N. 585 SENTENZA 12 - 28 dicembre 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Codice civile - Indennita' di buonuscita E.N.P.A.S. Rivalutazione
 automatica della somma relativa dal giorno della esigibilita' del
 credito - Esclusione - Richiamo alla sentenza n. 350/1990 della Corte
 - Errata identificazione della norma, preclusiva dell'applicabilita'
 ai crediti previdenziali, di una regola di rivalutazione automatica
 analoga a quella prevista dall'art. 429, terzo comma, del c.p.c. -
 Inammissibilita'.
 
 (C.C., art. 1224; c.p.c., artt. 429, terzo comma e 150 delle disp.
 att.)
 
 (Cost., artt. 3, 24, 36, 38, 97 e 113).
(GU n.2 del 9-1-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 1224 del
 codice civile, 429, comma terzo del codice di procedura civile e  150
 delle  disposizioni  d'attuazione  del  codice  di  procedura civile,
 promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1986 dal T.A.R. del Lazio
 sul  ricorso proposto da Gionfrida Giulio contro E.N.P.A.S., iscritta
 al n. 467 del registro ordinanze 1990  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  33, prima serie speciale, dell'anno
 1990;
    Visto l'atto di costituzione di Gionfrida Giulio;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  27  novembre  1990  il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Udito l'avvocato Federico Sorrentino per Gionfrida Giulio;
                            Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso di un giudizio promosso dal dott. Giulio Gionfrida
 contro l'Ente nazionale di previdenza e assistenza per  i  dipendenti
 dello  Stato  (ENPAS)  per l'annullamento della deliberazione con cui
 l'Ente aveva negato al ricorrente la rivalutazione monetaria, con gli
 interessi legali, dell'indennita' di buonuscita, il T.A.R. del Lazio,
 con  ordinanza  del   3   dicembre   1986,   pervenuta   alla   Corte
 costituzionale   il   10  luglio  1990,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto degli  artt.  1224
 cod.  civ.,  429,  terzo comma, cod. proc. civ. e 150 disp. att. cod.
 proc.  civ.,  nella  parte  in  cui   -   secondo   l'interpretazione
 consolidata   nella   giurisprudenza   ordinaria   e  amministrativa,
 argomentata dalla natura  di  prestazione  previdenziale  comunemente
 attribuita  all'indennita'  di  buonuscita - esclude la rivalutazione
 automatica della somma relativa dal  giorno  in  cui  il  credito  e'
 divenuto esigibile.
    Secondo  il giudice a quo, la normativa impugnata viola: a) l'art.
 3 Cost. per l'ingiustificata disparita' di trattamento che ne risulta
 sia  in  rapporto  ai  crediti  retributivi  del  dipendente,  sia in
 rapporto ai lavoratori privati e  anche  ai  dipendenti  pubblici  di
 altre  categorie,  ai  quali  e'  attribuito  un  trattamento di fine
 rapporto avente natura retributiva, e quindi compreso  nel  campo  di
 applicazione  dell'art.  429, comma 3›, cod. proc. civ.; b) gli artt.
 36 e 38 Cost., perche' il ritardo nel pagamento dell'indennita',  non
 compensato  dalla  rivalutazione  monetaria,  altera  il principio di
 proporzionalita' alla  quantita'  e  qualita'  del  lavoro  prestato,
 applicabile   anche  ai  trattamenti  di  quiescenza,  incidendo  sul
 requisito  di  adeguatezza  della  prestazione   previdenziale   alle
 esigenze  di vita del lavoratore; c) gli artt. 24 e 113 Cost. perche'
 l'esclusione dalla tutela dell'art. 429 cod. proc.  civ.  aggrava  la
 sua  posizione processuale accollandogli l'onere di prova del maggior
 danno ai sensi e agli effetti dell'art.  1224,  secondo  comma,  cod.
 civ.;   d)  l'art.  97,  primo  comma,  Cost.,  perche'  finisce  con
 l'accordare un avallo legislativo a fenomeni  di  inefficienza  e  di
 cattiva volonta' della pubblica amministrazione.
    2.  -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  si  e'  costituito  il
 ricorrente chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  infondata,
 essendo  sopravvenuto  nella giurisprudenza amministrativa un opposto
 orientamento che ha eliminato il presupposto  in  base  al  quale  il
 giudice  remittente  ha  prospettato  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale.
