N. 669 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 maggio 1990

                                 N. 669
    Ordinanza emessa il 2 maggio 1990 dalla Corte dei conti, sezione
       terza giurisdizionale sul ricorso proposto da Arata Luigi
 Pensioni  -  Indennita'  speciale  per  i magistrati istituita con la
 legge  n.  27/1983  (recte   1981)   -   Mancata   previsione   della
 pensionabilita'   di  detta  indennita'  -  Asserita  violazione  del
 principio della retribuzione  (anche  differita)  proporzionata  alla
 quantita'  e qualita' del lavoro svolto, attesa la natura retributiva
 della  indennita'  in  questione  come   riconosciuto   anche   dalla
 giurisprudenza  amministrativa (Ad.pl. Consiglio di Stato, dec. n. 37
 del  16  dicembre  1983)  -  Richiamo  alle  sentenze   della   Corte
 costituzionale nn. 302/1983 e 238/1990.
 (Legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3, primo comma).
 (Cost., art. 36).
(GU n.44 del 7-11-1990 )
                           LA CORTE DEI CONTI
     Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso prodotto dal
 dott.Luigi Arata, nato a Roma il 16  ottobre  1925  ed  elettivamente
 domiciliato in Roma, via Muzio Clementi, n. 68 (00193), presso l'avv.
 Gustavo Schiavello, avverso la nota  in  data  25  gennaio  1989,  n.
 1523/200 del segretariato generale della Corte dei conti.
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  la nota in epigrafe e' stata respinta la domanda protocollata
 il 6 novembre 1989, con la quale il ricorrente  -  consigliere  della
 Corte  dei  conti,  cessato  dal  servizio  il  2 giugno 1988 - aveva
 chiesto l'inclusione nella base pensionabile  dell'indenita'  di  cui
 all'art.  2  della  legge  6 agosto 1984, n. 425. Il diniego e' stato
 motivato   con   espresso   richiamo   alla   declaratoria   di   non
 pensionabilita' dell'indennita' in parola contenuta nell'art. 3 della
 legge 19 febbraio 1981, n. 27, istitutiva dell'emolumento  in  favore
 dei   magistrati   appartenenti   all'a.g.o.,  poi  esteso  anche  ai
 magistrati  amministrativo,  contabili  e  militari,   nonche'   agli
 avvocati  e  procuratori  dello  Stato  con  l'art.  2 della legge n.
 425/1984, e alla delibera 1751 del 9 aprile 1987  della  sezione  del
 controllo di questa Corte.
    Avverso   la  nota  ha  proposto  ricorso  l'interessato,  facendo
 presente  che  l'indennita'  era  stata  prevista   come   emolumento
 provvisorio  attribuito  ai magistrati ordinari fino all'approvazione
 di una nuova disciplina del trattamento economico, e pertanto, stante
 la  sua provvisorieta', era stata dichiarata non pensionabile. Estesa
 a tutto il personale di tutte le magistrature,  l'indennita'  avrebbe
 perduto  il suo carattere di provvisorieta', per diventare emolumento
 di  natura  retributiva,  come  tale  da   considerare   nella   base
 pensionabile.
    Con  atto  scritto depositato il 12 febbraio 1990 nella segreteria
 di questa sezione, il procuratore generale ha  chiesto  la  reiezione
 del gravame, rifacendosi all'espresso disposto della legge istitutiva
 e negando che l'estensione dell'emolumento a tutte le magistrature ne
 rimuova il carattere di provvisorieta'.
    La  parte  ricorrente  ha  depositato il 2 maggio 1990 una nota di
 udienza, con la quale viene fatto rilevare che  il  t.a.r.  Lombardia
 con   decisione   n.  640/1987  del  13  maggio-9  dicembre  1987  ha
 riconosciuto che l'indennita'  in  parola  va  computata  nella  base
 pensionistica  (e  come  tale  va  assoggettata  a  ritenuta in conto
 entrate tesoro).
    Nell'odierna udienza, non presente il difensore del ricorrente, il
 Pubblico ministero ha confermato l'atto conclusionale scritto, con il
 quale era stato chiesto il rigetto del ricorso.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    Il   ricorrente   chiede   che  nella  base  pensionabile  per  la
 liquidazione del trattamento  di  quiescenza  sia  incluso  l'importo
 dell'indennita'   speciale  prevista,  dall'art.  3  della  legge  19
 febbraio 1981, n. 27, per i magistrati ordinari ed estesa a tutti gli
 altri  magistrati,  nonche'  agli avvocati e procuratori dello Stato,
 con l'art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425 (peraltro con  diversa
 decorrenza: 1º gennaio 1983 invece che 1º luglio 1980).
