Imposta INVIM - applicazione art. 6, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, e successive modificazioni. Mutamento di indirizzo interpretativo.(GU n.93 del 20-4-1991)
Vigente al: 20-4-1991
Alle intendenze di finanza Agli ispettorati compartimentali delle tasse e imposte indirette sugli affari Agli uffici del registro e, per conoscenza: All'Avvocatura generale dello Stato (rif. fg. n. 13864 - Cons. 9255/90 - del 21 febbraio 1991) Al Servizio centrale degli ispettori tributari Alla Direzione generale delle tasse e delle imposte indirette sugli affari ed alle altre direzioni generali All'Associazione nazionale dei comuni d'Italia Si premette che il testo vigente del sesto comma dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, disciplinante l'imposta INVIM - a seguito delle modifiche apportate dal decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 688, e della legge 22 dicembre 1975, n. 694 - e' il seguente: "In caso di utilizzazione edificatoria dell'area l'imposta e' liquidata separatamente sull'incremento di valore dell'area verificatosi sino all'inizio della costruzione e sull'incremento di valore del fabbricato verificatosi tra la data di ultimazione della costruzione e quella del trasferimento del fabbricato o del compimento del decennio". Sul problema dell'applicabilita' o meno di tale particolare criterio di determinazione dell'incremento di valore imponibile alla fattispecie di demolizione di fabbricato preesistente con successiva ricostruzione sull'area di risulta, nonche' a quella di ristrutturazione integrale dell'edificio, la posizione assunta dall'Amministrazione finanziaria e' stata finora indirizzata nel senso di considerare la norma in discorso come avente una portata del tutto eccezionale. Cio' in quanto, a seguito della sua estensione anche a soggetti diversi dalle imprese di costruzione (per effetto della modifica apportata dalla legge 22 dicembre 1975, n. 694), la disposizione avrebbe perso la sua giustificazione originaria incentrata sulla necessita' di depurare dall'incremento di valore la parte di esso ascrivibile a profitto di impresa, assumendo cosi' una mera funzione agevolativa; conseguentemente, non potendo la norma che essere interpretata restrittivamente, l'unica ipotesi riconducibile nel sesto comma dell'art. 6 non poteva che essere quella della costruzione su area "vergine" e, quindi, non su area risultante da demolizioni di fabbricati siano esse totali o, a maggior ragione, parziali. All'orientamento ministeriale si e' andata contrapponendo la giurisprudenza, alquanto costante, delle commissioni tributarie e, particolarmente, della commissione tributaria centrale, la quale, partendo da interpretazioni estensive e sotto taluni aspetti analogiche, ha ricompreso nell'ambito di applicazione del detto sesto comma anche le ipotesi di ricostruzione su area risultante dalla totale demolizione di fabbricato preesistente e di ristrutturazione ab imis del vecchio edificio. La sez. I della Corte di cassazione e' intervenuta, per la prima volta, con la sentenza n. 4968 del 28 maggio 1990 e con le altre conformi della stessa data, affrontando lo specifico problema delle ristrutturazioni, che ha fatto rientrare nel sesto comma dell'art. 6 a condizione che "l'opera di demolizione sia cosi' penetrante ed avanzata da ridurre l'originaria costruzione a semplici elementi strutturali residui privi, in quanto tali, di un'autonoma valenza commerciale se non in quanto meri accessori dell'area edificabile, in una prima fase, e mere componenti della costruzione completamente ristrutturata, in una seconda fase". Indirettamente, con la stessa sentenza, la Corte ha affermato l'applicabilita' del ripetuto sesto comma alla fattispecie della totale demolizione del fabbricato e successiva ricostruzione, laddove ha argomentato che "nell'ipotesi, invece, in cui alla riduzione del bene ad area nuda consegua la successiva edificazione, la fattispecie integrata e' quella del sesto comma dell'art. 6". La Scrivente ritiene di poter cogliere, fra le approfondite argomentazioni svolte dalla Corte, una puntualizzazione estremamente