N. 709 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 1990
N. 709 Ordinanza emessa il 23 maggio 1990 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra S.n.c. Scatolificio Mosca e I.N.P.S. Procedimento civile - Impugnazione della sentenza di primo grado - Decorrenza del termine di un anno per la proposizione del gravame dalla data di pubblicazione della sentenza anziche' dalla data di comunicazione del deposito della stessa - Incidenza sul diritto di difesa - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 159/1971, 255/1974, 15/1977, 102 e 120 del 1986. (C.P.C., art. 327, primo comma, in relazione all'art. 430). (Cost., art. 24).(GU n.47 del 28-11-1990 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia individuale di lavoro promossa da Scatolificio Mosca S.n.c., corrente in Genova ed ivi elettivamente domiciliata in via XII Ottobre, 10/13, presso e nello studio dell'avv. G.C. Raimondo che la rappresenta e difende per mandato in atti, appellante, contro I.N.P.S., in persona del presidente pro-tempore, con sede in Roma ed elettivamente domiciliato in Genova, rappresentato e difeso dal dott. proc. Antonietta Coretti in forza di procura generale alle liti 15 febbraio 1988 notaio Lupo di Roma, appellato. O S S E R V A 1. - L'appellante ha proposto il gravame con ricorso depositato in cancelleria il 17 gennaio 1990 avverso una sentenza non notificata dal pretore di Genova, pubblicata il 23 dicembre 1988; della avvenuta pubblicazione era stata data comunicazione al procuratore dello Scatolificio Mosca con avviso notificato il 17 gennaio 1989. L'I.N.P.S. eccepisce preliminarmente l'inammissibilita' della impugnazione perche' proposta dopo il decorso del termine annuale previsto dall'art. 327 del c.p.c., norma che stabilisce il decorso di tale termine a far data dalla pubblicazione della sentenza (essendo nelle cause di lavoro inapplicabile la sospensione feriale dei termini che comporterebbe una proroga). Parte appellante replica sostenendo la tempestivita' dell'appello in quanto proposto entro l'anno dalla comunicazione della pubblicazione della sentenza, ed eccependo in subordine la illegittimita' costituzionale dell'art. 327 del c.p.c. nella parte in cui fa decorrere il termine dalla pubblicazione stessa anziche' dalla comunicazione di essa. Il tribunale deve innanzi tutto rilevare che l'art. 327 del c.p.c. e' applicabile anche alle cause trattate con il rito del lavoro, nulla disponendo in contrario l'art. 434 del c.p.c. ed essendo applicabili le norme generali del codice dove esse non sono specificatamente derogate. Inoltre va rilevato che la lettera dell'art. 327 non consente l'interpretazione datane dall'appellante, perche' la espressa menzione, come momento iniziale per il decorso del termine, della "pubblicazione" della sentenza non consente di sostituire a tale evento un fatto diverso e cronologicamente posteriore. In conseguenza l'impugnazione proposta dallo Scatolificio Mosca appare tardiva, ed acquista quindi rilevanza in causa l'eccezione di illegittimita' costituzionale della decorrenza contenuta nella norma impugnata, posto che il gravame e' stato proposto entro l'anno dalla comunicazione dell'avvenuta pubblicazione. 2. - Il problema sollevato nella presente causa e' gia' stato sottoposto da questo tribunale alla Corte costituzionale con ordinanza in data 24 gennaio 1990, causa Fazia c/ Bertone; come gia' evidenziato in tale occasione, occorre valutare la esistenza di numerosi termini processuali, taluni anche di durata assai ampia (ad es. i termini semestrali di cui agli art. 125- bis, 129- bis e 133bis delle disp. att. del c.p.c.), decorrenti dalla comunicazione di fatti rilevanti anziche' dall'accadimento di questi, e la tendenza della Corte costituzionale, nel corso degli anni, ed estendere il principio che il termine inizia a decorrere dalla conoscenza del fatto, cioe' da quando la parte e' in grado di agire in conseguenza (in tal senso si vedano le sentenze Corte costituzionale nn. 159/1971, 255/1974, 15/1977, 102/1986 e 120/1986). D'altro canto in numerosi casi sono tutt'ora previsti decorrenze processuali da eventi che non debbono essere previamente comunicati, ed e' controverso che nella legislazione e nella giurisprudenza sia evidenziabile un principio generale della