    Cio'  premesso  si  osserva  che  la  legge  n. 27/1981 stabilisce
 espressamente che l'indennita' non e' pensionabile, mentre  la  legge
 n.   425/1z984   non   riproduce   la   clausola  relativa  alla  non
 pensionabilita'.
    E  muovendo  dalla  constatazione  di  tale  diversita', il t.a.r.
 Lombardia,   investito   della   questione   della    pensionabilita'
 dell'emolumento    in    parola    sotto   il   profilo   preliminare
 dell'assoggettamento alle ritenute  in  conto  entrate  tesoro  dello
 stesso,  ha  ritenuto  di poter dare una risposta affermativa, tenuto
 conto  della  natura  essenzialmente   retributiva   dell'indennita',
 rafforzata  dall'ormai  intervenuta estensione a tutti i magistrati e
 agli avvocati e procuratori dello Stato; per il t.a.r. l'indenita' di
 cui  all'art. 2 della legge n. 425/1984 sarebbe un emolumento diverso
 da quello  di  cui  all'art.  3  della  legge  n.  27/1981  (dec.  n.
 640/1987).
    La  sezione  non ritiene di poter condividere tale assunto, stante
 il tenore letterale della disposizione  estensiva  ("l'indennita'  di
 cui  al...  e'  estesa...");  il  legislatore  ha inteso estendere ai
 magistrati non appartenenti all'ordine giudiziario e agli avvocati  e
 procuratori  dello  Stato  l'indennita'  speciale  gia' attribuita ai
 magistrati ordinari dall'art. 3 della legge n. 27/1981.
    Quanto  sopra  ricordato,  peraltro,  il  collegio  ritiene che la
 questione della  pensionabilita'  dell'indennita'  in  argomento  sia
 meritevole di ulteriore approfondimento.
    La  natura  retributiva  riconosciuta  alla  pensione individua il
 tratto fondamentale e caratteristico dell'istituto e fornisce  alcune
 direttive  essenziali  per poterne definire l'esatta configurazione e
 inquadramento giuridico nel  nostro  ordinamento.  Si  tratta  di  un
 istituto   che  e'  stato  caratterizzato  da  una  intensa  dinamica
 normativa, ma che sin dalle  sue  origini  -  cioe',  intendiamo,  da
 quando  fu  riconosciuto  come  diritto  - venne individuato come una
 "ricompensa" per servizi resi (art. 1 della legge n. 3 del 22  agosto
 1790,  emanata  dall'assemblea  costituente  francese:  "L'E'tat doit
 re'compenser les services rendus au Corps").
    L'istituto,    giuridico   dell'indennita',   sempre   nella   sua
 configurazione generale, ha invece natura diversa; l'indennita' e' un
 compenso  non  per  servizi  resi,  ma  per  sacrifici,  diminuzioni,
 lesioni, limitazioni di  diritti.  Se  questa  puo'  considerarsi  la
 configurazione  generale  dell'indennita',  deve  pero'  anche essere
 ricordato come il termine, nell'ambito soprattutto  del  diritto  del
 lavoro  e  di  quello pubblico in particolare, e' stato utilizzato in
 accezione diversa, e cioe' per individuare forme di compenso  (usiamo
 qui   volutamente   questa   espressione   generica)  distinte  dalla
 retribuzione fondamentale e che hanno (o dovrebbero avere)  una  loro
 giustificazione  particolare,  distinta  dall'emolumento  principale,
 quello  cioe'  che  rappresenta  il   corrispettivo   diretto   della
 prestazione   dell'attivita'  lavorativa,  nell'ambito  del  rapporto
 sinallagmatico tra datore di lavoro e lavoratore.
    Il gia' rilevato carattere estremamente dinamico della normazione,
 la frammentarieta' e l'evidente  assenza  di  coordinamento  fra  gli
 interventi  legislativi  (il  cui numero e' veramente indefinito), il
 reale  conflitto  di   tendenze   (da   un   lato   quella   pubblica
 all'uniformita'  e alla semplificazione del trattamento economico dei
 pubblici  dipendenti,  pur  nella  diversita'  e  molteplicita'   dei
 compiti,  delle  funzioni  e  delle mansioni; dall'altro la spinta di
 gruppi,  settori,  comparti,  categorie   alla   differenziazione   e
 specificazione    retributiva,   in   relazione   alla   preparazione
 professionale, alle caratteristiche e ai rischi del lavoro  prestato,
 alla  modalita'  di  svolgimento  delle  prestazioni),  tutti  questi
 elementi hanno portato a  un  uso  estremamente  vario  dell'istituto
 dell'indennita',  sia per le finalita' che attraverso di esso si sono
 volute perseguire, sia per le svariate configurazioni giuridiche  che
 allo stesso sono state date.
