N. 499 ORDINANZA 15 - 26 ottobre 1990

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Nuovo codice - G.I.P. - Domanda di archiviazione da
 parte del p.m. - Mancato accoglimento Compimento di ulteriori
 indagini - Preclusione - Richiamo alla giurisprudenza della Corte
 (sentenze nn. 409 e 455 del 1990) Nuovo quadro normativo - Necessita'
 di riesame della rilevanza della questione - Restituzione degli atti
 al giudice  a quo.
 
 (C.P.P., art. 554)
 
 (Cost., artt. 3 e 112).
(GU n.44 del 7-11-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 554 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa  il  14  febbraio
 1990  dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  presso la Pretura
 circondariale di Lamezia Terme in un procedimento penale a carico  di
 ignoti,  iscritta  al n. 215 del registro ordinanze 1990 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 26 giugno 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che  il  Giudice  per  le indagini preliminari presso la
 Pretura circondariale di Lamezia Terme,  chiamato  a  decidere  sulla
 richiesta  di  archiviazione  avanzata  dal  pubblico ministero in un
 procedimento a carico di ignoti per il reato di molestie e minacce  a
 mezzo  del telefono - dopo aver premesso "che il P.M. non ha compiuto
 attivita'  d'indagine",  limitandosi  a  domandare,  sulla  base  "di
 generici   e   imprecisati   accertamenti"   eseguiti  dalla  polizia
 giudiziaria, "l'archiviazione per essere rimasto ignoto l'autore  del
 reato",  e cio' nonostante fosse opportuno "verificare la persistenza
 delle minacce" attraverso l'esame della persona offesa e  richiedere,
 "ove  del caso, l'intercettazione telefonica" - ha, con ordinanza del
 14 febbraio 1990, sollevato questione di legittimita'  dell'art.  554
 del  codice  di procedura penale, "nella parte in cui non prevede che
 il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura ove  ritenga
 di  non accogliere la domanda di archiviazione possa indicare al P.M.
 le ulteriori indagini da compiere e il termine indispensabile per  il
 loro svolgimento":
       che,   ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  norma  denunciata
 violerebbe, in primo luogo,  l'art.  3  della  Costituzione,  per  la
 mancata  estensione ai procedimenti di competenza pretorile dell'art.
 409, quarto comma, del codice di  procedura  penale,  dettato  per  i
 procedimenti  di  competenza  del  tribunale  o della corte d'assise,
 mancata estensione da ritenersi irragionevole, anche a  fronte  della
 direttiva espressa dall'art. 2, n. 103, della legge 16 febbraio 1987,
 n. 81, dal momento "che il vigente  sistema  processuale  impone  nei
 casi  simili al giudice per le indagini preliminari presso la pretura
 di accogliere  la  richiesta  di  archiviazione  (arg.  ex  art.  554
 c.p.p.),  senza  poter  indicare  con  ordinanza  al P.M. le indagini
 necessarie, come invece consentito dall'art. 409 comma quarto, c.p.p.
 al GIP presso il Tribunale";
      che,  inoltre,  sarebbe vulnerato l'art. 112 della Costituzione,
 "potendo  essere   compromesso   il   principio   costituzionale   di
 obbligatorieta'  dell'azione  penale"  per  essere  il giudice per le
 indagini  preliminari  presso  la   pretura   privo   "di   qualsiasi
 possibilita'  di  incidere sulla scelta del P.M., salva l'informativa
 al Procuratore generale che, "se ne ravvisa i presupposti", richiede,
 ai  sensi  dell'art.  157  del  testo  delle  norme di attuazione, di
 coordinamento e transitorie del codice  di  procedura  penale  (testo
 approvato  con  il  decreto  legislativo  28 luglio 1989, n. 271), la
 riapertura delle indagini;
       e  che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
     Considerato che, pur risultando il procedimento a quo a carico di
 ignoti,  l'ordinanza  di  rimessione  appare  tutta   impostata   sul
 raffronto  tra  l'art.  554 e l'art. 409, quarto comma, del codice di
 procedura  penale,  norma  quest'ultima   concernente   le   indagini
 successive  alla  richiesta  di  archiviazione  che il giudice per le
 indagini preliminari presso il  tribunale  puo'  disporre  quando  si
 tratta  di  procedimento  a carico di persona identificata, senza che
 venga mai richiamato  l'art.  415  del  codice  di  procedura  penale
 appositamente  dedicato  all'archiviazione  per  il  caso di reato di
 competenza del tribunale o della corte di assise commesso da  persone
 ignote,  come  sembra  confermato  dal  persistente  riferimento  del
 giudice a quo all'art. 157 del testo delle norme  di  attuazione,  di
 coordinamento  e  transitorie  del  codice di procedura penale (testo
 approvato con il decreto legislativo 28 luglio  1989,  n.  271),  una
 norma  che,  con  il  richiamare  l'art.  414 del codice di procedura
 penale, parrebbe concernere esclusivamente procedimenti a  carico  di
 persona identificata;
       che,  peraltro,  questa  Corte,  con  sentenza n. 409 del 1990,
 dichiarando  non  fondata  "nei  sensi  di  cui  in  motivazione"  la
 questione di legittimita' dell'art. 415, secondo comma, del codice di
 procedura penale, sollevata per la parte ove non consente al  giudice
 per  le  indagini  preliminari  di  indicare  ulteriori  indagini  al
 pubblico ministero,  "una  volta  che  questi  gli  abbia  presentato
 richiesta  di  archiviazione per essere ignoti gli autori del reato",
 ha    fondato    la    sua    statuizione    su    una     "possibile
 interpretazione"dell'art. 415, secondo comma, del codice di procedura
 penale, "tale da far emergere una figura di giudice per  le  indagini
 preliminari   in   grado   di  indicare  al  pubblico  ministero  gli
 approfondimenti non ancora compiuti e,  quindi,  non  vincolato  alla
 pronuncia  del  decreto  di  archiviazione nemmeno quando non gli sia
 possibile ordinare l'iscrizione nel registro delle notizie  di  reato
 del nome di una persona gia' individuata";
       che,  di conseguenza, l'indicazione dell'art. 409 del codice di
 procedura penale come tertium comparationis non appare, alla  stregua
 di tale decisione della Corte, del tutto inconferente;
       che,  successivamente,  con  sentenza  n.  445 del 1990, questa
 Corte  ha,   invece,   dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art. 157 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e
 transitorie  del  codice  di  procedura  penale,  e  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art. 554, secondo comma, del codice di procedura
 penale, nella parte  in  cui  non  prevede  che,  di  fronte  ad  una
 richiesta  di archiviazione presentata per infondatezza della notizia
 di reato, il giudice per le indagini preliminari  presso  la  pretura
 circondariale,  se  ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi
 con  ordinanza   al   pubblico   ministero,   fissando   il   termine
 indispensabile per il compimento di esse;
       che,  quindi,  il  giudice a quo deve riesaminare, alla stregua
 del nuovo quadro normativo risultante dalle indicate decisioni  della
 Corte,  la  concreta rilevanza della proposta questione (v. ordinanze
 nn. 222 e 463 del 1990);
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Ordina  la  restituzione  degli  atti  al  Giudice  per le indagini
 preliminari presso la Pretura circondariale di Lamezia Terme.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1990.
                           Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CONSO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 26 ottobre 1990.
                 Il direttore della cancelleria: MINELLI
 90C1285