N. 719 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 luglio 1990

                                 N. 719
 Ordinanza  emessa  il  18  luglio  1990  dal  giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Torino nel procedimento  penale  a
 carico di Pestellini Neri
 Processo penale - Udienza preliminare - Richiesta della difesa per un
 sequestro a fini probatori - Dissenso del p.m. -  Impossibilita'  per
 il  g.i.p.  di  disporlo  a  differenza  di quanto avviene durante le
 indagini preliminari - Impossibilita' per la difesa e per  il  g.i.p.
 di  ammettere  prove  a  discarico  diverse  da quelle tassativamente
 indicate - Discriminazione tra imputati Limitazione  del  diritto  di
 difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 422).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.49 del 12-12-1990 )
                 IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    A  scioglimento della riserva nel proc. pen. n. 3492/90 il giudice
 per  le   indagini   preliminari   pronunciando   sull'eccezione   di
 incostituzionalita'  dell'art. 422 del c.p.p. in relazione agli artt.
 3 e 24 della Costituzione proposta dall'avv. Maria Grazia  Siliquini,
 difensore  di  Pestellini  Neri,  nel procedimento penale a carico di
 quest'ultimo, imputato del reato di cui agli artt. 628,  337,  582  e
 585 (576, n. 1) del c.p.; commessi in Torino il 2 maggio 1990;
    Sentito  il  pubblico  ministero  (dott. Fassio) che si e' opposto
 all'eccezione;
                           PREMESSO IN FATTO
    Nel  corso della partita di calcio Juventus-Fiorentina, svoltasi a
 Torino il 2 maggio 1990, si verificavano, verso le ore 21,30,  tra  i
 tifosi   delle   opposte   squadre,  dei  tafferugli  che  imponevano
 l'intervento delle forze dell'ordine.
    Un  agente  della Polizia di Stato, nel tentativo di sedare una di
 queste liti, veniva sopraffatto  da  alcuni  tifosi,  uno  dei  quali
 riusciva  a  togliergli di mano lo sfollagente in dotazione e a darsi
 con questo alla fuga, dopo  aver  colpito  in  pieno  volto  il  vice
 questore Giovanforte che aveva cercato di bloccarlo.
    Al  termine della partita due agenti del reparto mobile di Milano,
 che erano stati presenti all'episodio, presso  uno  dei  cancelli  di
 uscita   dello   stadio   riconoscevano   nell'attuale   imputato  il
 responsabile dell'aggressione e lo trovavano, altresi',  in  possesso
 dello  sfollagente che era stato nascosto nello zaino, avvolto in uno
 striscione.
    Tratto  in  arresto per rapina impropria, il Pestellini protestava
 subito la propria innocenza e nel  corso  dell'udienza  di  convalida
 sosteneva  di  essere  sempre  stato, durante la partita, in un luogo
 molto distante da quello ove erano avvenuti i tafferugli.
    Quanto  allo  sfollagente  rinvenuto  nel suo zaino, affermava "un
 tifoso della Fiorentina, incontrato sul treno  e  rivisto  alla  fine
 della  partita,  mi  chiese se gli potevo portare la borsa con il suo
 contenuto al treno perche', avendo preso botte dalla  polizia,  aveva
 la spalla che gli faceva male".
    Il  giudice  per  le indagini preliminari convalidava l'arresto ed
 applicava all'indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari.
    Successivamente  all'udienza di convalida il difensore chiedeva la
 p.m.  la  audizione  di  alcuni  testimoni  ed  il  sequestro   delle
 registrazioni  audiovisive  effettuate dalla Polizia di Stato e dalla
 RAI, in base alle  quali  poter  verificare  l'assunto  difensivo  ed
 eventualmente  riuscire  anche  ad individuare il giovane che avrebbe
 consegnato al Pestellini lo zaino contenente lo sfollagente.
    Il  p.m. non riteneva pero' di dar corso alle istanze della difesa
 e richiedeva l'emissione del decreto di giudizio immediato.