significativa e tale da indurre a modificare l'interpretazione ministeriale finora adottata e, nel contempo, da soccorrere per l'esatta delimitazione dell'ambito di operativita' del sesto comma dell'art. 6 nonche' per l'individuazione delle modalita' di sua applicazione in relazione alle fattispecie in discorso di "ricostruzione" od "integrale ristrutturazione". La Corte infatti - allontanandosi dall'ottica della ricerca della ratio della particolare norma nella esigenza di sottrarre alla tassazione INVIM il profitto dell'impresa, nonche' da quella della trasformazione della ratio stessa in mera finalita' agevolativa (ottica, che e' stata finora foriera del contrasto fra le posizioni assunte dalla giurisprudenza e dell'Amministrazione finanziaria) - ha sottolineato la pari dignita' del primo e sesto comma dell'art. 6, la cui ratio va ricercata nella necessita' di dettare criteri diversi di determinazione dell'incremento di valore imponibile in relazione ai differenti fenomeni da assoggettare a tassazione. Essa, testualmente, ha detto "Si puo' ritenere, infatti, che la disciplina del sesto comma non si pone come norma eccezionale rispetto a quella ritenuta generale del primo comma e che entrambi i criteri sono espressione di un unico principio adattato con modalita' diverse a fattispecie differenti previste dal legislatore. La difformita' dei criteri applicativi corrisponde a diversita' di situazioni di fatto ipotizzate come espressione di un unico principio; la situazione di vantaggio e' la mera conseguenza della diversita' di fattispecie, senza che per cio' debba divenire la ratio ed il fondamento del criterio stesso". Ponendosi su questo corretto piano della Corte di cassazione, viene a cadere il fondamento della interpretazione restrittiva finora data dall'Amministrazione finanziaria al sesto comma dell'art. 6 in quanto norma agevolativa e, quindi, del tutto eccezionale. Mutata cosi' l'ottica interpretativa, non vi sono piu' motivi che ostino a dare un significato piu' ampio alla "lettera" del sesto comma. In esso si parla di "area" ("in caso di utilizzazione edificatoria dell'area l'imposta e' liquidata separatamente sull'incremento di valore dell'area") e la parola non puo' significare soltanto l'area "vergine", sulla quale cioe' non si sia ancora costruito, ma deve ricomprendere anche l'area che tale e' diventata a seguito di integrale demolizione di preesistente fabbricato ovvero di demolizione "cosi' penetrante ed avanzata da ridurre l'originaria costruzione a semplici elementi strutturali residui privi, in quanto tali, di un'autonoma valenza commerciale se non in quanto meri accessori dell'area edificabile.. .. ..". Nel comma stesso si parla di "costruzione" (.. .. .."verificatosi fino all'inizio della costruzione e sull'incremento di valore del fabbricato verificatosi tra la data di ultimazione della costruzione".. .. ..) e la dizione non puo' non ricomprendere anche la ricostruzione totale o quasi totale essendo pur essa sostanzialmente una "costruzione". Accolte le conclusioni della Corte di cassazione sorge il problema, che non sembra esaustivamente trattato dalla Corte stessa, della individuazione del valore finale da assumere ai fini della quantificazione dell'incremento di valore imponibile maturato nel primo periodo. Nelle ipotesi, in trattazione, di ricostruzione o di ristrutturazione integrale bisogna, cioe', assumere come valore fi- nale del primo periodo: a) quello del fabbricato alla data di inizio della demolizione (con conseguente neutralizzazione del periodo che va da detto inizio di demolizione fino alla ultimazione dei lavori di ricostruzione e, quindi, con esclusione delle spese di demolizione oltre che, ovviamente, di quelle di ricostruzione); b) oppure, quello dell'area alla data di inizio della ricostruzione (con conseguente neutralizzazione del periodo che va da detto inizio della ricostruzione fino alla sua ultimazione e, quindi, con computabilita' delle spese di demolizione). La Scrivente ritiene che la soluzione non possa che essere la seconda. Ed invero il sesto comma dell'art. 6 fa riferimento letteralmente, quando