N. 19 SENTENZA 11 - 18 gennaio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Fallimento- Societa' fiduciarie e di revisione e loro collegate-
 Condizioni per la conversione in liquidazione coatta amministrativa-
 Riferimento alla data di entrata in vigore del d.-l. 5 giugno 1986,
 n. 233- Irrazionalita' e ingiustificatezza di norma che le assoggetta
 a procedure consorsuali diverse - Illegittimita' costituzionale.
 
 (D.-L. 5 giugno 1986, n. 233, art. 3, primo comma, convertito in
 legge 1› agosto 1986, n. 430)
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.4 del 23-1-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, dott. Francesco
 GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.   Francesco
 Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof.
 Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma primo,
 del decreto-legge  5  giugno  1986,  n.  233  ("Norme  urgenti  sulla
 liquidazione  coatta amministrativa delle societa' fiduciarie e delle
 societa' fiduciarie e di  revisione  e  disposizioni  sugli  enti  di
 gestione  fiduciaria"), convertito in legge 1› agosto 1986, n. 430, e
 successive modifiche,
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  18 maggio 1990 dal Tribunale di
 Torino nel procedimento civile  vertente  tra  Cerri  Pietro  Angelo,
 Commissario liquidatore della S.p.a. Fidingrup ed il fallimento della
 S.r.l. Istituto Servizi Fiduciari, iscritta al n.  501  del  registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1990.
     Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
 ministri;
     Udito  nella  camera di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel corso del giudizio promosso dal Commissario liquidatore
 della S.p.a. Fidingrup contro il  Fallimento  della  S.r.l.  Istituto
 servizi  fiduciari  per  fare  accertare  che  quest'ultima,  essendo
 controllata dalla societa' (Velafin) controllante della Fidingrup, e'
 soggetta  alla  procedura  di  liquidazione coatta amministrativa, il
 Tribunale di Torino, con ordinanza del 18 maggio 1990, ha  sollevato,
 in   riferimento   all'art.   3   della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo  comma,  del  d.-l.  5
 giugno  1986,  n. 233, convertito nella legge 1› agosto 1986, n. 430,
 "nella parte in cui consente la conversione  in  liquidazione  coatta
 amministrativa  dei  soli  fallimenti  gia'  dichiarati (in capo alle
 societa' di cui agli artt. 1 e 2) al momento dell'entrata  in  vigore
 del decreto medesimo".
    La  norma  impugnata,  nel  testo  sostituito dall'art. 4- bis del
 d.-l. 16 febbraio 1987, n. 27, convertito in legge 13 aprile 1987, n.
 148,  prevede  che  "dalla  data  di entrata in vigore del decreto (5
 giugno 1986)  le  procedure  di  fallimento  alle  quali  siano  gia'
 assoggettate   le  societa'  di  cui  agli  artt.  1  e  2  (societa'
 fiduciarie, societa' fiduciarie di  revisione,  loro  controllanti  o
 controllate,  societa' sottoposte alla medesima direzione di quelle o
 da esse finanziate) sono  convertite  in  procedure  di  liquidazione
 coatta  amministrativa, ferma la dichiarazione di insolvenza adottata
 dall'autorita'  giudiziaria".  Secondo  il  giudice  remittente,   la
 differenza  di  trattamento  delle  societa'  dichiarate fallite dopo
 l'entrata in vigore del decreto, quando risultino collegate,  in  uno
 dei   modi   previsti   dall'art.   2,   a  una  societa'  fiduciaria
 successivamente  sottoposta  a  liquidazione  coatta  amministrativa,
 contrasta  con  l'art.  3 Cost. sia sotto il profilo del principio di
 eguaglianza, sia sotto il profilo del  principio  di  ragionevolezza.
 Come  termine  di confronto e' indicato l'art. 4 del d.-l. 30 gennaio
 1979, n. 26, convertito nella legge 3 aprile 1979, n. 95, che ammette
 la  conversione  dei  fallimenti dichiarati "dopo l'entrata in vigore
 del presente decreto-legge".
     2. - Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
     Contrariamente  all'interpretazione letterale assunta dal giudice
 a quo, l'Avvocatura ritiene che l'interpretazione genetica  e  logica
 della norma impongano di intendere le parole "gia' assoggettate" come
 mera  espressione  del  presupposto  di  precedenza  temporale  della
 dichiarazione   di  fallimento,  della  cui  conversione  si  tratta,
 rispetto al provvedimento di liquidazione della societa'  fiduciaria,
 mentre  sarebbe  indifferente che la sentenza di fallimento sia stata
 pronunciata prima o dopo la data di entrata in vigore del decreto  n.
 233 del 1986.
                         Considerato in diritto
    1.   -   Il   Tribunale   di   Torino   contesta  la  legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.-l. 5 giugno 1986,  n.
 233,  convertito  in legge 1› agosto 1986, n. 430, nella parte in cui
 non prevede la conversione del fallimento di societa'  collegate  con
 societa'   fiduciarie   (in  senso  lato)  successivamente  poste  in
 liquidazione  coatta  amministrativa  anche  nel  caso  che  pure  la
 dichiarazione  di  fallimento delle prime sia posteriore alla data di
 entrata in vigore del decreto medesimo.
