N. 711 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 luglio 1990

                                 N. 711
 Ordinanza  emessa  il  13  luglio  1990  dal  giudice per le indagini
 preliminari presso  il  tribunale  di  Roma  negli  atti  relativi  a
 fornitura  di  cacciamine  alla  Marina militare da parte della ditta
 Intermarine
 Processo penale - Nuovo codice - Reato commesso da ignoti - Richiesta
 di  archiviazione  al  g.i.p.  -  Mancata  condivisione  -   Ritenuta
 preclusione a chiedere ulteriori indagini anche in caso di carenza di
 quelle gia' effettuate - Violazione del principio di  obbligatorieta'
 dell'esercizio  dell'azione  penale  -  Lamentata  impossibilita'  di
 esercitare un controllo sull'operato del p.m.
 (C.P.P. 1988, artt. 409 e 415).
 (Cost., art. 112).
(GU n.48 del 5-12-1990 )
                 IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
                                PREMESSO
      che con nota dell'8 giugno 1983 il presidente della "Commissione
 parlamentare di inchiesta e studio sulle commesse di armi e mezzi  ad
 uso  militare  e sugli approvvigionamenti" trasmetteva al procuratore
 della Repubblica in  Roma  gli  atti  dei  lavori  della  commissione
 relativi  alla  vicenda  della  fornitura  di  navi "cacciamine" alla
 Marina  militare  da  parte  della  ditta  Intermarine,  ravvisandovi
 estremi di reato;
      che  il 31 dicembre 1984 il procedimento era formalizzato contro
 ignoti (peraltro senza imputazioni e richieste), ma il g.i.,  entrato
 in  vigore  il  nuovo  codice, restituiva gli atti al p.m. non avendo
 compiuto alcuna attivita';
      che  peraltro  il  procedimento  non  risulta  iscritto  ne' sul
 registro noti, ne' sul registro ignoti;
      che  il  p.m.  senza  aver  svolto  alcuna  indagine,  in data 2
 febbraio 1990,  senza  aver  rubricato  il  procedimento,  richiedeva
 l'archiviazione,  osservando:  "la  notizia  di  reato  e'  infondata
 perche' gli elementi acquisiti -  pur  generando  perplessita'  sulla
 correttezza  della  procedura  adottata - non sono idonei a sostenere
 l'accusa in giudizio (a parte il fatto che e' trascorso un  lasso  di
 tempo  estremamente  lungo  dai  fatti  e  alcuni reati - come quello
 previsto dall'art. 324 del c.p., il  solo  che  abbia  una  possibile
 consistenza probatoria - sono da tempo prescritti",
                                OSSERVA
    La  vicenda trae origine dal contratto stipulato il 7 gennaio 1978
 dalla M.m.i. con  la  ditta  Intermarine  per  la  costruzione  e  la
 fornitura  di  quattro  cacciamine  in  F.R.P.  Numerose  anomalie si
 rinvengono  nella  procedura  che  ha  condotto   alla   scelta   del
 contraente: la ditta Intermarine, infatti, da poco costituita e senza
 alcuna esperienza nel settore, inizia nel 1975 una collaborazione con
 la  M.m.i.  per  lo  studio  e la ricerca per la realizzazione di uno
 speciale  F.R.P.  amagnetico-antishock  che  si  concludono  con   il
 conferimento   nel   1976  di  un  ordine  alla  Intermarine  per  la
 realizzazione,  a  titolo  sperimentale,  di  una  sezione  di  nave;
 l'esperimento da' esito positivo.
    Con  queste  premesse  la  M.m.i.  nell'aprile del 1976 indice una
 ricerca di mercato invitando alcune ditte a presentare entro sessanta
 giorni  (portati poi a settantacinque) un progetto completo corredato
 della costruzione di una fetta di nave in scala 2/3 e della  relativa
 offerta per l'intera fornitura.
    La  gara  viene  vinta  dalla  Intermarine, nonostante la ditta in
 quell'epoca fosse assolutamente priva delle  attrezzature  necessarie
 alla  realizzazione  dei  cacciamine,  in quanto ancora non era stato
 realizzato il bacino di varo ne' la trincea per  la  lavorazione  dei
 cacciamine.  Ma  vi e' di piu' i cacciamine, una volta costruiti, non
 avrebbero potuto raggiungere il mare per la presenza sul fiume  Magra
 del  ponte  della Colombiera, troppo basso per consentire il transito
 dei cacciamine. Per questo la ditta Intermarine si era adoperata gia'
 dal  1976  per  stipulare  una  convenzione  con  l'A.N.A.S.  per  la
 trasformazione della campata del ponte, convenzione che fu  stipulata
 nel  1978  e revocata nel 1982 dal ministro Nicolazzi a seguito delle
 proteste delle associazioni ambientaliste e della vasta  campagna  di
 stampa,  che  portarono anche alla apertura di un procedimento penale
 da parte  della  procura  di  La  Spezia  nei  confronti  dell'allora
 direttore  del  dipartimento  A.N.A.S.  ing. Ernesto de Bernardis, ma
 rievocata da un "patto aggiuntivo" del 1983, con il  quale  in  buona
 sostanza viene rinnovata la convenzione a favore della Intermarine.