    Ne  consegue che, in moltissimi casi, gli aspetti "retributivi" di
 determinati emolumenti non sono facilmente  distinguibili  da  quelli
 non  retributivi,  con  ovvie conseguenti difficolta' di orientamento
 interpretativo.
    Questa  situazione  ha  originato  rilevanti  problemi nell'ambito
 della giurisdizione pensionistica della sezione per  quanto  concerne
 il sistema pensionistico degli istituti di previdenza, nel cui ambito
 la legge fornisce solo alcuni criteri generali per  la  valutabilita'
 (ai fini della determinazione della base pensionabile) di indennita',
 assegni, emolumenti vari, che  traggono  origine  da  svariate  fonti
 normative  (non  solo  da  leggi, ma da regolamenti di enti dotati di
 autonomia, territoriali o non territoriali, contratti  collettivi  di
 lavoro  in  alcuni  particolarissimi casi, e, di recente, decreti del
 Presidente della Repubblica che approvano accordi  di  lavoro).  Gia'
 l'art.  12,  terzo  comma,  della  legge  11  aprile 1955, n. 379, ri
 riferiva alla sola parte fissa e continuativa della  retribuzione  ed
 elencava  poi una serie di indennita', assegni, compensi che dovevano
 essere ricompresi nella  retribuzione  ai  fini  delle  contribuzioni
 pensionistiche e poi della determinazione della base pensionabile. La
 successiva legge 5 dicembre 1959, n. 1077, ha invece  individuato  un
 complesso  di  criteri  per la determinazione della base contributiva
 pensionabile, precisando la fonte normativa  dell'emolumento  (legge,
 regolamento  o  contratto  collettivo di lavoro) e le caratteristiche
 dello stesso (assegno fisso e continuativo o ricorrente,  costituente
 parte  fondamentale  della  retribuzione  per  la  normale  attivita'
 lavorativa richiesta per il posto ricoperto). Infine la piu'  recente
 legge  26  aprile  1983, n. 131, di conversione del d.-l. 28 febbraio
 1983, n. 55 (art. 30,  secondo  comma)  lascia  maggiori  margini  di
 interpretazione  nel confermare la natura per sua essenza retributiva
 dell'assegno pensionabile, peraltro in un quadro  di  normazione  dei
 rapporti   di  lavoro  e  del  connesso  trattamento  economico  piu'
 uniformemente disciplinato (sistema dei decreti del Presidente  della
 Repubblica,  che  approvano  agli  accordi nazionali unici di lavoro,
 all'interno del quale  l'autonomia  degli  enti  risulta  di  portata
 affatto   marginale,  come  e'  stato  chiarito  dalla  piu'  recente
 giurisprudenza costituzionale). L'art. 30  della  legge  n.  131/1983
 conferma  la  natura  retributiva degli assegni pensionabili, purche'
 fissi e continuativi.
    Puo'  essere  utile  ricordare  a  questo  punto,  a  puro  titolo
 esemplificativo, l'avvenuto riconoscimento della natura  pensionabile
 - ad opera della giurisprudenza di questa sezione - di taluni assegni
 e indennita' quali:
      l'indennita'  di  alloggio, purche' l'alloggio fosse concesso in
 ragione delle esigenze delle prestazioni dovute (in  genere  mansioni
 di custodia);
      l'indennita'  di  vestiario,  in  relazione all'uso obbligatorio
 della divisa per i vigili urbani;
      l'indennita' di reggenza e l'indennita' per i servizi simultanei
 in favore dei segretari comunali;
      l'indennita' di tempo pieno per i medici ospedalieri;
      l'indennita' primariale per i primari ospedalieri;
      l'indennita'  di  aggiornamento  e  di  rimborso  spese  per  il
 medesimo personale medico.