    Il  giudice  per  le  indagini preliminari, pur rilevando a carico
 dell'imputato l'esistenza di  gravi  indizi  in  relazione  ai  reati
 contestati,  respingeva,  allo  stato, la richiesta, ritenendo che la
 possibilita' di acquisire, tramite il  sequestro  e  la  visione  dei
 filmati,  ulteriori  elementi,  peraltro  decisivi;  in  ordine  alla
 ricostruzione  dei  fatti  di  causa,  impedisse  di  ritenere   gia'
 sussistente il requisito dell'"evidenza della prova" voluto dall'art.
 453 del c.p.p. per instaurare il rito immediato.
    Il p.m. chiedeva allora il rinvio a giudizio del Pestellini.
    In  sede  di  udienza  preliminare  l'avv. Siliquini sollevava, in
 relazione all'art.  3,  comma  1  della  Costituzione,  eccezione  di
 incostituzionalita'  dell'art.  422 del c.p.p. rilevando come in base
 al dettato di tale  articolo,  che  impone  limitazioni  notevoli  al
 giudice  dell'udienza  preliminare,  il  diritto  a  usufruire  della
 possibilita' di proscioglimento - e quindi della mancata celebrazione
 del  dibattimento  -  spetti  solo  a  colui che per pura sorte possa
 contare  su  una  prova  decisiva  di   carattere   testimoniale,   o
 conseguente  a  valutazioni  tecniche, e come l'imputato sia leso nel
 diritto alla prova se il p.m. non abbia cercato una prova decisiva  a
 "discarico"  che non risiede nella possibilita' di acquisizione della
 difesa e che questa non puo' quindi produrre all'udienza  preliminare
 (es.,  oltre  al  caso  di  specie, filmato di una rapina in banca di
 proprieta' di un ente  pubblico;  prova  decisiva  esistente  in  una
 cassetta di sicurezza non di proprieta' dell'imputato ecc.).
    Sotto  altro  profilo  rilevava  che  il dettato dell'art. 422 del
 c.p.p., nella parte in cui limita i  poteri  suppletivi  all'indagine
 carente  del  giudice  dell'udienza  preliminare con riferimento alle
 ipotesi di audizione dei  testimoni,  consulenti  tecnici  e  persone
 imputate   in   procedimenti   connessi,   opera  una  corrispondente
 limitazione del diritto  di  difesa  che,  secondo  l'art.  24  della
 Costituzione,  e'  invece  "inviolabile  in  ogni  stato  e grado del
 procedimento".
    Il  p.m.  si  opponeva  rilevando che l'art. 422 del c.p.p. e' una
 norma eccezionale che restringe l'attivita' istruttoria esperibile  a
 quelle  poche e tassative prove compatibili con l'udienza preliminare
 che non deve, pertanto, trasformarsi in un'udienza dibattimentale.
    Rilevava,  inoltre,  che  non vi e' un diritto del difensore o del
 p.m. di chiedere l'ammissione delle prove qualora il giudice  per  le
 indagini  preliminari  non  abbia  dichiarato  le  necessita' di tale
 integrazione.
    Il giudice, ritenendo di non poter decidere allo stato degli atti,
 indicava quindi alle parti la necessita' di  acquisire  l'audiovisivo
 della Polizia di Stato.
    Stante  l'inerzia  del p.m., la difesa chiedeva quindi formalmente
 al giudice per le udienze priliminari  di  sequestrare  l'audiovisivo
 della  Polizia  di Stato e di visionarlo sottolineando la decisivita'
 di tali "prove" ai fini di una eventuale pronuncia di sentenza di non
 luogo a procedere.
    Il  p.m.  si  opponeva  ed  il  giudice respingeva l'istanza della
 difesa ritenendo che l'art. 422, primo comma, del c.p.p., cosi'  come
 formulato,  non  consenta  al  giudice  per le udienze preliminari di
 disporre il sequestro di un documento che  dovrebbe  essere  prodotto
 dalla difesa, posto che l'articolo 422 del c.p.p. non richiama l'art.
 368 del c.p.p.; e ritenendo altresi' che l'elenco tassativo di  prove
 che  possono  essere ammesse ex art. 422 non consenta di visionare il
 filmato eventualmente sequestrato.
