N. 684 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 aprile 1990

                                 N. 684
    Ordinanza emessa il 4 aprile 1990 dalla Corte dei conti, sezione
      sesta giurisdizionale, sul ricorso proposto da Previti Luigi
 Pensioni   -   Diritto   al  trattamento  di  quiescenza  -  Prevista
 imprescrittibilita' in favore dei soli lavoratori pubblici dipendenti
 - Impugnabilita' senza limiti di tempo, innanzi alla Corte dei conti,
 dei   relativi   provvedimenti    amministrativi    Trattamento    di
 ingiustificato  favore rispetto ai lavoratori nei cui confronti opera
 l'ordinario termine di  prescrizione  decennale  -  Riferimento  alla
 sentenza della Corte costituzionale n. 8/1976.
 (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 5, in relazione alla legge 30
 aprile 1969, n. 153, art. 58; d.P.R. 30 aprile  1970,  n.  639,  art.
 47).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.44 del 7-11-1990 )
                           LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso presentato da
 Previti Luigi, domiciliato presso lo studio dell'avv. Antonio  Fonzi,
 in  Roma,  via Zara n. 13, contro il decreto n. 402 in data 26 aprile
 1958 del Ministero della difesa.
                                 FATTO
    Con  l'impugnato  decreto e' stata respinta la domanda di pensione
 privilegiata presentata dal soldato in congedo Previti Luigi,  classe
 1927,  per  non  dipendenza  da  causa  di  servizio della denunciata
 infermita'.
    Avverso  tale provvedimento, notificato all'interessato in data 16
 giugno 1958, il prenominato ha presentato ricorso ventitre anni dopo,
 in  data  29  luglio  1981,  col  patrocinio dell'avv. Antonio Fonzi,
 motivandolo  con  l'addotta  generica  lesione  dei  suoi  diritti  e
 interessi.
    Con il conseguente atto conclusionale il vice procuratore generale
 ha eccepito, in via principale, l'inammissibilita' del  ricorso,  per
 l'assoluta  carenza  dei  motivi  di  doglianza,  con  riferimento al
 disposto degli artt. 1 e 3 del r.d.  13  agosto  1933,  n.  1038,  ed
 incidentalmente  ha eccepito la intempestivita' del ricorso medesimo,
 in quanto presentato ventitre  anni  dopo  la  notifica  del  decreto
 impugnato;  nel  merito  ha  rilevato  la  infondatezza  del proposto
 gravame per cui ne ha chiesto la reiezione.
    Ha  contro  dedotto l'avv. Fonzi con una breve nota, per sostenere
 nel  merito  la  dipendenza  da  causa  di  servizio  della   dedotta
 infermita',   senza   nulla   opporre  alle  pregiudiziali  eccezioni
 sollevate dal vice procuratore generale.
    All'udienza  ordierna  l'avv.  Fonzi  premesso  che  da un decreto
 ministeriale generico, redatto su di un modulo  a  stampa,  e'  stato
 replicato  con  un  ricorso  generico,  si  e' quindi richiamato alle
 argomentazioni  successivamente   esposte   nella   depositata   nota
 defensionale   per   richiedere  l'accoglimento  del  ricorso  e,  in
 subordine, l'acquisizione della  valutazione  peritale  del  collegio
 medico legale.
    A   sua   volta  il  pubblico  ministero,  nel  confermare  l'atto
 subordinata defensionale.
                                DIRITTO
    Dall'esame   delle  eccezioni  pregiudiziali  sollevate  dal  vice
 procuratore  generale,  relative  all'ammissibilita'   del   proposto
 ricorso, la sezione ritiene superabile quella attinente al difetto di
 motivazione,  sia  per   effetto   della   benevola   e   consolidata
 giurisprudenza della Corte in materia, alla quale si e' richiamato lo
 stesso organo requirente, sia per  il  fatto  che,  una  volta  presa
 visione  del  fascicolo  amministrativo, il difensore ha provveduto a
 sciogliere  l'esplicita  riserva  formulata  col   proposto   gravame
 depositando   atti   idonei  a  documentare  i  motivi  dell'avanzata
 doglianza; non ritiene invece superabile l'eccezione  attinente  alla
 tempestivita' del ricorso, che ne preclude l'esame di merito.
