N. 534 SENTENZA 28 novembre - 5 dicembre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Modifiche al sistema penale- Pretore- Illeciti amministrativi
 depenalizzati- Ordinanza- ingiunzione- Mancata presentazione
 all'udienza dell'opponente- Illegittimita' del provvedimento
 documentata- Convalida da parte del giudice- Affinita' del giudizio
 di opposizione all'ingiunzione, con il giudizio di opposizione
 disciplinato dal nuovo processo penale- Conseguente ingiustificata
 limitazione del diritto di difesa- Illegittimita'   costituzionale.
 
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, quinto comma)
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.49 del 12-12-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 23, quinto
 comma, della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche  al  sistema
 penale),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  17  febbraio 1989 dal
 Pretore di Pescara nel procedimento civile  vertente  tra  Di  Pietro
 Emidio  e  la  Prefettura di Pescara, iscritta al n. 432 del registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    Ricevuta   dal   Prefetto  di  Pescara  ordinanza-ingiunzione  per
 violazione dell'art. 102 del codice della strada,  Emidio  Di  Pietro
 proponeva   rituale  opposizione  dinanzi  all'autorita'  giudiziaria
 allegando prova dell'avvenuta vendita del veicolo in data anteriore a
 quella del commesso illecito.
    Nel  corso  del  relativo  giudizio  il  Pretore  di  Pescara, con
 ordinanza in data 17 febbraio 1989 (reg. ord. n. 432  del  1990),  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 24 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quinto  comma,
 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo, la disposizione impugnata, nella
 parte in cui impone di convalidare l'ordinanza-ingiunzione  "se  alla
 prima  udienza  l'opponente  o  il  suo procuratore non si presentano
 senza addurre alcun legittimo impedimento", anche nell'ipotesi in cui
 l'illegittimita' del provvedimento emerga dalla stessa documentazione
 allegata agli atti, violerebbe il diritto di difesa, creando altresi'
 un'ingiustificata  diversita'  di trattamento rispetto ai giudizi nei
 quali l'opponente compare all'udienza.
    L'Avvocatura  generale dello Stato e' intervenuta chiedendo che la
 questione sia dichiarata manifestamente infondata.
                         Considerato in diritto
    1. - E' sottoposta all'esame della Corte questione di legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della  Costituzione,
 dell'art.  23,  quinto  comma,  della legge 24 novembre 1981, n. 689,
 nella parte in cui prevede che il pretore sia  tenuto  a  convalidare
 l'ordinanza-ingiunzione    in    caso    di   mancata   presentazione
 dell'opponente alla prima  udienza  senza  che  questi  adduca  alcun
 legittimo impedimento, anche nell'ipotesi in cui l'illegittimita' del
 provvedimento emerga dalla  documentazione  allegata  al  ricorso  in
 opposizione.
    2. - La questione e' fondata.
    Non  ignora la Corte di aver disatteso con precedente ordinanza n.
 111 del 1989 la stessa questione, ma, essendo nel frattempo mutato il
 quadro  normativo  nel cui ambito tale pronunzia si collocava, devesi
 ora pervenire ad altra soluzione che tenga conto della sopravvenienza
 di un diverso sistema di riferimento.
    Anche  a voler prescindere dalla disputa relativa alla omogeneita'
 o meno, sul piano sostanziale, del sistema sanzionatorio  penale  con
 quello  sanzionatorio  amministrativo  di  cui alla legge 24 novembre
 1981,  n.  689  (c.d.  depenalizzazione),  va  rilevato,  sul   piano
 processuale,  che  il  giudizio  di opposizione all'ingiunzione, come
 disciplinato in quest'ultima legge, presenta indiscutibili  affinita'
 con  il giudizio di opposizione disciplinato nel processo penale, sia
 sotto il regime del codice abrogato che sotto  il  regime  di  quello
 vigente.
    Cio'  e'  tanto  vero  che la gia' richiamata ordinanza n. 111 del
 1989, nel disattendere la  questione  analogamente  sollevata,  aveva
 espressamente  fatto riferimento a precedenti pronunzie (sentt. n. 46
 del 1957 e n. 89  del  1972)  che  riguardavano  consimili  questioni
 sollevate  in sede di giudizio di opposizione a decreto penale per il
 quale il codice ora abrogato, all' art. 510, primo  comma,  conteneva
 una disposizione analoga a quella ora impugnata e che appunto da essa
 era derivata riproducendone sostanzialmente il  contenuto  normativo.
 Disponeva,  infatti,  il predetto art. 510 che "Se l'opponente non si
 presenta all'udienza, senza giustificare un legittimo impedimento, il
 pretore  pronuncia  sentenza  con  la  quale  ordina l'esecuzione del
 decreto di condanna  e  da'  gli  altri  provvedimenti  indicati  nel
 secondo capoverso dell'articolo precedente".
    La situazione e' pero', come si e' detto, mutata per effetto della
 entrata in vigore del nuovo  codice  di  procedura  penale  del  1988
 perche'  l'art.  464  di  quest'ultimo,  nel disciplinare il giudizio
 conseguente all'opposizione, non prevede l'ordine di  esecuzione  del
 decreto  in  caso di mancata presentazione dell'opponente, stabilendo
 invece  espressamente  (comma  3)  che  "nel   giudizio   conseguente
 all'opposizione  il  giudice revoca il decreto penale di condanna", e
 questo  in  ogni  caso,  indipendentemente   cioe'   dalla   condotta
 processuale dell'opponente.
    Posto il parallelismo fra i due giudizi di opposizione e, dato che
 il legislatore ha riformato in senso piu' garantista la disciplina di
 quello  penale,  non risulta piu' giustificata, nei termini in cui la
 questione e' stata sollevata, la lamentata limitazione del diritto di
 difesa   dell'opponente   nel   giudizio   relativo   agli   illeciti
 amministrativi "depenalizzati". Infatti, mentre nella  prima  ipotesi
 l'interessato  potrebbe vedere soddisfatte le proprie ragioni in base
 al solo atto di opposizione, nella seconda, anche se la sua  mancanza
 di  responsabilita'  risultasse  fondata ex actis, andrebbe incontro,
 come  nel  caso  oggetto  del  giudizio   a   quo,   alla   convalida
 dell'ordinanza-ingiunzione   qualora   omettesse  di  presentarsi  in
 giudizio, personalmente o a  mezzo  di  procuratore  speciale,  senza
 addurre alcun legittimo impedimento.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  23, comma 5,
 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale),
 nella  parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento
 opposto in caso di mancata presentazione  dell'opponente  o  del  suo
 procuratore   alla   prima  udienza  senza  addurre  alcun  legittimo
 impedimento, anche quando l'illegittimita' del provvedimento  risulti
 dalla documentazione allegata dall'opponente.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 novembre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                        Il redattore: CAIANIELLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 5 dicembre 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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