    Meritano  di  essere  in sintesi riportate le argomentazioni sulla
 base  delle  quali  e'  stata  riconosciuta  la  pensionabilita'   di
 quest'ultima  indennita'. L'aggiornamento professionale, con le spese
 che vi sono connesse, e' il lavoro reso necessario  in  relazione  al
 continuo  evolversi della ricerca scientifica, cui consegue la rapida
 obsolescenza delle esperienze in precedenza acquisite. L'attivita' di
 aggiornamento   costituisce   un'indispensabile   connotazione  della
 prestazione  lavorativa  e  rappresenta  uno  specifico  obbligo   di
 servizio;  il  relativo  compenso  ha  quindi  natura  retributiva  e
 rappresenta aspetto del sinallgma del rapporto di lavoro.  Si  tratta
 di  un  onere che fa carico al prestatore d'opera per poter assolvere
 compiutamente ai molteplici e impegnativi compiti  necessari  per  la
 tutela  e  la  conservazione della salute dei cittadini (coll'Anul 24
 giugno 1980 l'indennita' in parola e' diventata indennita' "di medico
 ospedaliero").  Quanto  al  rimborso  spese, cui l'indennita' e' pure
 intesa a far fronte,  va  osservato  (e  la  sezione  ha  inteso  qui
 riferirsi  a  giurisprudenza della Corte di cassazione, in materia di
 analoghe questioni insorte con l'I.N.P.S. e l'I.N.A.) che in  realta'
 non  si  tratta  di  un  vero  e proprio rimborso, in quanto non c'e'
 correlazione con spese che siano state effettivamente anticipate,  ma
 che  si  presume  che  siano  comunque  connesse  con l'aggiornamento
 professionale (dall'acquisto di libri e riviste alla partecipazione a
 momenti  di  dibattito  collettivo  e  simili). L'indennita' acquista
 quindi la funzione di un ulteriore compenso  di  carattere  generale,
 obbligatorio,     fisso,     continuativo,    predeterminato    anche
 nell'ammontare; essa quindi entra  a  far  parte  della  retribuzione
 pensionabile  anche  sotto  questo  profilo,  che  pure  siu inquadra
 nell'orbita del corrispettivo, cioe' del sinallagma fondamentale  del
 rapporto di lavoro.
    Ne' va dimenticato, ha osservato ancora la sezione in margine alle
 proprie   motivazioni,   come   l'esperienza   della   contrattazione
 collettiva  ha  evidenziato  che  -  nella  presente  situazione - il
 frazionamento della retribuzione in una serie di voci rappresenta  lo
 strumento  piu'  idoneo per introdurre miglioramenti retributivi (tra
 le tante decisioni in proposito puo' essere ricordata quella n. 57508
 del 21 dicembre 1984-4 gennaio 1985).
    Nella  legislazione concernente i dipendenti dello Stato, civili e
 militari, la pensionabilita' delle indennita' ed  asssegni  accessori
 e'   stabilita   direttamente  dalle  leggi  istitutive  dei  singoli
 emolumenti particolari;  non  esiste  cioe'  alcuna  disposizione  di
 carattere  generale alla quale fare riferimento per poterne stabilire
 la pensionabilita'. Di conseguenza fa d'uopo  rilevare  come,  stante
 l'estrema  variegatezza  di  indennita', assegni, premi, percentuali,
 aggiunzioni,  aggi,  mensilita'  supplementari,  quote,  supplementi,
 aumenti,  competenze  accessorie,...  e stante la non minore varieta'
 delle disposizioni di legge che  regolano  la  pensionabilita'  degli
 assegni  accessori  (che  non si rivela ispirata da alcun criterio di
 carattere generale), resti affidato al  giudice  delle  leggi,  sulla
 base  della  normativa  costituzionale,  il  compito  di  individuare
 criteri di uniformita' e di razionalizzazione in  una  materia  nella
 quale   la  discrezionalita'  del  legislatore  appare  essere  stata
 esericitata con illimitata estensione. Gli stessi assegni  accessori,
 originariamente  non pensionabili, lo sono poi diventati in prosieguo
 di tempo (ma questa evoluzione non appare costante); assegni analoghi
 sono  pensionabili  per  talune categorie, ma non per altre; altri lo
 sono soltanto in parte e per quote variabili secondo diversi ruoli di
 personale  o diverse qualifiche (tipiche al riguardo le indennita' di
 aeronavigazione,  volo  e  paracadutismo  del  personale   militare).
 L'indennita'  mensile  per i servizi di istituto (personale dei Corpi
 di polizia) e l'indennita' per servizio penitenziario  sono  divenute
 progressivamente    pensionabili    attraverso   varie   disposizioni
 legislative (ultima la legge 11 luglio 1980, n. 312); e' sempre stata
 pensionabile  l'indennita'  di  funzione  del personale dirigenziale.