    Di  dubbia legittimita' sono anche le vicende successive, relative
 alla fase di attuazione del contratto: nel bilancio di previsione del
 1983  gli oneri di revisione prezzi raggiungono il limite di circa 88
 miliardi con un aumento percentuale di oltre il 112%,  nonostante  il
 ritardo  fosse  da  addebitare  totalmente  alla ditta appaltatrice e
 nonostante che il 25% dell'importo contrattuale fosse  stato  versato
 all'atto della approvazione del contratto.
    La  commissione  di inchiesta rileva infine numerose irregolarita'
 in relazione ai controlli sull'avanzamento dei lavori, ritenendo  del
 tutto inattendibili le percentuali di avanzamento dei lavori indicate
 dal "comitato di attuazione della legge navale" nelle  relazioni  per
 gli  anni 1978, 1979, 1980, 1981 e 1982 (Annesso n. 7 della relazione
 pp. 397 e seguenti.
    Osserva  questo  giudice  che,  essendo  stato  formalizzato senza
 imputati, il procedimento  avrebbe  dovuto  essere  rubricato  contro
 ignoti,  poiche'  lo  stesso  p.m.  ebbe a ravvisare ipotesi di reato
 all'atto della formalizzazione.  Peraltro,  anche  a  voler  ritenere
 diversamente, il g.i.p. non avrebbe egualmente strumenti di controllo
 rispetto ad una richiesta ex art. 408 del c.p.p., per la  quale,  non
 essendo  stati  identificati  i soggetti a cui la notitia criminis e'
 attribuibile, non e' applicabile  la  disciplina  dell'art.  409  del
 c.p.p. Tanto premesso ritiene il giudice che la generica richiesta di
 archiviazione formulata dal p.m. non possa trovare accoglimento. Vero
 e'  che l'art. 125 delle disp. d'attuazione al c.p.p. fa riferimento,
 in relazione al potere-dovere del p.m. di  chiedere  l'archiviazione,
 all'infondatezza  della  notizia di reato in relazione agli "elementi
 acquisiti" nelle indagini, e nella  motivazione  della  richiesta  di
 archiviazione  il  p.m.  ripete  tale  formula;  ma  e'  evidente, da
 un'interpretazione sistematica, che l'espressione va intesa nel senso
 di  "elementi  acquisibili":  se  fosse rimesso all'arbitrio del p.m.
 acquisire o meno fonti di prova in presenza di una  notitia  criminis
 il  sistema sarebbe, evidentemente in insanabile contrasto con l'art.
 112  della  Costituzione.  Ed  in  tal  senso  e',   infatti,   tutta
 l'evoluzione   normativa   e   giurisprudenziale  vigente  il  codice
 precedente.
    L'art. 74 del codice Rocco, che in origine prevedeva il potere del
 p.m. di archiviare qualora ritenesse di non dover promuovere l'azione
 penale,  fu  infatti  modificato  con il d.l.l. 14 settembre 1944, n.
 288, che, per adeguare la norma alla futura Costituzione,  introdusse
 il  controllo del g.i. sulla richiesta di archiviazione del p.m. e la
 possibilita' per il g.i. di procedere con istruzione formale  qualora
 ritenesse  di  non accogliere la richiesta del p.m. L'interpretazione
 giuirisprudenziale  della  norma   alla   luce   del   principio   di
 obbligatorieta'  dell'azione penale porto' poi ad estendere il potere
 del g.i. di procedere con istruzione formale anche nei  casi  di  cd.
 archiviazione   implicita.  Mentre  infatti  sarebbe  accoglibile  la
 richiesta di archiviazione per il reato di cui all'art. 324 del c.p.,
 anche  se  per  motivi  diversi da quelli indicati dal p.m. (il reato
 infatti non sarebbe prescritto  in  quanto  sarebbe  ravvisabile  nel
 "patto aggiuntivo" stipulato nel 1983, ma e' comunque da considerarsi
 abrogato a seguito della  riforma  del  26  aprile  1990),  non  puo'
 ritenersi infondata la notizia del reato di cui all'art. 479 del c.p.
 che si ravvisa nelle false indicazioni contenute nelle relazioni  del
 "comitato di attuazione della l.n." fino all'anno 1982, relativamente
 agli stati di avanzamento dei lavori: si potrebbe cioe' ravvisare  un
 falso  ideologico  continuato  in atti pubblici, commesso da pubblici
 ufficiali non identificati dal p.m. ma facilmente identificabili.
