richiamata nel decreto e dalla quale la p.a. ha tratto il potere espropriativo (e di occupazione temporanea) e non quelli di una legge diversa, ancorche' astrattamente applicabile (Cass. n. 5908/1981; n. 2041/1981). La legge si individua attraverso le indicazioni contenute nel decreto di esproprio (o di occupazione) e, se questo non contiene elementi chiarificatori, va desunta dagli atti del procedimento espropriativo (Cass. n. 1671/1977; n. 3290/1976), con preferenza del criterio piu' favorevole all'espropriante (o l'occupante) tra quelli previsti dalle leggi in astratto applicabili (Cass. n. 1671/1977 cit.). Orbene, deve osservarsi che l'art. 3 del d.-l. n. 776/1980, convertito in legge n. 874/1980, prevedeva, fra l'altro, che il commissario di Governo, previa determinazione delle relative procedure, provvedeva all'installazione di abitazioni mobili e ad elementi componibili, da destinare provvisoriamente ad alloggi per famiglie dei senza tetto, ivi comprese le necessarie infrastrutture (lett. b). Il terzo comma del citato art. 3 prevedeva inoltre, che il commissario, al fine di consentire la ripresa dell'attivita' scolastica e di altre attivita' istituzionali, provvedeva a concedere contributi alle amministrazioni competenti per le opere urgenti di riattazione di pubblici edifici o di immobili destinati ad uso pubblico e, in caso di edifici scolastici distrutti o non restaurabili, si doveva provvedere in ogni possibile forma alternativa alla ripresa dell'attivita' scolastica. Al fine di portare ad esecuzione i predetti compiti, il commissario, con ordinanza n. 69 del 29 dicembre 1980, fece carico ai comuni danneggiati di indicare (entro trenta giorni dall'ordinanza) le aree da destinare agli insediamenti provvisori e le prescrizioni da osservare per la loro realizzazione, assegnando il compito di acquisire le aree stesse ai capi degli uffici speciali regionali per il reinsediamento delle popolazioni sinistrate. Con successiva ordinanza n. 206 del 14 aprile 1981, allo scopo di rendere piu' spedito il procedimento di acquisione delle aree, il commissario trasferi' il relativo compito ai sindaci dei comuni danneggiati. In tale contesto normativo formale e materiale si inserisce la legge regionale n. 8 del 21 febbraio 1981, richiamata espressamente nel decreto di occupazione de quo vertitur, per la quale la regione Campania, evidentemente anche al fine di garantire la ripresa dell'attivita' scolastica "in ogni possibile forma alternativa" (art. 3 del d.-l. citato), assegno' per proprio conto, ai comuni, nell'ambito di un intervento straordinario e di emergenza, la somma di L. 100 miliardi per l'acquisto di prefabbricati destinati a locali per servizi sociali ed attivita' produttive (art. 1). La Giunta regionale, infatti, era autorizzata (art. 2 della legge regionale) ad assegnare fondi ai comuni riportati nell'elenco previsto dal quinto comma dell'art. 4 del decreto-legge citato, per la fornitura e la messa in opera di prefabbricati da destinarsi provvisoriamente a locali per servizi collettivi, di utilita' pubblica e sociali e per attivita' terziarie di livello comunale, ivi compresa la realizzazione delle necessarie attrezzature. I criteri ed il piano di riparto del fondo-contributo, dovevano essere assunti sulla base delle richieste dei comuni e tenendo conto degli interventi previsti dal commissario di Governo, dalle regioni e dagli enti locali ed altre istituzioni (art. 3) al fine di un intervento coordinato. I comuni, poi, avrebbero dovuto (entro 20 giorni dall'entrata in vigore della legge) individuare, nell'ambito delle aree previste ad insediamenti provvisori per fronteggiare le immediate esigenze abitative, gli spazi da adibire a servizi collettivi, di utilita' pubblica e sociale, nonche' per l'esercizio delle attivita' commerciali, artigianali etc. (art. 4); e la deliberazione del consiglio comunale aveva valore di dichiarazione di pubblica utilita', nonche' di indifferibilita' ed urgenza di tutte le opere in essa previste, mentre "le modalita' di occupazione avvengono come previsto dall'art. 3 del d.