 Mentre come  si  e'  visto  sono  in  varia  misura  pensionabili  le
 indennita' di aeronavigazione, volo e paracadutismo, le indennita' di
 impiego operativo, di impiego operativo di campagna, di  imbarco,  di
 controllo  per lo spazio aereo, di marcia, di aeromanovra, di comando
 navale, per particolari servizi navali, per incarichi  a  bordo,  per
 pronto   intervento   aereo,  per  piloti  collaudatori,  per  piloti
 istruttori, per allievi, per servizi presso poligoni non  sono  state
 previste  come  pensionabili  dalla  legge 5 maggio 1976, n. 187 e di
 esse, per la legge 11 luglio 1980, n. 312, sono divenute pensionabili
 entro l'importo di L. 110.000 quelle di impiego operativo, di imbarco
 e di controllo dello spazio aereo.
    Gli esempi possono moltiplicarsi.
    L'indennita'  della  quale il ricorrente chiede l'inclusione nella
 base pensionabile, ai fini della  determinazione  dell'importo  della
 pensione,  e'  stata  istituita  con l'art. 3 della legge 19 febbraio
 1981, n. 27, e' rivalutabile come lo stipendio (secondo il meccanismo
 di cui all'art. 2 della medesima legge); e' di pari importo per tutte
 le qualifiche (tranne  che  per  gli  uditori  giudiziari,  ai  quali
 compete  in  misura  ridotta per il periodo anteriore al conferimento
 delle funzioni giurisdizionali); e' posta in relazione agli oneri che
 i  magistrati  ordinari (e poi anche quelli aministrativi, contabili,
 militari, nonche' gli avvocati e procuratori dello Stato)  incontrano
 nello  svolgimento  delle  loro attivita'; non compete per periodi di
 astensione dal servizio per  cause  specificamente  determinate;  non
 computabile  per  il  calcolo dell'indennita' spettante ai membri del
 Parlamento; l'emolumento e' dichiarato non pensionabile.  All'origine
 dei  lavori  parlamentari,  si  era prevista l'istituzione, presso il
 Ministero di grazia e giustizia,  di  un  fondo  pari  al  30%  dello
 stanziamento   per  gli  stipendi,  da  rinnovare  annualmente  e  da
 incrementare con le somme non spese negli anni precedenti;  il  fondo
 andava ripartito fra i magistrati ordinari in parti uguali (salvo gli
 uditori)  in  "relazione  ad  oneri  incontrati   nello   svolgimento
 dell'attivita'  da  parte dei magistrati ordinari", e in relazione al
 servizio prestato; una parte del fondo era destinata per risarcimento
 di  danni.  La  relazione chiariva che con l'istituzione del fondo si
 intendeva far  fronte  alle  "particolari  esigenze"  dei  magistrati
 ordinari,  assicurando  loro  una  sorta  di  rimborso  per gli oneri
 funzionali e  strumentali  connessi  con  l'espletamento  della  loro
 particolare  attivita'.  Ma durante l'iter parlamentare si verificano
 notevoli mutamenti, perche' scompare ogni riferimento al rischio,  si
 istitutisce  una  vera  e  propria indennita', con le caratteristiche
 gia' illustrate,  con  caratteri  di  generalita',  di  fissita',  di
 continuita',  di  rivalutabilita'  con  gli  stessi  meccanismi dello
 stipendio (durante i lavori parlamentari venne osservato  che  poteva
 essere  inutile  istituire un'indennita' di tal sorta e che si poteva
 invece disporre un aumento della voce stipendiale).
    Il  Consiglio  di  Stato  -  adunanza  plenaria, dec. n. 27 del 16
 dicembre 1983 - ha affermato la  natura  retributiva  dell'indennita'
 nella   sua  definitiva  configurazione  (e  non  piu'  risarcitoria,
 indennitaria e di rimborso forfettario delle spese come  l'emolumento
 era  definibile inizialmente); e cio' per le seguenti considerazioni:
      "a)   -   e'  legata  allo  status  di  magistrato  e  non  gia'
 all'esercizio effettivo delle  funzioni  giurisdizionali,  e  compete
 dunque  anche  a  quanti si trovino ad esercitare funzioni latu sensu
 amministrative, oltre che agli uditori  non  ancora  investiti  delle
 funzioni, sia pure in misura ridotta;
       b) - e' soggetta allo stesso sistema di rivalutazione periodica
 previsto per lo stipendio tabellare;
       c)  -  ne  e'  espressamente  esclusa  la  pensionabilita' e la
 rilevanza  per  le  indennita'  dovute  ai  membri  del   Parlamento;
 esclusione  e  precisazione, queste, che si giustificano soltanto per
 assegni aventi natura retributiva e che, invece, sarebbero  prive  di
 significato rispetto ad emolumenti di diversa natura;
       d) - e' corrisposta in ratei mensili, al pari dello stipendio;
       e) - soggiace per intero al trattamento tributario previsto per
 i redditi da lavoro subordinato, onde il collegamento dell'indennita'
 con  gli  'oneri' inerenti allo svolgimento dell'attivita' resta mera
 formula verbale perche', diversamente, sarebbe stato difficile negare
 una qualche franchigia o abbattimento ai fini fiscali".