disciplina siffatto primo periodo, all'"area"; inoltre, il primo comma dell'art. 18, nello stabilire gli elementi che devono essere indicati nella dichiarazione INVIM, prescrive, che, in caso di utilizzazione edificatoria dell'area, deve essere dichiarato il valore finale dell'"area". Pertanto occorre necessariamente arrivare fino al momento in cui, emersa una area riedificabile, essa comincia ad essere utilizzata per la ricostruzione. A questo proposito e' opportuno puntualizzare che il valore dell'area utilizzata per la costruzione o ricostruzione (quest'ultima, sia totale che quasi totale) rimane al di fuori dell'ambito di applicazione delle norme che impediscono all'ufficio fiscale l'esercizio del potere di rettifica in aumento dei valori immobiliari dichiarati in determinate misure (art. 52 del testo unico sull'imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131; art. 34 del testo unico sull'imposta di successione approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346). D'altro canto siffatta soluzione, oltre che rispondere alla lettera della norma, appare del tutto coerente con i principi informatori dell'INVIM, dovendosi cogliere l'incremento di valore non gia' in relazione ad un fabbricato demolendo bensi' con riferimento alla valenza economica dell'area che si libera a seguito della demolizione per il suo reimpiego nella realizzazione di nuovi edifici; valenza economica, particolarmente accentuata laddove con la demolizione del vecchio edificio si rendono disponibili per la ricostruzione anche aree circostanti al vecchio edificio medesimo e di esso facenti parte integrante. Un secondo problema, anch'esso sembrante non dettagliatamente approfondito nella citata sentenza n. 4968, concerne, sempre con riferimento al primo periodo di maturazione dell'incremento di valore imponibile, la individuazione del valore iniziale; se, cioe', debba assumersi, al fine di operare un confronto omogeneo, il valore dell'area, al momento dell'acquisto del fabbricato demolendo, corrispondente a quella utilizzata per la ricostruzione, oppure debba assumersi il valore del fabbricato demolendo al momento del suo acquisto. Al riguardo la soluzione non puo' che essere la seconda. Ed invero la tecnica applicativa dell'INVIM, particolarmente delineata nell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 643/1972, richiede che si debba aver riguardo, come valore iniziale, al valore del bene quale esso si presentava strutturato al momento del suo acquisto (od al diverso momento di riferimento secondo le regole INVIM. Ad esempio: se il fabbricato demolendo e' stato acquistato antecedentemente al primo gennaio 1963, si assumera' il valore dello stesso a tale data; se il fabbricato che sara' successivamente demolito e' stato assoggettato ad INVIM periodica, sia essa decennale che "straordinaria" ai sensi dell'art. 26 del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 1983, n. 131, si assumera' il valore dello stesso alla data di compimento del decennio od alla data del primo genaio 1983, quest'ultimo determinato secondo le modalita' indicate nello stesso art. 26). D'altro canto la comparazione fra qualita' diverse dello stesso bene che nel tempo ha mutato la sua struttura e' una conseguenza connaturale all'applicazione dell'INVIM e si verifica frequentemente. Si pensi, ad esempio, al caso di un soggetto che acquista un fabbricato, lo demolisce e, quindi, vende l'area di risulta; non v'e' dubbio che, nella fattispecie, l'incremento di valore sara' dato dalla differenza tra il valore dell'area di risulta al momento della vendita ed il valore del fabbricato al momento del suo acquisto, al netto delle spese di demolizione e di altre eventuali spese ammissibili. Sul secondo periodo di maturazione dell'incremento di valore imponibile e, cioe', su quello che va dalla ultimazione del fabbricato fino al suo trasferimento od al compimento del decennio (ovvero, per l'INVIM "straordinaria", fino al primo gennaio 1983), non sorgono particolari problemi; la fattispecie, infatti, e' del tutto uguale a quella della utilizzazione edificatoria di aree "vergini". Va solo