N. 5 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 gennaio 1992
N. 5 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 gennaio 1992 (della regione Toscana) Istruzione pubblica - Norme sul diritto agli studi universitari - Indirizzo, coordinamento e programmazione degli interventi, in materia di diritto agli studi universitari, volti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per la concreta realizzazione del diritto agli studi universitari - Costituzione per ogni universita' di un apposito organismo di gestione, dotato di autonomia particolare, il cui consiglio di amministrazione e' composto da un egual numero di rappresentanti della regione e dell'universita' - Concessione in uso perpetuo e gratuito alle regioni dei beni immobili dello Stato e dei materiali mobili di qualsiasi natura in essi esistenti, destinati esclusivamente alla realizzazione del diritto agli studi universitari, e riconsegna allo Stato di detti beni in caso di cessazione per qualsiasi motivo della destinazione - Accollo alle regioni degli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria nonche' di ogni eventuale tributo relativi a detti beni - Asserita indebita invasione della sfera di competenza regionale in materia di assistenza scolastica a favore degli studi universitari (artt. 42 e 44 del d.P.R. n. 616/1977) gia' esercitata con legge regionale n. 37 del 14 giugno 1989 - Irragionevolezza e violazione del principio di buon andamento della p.a. (Artt. 10, 18, quarto comma, e 21, primo, secondo e quinto comma, della legge 2 dicembre 1991, n. 390). (Cost., artt. 3, 97, 117, 118 e 119).(GU n.6 del 5-2-1992 )
Ricorso per la regione Toscana, in persona del presidente pro- tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso per mandato a margine del presente atto dall'avv. Alberto Predieri e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Roma, via G. Carducci n. 4, in forza di deliberazione g.r. del 4 gennaio 1992, n. 3, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro"tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 10, 18, quarto comma, 21, primo, secondo e quinto comma, 25, primo comma, della legge 2 dicembre 1991, n. 390 "Norme sul diritto agli studi universitari". 1. - Sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 12 dicembre 1991, e' stata pubblicata la legge 2 dicembre 1991, n. 390 "Norme sul diritto agli studi universitari". Secondo l'art. 1, la legge ha la finalita' di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso all'istruzione superiore e, in particolare, per consentire ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi piu' alti degli studi". In questa prospettiva, la legge riconosce allo Stato la competenza a porre disposizioni di "indirizzo coordinamento e programmazione degli interventi in materia di diritto agli studi universitari" (art. 3 primo comma) e alle regioni la competenza ad attivare "gli interventi volti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per la concreta realizzazione del diritto agli studi universitari". Piu' in particolare, gli interventi dello Stato sono elencati al capo secondo della legge, e quelli delle regioni al capo terzo. 2. - Dopo aver in tal modo disciplinato gli ambiti di rispettiva competenza, la legge contiene norme finali (capo sesto), tra le quali l'art. 25, primo comma. Esso stabilisce che "le regioni conformano la propria legislazione alle norme della presente legge entro due anni dalla data della sua entrata in vigore. In particolare, costituscono per ogni Universita' un apposito organismo di gestione, dotato di autonomia amministrativa e gestionale, il cui consiglio di amministrazione e' composto da un ugual numero di rappresentanti della regione e dell'universita'. Nelle citta' sedi di piu' universita', o dove sia comunque opportuno per una maggiore razionalita' ed efficienza della gestione, la legislazione regionale puo' prevedere e disciplinare l'aggregazione volontaria delle universita' al fine della costituzione di un unico organismo di gestione. La regione non puo' designare personale universitario quale proprio rappresentante. Meta' dei rappresentanti dell'universita' sono designati dagli studenti. Il presidente e' nominato dalla regione d'intesa con l'universita'. Le regioni possono altresi' affidare mediante convenzione la gestione degli interventi in materia di diritto agli studi universitari alle universita', le quali a tal fine provvedono con apposite norme dei rispettivi statuti". 