-l. 26 novembre 1980, n. 776, cosi' come covertito dalla legge 22 dicembre 1980, n. 874" (art. 5). Quindi il sindaco del comune di S. Felice a Cancello, che in virtu' del citato provvedimento commissariale del 14 aprile 1981 aveva assunto anche i poteri propri del commissario, a seguito della deliberazione giuntale del 24 settembre 1981, che aveva individuato le aree da destinare all'installazione dei prefabbricati scolastici, finanziati dalla regione ai sensi della predetta legge regionale, dispose l'occupazione temporanea per la durata di anni cinque, di parte del suolo di proprieta' della Sgambato, prevedendo che, con successivo provvedimento, sarebbero state determinate le indennita' di occupazione. Il sindaco, in altri termini ha esercitato il potere di occupazione, previsto eccezionalmente dalla predetta legislazione di emergenza anche a livello regionale (legge regionale citata), sicche' per la liquidazione dell'indennita' di occupazione non puo' aversi riguardo che ai criteri d'indennizzo fissati dalla stessa legislazione. L'art. 5 della citata legge regionale richiama le modalita' di occupazione previste dall'art. 3 del d.-l. 26 novembre 1980, n. 776, convertito in legge 22 dicembre 1980, n. 874. Il richiamo dell'intero testo del citato art. 3, comporta necessariamente che gli indennizzi, inerenti l'occupazione d'urgenza delle aree necessarie all'installazione dei prefabbricati scolastici, siano determinati ai sensi del quinto comma e, cioe', secondo le norme previste dalla legge 29 luglio 1980, n. 385, "calcolando per ciascun anno di occupazione un quarto della indennita' che dovrebbe essere corrisposta" ai sensi della stessa legge. "per la espropriazione delle aree da occupare, ovvero per ciascun mese o frazione di mese un dodicesimo dell'indennita' annua come sopra determinata". Il rinvio della legge regionale alle modalita' per l'occupazione ex art. 3 citato non puo' che ricomprendere anche i criteri di indennizzo, che costituiscono un aspetto essenziale del potere di occupazione, giacche' il diritto dell'occupato non puo' essere compreso senza prevedere un correlativo diritto all'indennizzo. Orbene, prescindendo per un attimo dalla natura del suolo occupato, deve osservarsi che, nel caso di specie, la determinazione dell'indennizzo, da calcolarsi per ciascun anno di occupazione nella misura di un quarto dell'indennita' ex lege n. 385/1980, correlata ad un termine di occupazione superiore addirittura ad un quadriennio (cinque anni), induce a ritenere non manifestamente infondata la previsione di cui al citato art. 3, quinto comma, laddove non e' previsto un termine massimo dell'occupazione. Infatti, un'occupazione a tempo indeterminato (pur ipotizzabile in mancanza di espressa limitazione), ovvero, come nel caso in esame, superiore a quattro anni, comporta che al proprietario del suolo occupato, sia riconosciuto un indennizzo, per la sola occupazione, maggiore di quello che gli spetterebbe in caso di espropriazione definitiva, allorche' dovessero trovare applicazione i criteri di cui alla legge n. 385/1980, sostanzialmente restaurante gli stessi criteri di commisurazione dell'indennita' di esproprio ex lege 22 ottobre 1971, n. 865, in palese contrasto con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione. E cioe', se e' vero che l'indennizzo assicurato all'espropriato ed al proprietario del suolo temporaneamente ed eccezionalmente occupato non deve costituire una integrale riparazione per la perdita subita, in quanto occorre coordinare il diritto del privato con l'interesse generale che l'espropriazione mira a realizzare, sicche' deve essere fissato in misura non irrisoria o meramente simbolica, ma deve rappresentare un serio ristoro, e' altrettanto vero che un indennizzo, al contrario, superiore all'effettiva perdita subita dal privato, si sostanzia in un'ingiustificata locupetrazione che svilisce e contrasta con l'istituto dell'espropriazione o dell'occupazione per motivi d'interesse generale, contraddicendo anche la elevazione a livello costituzionale della "funzione sociale" della proprieta'. Inoltre, la possibilita' di applicazione dei predetti criteri d'indennizzo ad occupazioni protratte oltre il quarto anno, ovvero a tempo indeterminato, appare in contrasto anche con l'art. 3, primo comma, della Costituzione giacche' l'astratta applicazione del criterio