    Al riguardo risulta provato in atti, e non contestato dalla difesa
 di parte, che tra la rituale notifica del decreto impugnato, avvenuta
 in  data  16  giugno  1958,  ed  il deposito del conseguente ricorso,
 avvenuto in data 29 luglio 1981, sono trascorsi  ventitre  anni,  per
 cui alla prolungata inerzia dell'interessato non puo' ragionevolmente
 attribuirsi  altro  significato   che   quello   di   una   implicita
 acquiescenza  a  quanto  dispoto  con  il predetto decreto e pertanto
 incopatibile  con  la  volonta'  d'impugnare  il  decreto   medesimo,
 volonta'  manifestata  allorche'  era trascorso non solo lo specifico
 termine  di  decadenza  di  novanta  giorni,  stabilito  in   materia
 dall'art.  63  del  testo  unico  delle  leggi sulla Corte dei conti,
 approvato con il r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, ma  anche  l'ordinario
 termine  di  prescrizione  di dieci anni, previsto dall'art. 2946 del
 c.c.
    Non ignora la sezione che la Corte costituzionale, con sentenza 14
 gennaio 1976, n. 8, ha dichiarato  la  illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  63  del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, ma al riguardo, come
 emerge dalla motivazione della predetta  sentenza,  non  risulta  che
 abbia   con   cio'   inteso   dichiarare   anche   la  illegittimita'
 costituzionale di qualsiasi termine per la proposizione  dei  ricorsi
 avanti alla Corte dei conti in materia di pensione.
    In vero, nel rilevare che gli analoghi ricorsi avanti ai tribunali
 amministrativi regionali ed al  Consiglio  di  Stato  possono  essere
 proposti  entro  il termine decennale di prescrizione, anziche' entro
 il piu' breve  termine  di  decadenza,  la  Corte  costituzionale  ha
 manifestamente    inteso    eliminare   l'accertata   dispatita'   di
 trattamento,   stante   l'insussistenza   di   alcuna   ragione   per
 differenziare  la  tutela  dei  diritti patrimoniali che attengono al
 trattamento di quiescenza dei pubblici dipendenti, a seconda  che  la
 relativa  giurisdizione  sia  attribuita  ai tribunali amministrativi
 regionali ed al Consiglio di Stato ovvero alla Corte dei conti.
    Pertanto,  nel censurare la rilevata disparita' di trattamento, la
 Corte  costituzionale  ha  inteso  porre  tutti  i  ricorrenti  nella
 medesima  condizione  di  poter fruire dal termine di prescrizione di
 dieci anni, in luogo del piu' breve termine di decadenza  di  novanta
 giorni,   ritenuto   privo   di   giustificazione   sul  piano  della
 razionalita'.
    Ma,  per  il richiamo effettuato dalla stessa Corte costituzionale
 nella  predetta  sentenza  all'art.  5  del  sopravvenuto  d.P.R.  29
 dicembre  1973,  n.  1092,  che  ha  stabilito  che  "il  diritto  al
 trattamento di quiescenza diretto o di reversibilita'  non  si  perde
 per  prescrizione", alla Corte dei conti si e' affermato un indirizzo
 giurisprudenziale per effetto del  quale  e'  stata  conseguentemente
 ritenuta  la  insussistenza  di alcun termine per la proposizione dei
 ricorsi in materia di pensione ordinaria.
    Cio'  stante,  il  dubbio  sollevato  dall'orano  requirente circa
 l'ammissibilita' del ricorso in esame, siccome proposto dopo ventitre
 anni  dalla  notifica  del  dereto  impugnato,  viene condiviso dalla
 sezione, considerata al riguardo la sostanziale differenza  esistente
 tra  il diritto al trattamento di quiescenza normale (art. 42 e segg.
 del  d.P.R.  n.  1092/1973),  rispetto  al  diritto  al   trattamento
 privilegiato ed a quello spettante ai soldati di leva in particolare,
 quale rivendicato dal ricorrente nel caso di specie (art. 64 e  segg.
 del  d.P.R.  n.  1092/1973)  che,  in quanto tabellare, non ha natura
 retributiva  ma  risarcitoria,  per  cui  il  relativo  provvedimento
 amministrativo non e' di carattere paritetico ma autoritativo.