3. - Tale disposizione e' lesiva delle competenze regionali costituzionalmente garantite. La materia nella quale interviene la legge n. 390/1991 e' stata ogetto di trasferimento alle regioni fin dal d.P.R. n. 3/1972 e, piu' ancora, in forza degli artt. 42 e 44 del d.P.R. n. 616/1977. L'art. 44 trasferisce alle regioni, per il rispettivo territorio, le "funzioni amministrative esercitate dallo Stato in materia di assistenza scolastica a favore degli studenti universitari", nonche' le funzioni, i beni e il personale delle opere universitarie. Dall'art. 42, primo comma, si ricava che la locuzione "assistenza scolastica" individua una materia ricomprendente "tutte le strutture, i servizi e le attivita' destinate a facilitare mediante erogazioni e provvidenze in denaro o mediante servizi individuali o collettivi, a favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche o private, anche se adulti, l'assolvimento dell'obbligo scolastico nonche', per gli studenti capaci e meritevoli, ancorche' privi di mezzi, la prosecuzione degli studi". L'oggetto della legge n. 390/1991 coincide con la materia dell'assistenza scolastica agli studenti universitari, come risulta dalla comparazione del testo di tutte le disposizioni sinora citate, nonche' dall'esame dell'art. 1 dell'art. 3 della legge. Si tratta, pertanto, di una materia sicuramente appartenente all'ambito di quelle trasferite alle regioni. Merita ricordare che il testo dell'art. 44 del d.P.R. n. 616 fu il risultato di "una non trascurabile battaglia condotta dalle regioni e dalla commissione parlamentare contro il Governo" (Cosentino, art. 44, in aa.vv. commento al decreto n. 616, coord. da Capaccioli e Satta, Milano 1980, tomo I, p. 767). L'originario schema governativo di decreto prevedeva infatti una semplice delega alle regioni delle funzioni esercitate dallo Stato nei confronti delle opere universitarie: ma, a seguito della decisa opposizione delle regioni, il testo della norma fu integralmente riscritto, in sede di parere provvisorio, dalla commissione parlamentare e fu con lievi modifiche accolto e inserito nel d.P.R. n. 616. Ne segue che, per effetto degli articoli 42 e 44 del D.P.R. n. 616, va constatato il "trasferimento integrale delle funzioni in materia di assistenza scolastica universitaria attualmente svolte dallo Stato e dalle opere universitarie" (Cosenntino cit. p. 768). 4. - L'art. 25 della legge in esame (nonche' le altre norme censurate) viola gravemente competenze che sono state pertanto integralmente trasferite alle regioni. Trattandosi di norma indirizzata a disciplinare l'attivita' regionale, condizione della sua legittimita' e' che essa risponda formalmente e sostanzialmente ai canoni cui deve ispirarsi l'attivita' statale di indirizzo e coordinamento. Tali canoni, al contrario, essa disattende in pieno, nel momento in cui prescrive che le funzioni amministrative di assistenza agli studenti universitari siano esercitate da un organismo di gestione a composizione paritetica tra rappresentanti della regione e dell'universita', e aggiunge che il presidente di tale organismo e' nominato dalla regione "d'intesa con l'Universita'". Viene in tal modo istituito un meccanismo di cogestione tra regione e universita', la cui competenza si estende alla totalita' degli interventi di competenza della regione (e non invece di quelli dell'universita', disciplinati dal capo IV della legge, che sono gestiti da essa in totale autonomia). Tale meccanismo viola le attribuzioni regionali in materia trasferita, garantite dall'art. 118, primo comma, della Costituzione, che attribuisce alle regioni la titolarita' delle funzioni amministrative nelle materie nelle quali esse hanno potesta' legislativa, dal momento che se viene (come viene) normativamente imposta una sostanziale cogestione delle funzioni trasferite con altre amministrazioni o enti (quali, nel caso, le universita'), non puo' dirsi sia rispettato il disposto dell'art. 118 della Costituzione. La violazione di tale norma si accompagna a quella degli artt. 3 e 97 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza e della violazione del principio di buona amministrazione da parte di una norma che disconosce la titolarita' delle funzioni amministrative regionali in materia, e introduce un meccanismo di sostanziale gestione comune soltanto con l'avvenuto trasferimento delle relative funzioni alle regioni, ma con lo stesso impianto della legge (art. 3 e capo III), che tale trasferimento conferma. Va aggiunto che la norma in questione e' ulteriormente illegittima nel momento in cui pone disposizioni di estremo dettaglio, stabilendo che ogni universita' debba essere gestita da un apposito organismo di gestione; che in esso debba essere costituito un consiglio di amministrazione; che quest'ultimo sia composto da un ugual numero di rappresentanti della regione e dell'universita'; che la regione non possa designare personale universitario quale proprio rappresentante; che il presidente sia nominato dalla regione d'intesa con l'universita'; che meta' dei rappresentanti dell'universita' siano designati dagli studenti e via dicendo. La natura di minuzioso dettaglio della disposizione normativa la rende incompatibile con i limiti che la Corte costituzionale ha individuato per l'attivita' di esercizio e coordinamento (cfr. sentenze nn. 411 e 389 del 1989; 307/1983; 245/1984; 177 e 1145 del 1988). 