N. 4 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 1990- 8 gennaio 1991

                                  N. 4
       Ordinanza emessa il 26 gennaio 1990 (pervenuta alla Corte
     costituzionale l'8 gennaio 1991) dalla Corte di cassazione sul
   ricorso proposto dall'Amministrazione provinciale di Milano contro
                               l'I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Obbligo delle province di versare i
 contributi per l'assistenza sanitaria sugli  importi  corrisposti  ai
 propri  dipendenti a titolo di indennita' integrativa nel corso degli
 esercizi precedenti l'entrata in vigore del d.-l. n.  463/1983 (conv.
 in legge n. 638/1983) che sancisce l'obbligo in questione - Incidenza
 sui principi di uguaglianza e di capacita'  contributiva,  atteso  il
 dubbio  della  permanenza  della  capacita'  contributiva  al momento
 dell'imposizione - Violazione dell'autonomia delle province,  nonche'
 dei  principi  della copertura finanziaria e del buon andamento della
 p.a.
 (D.-L.   12   settembre  1983,  n.  463,  art.  24,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638).
 (Cost., artt. 3, 5, 53, 81, 97, 119 e 128).
(GU n.5 del 30-1-1991 )
                         LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha   pronunciato   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto
 dall'Amministrazione provinciale di Milano, in persona del presidente
 pro-tempore  Goffredo  Andreini;  elettivamente  domiciliata in Roma,
 lungotevere  Cenci,  10,  presso  l'avv.  Aldo  Lucio  Lania  che  lo
 rappresenta  e  difende  insieme  agli avvocati Vario Onida e Carmelo
 Carlizzi per delega in calce al ricorso, ricorrente contro l'Istituto
 nazionale   della   previdenza   sociale,   in   persona  del  legale
 rappresentante pro-tempore; elettivamente domiciliato  in  Roma,  via
 della   Frezza,   17,  presso  l'avvocatura  centrale  dell'Istituto;
 rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Correra, Gianni Romoli
 e   Antonio   Salafia   per   delega  a  margine  del  controricorso,
 controricorrente, per l'annullamento della sentenza del tribunale  di
 Milano del 16 luglio 1987, 18 giugno 1988, r.g.n. n. 30/87;
    Udita  la  relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
 20 dicembre 1989 dal cons. Senese;
    Uditi gli avvocati Lania, Onida e Correra;
    Udito  il p.m. in persona del sost. proc. spec. dott. Sergio Lanni
 che ha concluso per il rigetto del ricorso.
                           RITENUTO IN FATTO
    L'Amministrazione  provinciale  di  Milano  conveniva  dinanzi  al
 pretore di quella citta' l'I.N.P.S., chiedendo:
       a)  in  via  principale, l'accertamento dell'infondatezza della
 pretesa - dall'istituto avanzata  in  data  16  novembre  1984  -  al
 versamento,   da  parte  di  essa  amministrazione  provinciale,  dei
 contributi di malattia e Gescal sull'indennita' integrativa  speciale
 corrisposta ai dipendenti dal 1› marzo 1978 all'11 settembre 1983;
       b)  in  via  subordinata,  la  declaratoria  di estinzione, per
 prescrizione, del  debito  contributivo  di  cui  sopra  sino  al  15
 novembre 1979.
    A sostegno della domanda la suddetta amministrazione deduceva:
      che,  con  sentenza  2  giugno-20  luglio  1977 del tribunale di
 Milano, confermativa di pronuncia  del  pretore  e  passata  in  cosa
 giudicata,  era  stato accertato nei confronti dell'Inadel (nella cui
 posizione l'I.N.P.S. era  subentrato),  la  non  assoggettabilita'  a
 contributo   assistenziale   della  indennita'  integrativa  speciale
 corrisposta dall'ente ai propri dipendenti;
      che  il  giudicato formatosi su tale accertamento era preclusivo
 della pretesa dell'I.N.P.S., anche se questa si fondava sul  disposto
 dell'art.  24 della legge n. 638/1983, frattanto intervenuta, a norma
 del quale l'inclusione  dell'indennita'  integrativa  speciale  nella
 retribuzione  imponibile,  disposta  dall'art.  4/3  della  legge  n.
