N. 718 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 settembre 1990

                                 N. 718
 Ordinanza  emessa l'8 settembre 1990 del giudice conciliatore di Roma
 nel procedimento civile vertente tra De Russis Vito Nicola ed altro e
 u.s.l. RM4 ed altri
 Salute (tutela della) - Divieto di fumare in determinati locali e sui
 mezzi di trasporto pubblico -  Non  operativita'  del  divieto  negli
 uffici del pronto soccorso degli ospedali, negli uffici postali e nei
 ristoranti - Irragionevolezza - Violazione dei diritti alla salute  e
 al lavoro e della liberta' di riunione.
 (Legge 11 novembre 1975, n. 584, art. 1, lettere a) e b)).
 (Cost. artt. 3, 4, 17, 32 e 97).
(GU n.49 del 12-12-1990 )
                        IL GIUDICE CONCILIATORE
    Sciogliendo la riserva di cui sopra e considerato che la decisione
 della presente causa deve essere preceduta  dalla  soluzione  di  una
 questione  di legittimita' costituzionale, ha pronunciato la seguente
 ordinanza.
    Con  atto  di  citazione  congiuntamente  proposto ex art. 103 del
 c.p.c., gli attori Vito Nicola De Russis e Francesco Spiga chiamavano
 in   giudizio  il  Ministero  della  poste  e  telecomunicazioni,  il
 direttore dell'ufficio postale di  Roma,  via  Collatina  n.  78,  il
 titolare  del  ristorante  "Picciotta"  di  Roma,  la u.s.l. RM4, per
 ottenere la condanna per i danni, quantificati  entro  la  competenza
 per   valore   del   giudice   conciliatore,   riportati   a  seguito
 dell'esposizione al fumo di sigaretta  in  taluni  locali  chiusi  ed
 aperti al pubblico.
    Ritiene  il  giudice  conciliatore  che  la normativa in questione
 dettata dalla legge 11 novembre 1975, n. 584 "Divieto  di  fumare  in
 determinati  locali  e su mezzi di trasporto pubblico" considera come
 lecita la diffusione di fumo di sigarette nei locali chiusi ed aperti
 al  pubblico  ove si e' verificata la situazione dannosa patita dagli
 attori.
    Preliminare  appare  pertanto  l'esame  della  questione sollevata
 dalle parti  attrici  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
 lettere  a)  e b) della citata legge n. 584/1975, in riferimento agli
 artt. 3, 4, 32 e 87 della Costituzione che  il  giudice  conciliatore
 ritiene  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  ai  fini delle
 domande  risarcitorie  oggetto  della  causa  che   potranno   essere
 esaminate   solo   ove   la   Corte  costituzionale  accerti  o  meno
 l'illegittimita' in parte qua di tali norme.
    Tanto  premesso, appare opportuno distinguere le posizioni dei due
 attori, i quali lamentano entrambi un pregiudizio alla salute causata
 dalla  permanenza  necessitata  in  locali chiusi ove l'aria era resa
 gravemente insalubre dal fumo di sigaretta degli altri frequentatori,
 sulla  base della diversa natura degli ambienti e delle situazioni in
 cui si e' verificata la predetta lesione.
    1)  Lo Spiga, dipendente dell'ospedale S. Giovanni di Roma, presso
 l'ufficio del pronto  soccorso,  chiede  il  risarcimento  del  danno
 subito alla salute a seguito della necessitata convivenza giornaliera
 protrattasi per anni con colleghi accaniti fumatori.
    Al  medesimo,  peraltro  gia'  affetto  da tempo da gravi disturbi
 respiratori, era stata diagnosticata una "bronchite cronica  asmatica
 con insufficienza respiratoria" riconosciuta come contratta per causa
 di servizio. Assume lo Spiga che proprio a seguito di tale  diagnosi,
 ritenuto  non  piu'  idoneo  al  servizio di farmacia precedentemente
 svolto, era stato distaccato presso il pronto soccorso  dell'ospedale
 S.  Giovanni  su  sua  richiesta: si attendeva infatti che l'ambiente
 ospedaliero fosse nel suo complesso, in ragione  della  presenza  dei
 malati,  protetto  dalla  diffusione  del  fumo.  Tuttavia, anche nei
 locali del  pronto  soccorso  non  veniva  inibito  il  fumo  e  cio'
 provocava un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute dello
 Spiga,  per  tale  danno  egli  oggi  propone  la   propria   domanda
 risarcitoria.
    Osserva   invero   il   giudice   conciliatore  che  la  nocivita'
 dell'esposizione al fumo emesso dalle  sigarette  altrui  (c.d.  fumo
 passivo)  in locali chiusi e' oggi ampiamente dimostrata ed affermata
 dai  piu'  autorevoli  organismi  scientifico-sanitari  di  rilevanza
 mondiale.