5. - Il carattere di eccessivo dettaglio della disposizione e' collegato ad un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata, nella parte in cui non tiene conto che la previsione tassativa della presenza di rappresentanti della regione nell'organismo gestionale delle universita' incide indebitamente sull'autonomia dell'esercizio delle competenze regionali in materia trasferita. Nel caso della regione Toscana, per effetto del trasferimento, e' stata adottata una legge regionale che, in esecuzione dell'art. 118, terzo comma della Costituzione e degli artt. 57 e 64, primo e secondo comma, dello statuto regionale (che confermano la delega agli enti locali come modo normale di esercizio delle funzioni amministrative della regione e prescrivono che la delega sia conferita "con legge regionale", ha disciplinato gli interventi in materia di diritto allo studio universitario (legge Toscana n. 37 del 14 giugno 1989). Tale legge stabilisce che le funzioni amministrative relative agli interventi per il diritto allo studio universitario sono delegate ai comuni di Firenze, Pisa, Siena, Arezzo e Carrara (art. 14, primo comma); i primi tre comuni devono avvalersi, per la gestione degli interventi, di un'apposita azienda dotata di autonomia funzionale, organizzativa e finanziaria, istituita e regolata dagli stessi comuni sulla base dei principi contenuti negli artt. 15, 16 e 17 della legge (art. 14, secondo comma). Al contrario, i comuni delegati di Arezzo e Carrara effettuano direttamente gli interventi (art. 14, terzo comma). 6. - La disposizione dell'art. 25 (qualora dovesse essere interpretata nel senso di escludere che agli organismi gestionali previsti dall'art. 25, primo comma, possano partecipare, come rappresentanti "della regione", soggetti designati dagli enti locali delegati dalle regione, nelle forme e con le modalita' previste, in Toscana, dalla legge Toscana n. 37/1989) si pone in contrasto con il modo con il quale, nell'esercizio della propria autonomia, costituzionalmente garantita dall'art. 118, terzo comma, della Costituzione, la regione Toscana ha disciplinato, nella forma della delega, lo svolgimento delle funzioni amministrative nelle materia dell'assistenza scolastica allo studio universitario, perche' prevede la costituzione di un organismo di gestione nel quale e' prevista la presenza di funzionari della Regione, con esclusione di soggetti espressi da enti diversi, anche quando questi fossero delegati dalla regione. La norma e' per giunta irragionevole, e dunque ulteriormente in contrasto con il precetto costituzionale (artt. 3 e 97 della Costituzione), perche' la gestione dell'assistenza universitaria concerne profili che sono principalmente, se non esclusivamente, concentrati nei singoli centri di sede di universita', e si correlano con attivita' e funzioni di competenza comunale, cosicche' non sussiste alcuna esigenza di "unitarieta'" degli interventi che possa eventualmente giustifcare la non delegabilita' delle funzioni dalla regione agli enti locali. Del resto, la stessa legge n. 390/1991 non disconosce che la gestione ottimale della materia debba tener conto della collocazione e del radicamento locali delle singole universita', come dimostra lo stesso art. 25, primo comma, nella parte in cui prevede che gli organismi di gestione siano costituiti "per ogni Universita'". 7. - Se l'art. 25, primo comma, e' disposizione dettata nel quadro della attivita' di indirizzo e coordinamento e per disciplinare le modalita' di svolgimento dei compiti affidati alla regione ai sensi dell'art. 3, secondo comma della legge e specificati dal capo terzo della stessa, la norma comporta una violazione dei principi che rendono costituzionalmente legittimo l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, perche' questa non e' suscettibile di regolare le modalita' di svolgimento delle competenze trasferite alle regioni, e in specie la facolta' di esercitarle con o senza delega agli enti locali. L'esercizio della delega, infatti, e' modalita' prescritta dall'art. 118, terzo comma, della Costituzione come "normale" nell'esercizio delle funzioni amministrative della regione nelle materie trasferite: cosicche' e' illegittimo ritenere che l'attivita' di indirizzo e coordinamento possa giungere sino al punto di imporre alle regioni lo svolgimento dell'attivita' di loro competenza in modo diverso dalla delega, qualora questa sia stata prescelta dalle regioni stesse. Se poi si dovesse ritenere invece che l'art. 25, primo comma, pone una norma che non attiene alle modalita' di svolgimento delle funzioni riservate alle regioni dalla stessa legge n. 390/1991, ci troveremmo di fronte ad una disposizione che a fortiori viola le competenze regionali, dal momento che impone alle regioni di esercitare una attivita', con modalita' dettagliate, in una materia ad esse trasferita, senza che vi sia neppure un collegamento tra tale imposizione e l'esercizio dei poteri attributi alla regioni ai sensi dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 390. Nell'un caso e nell'altro, sussiste la violazione delle competenze regionali costituzionalmente garantite e l'illegittima interferenza dell'art. 25, primo comma, nell'ambito delle modalita' di esercizio, da parte della regione, delle competenze ad essa trasferite. 