 1053/1971, e' da intendersi riferita a tutti  i  pubblici  dipendenti
 cui  venga  corrisposta  la suddetta indennita': infatti, ove pure si
 attribuisse a  tale  disposizione  efficacia  retroattiva,  essa  non
 potrebbe   comunque   applicarsi   ai   rapporti,   quali  quelli  in
 contestazione, oggetto del giudicato il quale copre il dedotto  e  il
 deducibile;
      che,  infine,  in  ogni  caso  il  credito vantato dall'I.N.P.S.
 doveva considerarsi estinto per prescrizione per  quanto  riguarda  i
 contributi  pretesi  sino  a  tutto il 15 novembre 1979, posto che il
 secondo comma del citato art. 24 della legge n. 638/1983 dispone che,
 per  la  regolarizzazione delle posizioni contributive pregresse alla
 data di entrata in vigore della  legge,  si  applica  il  termine  di
 prescrizione  quinquennale  e l'I.N.P.S. aveva richiesto i contributi
 in questione solo il 16 novembre 1984.
    Il   pretore,  rigettata  la  domanda  principale,  accoglieva  la
 subordinata, dichiarando non dovuti i contributi per  il  periodo  1›
 marzo-15  novembre 1978. Tale sentenza, gravata di appello principale
 da parte della amministrazione provinciale  e  incidentale  da  parte
 dell'I.N.P.S., era parzialmente riformata dal tribunale di Milano con
 pronuncia 16 luglio 1987-18 giugno 1988, che -  in  accoglimento  del
 gravame  incidentale  dell'I.N.P.S.  e  rigettato  quello  principale
 dell'amministrazione provinciale - dichiarava quest'ultima tenuta  al
 versamento della contribuzione in questione dal 1› marzo 1978.
    Considerava  innanzitutto  il  tribunale  che  la sentenza, la cui
 autorita'  di  giudicato  l'amministrazione   provinciale   invocava,
 riguardava   una  pretesa  diversa  da  quella  oggetto  del  verbale
 dell'I.N.P.S. in data 15  novembre  1984  -  quest'ultima  avendo  ad
 oggetto  i  contributi  relativi alle indennita' integrative speciali
 corrisposte dal 1› marzo 1978 all'11 marzo  1983,  quella  avendo  ad
 oggetto  i contributi relativi agli importi della medesima indennita'
 corrisposti in anni precedenti - essendo peraltro da  escludere  che,
 nella controversia conclusasi con la ricordata sentenza 2 giugno - 20
 luglio 1977 del tribunale di Milano,  potesse  dedursi  un'azione  di
 accertamento  negativo  in  ordine  a  contributi futuri e non ancora
 maturati, rispetto alla quale sarebbe mancato l'interesse ad agire.
    Riaffermato,  poi,  la natura interpretativa, e quindi l'efficacia
 retroattiva, della disposizione di cui all'art. 24 della citata legge
 n.  638/1983, il tribunale riteneva che la norma del secondo comma di
 tale  disposizione  non  introducesse   uno   speciale   termine   di
 prescrizione  per  la  regolarizzazione  delle posizioni contributive
 pregresse ma valesse  solo  a  limitare,  al  quinquennio  precedente
 l'entrata  in vigore del decreto-legge n. 463/1983 (convertito con la
 legge n. 638/1983), il periodo per il quale poteva farsi  luogo  alla
 regolarizzazione,  fermo  restando che il termine di prescrizione dei
 contributi dovuti per tale periodo era quello disposto dagli artt. 55
 del regio decreto-legge n. 19827/1935 e 41 della legge n. 153/1969.
    Avverso  la  suddetta sentenza del tribunale di Milano ricorre per
 cassazione l'amministrazione  provinciale  deducendo  tre  motivi  di
 annullamento cui resiste l'I.N.P.S. con controricorso.
    L'esame delle censure rivolte dall'amministrazione ricorrente alla
 sentenza impugnata, condotto  secondo  l'ordine  di  pregiudizialita'
 logica  nel  quale  esse  si dispongono, ha messo capo a sentenza non
 definitiva di questa Corte di pari data, con la quale:
      1)  e'  stato  rigettato  il  secondo  motivo  del  ricorso, che
 censurava la  sentenza  impugnata  assumendo  che  essa  non  avrebbe
 applicato  la  preclusione  derivante  dal  giudicato formatosi sulla
 ricordata sentenza 2 giugno-20 luglio 1977 dello stesso tribunale  di
 Milano;
      2)  e'  stato  rigettato  il  primo  motivo  nella  parte in cui
 censurava l'interpretazione offerte dal tribunale al citato  art.  24
 della  legge  n.  638/1983 ritenendone la retroattivita'; in tal modo
 determinando   la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale  del  suddetto  art.  24,  cosi' come interpretato dal
 tribunale, sollevata dall'amministrazione  ricorrente  nella  seconda
 parte del primo motivo;
      3)  e' stata ritenuta la manifesta infondatezza della suindicata
 questione di  legittimita'  costituzionale  sotto  il  profilo  della
 violazione  degli artt. 3, 101 e 104 della Costituzione nonche' degli
 artt. 2 e  3  della  Costituzione,  mentre  e'  stata  giudicata  non
 manifestamente  infondata  la stessa questione sotto il profilo della
 violazione delle norme costituzionali indicate in dispositivo;
      4) e' stata rinviata all'esito del giudizio di costituzionalita'
 sul citato art. 24 (sotto  il  profilo  ritenuto  non  manifestamente
 infondato)  la  decisione  sul  terzo motivo di ricorso - che censura
 l'interpretazione adottata dal  tribunale  del  secondo  comma  dello
 stesso  art.  24  relativo  al  regime di prescrizione applicabile ai
 contributi dovuti per gli esercizi anteriori  all'entrata  in  vigore
 della legge n. 638/1983 - ritenendo pregiudiziale a tale decisione il
 giudizio sulla conformita'  a  Costituzione  del  primo  comma  dello
 stesso art. 24;
      5)   e'  stato  infine  disposto  di  provvedere,  con  separata
 ordinanza, a sospendere il giudizio in corso ed a rimettere gli  atti
 alla  Corte  costituzionale per la decisione della questione ritenuta
 non manifestamente infondata.