    La   difesa   insisteva   nell'eccezione   di  incostituzionalita'
 dell'art. 422, primo e secondo comma, del  c.p.p.  in  rapporto  agli
 artt.  3  e  24  della  Costituzione con le argomentazioni piu' sopra
 esposte ed illustrate in una memoria allegata agli atti.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 422 del
 c.p.p. appare rilevante ai fini della definizione della presente fase
 processuale e non manifestamente infondata.
    Appare  innanzitutto  rilevante rispetto all'attivita' processuale
 in corso posto che, se il giudice  dell'udienza  preliminare  potesse
 sequestrare  e  visionare  l'audiovisivo  della  Polizia di Stato che
 ritrae le gradinate ove sono avvenuti  i  tafferugli,  acquisendo  un
 documento  sicuramente  obiettivo  e  con ogni probabilita' decisivo,
 potrebbe pronunciare una sentenza di non  luogo  a  procedere  -  che
 implicherebbe   per   l'imputato,  oltre  che  immediate  e  positive
 conseguenze in ordine alla liberta' personale, il risparmio dei costi
 e della pubblicita' del dibattimento - ovvero, superare decisamente i
 dubbi a  favore  dell'accusa  (nel  caso  l'imputato  venga  ritratto
 nell'atto  di  commettere  il  reato)  con  il  probabile conseguente
 accesso  ai  riti  speciali,  voluti  dal  legislatore  proprio   per
 "deflazionare" le udienze dibattimentali.
    Del resto l'udienza preliminare, anziche' ottemperare alla propria
 funzione di "filtro", nel caso di specie costituirebbe  un  modo  per
 ottenere  gli  stessi  risultati del giudizio immediato che era stato
 negato per carenza del requisito dell'"evidenza della prova".
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 422 del
 c.p.p. appare, inoltre, non manifestamente  infondata  sotto  diversi
 profili.
    Premettiamo,  innanzitutto,  che  dalla  lettura  degli artt. 421,
 quarto comma, e 422, primo e secondo comma, del c.p.p. si desume  che
 il  giudice  "puo'  indicare  alle  parti temi nuovi o incompleti sui
 quali si rende necessario acquisire ulteriori  informazioni  ai  fini
 della decisione" solo quando non ritiene di poter decidere allo stato
 degli atti e poiche' la norma statuisce ancora che il giudice ammette
 le  prove  "a  carico" quando ne risulta "manifesta la decisivita' ai
 fini della richiesta di rinvio a giudizio" e le prove  "a  discarico"
 quando  e'  "evidente  la  decisivita' ai fini della pronuncia di non
 luogo a procedere" da tali precise indicazioni  si  puo'  agevolmente
 comprendere  quali  siano  i  confini  e  la  portata del concetto di
 "decisivita' allo stato degli atti" in sede di udienza preliminare  e
 come  tale  situazione  sia  diversa da quella di "definibilita' allo
 stato degli atti" ex art. 440 del c.p.p. ai fini dell'ammissione  del
 rito abbreviato.
    In  altre  parole, nella situazione prevista dall'art. 421, ultimo
 comma, del c.p.p. e 422 del c.p.p., il giudice ha il  dovere  di  far
 presente  alle  parti  la  necessita' di integrazione probatoria, non
 quando il quadro accusatorio sia incompleto,  e  neppure  quando  sia
 prevedibile   che  -  in  mancanza  di  ulteriori  elementi,  la  cui
 acquisizione potrebbe pero'  avvenire  nella  fase  dibattimentale  -
 l'imputato,  a  causa  della  parificazione  tra formula dubitativa e
 formula piena, sia assolto, ma solo quando vi e' il dubbio  che,  con
 l'acquisizione di uno o piu' elementi di prova collegati tra di loro,
 si  possa  raggiungere  subito  la   certezza   della   mancanza   di
 responsabilita' dell'imputato.
    Da  notare  che  l'art. 422 non dice che si deve assumere una sola
 tra le prove tassativamente enumerate e parla di ciascuna  di  queste
 al  plurale:  "il  p.m.  e  i  difensori possono produrre documenti e
 chiedere  l'audizione  di  testimoni  e  di  consulenti   tecnici   o
 l'interrogatorio delle persone indicate dall'art. 210 del c.p.p.".
