N. 673 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 1990
N. 673 Ordinanza emessa il 16 luglio 1990 dal pretore di Firenze nel procedimento penale a carico di Mazzoni Loris Processo penale - Norme transitorie - Negata operativita' delle norme relative alla connessione e alla riunione di procedimenti nello stesso stato e grado di giudizio ma da trattarsi con riti diversi (vecchio e nuovo codice - Conseguente inapplicabilita' della disciplina del concorso formale dei reati e della continuazione - Violazione del principio dell'irretroattivita' della legge penale - Ingiustificata disparita' di trattamento. (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 259, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 25).(GU n.44 del 7-11-1990 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nei confronti di Mazzoni Loris veniva emesso decreto di citazione a giudizio per l'udienza del 17 maggio 1990 con le seguenti imputazioni: a) della contravvenzione p. e p. dall'art. 25 primo comma del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, perche', quale amministratore unico della s.r.l. Mazzoni Loris & C., svolgente attivita' di raccolta, trattamento e stoccaggio provvisorio di rottami metallici, ferrosi e non, effetuava smaltimento di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi senza la prescritta autorizzazione in Firenze fino a tutto gennaio 1988; b) della contravvenzione p. e p. dall'art. 674 del c.p. perche', nella qualita' e nell'esercizio dell'attivita' di cui al capo a), gettava o versava in luogo di pubblico transito ovvero di altrui uso, cose atte ad offendere o imbrattare o molestare persone, ed in particolare consentiva che si disperdessero nei fondi vicini e sulla pubblica via polveri ferrose e scoli melmosi provenienti dalla predetta attivita', in Firenze fino al 21 maggio 1989. In data 17 maggio 1990 il processo veniva rinviato a nuovo ruolo, preliminarmente, per legittimo impedimento a comparire del prevenuto; nei confronti dello stesso Mazzoni veniva altresi' notificato d.c. a giudizio dinanzi al pretore di Firenze per il reato di cui agli artt. 12 e 29 del d.P.R. n. 915/1982 perche', quale legale rappresentante della s.r.l. Mazzoni Loris & C., svolgente attivita' di rottamazione e cernita metalli, non ottemperava al punto 1 dell'ordinanza n. 3182 emessa dal Sindaco di Firenze ex art. 12 del d.P.R. n. 915/1982 e notificata il 30 ottobre 1989, poiche' proseguiva l'attivita' di ricevimento ed accumulo di materiali ferrosi proc. n. 980/1989 r.g.n.r. in ordine al quale veniva fissata udienza secondo le norme del nuovo rito per il 20 luglio 1990; in data 4 maggio 1990 il difensore dell'imputato presentava al sottoscritto pretore istanza di sospensione del procedimento n. 14021/1987 r.g. per le imputazioni sub capi a) e b) affinche' lo stesso potesse essere riunito al n. 980/1989 previa declaratoria di concorso formale dei reati e del vincolo della continuazione. Con provvedimento 11 maggio 1990, che si allega in copia, questo pretore respingeva l'istanza alla luce di quanto disposto dall'art. 259, secondo comma, delle disposizioni di attuazione del c.p.p. (d.-l. 28 luglio 1989, n. 271); in data 22 giugno 1990 il difensore del menzionato imputato sollevava questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 259, secondo comma, delle disp. attuaz. del nuovo c.p.p. (la riunione non puo' essere disposta e la connessione non opera tra i procedimenti che proseguono con l'osservanza del codice abrogato e quelli per i quali si applica il codice) in relazione agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante e non appare manifestamente infondata. E' rilevante in quanto solo se venisse dichiarata l'illegittimita' costituzionale del citato articolo 259, secondo comma, delle disp. attuaz., i due procedimenti potrebbero essere riuniti e, sul piano sostanziale, potrebbe trovare applicazione la disciplina dell'art. 81, secondo comma, del c.p., che indiscutibilmente prevede un trattamento sanzionatorio piu' mite rispetto a quello che deriverebbe dal cumulo materiale delle pene. In buona sostanza la norma transitoria processuale si risolve in una limitazione del diritto dell'imputato, di piu' reati per i quali pendono diversi procedimenti nello stesso stato e grado e davanti allo stesso giudice, a chiederne la riunione, laddove cio' e' espressamente previsto dal nuovo c.p.p. agli artt. 17 e 12. Con riferimento alla non manifesta