N. 573 SENTENZA 12 - 28 dicembre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Braccianti agricoli avventizi Diritto a
 pensione - Aumento del requisito contributivo minimo e  complessivo -
 Efficacia retroattiva - Lamentata discriminazione  tra lavoratori -
 Insussistenza - Richiamo alla giurisprudenza della Corte (sentenza n.
 349/1985) - Non fondatezza.
 
 (D.-L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 7, nono comma, convertito, con
 modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n.  638).
 
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.2 del 9-1-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, nono comma,
 del decreto-legge 12  settembre  1983,  n.  463  (Misure  urgenti  in
 materia  previdenziale  e sanitaria e per il contenimento della spesa
 pubblica,   disposizioni   per   vari    settori    della    pubblica
 amministrazione   e  proroga  di  taluni  termini),  convertito,  con
 modificazioni, in legge  11  novembre  1983,  n.  638,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  9  marzo 1990 dal Pretore di Reggio Emilia nei
 procedimenti civili riuniti vertenti tra Gasparini Teresa ed altra  e
 l'I.N.P.S.,  iscritta  al  n.  337  del  registro  ordinanze  1990  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  23,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di Gasparini Teresa ed altra e
 dell'I.N.P.S.,  nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  novembre  1990  il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Uditi  l'avv.  Franco  Agostini  per  Gasparini  Teresa  ed altra,
 Fabrizio Ausenda per  l'I.N.P.S.  e  l'Avvocato  dello  Stato  Franco
 Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Gasparini  Teresa  e  Dughetti  Elvina, braccianti agricole
 avventizie,  con  separati  ricorsi,  poi  riuniti,  hanno  convenuto
 dinanzi  al  Pretore di Reggio Emilia l'I.N.P.S., chiedendo che fosse
 accertato il loro diritto alla pensione di vecchiaia, avendo maturato
 i requisiti prescritti, anteriormente al 1984.
    Hanno  precisato  che  la  sussistenza  del requisito contributivo
 utile doveva essere valutata in base al disposto  dell'art.  9  della
 legge  n.  218 del 1952 e non, invece, come pretendeva l'I.N.P.S., in
 base al sopravvenuto art. 7, nono comma, del decreto-legge n. 463 del
 1983,  convertito, con modificazioni, nella legge n. 638 dello stesso
 anno,  il  quale  aveva  elevato  il  minimo  contributivo  da   1560
 contributi  giornalieri  (media  di  104 giornate lavorative annue) a
 4050 (media di 270 giornate).
    2.  -  Il  giudice  adito, ritenuto che la disposta elevazione del
 minimo contributivo operava per tutte le pensioni da  liquidare  come
 nella specie, con decorrenza successiva al 31 dicembre 1983 e non per
 quelle da  liquidarsi  dal  quindicennio  successivo  all'entrata  in
 vigore  della  nuova  legge, in accoglimento dell'eccezione sollevata
 dalle   ricorrenti,   ha   proposto   questione    di    legittimita'
 costituzionale   dell'art.   7,  nono  comma,  del  decreto-legge  12
 settembre 1983, n. 463 (conv. in legge n. 638 del 1983),  considerata
 rilevante e non manifestamente infondata.
    A parere del giudice remittente risulterebbero violati:
       a) l'art. 3 della Costituzione per la disparita' di trattamento
 che si verifica tra le braccianti agricole che entro il  31  dicembre
 1983 abbiano perfezionato tutti i requisiti richiesti per la pensione
 di vecchiaia (eta' e contribuzione) secondo la disciplina  previgente
 e  quelle  che  abbiano  perfezionato il requisito contributivo e non
 anche quello dell'eta' per cui devono  soggiacere  alla  nuova  legge
 anche  per  il requisito contributivo in quanto la liquidazione della
 pensione avviene dopo il 31 dicembre 1983;
       b)  l'art. 38 della Costituzione perche' la notevole elevazione
 della  contribuzione  preclude  di  fatto,  a  persone  prossime   al
 raggiungimento dell'eta' pensionabile, la possibilita' di maturare in
 futuro  il  diritto  a  pensione  e  cio'  in  palese  contrasto  con
 l'esigenza   di   salvaguardare   i   diritti   quesiti   in  materia
 previdenziale (sent. n. 822 del 1988).