    La lotta al fenomeno del fumo passivo, ritenuto anche maggiormente
 tossico, in quanto non filtrato, di quello ingerito direttamente  dal
 fumatore, e' stata considerata recentemente di fondamentale urgenza e
 rilevanza dalla  Organizzazione  mondiale  della  sanita'  (programma
 "tabacco  o  salute"  del  15  maggio 1986 - e lavori della assemblea
 della O.M.S. del 17 maggio 1990).
   Anche  in sede comunitaria si sono avviati interventi in materia e,
 su proposta di parlamentari italiani in data 12 marzo 1982  (Gazzetta
 Ufficiale  n. 87 del 5 aprile 1982) e' stata approvata dal Parlamento
 europeo una risoluzione con il  dichiarato  fine  di  perseguire  una
 uniforme tutela della salute sugli Stati membri attraverso l'adozione
 del divieto di fumare in tutti i locali chiusi ed aperti al pubblico.
    La  legge  n. 584/1975, che in linea di principio persegue il fine
 di tutelare la salute dei  cittadini  (art.  32  della  Costituzione)
 vietando  il  fumo  in  determinati  ambienti,  prende giustamente in
 considerazione anche l'ambiente ospedaliero (art. 1, lett. a).
    L'indubbia  nocivita'  del  fumo  passivo,  infatti,  non puo' che
 rendere necessaria  la  tutela  specialmente  per  quei  soggetti,  i
 malati, i quali gia' presentano stati patologici che ne indeboliscono
 le  difese;  per  costoro   la   predisposizione   di   un   ambiente
 igienico-sanitario   salubre  costituisce  un  elemento  primario  ed
 irrinunciabile.
    Tale  aspetto  e'  stato colto, almeno negli intenti iniziali, dal
 legislatore nel 1975. Tuttavia, l'elencazione riportata sub  art.  1,
 lett.  a) (ritenuta tassativa con corretta interpretazione del C.d.S.
 con il parere n. 540/1976) vale a vietare il  fumo  unicamente  nelle
 corsie degli ospedali.
    Ne  consegue  che  al  di fuori delle corsie e quindi di tutti gli
 altri ambiti  degli  ospedali,  corridoi,  sale  di  aspetto,  pronto
 soccorso,  ambulatori  medici,  locali  destinati  al  disbrigo delle
 pratiche amministrative come il pagamento  del  ticket,  ecc.,  tutti
 luoghi  comunque  necessariamente  frequentati dai malati, il fumo e'
 oggi lecito.
    Il   legislatore,   quindi,   seppure   perseguiva   l'intento  di
 salvaguardare la salute  dei  soggetti  costretti  a  ricorrere  alle
 strutture  sanitarie  vietando  la  diffusione di effluvi tossici del
 fumo di tabacco, ha poi introdotto con  la  specificazione  letterale
 "corsie   degli"   una   irragionevole  differenziazione  tra  locali
 caratterizzati da identica necessita' di protezione, discriminando in
 tale  modo  i  soggetti  che  per  necessita' di cure o per motivi di
 lavoro sono costretti a  permanere  nei  diversi  ambiti  vanificando
 dunque  il  suo  stesso  fine  che,  si  ripete,  consiste nella piu'
 incisiva tutela di chi sia gia' malato.
    Tale   finalita'   puo'   effettivamente   conseguirsi   solamente
 attraverso l'imposizione del divieto di fumo esteso a tutti gli spazi
 propri della struttura sanitaria.
    Per  quanto  sino  ad  ora  osservato,  la  legge  n.  584/1975 e'
 chiaramente contraria al principio della ragionevolezza  in  base  al
 quale  il  legislatore  e'  tenuto  a  trattare  in  maniera uniforme
 situazioni uguali, in relazione alla tutela differenziata  introdotta
 tra  i  frequentatori dei diversi ambiti delle strutture sanitarie (e
 cio' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione).
    Risulta  inoltre  una  palese  contraddittorieta' rilevabile nella
 assoluta mancanza di correlazione tra il fine  primario  della  legge
 (tutela   della   salute   ex   art.  32  della  Costituzione)  e  le
 differenziazioni   normative   concrete   rispetto   alla   finalita'
 positivamente   individuabile  quest'ultima,  concretamente,  dunque,
 realizzabile  solamente  attraverso  l'eliminazione  dell'espressione
 limitativa  "corsie  degli"  dell'art.  1,  lett.  a), della legge n.
 584/1975.