    L'udienza   preliminare   assume   quindi   una  funzione  che  e'
 contemporaneamente di "filtro delle  imputazioni  azzardate"  (Amodio
 1988,  pag.  2173) e di "controllo sul corretto esercizio dell'azione
 penale" che ha significato e consistenza, non certo in funzione della
 prevedibilita'  o  meno  che  l'accusato  sia  condannato  -  perche'
 altrimenti non si spiegherebbe l'ampio margine imposto dal  combinato
 disposto  degli artt. 424 e 425 del c.p.p. e l'ammissione delle prove
 richieste dal p.m. al solo fine di acquisire elementi che non rendano
 evidente  la  mancanza  di  responsabilita'  dell'imputato  -  ma  in
 funzione del diritto di difesa, cioe' in funzione della valutazione e
 prevedibilita'  che  l'acquisizione  di uno o piu' elementi oggettivi
 riferentisi, ad esempio, alla verifica, non effettuata dal  p.m.,  di
 un  alibi  che  non  lasci  spazi  ad  ulteriori dubbi, ovvero di una
 attendibile ipotesi alternativa di ricostruzione dei  fatti,  possono
 comportare il proscioglimento dell'imputato (sono queste, infatti, le
 condizioni in base alle quali il giudice "ammette" le prove richieste
 dalla difesa e del resto, correlativamente, la pronuncia di non luogo
 a procedere ex art. 425 del  c.p.p.  deve  avvenire  solo  quando  e'
 "evidente" la mancanza di responsabilita' dell'imputato).
    In   questo   senso  l'art.  422  del  c.p.p.  e'  si'  una  norma
 "eccezionale", come sostenuto dal p.m., ma  solo  nel  senso  che  il
 giudice dell'udienza preliminare non puo' invitare sempre le parti ad
 una integrazione probatoria, ma unicamente quando, dovendo verificare
 il  corretto  esercizio  dell'azione penale, compreso quanto previsto
 dall'art. 358 del c.p.p., che impone al p.m. accertamenti su fatti  e
 circostanze  sia  "a  carico" che "a favore" della persona sottoposta
 alle  indagini,  e  non   essendo   stata   affrontata   quest'ultima
 prospettiva,  e'  doveroso  evitare all'imputato il pregiudizio della
 pubblicita' e dei costi del dibattimento e, ovviamente, ancor piu' il
 pregiudizio   di   attendere   il   dibattimento   in  condizioni  di
 restrittivita' della  liberta'  personale,  per  l'imposizione  della
 quale  si  richiede  solanto  la  sussistenza  di  "gravi  indizi  di
 colpevolezza".
    Il  controllo  del  giudice ex artt. 421 e 422 del c.p.p. si rende
 oltremodo necessario tenuto conto del fatto che  l'indagato  potrebbe
 essere  interrogato  per la prima volta nell'udienza preliminare e in
 tale udienza essere messo in grado per la prima volta di difendersi e
 di prospettare quindi decisive prove "a discarico".
    Cosi'  circoscritto  il  significato  dell'art.  422  del c.p.p. e
 nell'ambito  della   sua   bassa   "soglia"   di   operativita',   la
 discriminazione  tra  categorie  di imputati che possono usufruire di
 prove "a discarico" rientranti tra quelli ivi tassativamente elencate
 ed   imputati   che,   potendo   provare   la   propria  mancanza  di
 responsabilita'  solo  in  base  ad  altre  prove  non  comprese   in
 quell'elenco  (es.  un  confronto, una ricognizione, una ispezione di
 luoghi ecc.), non possono adeguatamente difendersi, appare in  palese
 contrasto con il dettato costituzionale di cui all'art. 3 e 24, posto
 che non vi e' uguale trattamento per situazioni del  tutto  simili  e
 che  il  diritto  di  difesa  "inviolabile  in ogni stato e grado del
 procedimento" viene meno per tali categorie di cittadini.