    3.  -  L'ordinanza  e'  stata ritualmente notificata, comunicata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    4.  -  Nel  giudizio  dinanzi a questa Corte si sono costituite le
 parti private e l'I.N.P.S.
    Le  prime hanno fatto proprie le considerazioni svolte dal giudice
 a quo, insistendo per la declaratoria di fondatezza della  questione.
    L'Istituto  ha  rilevato  che i commi dodicesimo e dodicesimo- bis
 dell'art. 7 della legge n. 638 del 1983  dettano  una  disciplina  di
 raccordo  tra le vecchie e le nuove disposizioni in materia di minimo
 contributivo, prevedendo  che  i  contributi  versati  o  accreditati
 relativamente  a  periodi  di lavoro agricolo anteriori al 1› gennaio
 1984, per un minimo di giornate inferiori a 270 annue, debbano essere
 rivalutati   secondo   un   coefficiente   idoneo   a  consentire  la
 riconduzione al nuovo e  piu'  elevato  livello,  sicche'  il  minimo
 contributivo   conseguito   in  base  alla  previgente  normativa  e'
 egualmente utile  ai  fini  pensionistici  anche  in  base  a  quella
 sopravvenuta;  in tal modo e' esclusa qualsiasi incidenza retroattiva
 di  quest'ultima,  pregiudizievole   delle   posizioni   assicurative
 astratte,  e la sua efficacia e' circoscritta alla sola contribuzione
 da versare per gli anni successivi al 1983.
    5.  -  E'  intervenuta anche l'Avvocatura Generale dello Stato, in
 rappresentanza del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  che  ha
 concluso per la infondatezza della questione, osservando che trattasi
 di scelte di merito  riservate  al  legislatore,  nella  specie,  non
 irrazionali e non arbitrarie.
    6.  - Nell'imminenza dell'udienza la difesa delle parti private ha
 depositato una memoria, con  la  quale  ha  ribadito  le  censure  di
 incostituzionalita' gia' esposte.
    Ha  rilevato,  in particolare, che la cosiddetta norma di raccordo
 fra  il  previgente  ed  il  nuovo  regime  contributivo,  cioe'   il
 dodicesimo  comma  dell'art.  7  della  legge  n.  638  del 1983, pur
 prevedendo un meccanismo  di  rivalutazione  dei  contributi  versati
 anteriormente all'entrata in vigore di tale legge in misura inferiore
 a 270 giornate per anno, non elimina il pregiudizio  in  danno  degli
 assicurati  che  abbiano  effettuato  versamenti  in  conformita'  al
 precedente regime.
    Invero,  mentre  secondo  tale regime era consentito conseguire il
 requisito contributivo utile di 104 giornate annue operando la  media
 dei  versamenti  nell'ambito  dei quindici anni o piu' corrispondenti
 all'anzianita' assicurativa, il suddetto meccanismo di  rivalutazione
 e' limitato, ai sensi dell'art. 7, comma dodicesimo-bis, della citata
 legge  n.  638  del  1983  in  guisa  tale  che,  per  effetto  della
 rivalutazione  stessa, "non possono comunque essere computati piu' di
 270 contributi giornalieri per anno"; in tal  modo  opera  bensi'  la
 rivalutazione,  ma  risulta  impedita la compensazione di un anno con
 l'altro e abolito il criterio della contribuzione media.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Pretore  di  Reggio  Emilia  dubita  della legittimita'
 costituzionale  dell'art.  7,  nono  comma,  del   decreto-legge   12
 settembre  1983,  n.  463, convertito, con modificazioni, in legge 11
 novembre 1983,  n.  638,  interpretato  nel  senso  che  la  disposta
 modificazione   in   aumento  del  requisito  contributivo  minimo  e
 complessivo delle braccianti agricole avventizie per il conseguimento
 del  diritto a pensione operi retroattivamente, in quanto violerebbe:
       a) l'art. 3 della Costituzione per la disparita' di trattamento
 che determina fra i  lavoratori  che  abbiano  perfezionato  tutti  i
 requisiti per la pensione anteriormente al 1984 e le lavoratrici che,
 successivamente a tale data, debbano perfezionare il  solo  requisito
 dell'eta'   e,  cio'  nonostante,  soggiacciono  alla  nuova  e  meno
 favorevole disciplina in ordine al regime contributivo;
       b)  l'art. 38 della Costituzione perche' la notevole elevazione
 del requisito contributivo preclude di fatto, a persone  prossime  al
 raggiungimento  dell'eta'  pensionabile,  al  momento dell'entrata in
 vigore della norma innovativa, la possibilita' di maturare in  futuro
 il diritto a pensione.