    Da   cio'   la   presente   ordinanza,   fondata   sulle  seguenti
 considerazioni in
                             D I R I T T O
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 24 della
 legge n. 638/1983 e' stata proposta dall'amministrazione  ricorrente,
 secondo quanto accennato, sotto vari profili.
    Quello  ritenuto  non  manifestamente  infondato  da  questa Corte
 riguarda la conformita'  della  disposizione  impugnata  ai  principi
 desumibili dagli artt. 81/4, 5, 97, 119 e 128 nonche', in connessione
 tra loro, dagli artt. 3 e 53 della Costituzione.
    Giova  premettere  che,  secondo  quanto  ritenuto da questa Corte
 nella sentenza non definitiva che ha rigettato alcune  delle  censure
 mosse  dalla  ricorrente  amministrazione  all'impugnata sentenza, la
 disposizione ricavabile  dall'art.  24  sopra  citato,  e  della  cui
 conformita'  a  Costituzione  qui  si  dubita,  si configura come una
 disposizione dotata di efficacia retroattiva,  e  cio'  non  gia'  in
 quanto  norma interpretativa ma piuttosto perche' la sua formulazione
 in termini di norma interpretativa rileva quale  espressione  di  una
 scelta,  da  parte  del  legislatore, di una determinata tecnica, tra
 quelle a sua disposizione, per attribuire efficacia retroattiva  alla
 legge che emana.
    Il carattere retroattivo della disposizione in questione e' quindi
 conseguenza di una scelta del legislatore in tal senso e non gia'  di
 una   pretesa  "natura  interpretativa"  della  disposizione  stessa,
 antologicamente intesa.
    Esso, pertanto, dev'essere apprezzato e valutato in se' e per se',
 secondo una linea giurisprudenziale che  nega  qualsiasi  distinzione
 tra   legge   d'interpretazione  autentica  e  legge  innovativa  con
 efficacia retroattiva (cfr., tra le tante, Corte  costituzionale  nn.
 36/1985, 167/1986 e 124/1988).
    Tanto  precisato, non par contestabile che l'imposizione, a carico
 delle province, dell'obbligo di versare i contributi per l'assistenza
 sanitaria  sugli  importi, corrisposti ai propri dipendenti, a titolo
 di  indennita'  integrativa  speciale  nel   corso   degli   esercizi
 precedenti  l'entrata in vigore del d.-l. n. 463/1983 (conv. in legge
 n. 638/1983), si traduce nell'imposizione di maggiori spese a  carico
 delle  stesse  province (oltre che degli altri enti pubblici) per gli
 esercizi passati.
    La legge che importa tali maggiori spese dovrebbe indicare i mezzi
 per  farvi  fronte,  a  norma  dell'art.  81/4   della   Costituzione
 applicabile  anche  alle  leggi  che addossano nuove e maggiori spese
 alle province (e in genere agli enti rientranti  nella  c.d.  finanza
 pubblica  allargata:  cfr.  Corte  costituzionale  n.  92/1981  e  n.
 478/1987). Di tale  indicazione,  peraltro,  nel  d.-l.  n.  463/1983
 (cosi'  come  convenuto  nella legge n. 638/1983) non e' dato trovare
 traccia.