annotato (ed il chiarimento vale, ovviamente, anche con riferimento alla predetta utilizzazione di aree "vergini"): a) che, ai fini del computo del decennio, non ha rilevanza la data di ultimazione del fabbricato bensi' quella, antecedente, che segna il momento iniziale del primo periodo di maturazione dell'incremento; b) che la liquidazione dell'imposta separatamente per i due periodi di incremento, oltre ad influire sulla quantificazione del debito d'imposta, comporta l'impossibilita' di operare compensazioni nel senso, ad esempio, che un eventuale decremento registrato nel primo periodo non puo' essere sottratto dall'incremento registrato nel secondo. L'estensione dell'ambito di operativita', nei sensi sovraillustrati, del sesto comma dell'art. 6 implica peraltro l'esigenza di chiarire il comportamento da tenere nei casi, ancorche' di scarsa frequenza, in cui concorrono entrambe le situazioni di utilizzazione di area "vergine" e di utilizzazione di area di risulta. Si pensi all'ipotesi in cui un soggetto acquista un'area "vergine", vi costruisce un fabbricato, demolisce il fabbricato stesso, costruisce sull'area di risulta un altro fabbricato e, quindi, vende quest'ultimo. In tal caso l'imposta sara' liquidata separatamente con riferimento a tre periodi di maturazione di incremento. Per il primo, si assumera' come valore finale quello dell'area "vergine" alla data di inizio dei lavori di costruzione e come valore iniziale quello dell'area stessa al momento del suo acquisto od alla diversa data di riferimento secondo le regole dettate dalla disciplina dell'INVIM; per il secondo, si assumera' come valore finale quello dell'area di risulta al momento di inizio dei lavori di ricostruzione e come valore iniziale quello del fabbricato (che e' stato, poi, demolito) alla data di ultimazione dello stesso; per il terzo, si assumera' come valore finale quello del fabbricato ricostruito al momento della sua vendita e come valore iniziale quello del fabbricato stesso al momento della ultimazione dei lavori di ricostruzione. Continuando nell'esame della sentenza n. 4968 va sottolineato che la fattispecie considerata dalla Corte si riferisce all'ipotesi in cui il processo di ricostruzione fa capo e si esaurisce con riferimento ad un identico soggetto. In altri termini, il caso esaminato riguarda un soggetto che acquista il fabbricato, procede alla sua demolizione totale o quasi, quindi provvede alla ricostruzione e trasferisce il fabbricato cosi' ultimato (ovvero in presenza di siffatto fabbricato ultimato viene a compiersi il decennio). Ed e' appunto in relazione a tale ipotesi che questo Ministero (ricorrendo, ovviamente, le altre condizioni sovraillustrate di totale demolizione ovvero di "demolizione cosi' penetrante ed avanzata da ridurre l'originaria costruzione a semplici elementi strutturali residui privi, in quanto tali, di un'autonoma valenza commeciale se non in quanto meri accessori dell'area edificabile, in una prima fase, e mere componenti della costruzione completamente ristrutturata, in una seconda fase") muta, con la presente circolare, il proprio orientamento interpretativo nel senso di ritenere estensibile all'ipotesi stessa la particolare disciplina del sesto comma dell'art. 6; e cio', ovviamente, qualunque sia la causa del trasferimento del fabbricato ricostruito, vuoi per vendita, donazione o successione. Resta pertanto fermo l'orientamento ministeriale, finora seguito, circa l'inapplicabilita' del detto sesto comma all'ipotesi di trasferimento di fabbricato non ultimato (cosiddetto trasferimento del "rustico"); tale orientamento, piu' volte manifestato con riferimento all'utilizzazione di area "vergine", deve ora intendersi esteso nei riflessi dell'utilizzazione di area di risulta. Ed invero, pur nella piu' ampia interpretazione di tale comma fornita dalla Corte di cassazione, non sembra potersi porre in dubbio - nonostante il formarsi in questi ultimi anni di una giurisprudenza da parte della commissione tributaria centrale contraria alla tesi ministeriale - che sia la formulazione del comma che la disciplina, in genere, della tecnica applicativa