necessita' di comuncazione per l'inizio del decorso dei termini; in particolare e' stato sottolineato il fatto che in genere gli interventi della Corte costituzionale hanno avuto luogo in presenza di termini molto brevi, in cui era facilmente ravvisabile un pregiudizio a danno della parte non a conoscenza del verificarsi dell'evento iniziale, mentre nel caso in esame il termine inosservato ha durata annuale, ed e' quindi tale da consentire, con l'uso dell'ordinaria diligenza, la proposizione tempestiva del gravame anche senza previa comunicazione della pubblicazione della sentenza. Il concetto dell'ordinaria diligenza e' stato richiamato anche dalla Corte costituzionale, ad es. nella sentenza n. 15/1977, dove si osserva che il pregiudizio della difesa (per mancanza della comunicazione dell'avvenuta fissazione della udienza di discussione nelle cause di lavoro in sede di gravame ai sensi dell'art. 435/2 del c.p.c.) "neppure puo' essere (sempre) evitato con l'uso della normale diligenza da parte del procuratore". Su tale argomento si e' basata la giurisprudenza della Cassazione (s.u. n. 3501/1979; si vedano anche le sentenze nn. 6412/1979, 5819/1984 e 2799/1987, quest'ultima della sezione lavoro) per affermare la manifesta infondatezza della questione qui in esame, in quanto la ampiezza particolare del termine impedirebbe ogni pregiudizio, purche' venga per l'appunto posta in essere l'ordinaria diligenza del procuratore (che effettui periodici controlli in cancelleria). 3. - Il tribunale deve innanzi tutto rilevare che l'art. 327 non e' l'unica norma che stabilisca un termine per l'impugnazione: la prima e' piu' normale regola per la proposizione del gravame e' dettata dall'art. 434 (in tema di processo di lavoro), applicazione particolare, per la parte che interessa in questa sede, del piu' generale principio dell'art. 326 del c.p.c., secondo cui il termine decorre dalla notificazione della sentenza (salve le ipotesi degli artt. 395, 397 e 404, in cui comunque la decorrenza e' dalla conoscenza del fatto idoneo a mettere in moto il meccanismo processuale). L'art. 327, invece, introduce, un ulteriore principio, secondo cui si forma il giudicato per il solo fatto obiettivo della mancanza di impugnazione entro un anno (salve anche qui le ipotesi degli artt. 395, 397 e 404). In questo caso si prescinde da ogni forma di conoscenza dell'esistenza dell'atto impugnabile, anche nei confronti del contumace (tranne i casi espressamente previsti dal capoverso della norma, relativi a mancanza di effettiva instaurazione del contraddittorio). La ratio di una disposizione tanto singolare e' palesemente quella di consentire la definizione dei rapporti attraverso una formazione del giudicato entro il termine tassativo (anche se poi la certezza conseguente non potra' mai essere completa, potendo sempre sollevarsi dal contumace questioni in ordine alla instaurazione del rapporto processuale); ma nei confronti della parte costituita il sistema funziona in maniera completa, con un vero e proprio effetto saracinesca. Vi sarebbe da chiedersi se tale disposizione sia compatibile con il sistema del processo civile, tutto improntato alla regola della disponibilita' di parte su tutto cio' che abbia affetti sostanziali, principio vigente anche nel processo del lavoro. Ma l'indubbia anomalia - che non significa automaticamente illegittimita' costituzionale - della disposizione esula dal tema del presente giudizio, in cui non e' coinvolto l'intero art. 327, ma solo il momento iniziale del termine in esso contenuto. 4. - La Corte costituzionale ha ripetutamente avuto modo di affermare (si vedano le sentenze sopra citate) che il pieno esercizio del diritto di difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione, postula la possibilita' di utilizzare "nella sua interezza" il termine stabilito dalla legge per il compimento di un atto; cio' "a maggior ragione" se il termine e' breve (sentenza 12 novembre 1974, n. 255), cosa che dimostra come tale brevita' sia un elemento rafforzativo dell'argomentazione, ma non costituisce per cio' stesso il motivo esclusivo della decisione: quindi il termine deve essere goduto nella sua interezza anche se esso non e' breve, come conferma la decisione della stessa Corte costituzionale 6 luglio 1971, n. 