    Rileva  pero' il g.i.p. che non esiste una norma che gli consenta,
 nel caso di specie,  di  rigettare  la  richiesta  di  archiviazione,
 l'art.  415, secondo comma, del c.p.p. prevede infatti che il giudice
 "se  ritiene  che  il  reato  sia  da  attribuire  a   persona   gia'
 individuata,  ordina  che il nome di questa sia iscritto nel registro
 delle notizie di reato", norma inapplicabile in questo caso in quanto
 le  persone  cui sarebbe da attribuire il reato non sono individuate,
 anche se sarebbero facilmente individuabili  accertando  i  nomi  dei
 componenti  del  citato  comitato  all'epoca  dei  fatti;  ne' appare
 applicabile,  neppure  in  via  analogica,  il  procedimento  di  cui
 all'art.  409  del  c.p.p.,  in quanto il secondo comma di tale norma
 prevede che della  data  dell'udienza  sia  dato  avviso  anche  alla
 persona   sottoposta  alle  indagini,  disposizione  da  considerarsi
 inderogabile perche' diretta ad assicurare l'esercizio del diritto di
 difesa;  il  che  pero'  e'  impossibile  nel  caso di specie proprio
 perche' manca ancora l'indagato. Dal combinato disposto  degli  artt.
 409  e  415 del c.p.p. si ricava dunque che il giudice in questo caso
 sarebbe obbligato ad archiviare, nonostante ritenga ingiustificata la
 scelta  del  p.m. di non esercitare l'azione penale; il che appare in
 evidente contrasto con il principio  di  obbligatorieta'  dell'azione
 penale di cui all'art. 112 della Costituzione.
    Se   il  g.i.p.  infatti  e'  obbligato  ad  archiviare,  pur  non
 condividendo le valutazioni del p.m.,  la  scelta  del  p.m.  di  non
 esercitare  l'azione  penale finisce per essere discrezionale proprio
 in quanto insindacabile.
    Di  cio'  d'altronde  era  ben  consapevole  il  legislatore della
 riforma che non ha affidato la  scelta  di  non  esercitare  l'azione
 penale  alla discrezionalita' del p.m. ma ha predisposto un controllo
 da parte del giudice, con il meccanismo di cui agli artt. 409  e  415
 del c.p.p. al fine di rendere il sistema compabibile con il principio
 dell'obbligatorieta' dell'azione penale.
    Se  infatti e' vero che, nel nuovo processo, il p.m. e' il dominus
 delle indagini preliminari, e' altrettanto vero che  tale  situazione
 non  e'  un  diritto,  ma  un  potere-dovere  per il quale il p.m. e'
 obbligato a svolgere "tutte" le indagini necessarie e  ad  esercitare
 l'azione  penale laddove ne ricorrano i presupposti. E affinche' tale
 obbligo sia effettivamente  rispettato  e'  altresi'  necessario  che
 l'attivita'  del  p.m.  e le sue scelte siano sottoposte al sindacato
 giurisdizionale.
    Non  esistendo,  nel  caso  in esame alcuno strumento processuale,
 questo   giudice   deve   sollevare   questione    di    legittimita'
 costituzionale.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  d'ufficio  questione di legittimita' costituzionale degli
 artt. 415 e 409 del  c.p.p.,  per  contrasto  con  l'art.  112  della
 Costituzione  nella  parte  in  cui  non  prevedono  che  il giudice,
 richiesto dell'archiviazione ai sensi  dell'art.  415  del  c.p.p.  o
 dell'art.  408  del c.p.p. senza previa identificazione delle persone
 cui la notitia criminis sarebbe attribuibile, possa indicare al  p.m.
 le   indagini   da   compiere   per   l'identificazione   di  persone
 identificabili a cui viene attribuita una notizia di reato,  in  caso
 di inerzia del p.m.;
    Sospende  il procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia notificata al p.m. dott.
 Giorgio Santacroce e al Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 comunicata al Presidente della Camera dei deputati  e  al  Presidente
 del Senato della Repubblica.
      Roma, addi' 13 luglio 1990
           Il giudice per le indagini preliminari: VIGLIETTA

 90C1363