dell'INVIM inducono all'esigenza, per potersi far luogo alla rilevazione "segmentata" dell'incremento di valore, che il processo costruttivo sia iniziato e concluso dallo stesso soggetto. Ne' puo' essere addotto in contrario che il "rustico" non e' suscettibile di avere una propria valutazione economica e di recepire l'influenza di fattori esterni incrementativi di valore; cio' e' contraddetto proprio dal fatto che il "rustico" e' oggetto di cessione e per essa viene quantificato un prezzo che risente della fase di strutturazione del rustico stesso e della sua posizione sul territorio. D'altro canto, estendere la disciplina del sesto comma anche all'ipotesi in discorso significherebbe che all'atto del trasferimento del "rustico" si dovrebbe attrarre a tassazione soltanto il primo periodo di incremento e, cioe', quello maturato fino all'inizio della costruzione o ricostruzione, rinviando la tassazione del secondo periodo (quello che va dall'ultimazione della costruzione o ricostruzione fino al trasferimento) al momento del trasferimento del fabbricato ultimato ed in testa al soggetto che ha provveduto a completare i lavori di costruzione. Cio', con la conseguenza che tutti i trasferimenti del "rustico" che avvengono nel periodo intermedio sfuggirebbero completamente alla tassazione INVIM, nonostante che ben puo' esserci stato incremento di valore ascrivibile a fattori esterni; senza contare l'incentivazione, con un siffatto sistema, ad eludere l'imposta. Parimenti resta fermo l'orientamento ministeriale assunto in relazione all'ipotesi in cui nel corso del procedimento di costruzione su area "vergine" (ovvero, per effetto del mutato indirizzo interpretativo, nel corso del procedimento di ricostruzione su area di risulta nei sensi come sopra illustrati) e prima della ultimazione della costruzione venga a compiersi il decennio. In tale ipotesi, permanendo l'identita' del soggetto che ha iniziato l'utilizzazione edificatoria dell'area, non si ravvisano motivi che ostino all'applicazione del sesto comma dell'art. 6 sempreche' poi la costruzione o ricostruzione sia continuata e completata dallo stesso soggetto. Si ricorda che, nella fattispecie, sara' assunto a tassazione, al compimento del decennio, l'incremento di valore maturato fino alla data in cui e' stata iniziata la costruzione o ricostruzione; al compimento del successivo decennio, con il fabbricato ultimato, ovvero all'atto dell'antecedente trasferimento del fabbricato ultimato, sara' assunto a tassazione l'incremento di valore maturato a decorrere dalla data di ultimazione del fabbricato stesso. Da ultimo, va detto che non sorgono particolari problemi in relazione al caso di trasferimenti separati di unita' immobiliari facenti parte dello stesso edificio costruito sull'area di risulta; la situazione, infatti, e' analoga a quella conseguente alla costruzione su area "vergine". Devesi solo ricordare, come evidenziato in altre occasioni, che per la determinazione delle quote di incremento da assoggettare a tassazione i rapporti vanno fatti sulla base di elementi di carattere fisico e significativi (quali, ad esempio, i millesimi di proprieta' ovvero la superficie od il vol- ume). * * * Gli ispettorati compartimentali delle tasse e II.AA. valuteranno le controversie pendenti alla luce dell'illustrato, mutato indirizzo interpretativo, disponendo per l'abbandono della relativa pretesa fiscale nascente dal denegato riconoscimento dell'applicabilita' del sesto comma dell'art. 6 laddove, invece, la norma operi ai sensi di quanto sopra detto. In proposito va rilevato che l'applicabilita' del sesto comma dell'art. 6 ai soggetti diversi dalle imprese di costruzione ha effetto a decorrere dal 1 gennaio 1976 (vd. sentenza della Corte di cassazione, sez. I, n. 1726 dell'11 aprile 1989). * * * Agli ispettorati compartimentali delle tasse viene inviato un congruo numero di copie della presente circolare per il successivo, tempestivo inoltro agli uffici del registro compresi nella propria circoscrizione. Gli ispettorati stessi avranno cura di fornire alla scrivente un cenno di assicurazione. Il Ministro: FORMICA