    Infatti,  mentre  nel  primo  caso  il  riconoscimento del diritto
 consegue  necessariamente  al  raggiungimento  di  una   prestabilita
 anzianita'  di  servizio,  nel  secondo  caso  il  riconoscimento del
 diritto consegue occasionalmente  al  verificarsi  di  fatti  lesivi,
 derivanti  dall'adempimento di obblighi di servizio, che abbiano reso
 inabile  il  dipendente  per  infermita'  o  lesioni  ascrivibili   a
 categoria,  il che comporta una particolare procedura di accertamento
 medico legale/c.d. una conseguente valutazione atoritativa  da  parte
 dell'amministrazione, che puo' concludersi sia col riconoscimento che
 con il disconoscimento del diritto, per cui, mentre  nel  primo  caso
 appare   pertinente   il  riferimento  alla  imprescrittibilita'  del
 diritto, allorche' sia venuto ad esistenza,  non  altrettanto  appare
 nel  secondo  caso,  allorche'  sia  stata  negata  la  esistenza del
 diritto.
    Ma  il  predetto  motivo  di dubbio risulta rafforzato anche dalla
 considerazione  che,  per  quanto  attiene  la  stessa  materia   che
 interessa   tutti   gli   altri   lavoratori   le   cui   prestazioni
 pensionistiche sono affidate all'Istituto nazionale della  previdenza
 sociale,  le  decisioni  al  riguardo  adottate dal predetto Istituto
 possono essere impugnate in sede  giudiziarie  entro  il  termine  di
 dieci  anni, a norma dell'art. 58 della legge 30 aprile 1969, n. 153,
 confermato dall'art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639.
    Ne  consegue  l'anomala condizione giuridica per cui, mentre da un
 lato, il  diritto  a  pensione  dei  lavoratori  pubblici  dipendenti
 risulta  imprescrittibile  ed i relativi provvedimenti amministrativi
 sono percio' ritenuti impugnabili avanti alla Corte dei  conti  senza
 limiti  di  tempo, d'altro lato, lo stesso diritto di tutti gli altri
 lavoratori risulta invece prescrittibile ed i  relativi  provvedimeti
 amministrativi sono percio' impugnabili in sede giudiziaria contro il
 termine di dieci anni.
    Quanto  sopra  esposto evidenzia una disparita' di trattamento che
 non appare conforme al disposto degli artt. 3 e 38 della Costituzione
 che,  nello  stabilire  il  diritto  dei  lavoratori  ad  un adeguato
 trattamento pensionistico,  in  particolare  nei  casi  di  vecchiaia
 (pensione  ordinaria)  e  di  invalidita' (pensione privilegiata), in
 condizioni di eguaglianza davanti  alla  legge,  ragionevolmente  non
 consentono   la   sussistenza   della  rilevata  disparita'  che  non
 risultando  riferibile  ad  una  motivata  scelta  discrezionale  del
 legislatore   appare   conseguente   soltanto   ad   un   difetto  di
 coordinamento della normativa vigente in materia.
    Poiche',  ai  fini del decidere, l'eccezione al riguardo sollevata
 dal vice procuratore generale risulta rilevante, atteso  che  qualora
 la Corte costituzionale riconoscesse la illegittimita' costituzionale
 dell'art.  5  del  d.P.R.  29  dicembre  1973,  n.   1092,   dovrebbe
 dichiararsi la inammissibilita' del ricorso in esame, e risulta anche
 non manifestamente infondata, stante la ritenuta non  conformita'  al
 disposto  artt.  3  e 38 della Costituzione dell'art. 5 del d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1092, in relazione agli artt.  58  della  legge  30
 aprile 1969, n. 153, e 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  d'ufficio  la  questione  di  legittimita' costituzionale
 dell'art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, per la parte in cui
 ha  stabilito  la  imprescrittibilita'  del diritto al trattamento di
 quiescenza dei lavoratori pubblici dipendenti e  conseguentemente  ha
 consentito  la  impugnabilita'  in  sede giurisdizionale dei relativi
 provvedimenti amministrativi senza limiti di tempo, in difformita'  a
 quanto  stabilito  nella stessa materia degli artt. 58 della legge 30
 aprile 1969, n. 153, e 47 del d.P.R. 30  aprile  1970,  n.  639,  per
 tutti  gli  altri  lavoratori,  atteso  al riguardo il disposto degli
 artt. 3 e 38 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per
 la definizione della predetta questione, e  la  conseguente  notifica
 della adottata ordinanza al ricorrente, al procuratore generale della
 Corte dei conti, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' la
 comunicazione ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
    Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 1990.
                   Il presidente: (firma illeggibile)
                                      L'estentore: (firma illeggibile)
 90C1318