     L'interpretazione "adeguatrice" prospettata dall'Avvocatura dello
 Stato, alla stregua della quale non si  verificherebbe  la  lamentata
 discriminazione  tra  societa'  dichiarate  fallite  prima e societa'
 dichiarate fallite dopo l'entrata in vigore del decreto, comporta una
 forzatura  della  lettera  legislativa  tale  da escludere che questa
 Corte possa indursi a disattendere l'interpretazione stretta posta  a
 base  della sollevata questione. Invero, il nesso sintattico che lega
 all'inciso iniziale dell'enunciato normativo - "dalla data di entrata
 in vigore del presente decreto" - la qualificazione temporale con cui
 sono  poi  individuate  le  procedure  di   fallimento   convertibili
 conferisce  alle parole "gia' assoggettate" un significato pregnante,
 equivalente a "assoggettate prima della data di entrata in vigore del
 presente   decreto".  Se  la  detta  qualificazione  fosse  una  mera
 espressione ripetitiva del presupposto  (argomentabile  dall'art.  2,
 primo  comma) di anteriorita' della dichiarazione di fallimento della
 societa'  collegata  rispetto  al   provvedimento   che   ordina   la
 liquidazione   coatta   amministrativa   della  societa'  fiduciaria,
 l'inciso iniziale del comma non avrebbe alcun valore normativo  e  si
 ridurrebbe  a  dire, del tutto superfluamente, che la conversione del
 fallimento si produce dopo l'entrata in vigore  della  legge  che  la
 prevede.  Lo  strumento  ermeneutico  dell'interpretazione estensiva,
 fondata sull'identita' di  ratio,  puo'  anche  superare  la  portata
 semantica  dell'enunciato  normativo, ma non al punto di stravolgerne
 la struttura logico-sintattica complessiva.
    2. - Pertanto la questione e' fondata.
    Il giudice remittente si riferisce all'art. 3 Cost. principalmente
 sotto il profilo del  principio  di  eguaglianza.  Ma,  pure  ammessa
 l'applicabilita'  di tale principio anche alle persone giuridiche, il
 tertium comparationis proposto  non  e'  adeguato:  l'art.  4,  primo
 comma,  del  d.-l.  30  gennaio 1979, n. 26, convertito nella legge 3
 aprile 1979, n. 95, non gia' "estende" la conversione  ai  fallimenti
 dichiarati  dopo  l'entrata  in  vigore  del presente decreto, ma, al
 contrario della norma  in  esame,  la  prevede  solo  per  questi,  e
 comunque regola una fattispecie diversa.
    Pertinente   e',   invece,   il   riferimento   al   principio  di
 razionalita'. La norma denunciata, nel testo sostituito dall'art.  4-
 bis  del d.-l. 16 febbraio 1987, n. 27, convertito in legge 13 aprile
 1987, n. 148, applica la conversione del fallimento  -  prevista  dal
 testo originario soltanto per le societa' fiduciarie, di cui all'art.
 1 del d.-l. n. 233 del 1986, dichiarate fallite prima dell'entrata in
 vigore  del  decreto  -  anche alle societa' controllate, a direzione
 unica o finanziate di cui all'art. 2  (societa'  collegate  in  senso
 ampio),   eliminando   l'incongruenza  di  assoggettare  a  procedure
 concorsuali diverse le societa'  finanziarie  messe  in  liquidazione
 coatta  amministrativa  a  norma  del decreto n. 233 e le societa' da
 esse   controllate   o   loro   controllanti   che   fossero    state
 precedentemente  dichiarate  fallite. Il legislatore non ha avvertito
 che la medesima esigenza di unificazione delle procedure si manifesta
 anche  nel  caso di dichiarazione di fallimento di societa' collegate
 posteriore all'entrata in vigore del decreto, ma pur sempre anteriore
 al  provvedimento  di  liquidazione della societa' finanziaria, cioe'
 intervenuta ancora in un momento  in  cui  non  e'  operante  la  vis
 attractiva  attribuita  dall'art.  2, primo comma, alla pubblicazione
 del provvedimento. Anche in questo  caso  la  sopravvenuta  messa  in
 liquidazione  della societa' finanziaria non puo' fondare una domanda
 di revoca della dichiarazione di fallimento della societa' collegata,
 del  resto  soggetta al breve termine di decadenza indicato dall'art.
 18 l. fall., di guisa che l'esigenza di unificazione delle  procedure
 concorsuali   non   puo'   essere  soddisfatta  se  non  mediante  la
 conversione del fallimento.
    Nei  confronti  delle  societa'  collegate,  delle quali sia stato
 dichiarato il fallimento anteriormente alla data di pubblicazione del
 provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa di una
 societa' finanziaria, la discriminazione operata dall'art.  3,  primo
 comma, del decreto-legge n. 233 tra societa' dichiarate fallite prima
 e quelle dichiarate fallite dopo la data di  entrata  in  vigore  del
 decreto medesimo e' priva di giustificazione razionale e percio' deve
 essere rimossa.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma,
 del decreto-legge  5  giugno  1986,  n.  233  ("Norme  urgenti  sulla
 liquidazione  coatta amministrativa delle societa' fiduciarie e delle
 societa' fiduciarie e di  revisione  e  disposizioni  sugli  enti  di
 gestione  fiduciaria"),  convertito  in legge 1› agosto 1986, n. 430,
 nella parte in cui - per le  societa'  indicate  nell'art.  2,  primo
 comma,   fallite   anteriormente   alla  data  di  pubblicazione  del
 provvedimento di liquidazione coatta  amministrativa  della  societa'
 fiduciaria  o  della  societa' fiduciaria e di revisione con la quale
 sono collegate - non prevede la conversione del fallimento dichiarato
 dopo l'entrata in vigore del citato decreto-legge.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 1991.
                          Il Presidente: CONSO
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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