    2)  Il  De  Russis  ha  invece adito il giudice conciliatore per i
 danni riportati dall'esposizione al fumo di tabacco avvenuta  in  due
 distinte  circostanze,  nei locali di un ufficio postale e nella sala
 di un ristorante.
    Quanto  alla prima situazione, osserva il giudice conciliatore che
 il risarcimento per al situazione dannosa  lamentata  e'  allo  stato
 precluso dall'art. 1, lett. a), della legge n. 584/1975.
    L'art.   1   di   tale   legge   impone   il   divieto   di  fumo,
 indipendentemente dall'essere chiusi  o  meno  nei  locali  presi  in
 considerazione, individuando invece quelli in cui vengono erogati tra
 servizi pubblici irrinunciabili, di rilievo costituzionale -  sanita'
 (art.  32),  istruzione  (artt.  9,  32  e 34), trasporti e mobilita'
 (artt. 2 e 16) - per i quali i cittadini vedono garantito il  diritto
 a fruirne in condizioni di salubrita'.
    Il  legislatore  ha  inteso  quindi  tutelare  gli  utenti di tali
 servizi proprio in relazione alla irrinunciabilita' ed al rilievo che
 gli stessi rivestono per la societa' e per l'uomo.
    Risultano  oggi  esclusi  dalla  tutela  gli  utenti  del servizio
 postale sia pure  di  pari  rilevanza  costituzionale  (in  relazione
 quanto  meno  agli  artt.  15, 27 e 47 della Costituzione), di grande
 importanza sociale e gestito in regime di monopolio  dello  Stato  (e
 cio'   esclude  ogni  possibilita'  di  scelta  dell'utente,  che  e'
 obbligato a fruirne per tutte le diverse esigenze di  corrispondenza,
 comunicazione, pagamento da questo assolte).
    La  legge  in  oggetto  ha  quindi  introdotto immotivatamente una
 protezione differenziata che tutela esclusivamente  la  salute  degli
 stessi  utenti  di  taluni  servizi  pubblici,  consentendo invece la
 presenza di fumo in locali ove si erogano servizi  pubblici  di  pari
 dignita' costituzionale e sociale.
    Tale  immotivata  discriminazione si configura in contrasto con il
 principio di cui all'art. 3 della Costituzione nonche' con l'art.  32
 della Costituzione che tutela il bene della salute umana come diritto
 primario  e  fondamentale,  per  di  piu'  inidoneo  ad  imporre  una
 esaustiva  tutela  da  parte  dell'ordinamento (sent. Corte cost. nn.
 892/1988, 184/1986 e 559/1987).
   Ritiene   pertanto   il   giudice   conciliatore  rilevante  e  non
 manifestamente infondata la questione di illegittimita'  costituzione
 dell'art.  1, lett. a), legge n. 584/1975 nella parte in cui vieta il
 fumo nei locali destinati all'istruzione e nei vari luoghi  destinati
 agli  utenti dei diversi servizi del trasporto, consentendo invece la
 diffusione di effluvi nocivi alla salute negli ambienti, nei quali si
 eroga il servizio pubblico postale.
    3)  In relazione alla seconda domanda del De Russis riguardante il
 danno riportato per il  fumo  inspirato  nella  sala  del  ristorante
 convenuto,  il  risarcimento  e'  allo  stato precluso dalla lett. b)
 della legge n. 584/1975.
    Anche   in  tale  caso  la  norma  individua  taluni  locali  che,
 indipendente mente dalla natura pubblica o privata, presentano invece
 tutti la caratteristica dell'essere chiusi ed aperti al pubblico.
    Al  di  la'  della destinazione dei luoghi presi in considerazione
 (pubbliche riunioni, svago, finalita' culturali di vario tipo,  gioco
 anche  d'azzardo,  svago,  ecc.) l'elemento costante e' rappresentato
 dalla permanenza di piu' persone in ambiti chiusi.
    Trapela  pertanto  la  finalita'  di tutelare il cittadino che per
 varie ragioni si trova ad accedere e a permanere  in  luoghi  chiusi,
 assicurando   in  tale  modo  condizioni  igieniche  qualitativamente
 idonee.
    Ratio  evidente  risulta  essere la protezione e la valorizzazione
 delle  attivita'  di  svago,  riunione,   socializzazione,   cultura,
 nell'ambito  delle  possibili  formazioni  nelle quali si sviluppa la
 personalita' umana.
    Anche   in  questo  caso,  tuttavia,  nell'esternazione  del  dato
 normativo il legislatore ha introdotto l'espressione limitativa  "che
 siano  adibiti  a pubblica riunione" che ne ha fortemente svuotato la
 portata.