8. - Del pari illegittime, e lesive delle competenze regionali costituzionalmente garantite, sono le altre norme indicate in epigrafe. L'art. 10 impone un coordinamento intraregionale che, per quanto attiene alla partecipazione della regione, e' affidato ai "rappresentati della regione". Valgono, anche in questo caso, le argomentazioni gia' svolte in precedenza relativamente all'art. 25, primo comma: nel senso che se la norma dovesse essere intesa come tale da vietare l'esercizio delle funzioni regionali in materia tramite soggetti designati dagli enti delegati dalla regione, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 97 e 118, terzo comma, della Costituzione, per le stesse ragioni gia' evidenziate con riguardo all'art. 25. 9. - L'art. 21, primo comma, prevede la concessione in "uso perpetuo e gratuito" dei "beni immobili dello Stato e del materiale mobile di qualsiasi natura in essi esistente, destinati esclusivamente a servizi per la realizzazione del diritto agli studi universitari". E' costituzionalmente illegittimo e, ancora una volta, irragionevole, aver trasferito alla regione (confermando il trasferimento con la stessa legge n. 309/1991) le funzioni in materia di servizi per la realizzazione del diritto agli studi universitari e contemporaneamente disciplinare il trasferimento dei beni che a tali funzioni sono "esclusivamente destinati" non gia' attribuendoli in proprieta' alle regioni, ma nella forma della concessione di uso perpetuo e gratuito: cosicche', il trasferimento e' pieno e definitivo quanto alle funzioni, ma contraddittoriamente non lo e' quanto ai beni che a tali funzioni sono legati - per esplicito riconoscimento dello stesso art. 21, primo comma - in modo esclusivo, con violazione dei principi posti dagli artt. 3, 97, 118 e 119 della Costituzione. D'altra parte, quand'anche si ritenesse legittima la forma della concessione in uso perpetuo e gratuito, sono costituzionalmente illegittime le disposizioni dell'art. 21, secondo e quinto comma, della legge n. 390, in quanto con essi si dispone da un lato che "gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria relativi ai beni di cui al primo comma, nonche' ogni eventuale tributo, sono posti a carico delle regioni", dall'altro che "per qualsiasi ragione", venga meno la destinazione all'assistenza universitaria, i beni stessi dovranno essere "riconsegnati" allo Stato. Le norme denunciate sono illegittime per violazione del principio di autonomia finanziaria delle regioni, dal momento che esse si traducono nell'imposizione di spese a carico della regione in relazione ai beni destinati alle competenze trasferite, senza che sia fornita alcuna assicurazione sulla permanenza dei beni nel patrimonio della regione, ed anzi negando esplicitamente l'attribuzione dei beni stessi a tale patrimonio: con gli effetti perversi e sostanzialmente iniqui, di natura anche economica e finanziaria, che cio' puo' produrre nell'ipotesi in cui "per qualsiasi ragione" (e dunque anche per atto dello Stato) i beni in oggetto vengano sottratti alla destinazione funzionale alla realizzazione del diritto agli studi universitari. 10. - L'art. 18, quarto comma, della legge n. 390/1991 stabilisce che "per le finalita' di cui al presente articolo, il Ministro puo' assegnare alle universita' che intendano partecipare ai programmi di edilizia predisposti dalle regioni una quota dello stanziamento di bilancio destinato all'edilizia universitaria, per un importo non superiore complessivamente al 5 per cento dell'intero stanziamento. Gli oneri di manutenzione degli immobili sono a totale carico delle regioni". La disposizione e' anch'essa costituzionalmente illegittima nella parte in cui pone a carico delle regioni gli oneri di manutenzione degli immobili realizzati con partecipazione delle Universita' nell'ambito degli stanziamenti previsti dalla stessa disposizione, in difetto del requisito della titolarita' degli immobili stessi da parte della regione, nonche' di qualsivoglia garanzia circa la permanenza della destinazione e la gratuita' dell'uso.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale degli artt. 10, 18 (quarto comma), 21 (primo, secondo e quinto comma), e 25 (primo comma) della legge n. 390/1991, per contrasto con gli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione. Roma, addi' 9 gennaio 1992 Avv. Alberto PREDIERI 91C0047