    La  direttiva  n.  52  della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81,
 prevede che il giudice, "nel caso in cui allo stato  degli  atti  non
 ritenga di accogliere la richiesta del p.m. di rinvio a giudizio, ne'
 di pronunciare sentenza di non luogo a procedere",  rinvii  ad  altra
 udienza  "affinche'  le  parti  forniscano ulteriori elementi ai fini
 della decisione",  e,  successivamente,  parla  di  un  "obbligo  del
 giudice in questa nuova udienza di disporre il rinvio a giudizio o di
 pronunciare sentenza di non luogo a  procedere  se  non  siano  stati
 forniti elementi per il giudizio".
    In   un   processo   di   "parti",   quindi,  ciascuno  assume  la
 responsabilita' del proprio ruolo e corre il rischio, qualora non  si
 attivi, di subire conseguenze negative.
    In  altre  parole,  in  una situazione di precarieta' dal punto di
 vista probatorio, il p.m. che non si attivi portando  una  prova  che
 convinca  il  giudice,  quanto  meno  della fondatezza dell'esercizio
 dell'azione penale, rischia di vedere la propria richiesta respinta e
 la  stessa  situazione si verifica correlativamente per la difesa che
 non sia in grado di provare la propria  mancanza  di  responsabilita'
 senza alcun margine di dubbio.
    Nel  caso di specie, pero', la "prova a discarico" richiesta dalla
 difesa non e' nella sua disponibilita', poiche'  solo  il  p.m.  puo'
 sequestrare l'audiovisivo della Polizia di Stato.
    Mentre  nel corso delle indagini preliminari l'art. 368 del c.p.p.
 prevede espressamente che, qualora il p.m. ritenga di non disporre il
 sequestro,  il  giudice dell'indagine preliminare possa sostituirsi a
 lui,  tale  possibilita'  non  e'  prevista  in   sede   di   udienza
 preliminare,  sia  per il caso, come quello di specie, in cui il p.m.
 non abbia trasmesso precedentemente la richiesta al  giudice  per  le
 indagini  preliminari,  sia  nel caso, che pure puo' prospettarsi, in
 cui la necessita' di acquisire un documento, o sequestrare una  prova
 nella  disponibilita'  del  p.m., sorga solo nell'udienza preliminare
 (caso dell'indagato citato per la prima volta in tale udienza).
    Anche  sotto  questo profilo, dunque, l'art. 422 del c.p.p., nella
 parte  in  cui  non  prevede  che  il  giudice  in  sede  di  udienza
 preliminare  possa  sostituirsi  al  p.m.  che  non  ha  disposto  il
 sequestro richiesto dall'interessato,  diversamente  da  quanto  puo'
 invece  fare  ex  art.  368  del  c.p.p.  nel  corso  delle  indagini
 preliminari, e' da ritenersi incostituzionalmente per violazione  del
 diritto di difesa e per la discriminazione che opera tra categorie di
 imputati che  possano  avere  accesso  alle  prove  "a  discarico"  e
 imputati  che  per pura sorte non sono in grado di ottenere una prova
 "a discarico" che non e' nella loro disponibilita'.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la eccezione di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 422 del c.p.p. per  contrasto
 con gli artt. 3, primo comma e 24, secondo comma, della Costituzione,
 nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il   giudice   dell'udienza
 preliminare  possa  sostituirsi  al p.m., cosi' come puo' invece fare
 nel corso delle indagini preliminari,  per  procedere  al  sequestro,
 richiesto  dalla  difesa,  di  un  documento  da  produrre in sede di
 udienza preliminare; ovvero di un'altra prova decisiva a discarico  a
 quest'ultima  non accessibile; e nella parte in cui non consente alla
 difesa di chiedere, e al giudice  di  ammettere,  prove  a  discarico
 diverse  da  quelle tassativamente indicate (audizione di testimoni e
 di consulenti tecnici, interrogatorio di persone  indicate  nell'art.
 210 del c.p.p.);
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone   la   notifica   della   presente   ordinanza   al  p.m.,
 all'imputato, al suo difensore, nonche' al Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri;
    Dispone che la stessa ordinanza sia comunicata ai Presidenti delle
 due Camere del Parlamento.
      Torino, addi' 18 luglio 1990
             Il giudice dell'udienza preliminare: MINECCIA

 90C1384