    Il  C.d.S.  (nel  ricordato  parere  n. 540/1976) ha correttamente
 restrittivamente  escluso  che  locali  chiusi  adibiti  a   pubblica
 riunione   possano  riferirsi  ad  ogni  tipo  di  locale  nel  quale
 confluiscano  contemporaneamente  piu'   persone,   riportandosi   al
 concetto  recato  dalle  norme  del t.u. di pubblica sicurezza ed, in
 particolare, escludendo il riferimento a  bar,  ristoranti,  sale  da
 the, ove la permanenza e' di per se' occasionale e precaria.
    Risulta  evidente  la  discriminazione  che  viene  a verificarsi,
 condividendosi tale interpretazione, per la immotivata disparita'  di
 trattamento  e  tutela  riservata  ai  frequentatori di sale da ballo
 sale-corse (tutelati dal fumo  passivo)  rispetto  a  coloro  che  si
 recano al ristorante (fuori da qualsiasi tutela).
    Non  e' dato di scorgere alcuna valida ragione che possa sostenere
 la legittimita'  della  deroga  introdotta  dal  legislatore  che  ha
 consentito  la liceita' della diffusione del fumo nei ristoranti, nei
 bar, nelle sale da the, la cui frequentazione oltre  che  diretta  al
 soddisfacimento   di   esigenze   di   nutrimento,   di   svago,   di
 socializzazione, riveste nel nostro  costume  sociale  pari,  se  non
 superiore,  rilevanza  rispetto  alle  altre  attivita'  maggiormente
 tutelate dalla norma in esame.
    Ritiene il g.c. di ravvisare nella norma un evidente contrasto con
 l'art. 3 della Costituzione per l'introduzione di un regime giuridico
 particolare in alcun modo giustificato dalla diversita' delle ipotesi
 disciplinate, ed una violazione dell'art. 32 della Costituzione nella
 parte   in  cui,  introducendo  nel  testo  dell'art.  1,  lett.  b),
 l'espressione "che siano adibiti a pubblica riunione", si e' limitata
 gravemente   la   portata   della   norma.  Se  infatti  si  accoglie
 l'interpretazione data Consiglio di Stato, il divieto  di  fumo  puo'
 applicarsi,   oltre   alle   ipotesi  espressamente  considerate  dal
 legislatore solamente nei casi in cui  si  ha  un  incontro  di  piu'
 persone  in  un luogo pubblico, per un tempo ed un fine definiti, con
 evidente violazione dei  principi  costituzionali  ricordati  e,  non
 degli artt. 2 e 3, ultimo comma, della Costituzione che garantisce la
 realizzazione dell'individuo anche in aggregati  sociali  quali  sono
 tutti i luoghi di svago e riposo dei cittadini e lavoratori.
    4) In difetto di esplicita istanza del difensore di parte attrice,
 viene sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  1,  lett.  b),  della  legge n. 584/1975 in relazione agli
 artt. 3, 17 e 32 della Costituzione.
    Oltre  ai profili gia' evidenziati, infatti, a parere del g.c., il
 disposto dell'art. 1, lett. b), che limita la portata del divieto  di
 fumare  ai  soli casi di riunione che si tengono in luogo pubblico ed
 aventi finalita' e durata definiti  (ed  e'  questo  il  concetto  di
 "pubblica  riunione"  che  si  desume  dal t.u.p.s.) e' in contrasto,
 oltre che per gli aspetti gia' considerati, con  gli  art.  17  della
 Costituzione.
    Sulla  base di tale articolo deve riconoscersi a tutti i cittadini
 l'identico diritto di  riunirsi  pacificamente  anche  attraverso  la
 predisposizione  del medesimo regime giuridico per tutte le possibili
 forme attraverso le quali tale diritto si realizza.
    Medesima  protezione deve pertanto prevedersi, ad avviso del g.c.,
 sia ai partecipanti a  pubbliche  riunioni  nel  senso  indicato  del
 t.u.p.s.,  sia  a coloro che si riuniscono per altre finalita', anche
 ricreative, in locali che al pari  presentino  la  caratteristica  di
 esser chiusi ed aperti al pubblico.
    In   conclusione,   deve  dunque  rimettersi  la  decisione  delle
 questioni  sollevate  alla  Corte  costituzionale,  sospendendosi  il
 presente giudizio.
                                P. Q. M.
    Visti gli artt. 3, 4, 17, 32 e 97 della Costituzione, dichiara non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art. 1, lettere a) e b), della legge n. 584/1975;
    Sospende   il   presente   procedimento   ed   ordina  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Roma, addi' 8 settembre 1990
   Il cancelliere: (firma illeggibile)
                   Il giudice conciliatore: QUADRANTI

 90C1383