    2. - La questione non e' fondata.
    Il  nono  comma  dell'art.  7  del  decreto-legge n. 463 del 1983,
 convertito, con modificazioni, in legge  n.  638  del  1983,  per  le
 pensioni di vecchiaia, di anzianita', di invalidita' ed ai superstiti
 degli operai agricoli, da liquidarsi con decorrenza successiva al  31
 dicembre  1983, a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per
 la invalidita', vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori  dipendenti,
 ha  elevato  il  requisito minimo di contribuzione annua da 104 a 270
 giornate di contribuzione effettiva, volontaria o figurativa.  Ma  il
 dodicesimo   comma  dello  stesso  articolo  (testo  della  legge  di
 conversione)  ha  previsto   la   contemporanea   rivalutazione   dei
 contributi  a  suo  tempo versati, rispettivamente per gli uomini del
 2,60% e per le donne ed i ragazzi del 3,86%.  In  tal  modo  il  loro
 ammontare  diventa  di  valore  pari  a  quelli  corrisposti  per 270
 giornate lavorative o, nella peggiore ipotesi, leggermente inferiore.
 Ma in base al comma tredicesimo dello stesso articolo puo' ovviarsi a
 tale situazione versando contributi volontari.
    In  tale  situazione  non  risultano violati i richiamati precetti
 costituzionali. Non sussiste, infatti, la  lamentata  discriminazione
 tra  lavoratrici  che  abbiano perfezionato il requisito contributivo
 prima del 31 dicembre 1983 e lavoratrici che lo abbiano  perfezionato
 dopo.
    Non  viene  nemmeno  lesa  la legittima aspettativa di lavoratrici
 prossime al conseguimento della  pensione,  in  quanto,  per  effetto
 delle   citate  disposizioni,  esse  hanno  ugualmente  diritto  alla
 pensione.
    Trovano,  quindi,  conferma  i  principi  gia' affermati da questa
 Corte  (sentenza  n.  349  del  1985)  secondo  cui  le  disposizioni
 modificatrici  in  senso  sfavorevole della precedente disciplina dei
 rapporti di durata, anche se incidenti su diritti soggettivi, emanate
 dal  legislatore  ai  fini  pensionistici,  non  devono concretare un
 regolamento  irrazionale  ed  arbitrario,  lesivo  delle   situazioni
 sostanziali   poste   in  essere  da  leggi  precedenti  e  frustrare
 l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica che e' elemento
 fondamentale  dello  Stato  di  diritto.  In  particolare,  senza una
 inderogabile esigenza, non puo' effettuarsi in una fase avanzata  del
 rapporto  tra  lavoratori  ed  I.N.P.S.  una modifica legislativa che
 alteri in  senso  sfavorevole,  in  misura  notevole  ed  in  maniera
 definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con
 la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative  nutrite
 dal lavoratore.
    3.  -  Non  puo'  in  questa  sede  prendersi in esame la censura,
 dedotta nella memoria  delle  ricorrenti,  dell'impossibilita'  della
 utilizzazione  della  media contributiva annuale che deriva dal comma
 dodicesimo- bis dell'articolo in  esame,  introdotto  ex  novo  dalla
 legge di conversione, secondo cui per effetto della rivalutazione non
 possono comunque essere computati piu' di 270 contributi  giornalieri
 per  anno.  Invero, la citata norma avrebbe dovuto costituire oggetto
 di una specifica denuncia di illegittimita' costituzionale.
    Peraltro,  dagli  atti  non  risulta nemmeno se per alcuni anni le
 ricorrenti abbiano  versato  contributi  per  piu'  di  104  giornate
 lavorative e per altri anni in meno.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 7, nono comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n.  463
 (Misure  urgenti  in  materia  previdenziale  e  sanitaria  e  per il
 contenimento della spesa  pubblica,  disposizioni  per  vari  settori
 della   pubblica   amministrazione   e  proroga  di  taluni  termini)
 convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638,  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  38  della Costituzione, sollevata dal
 Pretore di Reggio Emilia con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
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