    In  un'ampia  memoria  depositata  nell'imminenza  dell'udienza di
 discussione la difesa del ricorrente ha  prospettato  una  diversa  e
 piu'   radicale  soluzione  di  rigetto  della  questione,  la  quale
 supererebbe il contrasto tra la nuova giurisprudenza amministrativa e
 la   giurisprudenza   della   Corte   di   cassazione,  sempre  ferma
 nell'escludere il terzo comma dell'art. 429  cod.  proc.  civ.  dalla
 portata  del  rinvio  operato  dal  successivo art. 442. Secondo tale
 prospettazione sarebbe ormai maturo, alla stregua delle  sentenze  di
 questa  Corte  nn.  178  del 1986, 763 del 1988 e soprattutto 471 del
 1989,   il   riconoscimento   della    natura    retributiva    anche
 dell'indennita'  di  buonuscita,  non diversamente dal trattamento di
 fine rapporto degli impiegati privati e  dei  dipendenti  degli  enti
 parastatali,  col  corollario  dell'applicabilita'  diretta dell'art.
 429.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il T.A.R. del Lazio impugna, per contrasto con gli artt. 3,
 36, 38, nonche'  24,  97  e  113  della  Costituzione,  il  combinato
 disposto  degli  artt.  1224  cod. civ., 429, terzo comma, cod. proc.
 civ. e 150 disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui, secondo la
 giurisprudenza  consolidata  ordinaria e amministrativa, escludono la
 rivalutazione  monetaria  dei  crediti  di  natura  previdenziale  e,
 quindi,  anche  dell'indennita'  di  buonuscita  dovuta dall'ENPAS ai
 dipendenti dello Stato collocati in quiescenza.
    2. - La questione e' inammissibile.
    Va  rilevato  preliminarmente  che,  nel  tempo  intercorso tra la
 pronuncia  dell'ordinanza  di  rimessione  (3  dicembre  1986)  e  la
 comunicazione  di essa alla Corte costituzionale (10 luglio 1990), si
 e'  verificato  un  radicale  mutamento  nella   giurisprudenza   del
 Consiglio  di  Stato  in ordine alla questione oggetto del giudizio a
 quo. La decisione dell'Adunanza plenaria n. 7 del 1989, alla quale si
 e'  uniformata,  in  relazione  all'indennita'  di  buonuscita  degli
 statali, la Sezione VI con le decisioni n. 372 e  475  del  1989,  ha
 statuito  l'applicabilita'  dell'art. 429, terzo comma, cod.proc.civ.
 anche ai trattamenti di fine rapporto di natura previdenziale in base
 al  rinvio operato dal successivo art. 442, non piu' restrittivamente
 interpretato.
    Il  mutato  orientamento  del  Consiglio  di  Stato, indubbiamente
 rilevante per la  definizione  del  giudizio  a  quo,  non  e'  pero'
 sufficiente  ad  eliminare  il  presupposto in base al quale e' stata
 prospettata la questione di legittimita' costituzionale sotto  esame,
 e   cio'   indipendentemente   da   ogni   valutazione   sul   merito
 dell'argomento con cui si e'  ritenuta  "superata"  l'interpretazione
 restrittiva  dell'art.  442.  Invero,  tale interpretazione e' sempre
 tenuta ferma dalla Corte  di  cassazione,  organo  depositario  della
 funzione  nomofilattica,  sicche'  non  si  puo'  dire che al diritto
 vivente cui si riferisce l'ordinanza di rimessione e' subentrato  uno
 "stato  di  diritto"  di segno opposto, alla stregua del quale questa
 Corte  possa  sentirsi  vincolata  -  in  applicazione  del  criterio
 enunciato  dalle  sentenze  nn.  325  del  1983  e  104  del 1984 - a
 dichiarare la questione infondata nei sensi  di  cui  in  motivazione
 (cioe'  nel senso della nuova giurisprudenza del Consiglio di Stato).
    3.  -  Deve  pertanto  essere  confermata,  in  conformita'  della
 sentenza n. 350 del 1990, la dichiarazione di inammissibilita'  della
 questione   per  errata  identificazione  della  norma  che  preclude
 l'applicabilita'  ai  crediti  previdenziali   di   una   regola   di
 rivalutazione  automatica  analoga  a  quella prevista dall'art. 429,
 terzo comma, cod. proc. civ. Il riferimento di tale  disposizione  ai
 soli  "crediti di lavoro" si spiega in ragione della sua collocazione
 sistematica nella disciplina delle controversie relative ai  rapporti
 di  lavoro,  di  guisa  che non si puo' da essa argomentare in nessun
 senso in ordine ai crediti previdenziali.
    Ne'  varrebbe obiettare che questa volta e' impugnato anche l'art.
 1224 cod.civ. L'assoggettamento dei crediti previdenziali alla  norma
 generale  sul  risarcimento  dei  danni nelle obbligazioni pecuniarie
 presuppone   l'inapplicabilita'   di   un   criterio   speciale    di
 rivalutazione automatica, non gia' la determina.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 1224 cod. civ., 429, terzo comma, cod. proc. civ.  e  150
 disp.  att.  cod. proc. civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3,
 24, 36, 38, 97 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
 regionale del Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
                          Il Presidente: CONSO
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
 90C1469