    Infine  non  si  puo' sostenere che l'indennita' di cui si discute
 abbia carattere provvisorio.
    Al  riguardo  deve  essere  osservato  che l'art. 3 della legge 19
 febbraio  1981,n.  27,  istituisce  la  "speciale  indennita'"  "fino
 all'approvazione  di  una  nuova disciplina del trattamento economico
 del personale di cui alla  legge  2  aprilel  1979,  n.  97"  (cioe',
 appunto,  del  personale  di  magistratura).  Ora, in effetti, questa
 clausola, se non e' - come  anche  potrebbe  risultare  -  un  inciso
 meramente superfluo e dal quale non deriva nessun precetto attuale di
 natura  cogente,  contiene  se  mai  una  garanzia,  stabilisce   che
 l'indennita'  non  ha  natura  di  acconto,  non e' riassorbibile con
 futuri miglioramenti ecc. perche' dovra' essere  corrisposta  fino  a
 quando  una  nuova  legge  non  regoli  ex  novo  e compiutamente gli
 emolumenti dei magistrati. Ben lungi dall'essere  attribuita  in  via
 provvisoria,  l'indennita'  costituisce  un  diritto  particolarmente
 rafforzato.
    E del resto proprio in questo senso si e' espressa la stessa Corte
 costituzionale con la sentenza  3-8  maggio  1990,  n.  238,  che  ha
 riconosciuto  la  natura  retributiva  dell'indennita'  in  questione
 "quale   componente   del   'normale'   trattamento   economico   dei
 magistrati".
    L'esclusione   della   pensionabilita'   della  detta  indennita',
 considerata  la  sua  natura  quale  risulta  definita  in  sede   di
 interpretazione   da   parte   del   Consiglio   di   Stato  e  nelle
 considerazioni di questa Corte  di  merito,  sembra,  ad  avviso  del
 collegio,  integrare  violazione  dei  principi costituzionali di cui
 all'art. 36 della Costituzione. E al riguardo la sezione  ritiene  di
 poter  richiamare  quanto  affermato  dal  giudice  delle  leggi, con
 sentenza n. 302 del 29 settembre e 10  ottobre  1983:  "Il  principio
 costituzionale  della  retribuzione  proporzionale  alla  quantita' e
 qualita' del lavoro prestato si estende,  innegabilmente,  nella  sua
 ampia  portata,  agli emolumenti che costituiscono parte fondamentale
 della retribuzione", mentre poi si conferma anche che e'  "concezione
 ormai  pacifica  e fatta propria anche dalla giurisprudenza di questa
 Corte, secondo cui il trattamento  di  quiescenza  e'  proiezione  di
 quello  di  attivita'  e pertanto e' anche esso tutelato dell'art. 36
 della Costituzione".
    In  relazione  a  quanto  sopra la sezione ritiene rilevante e non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  3,  primo comma della legge 19 febbraio 1981, n. 27, nella
 parte  in  cui  dispone  che  l'indennita'  ivi  istituita  e'   "non
 pensionabile" in relazione all'art. 36 della Costituzione.
                                P. Q. M.
    Visti   gli   artt.   134   della   costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge11  marzo  1953,
 n. 87;
    Ordina  che,  sospeso il giudizio in corso, gli atti siano rimessi
 alla Corte costituzionale  affinche'  sia  risolta  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19
 febbraio 1983, n. 27, nella parte in cui dispone che l'indennita' ivi
 istituita  non  e' pensionabile e cio' in relazione all'art. 36 della
 Costituzione;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al procuratore
 generale di questa Corte e al Presidente del Consiglio dei  Ministri,
 nonche'  comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della
 Camera dei deputati.
    Cosi'  pronunciato in Roma, nella camera di consiglio del 2 maggio
 1990.
                        Il Presidente: SARACENO

 90C1303