adottato puo' portare a irragionevoli trattamenti differenziati di situazioni sostanzialmente omogenee, in quanto per terreni in eguale situazione, potrebbero essere attribuiti indennizzi diversi in relazione alla maggiore o minore durata dell'occupazione, ovvero a duplicazioni sostanziali, se per avventura uno dei terreni sia o meno successivamente espropriato (ovvero irreversibilmente destinato all'opera pubblica con conseguente ristoro del danno). Ma, a prescindere dalle precedenti considerazioni, la questione di costituzionalita' dell'art. 5 della legge regionale n. 8/1981 e dell'art. 3, quinto comma, della legge n. 874/1980 deve essere posta sotto un altro e ben piu' rilevante profilo. Infatti, si e' detto (e cio' va ribadito ai fini della rilevanza della questione prospettata) che il terreno occupato dal comune di S. Felice a Cancello aveva ed ha natura edificatoria, poiche' e' posto nell'ambito del perimetro urbano, e' circondato da strade comunali ce ne agevolano l'accesso, e' servito da infrastrutture primarie e secondarie (acqua, illuminazione pubblica, gas, etc.); tant'e' che il consulente tecnico e' giunto alla determinazione del valore venale dello stesso terreno (L. 40.000 al mq.) sicuramente ed ampiamente superiore a quello stimato dal comune, su parere dell'u.t.e. di Caserta e, quindi, liquidato con il decreto del 10 novembre 1983, impugnato dalla Sgambato. Senonche' l'art. 3, quinto comma, del d.-l. citato, richiamato dall'art. 5 della legge regionale, stabilisce che l'indennita' di occupazione temporanea deve essere determinata secondo i criteri di cui alla legge n. 385/1980, dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n. 223/1983. Appare evidente che il rinvio operato dall'art. 3, quinto comma, di natura formale, fa si' che seppure la legge, richiamata ed anteriore, sia stata successivamente dichiarata incostituzionale, la norma richiamata continui ad avere efficacia, in quanto non travolta dalla pronuncia di incostituzionalita'. La disposizione in questione riproduce, per effetto del rinvio formale, il contenuto della norma dichiarata incostituzionale, sicche' essendo ancora suscettibile di applicazione e' munita di piena efficacia giuridica-normativasino a che non venga, a sua volta, dichiarata non costituzionale (cfr. Cass. 18 dicembre 1973, n. 3423). La Corte costituzionale ha gia' dichiarato l'incostituzionalita' dei criteri di determinazione dell'indennita' di esproprio e quindi di occupazione, per il caso che qui interessa, fissati dalla legge n. 385/1980, allorche' si tratti di aree edificabili. Pertanto, la questione non puo' porsi che negli stessi termini, di cui alla sentenza n. 223/1980, sicche' deve ritenersi la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', promossa ex officio, dell'art. 5 della legge regionale Campania 21 febbraio 1981, n. 8, e dell'art. 3, quinto comma, del d.-l. 26 novembre 1980, n. 776, convertito con modificazioni in legge 22 dicembre 1980, n. 874, che adottano il valore agricolo medio dei terreni secondo i tipi di coltura praticati nella regione agraria quale criterio per la determinazione della misura dell'indennita' di occupazione, senza fare specifico riferimento al valore dei terreni medesimi in relazione alle caratteristiche essenziali e alla destinazione economica degli stessi in relazione agli artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione. Alla stregua delle considerazioni che precedono il tribunale e' tenuto a disporre la sospensione del giudizio in corso ed a provvedere ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Rimette alla Corte costituzionale la questione, non manifestamente infondata, di costituzionalita' dell'art. 5 della legge regione Campania n. 8 del 21 febbraio 1981, nonche' dell'art. 3, quinto comma, del decreto-legge 26 novembre 1980, n. 776, convertito in legge 22 dicembre 1980, n. 874, in relazione agli artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Presidente della giunta della regione Campania; Dispone, infine, che l'ordinanza sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e al presidente del Consiglio della regione Campania. S. Maria Capua Vetere, addi' 22 marzo 1990 Il presidente: (firma illeggibile) 90C1279