    D'altro  canto, non sembra che, per l'onere relativo agli esercizi
 passati,  il  precetto  dell'art.  81/4  della   Costituzione   possa
 ritenersi  soddisfatto dalle disposizioni legislative che assicurano,
 attraverso gli interventi finanziari volti a  garantire  il  pareggio
 dei  bilanci degli enti locali (ed in particolare delle province), un
 trasferimento di fondi in favore  di  questi  ultimi;  giacche'  tali
 interventi  non riguardano bilanci passati e gia' chiusi in pareggio,
 quali sono quelli cui afferiscono le maggiori spese disposte  con  la
 disposizione in esame.
    Ed  anche ove si argomentasse che il relativo onere, pur afferente
 ai bilanci passati, debba trovare allocazione nell'esercizio in corso
 al  momento  del  soddisfacimento  del  debito  contributivo e riceva
 pertanto copertura con i trasferimenti intesi  al  pareggio  di  tale
 esercizio,   resterebbe  pur  sempre  il  dubbio  che  -  in  ragione
 dell'ingente consistenza dell'onere stesso e del correlativo  passivo
 da  esso determinato - la relativa imposizione retroattiva si risolva
 in un'intollerabile compressione  dell'autonomia  dell'ente,  che  si
 troverebbe  impedito  dal  destinare  una  parte  almeno  del proprio
 bilancio a finalita' rientranti nelle sue competenze istituzionali  e
 perseguibili  secondo  la  propria  discrezionalita'; con conseguente
 violazione degli artt. 5, 119 e 128 della Costituzione, oltre che del
 principio  di  buona  amministrazione  ricavabile  dall'art. 97 della
 Costituzione.
    Per  altro verso, l'imposizione dell'obbligo contributivo in esame
 a carico delle province (oltre che degli altri  enti  pubblici),  per
 contribuire alla spesa pubblica nazionale per l'assistenza sanitaria,
 si risolve in un prelevamento di  ricchezza  a  carico  dei  soggetti
 onerati  (e, nella specie, delle province), il quale non potrebbe non
 essere  rispettoso  del  criterio  della  capacita'  contributiva   e
 dall'eguaglianza  (artt.  3 e 53 della Costituzione). Ma, nella parte
 in cui l'imposizione e' disposta per esercizi passati  e  quindi  con
 riferimento  ad  una  capacita'  contributiva esistente in un momento
 anteriore all'emanazione della legge, la legittimita'  costituzionale
 della legge stessa postula che tale capacita' contributiva sia ancora
 sussistente e quindi permanga al momento  dell'imposizione;  del  che
 v'e'  ragione  di  dubitare in considerazione della circostanza che i
 bilanci passati, nei quali dovrebbe rinvenirci la capacita' economica
 di sopportare l'onere, sono stati chiusi in pareggio con destinazione
 di tutte le somme disponibili alle finalita' istituzionali dell'ente.
    La  rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, come
 sopra  ritenuta  non  manifestamente   infondata,   ai   fini   della
 definizione   del   presente   giudizio,  e'  evidente:  la  sentenza
 impugnata, infatti, ha applicato  la  norma  delle  cui  legittimita'
 costituzionale  si  dubita; il primo motivo del ricorso investe tanto
 l'interpretazione  della  norma  offerta  dal   giudice   di   merito
 ritenendone   la   retroattivita'   quanto,  nel  caso  in  cui  tale
 interpretazione   sia    giudicata    corretta,    la    legittimita'
 costituzionale  del  disposto  normativo  cosi'  interpretato; questa
 Corte, rigettate le censure mosse  all'interpretazione  adottata  dal
 tribunale,    deve    pertanto    prendere   in   esame   l'eccezione
 d'incostituzionalita', posto che non appare contestabile  l'incidenza
 che  l'esito  del giudizio di costituzionalita' della disposizione e'
 suscettibile di esplicare sulla  decisione  relativa  al  motivo  del
 ricorso.
    Pertanto  devesi  sospendere il giudizio in corso dinanzi a questa
 Corte e rimettere gli atti alla Corte costituzionale  perche'  decida
 sulla  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 24 della
 legge n. 638/1983 come sopra ritenuta rilevante e non  manifestamente
 infondata.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dispone  la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per
 la decisione della questione di costituzionalita'  dell'art.  24  del
 d.-l.  12  settembre  1983,  n. 463, convertito con modificazioni con
 legge 11 novembre 1983, n. 638, interpretato  come  norma  dotata  di
 efficacia retroattiva, per contrasto con gli artt. 81/4, 5, 97, 119 e
 128 nonche' 3 e 53 della Costituzione;
    Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti ed al p.m. nonche' al Presidente del  Consiglio
 dei  Ministri  e  sia  comunicata  ai  presidenti  del  Senato  della
 Repubblica e della Camera dei deputati.
      Cosi' deciso in Roma il 26 gennaio 1990.
                   Il presidente: (firma illeggibile)

 91C0053