infondatezza si osserva: 1) l'art. 2, terzo comma, del c.p. relativamente all'ipotesi della successione della legge penale nel tempo, sancisce il principio secondo cui, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e quelle posteriori sono diverse si applica quella piu' favorevole; tale principio viene posto in rapporto di necessaria integrazione rispetto a quello sancito dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione ("nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso"). Invero l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, nella sua formulazione necessariamente sintetica e generica, sembrerebbe sancire la irretroattivita' assoluta anche della legge penale. Si pone pertanto la questione se l'art. 25 abbia innovato e ribadito la disciplina dell'art. 2 del c.p. Il problema del coordinamento tra le due norme puo' essere risolto facendo riferimento al significato intrinseco di irretroattivita'. Invero la ratio del principio di irretroattivita' deve essere individuata sul piano del favor libertatis nel senso cioe' di assicurare il cittadino che non sara' sottoposto ad un trattamento piu' severo di quello previsto al momento del fatto. Cio' premesso ne discende che la retroattivita' della legge favorevole al reo non solo non contrasta col principio di irretroattivita', ma insieme a questo rappresenta una particolare espressione del favor libertatis, da cui entrambi derivano; 2) secondariamente l'art. 259, secondo comma, delle disposizioni di attuazione, non accogliendo il principio generale della applicabilita' del trattamento piu' favorevole al reo, pone una disparita' di trattamento assolutamente ingiustificata e collegata ad una circostanza del tutto occasionale e indipendente dalla volonta' dell'imputato. E' indubbio che, nel caso di specie, si sarebbe pervenuti ad una riunione dei due procedimenti se i reati in oggetto fossero stati tutti contestati o sotto l'imperio del vecchio codice o sotto quello del nuovo rito. Al contrario il fatto che la contestazione dei reati in esame sia avvenuta, per circostanze occasionali, in parte in base al vecchio codice, in parte in base al nuovo rito, per effetto del'art. 259, secondo comma, delle diposizioni di attuazione, verrebbe a impedire la riunione dei due procedimenti e preclude all'imputato l'esercizio del diritto sostanziale all'applicazione del reato continuato, determinando una ingiustificata disparita' di trattamento tra imputati. L'eccezionalita' della circostanza dalla quale dipenderebbe, ai sensi del secondo comma dell'art. 259 delle disposizioni di attuazione, la riunione dei procedimenti in corso e l'operativita' della connessione desta maggiori perplessita' alla luce del contenuto dell'art. 242 delle disposizioni di attuazione che disciplina i procedimenti in fase istruttoria che proseguono con le norme anteriormente vigenti. Invero con riferimento ai termini indicati per quanto concerne i procedimenti di competenza del pretore (sei mesi e trenta giorni), non e' possibile individuare quale conseguenza sia connessa alla loro inosservanza. L'applicazione dell'art. 259 verrebbe quindi a determinare un'ingiustificata e non ragionevole disparita' di trattamento in relazione alla possibilita' di applicare il disposto dell'art. 81 cpv., del c.p., tra gli imputati a seconda che siano o no state osservate le modalita' procedurali e i termini previsti dall'art. 242 cit., circostanze del tutto indipendenti dalla volonta' degli imputati stessi.
P. Q. M. Visto l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge Costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 870; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 259, secondo comma, delle disposizioni transitorie, del c.p.p. (d.-l. 28 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui detta norma esclude l'operativita' della connessione e la possibilita' di riunione dei processi; Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il procedimento fino alla definizione del giudizio incidentale di costituzionalita' cosi' promosso ad istanza del difensore dell'imputato; Manda alla cancellieria per la notificazione della presente ordinanza all'imputato, al suo difensore, al procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Firenze ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la sua comunicazione al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Firenze, addi' 16 luglio 1990 Il pretore: IMPROTA 90C1307