159, che ha ritenuta illegittima la decorrenza dell'evento interruttivo, anziche' dalla conoscenza di esso, prevista dall'art. 305 del c.p.c., del termine, che e' stabilito in sei mesi ed appare quindi assai ampio. La fattispecie esaminata da quest'ultima sentenza presenta caratteri di diversita' rispetto a quella attualmente in esame, perche' il fatto previsto dall'art. 305 ha caratteri di eventualita' laddove la pubblicazione della sentenza dopo la sua pronuncia e' un fatto sicuro (entro un periodo di tempo sufficientemente contenuto); ma il collegamento fra tutte le ipotesi in cui la Corte costituzionale ha stabilito la necessita' del godimento intero del termine e la esistenza di termini processuali assai ampi in cui la legge o la Corte hanno stabilito la decorrenza della effettiva conoscenza costituisce certamente un elemento di considerevole peso argomentativo in favore della eccepita illegittimita' dell'art. 327. 5. - Di fronte a tale argomentazione l'opposta tesi poggia in sostanza su un unico pilastro: il termine annuale e' tale da consentire comunque la sua osservanza. Ma un discorso assolutamente analogo potrebbe farsi per il termine semestrale; d'altra parte quale dovrebbe essere il termine imcompatibile con l'ordinaria diligenza? L'art. 327 rischia di essere elemento di confusione, anziche' di certezza dei rapporti. Occorre anche osservare che l'attesa della comunicazione potrebbe essere sempre ritenuta come comportamento non negligente da parte del procuratore se si considera che tale adempimento di cancelleria e' atto dovuto, la cui omissione od ingiustificato ritardo potrebbe provocare ulteriori questioni in tema di responsabilita' del funzionario e dello Stato, ad ulteriore smentita dello scopo che l'art. 327 si propone. La comunicazione di cancelleria, d'altra parte, risponde a varie funzioni, in quanto essa vale a mettere le parti - compresa quella vincitrice - a conoscenza del contenuto stesso della decisione, per quanto attiene al processo ordinario, nonche', in questo ed in quello del lavoro, in grado di sapere che possono avere inizio le attivita' processuali ulteriori: esecuzione, regolarizzazionefiscale ed anche impugnazione, come la stessa dottrina piu' autorevole ha posto in luce. E non si riesce a ravvisare alcun motivo fondato per cui l'efficacia informativa dovrebbe essere disgiunta da quella di provocare l'inizio di decorso di un termine, che tale informazione, nei fatti, comunque presuppone, non potendosi in nessun caso seriamente ipotizzare una impugnazione proposta contro una sentenza non ancora depositata (a parte il caso, ben diverso, dell'art. 431/3, limitato e rivolto ad altri scopi). Per cui, in definitiva, non si vede a quale scopo sarebbe stato previsto l'obbligo di comunicazione ("immediata" nel processo del lavoro: art. 430 del c.p.c.; entro il termine brevissimo nel processo ordinario: art. 133/2 del c.p.c., disposizioni tutte di carattere ordinatorio e non tali da comportare differenze sostanziali tra i due regimi); se poi essa fosse del tutto indifferente rispetto ad uno degli scopi principali per i quali puo' viceversa essere utile. E cio' tanto piu' in quanto, per i ben noti problemi di funzionalita' degli uffici giudiziari, nessuna fondata previsione puo' farsi sulla data in cui avverra' la pubblicazione della sentenza. 6. - Per le ragioni sopra esposte la questione del possibile contrasto fra l'art. 327/1 del c.p.c. e l'art. 24 della Costituzione, non si presenta come manifestamente infondata, e quindi, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, essa deve essere rimessa al giudizio della Corte costituzionale, alla quale soltanto spetta di decidere sulla fondatezza o meno.
P. Q. M. Ritenuta non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 327, primo comma, del c.p.c., in relazione all'art. 430 del c.p.c., nella parte in cui fa decorrere l'inizio dell'anno per la proposizione del gravame dalla pubblicazione della sentenza anziche' dalla comunicazione di tale deposito, per possibile contrasto con l'art. 24 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso ed ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina altresi' che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del parlamento. Il presidente: (firma illeggibile) 90C1361