N. 26 SENTENZA 17 - 24 gennaio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Sanita' pubblica - Regione Sicilia - Minori - Attivita' diagnostiche,
 terapeutiche o assistenziali - Negazione del consenso genitoriale -
 Intervento del giudice minorile su denuncia dell'operatore sanitario
 - Presunta incompetenza della regione a legiferare in materia -
 Potere rientrante negli ordinari poteri amministrativi - Non
 fondatezza.
 
 (Legge regione Sicilia approvata il 19 luglio 1990, artt. 7, terzo
 comma, e 36).
 
 (Cost., artt. 81, quarto comma, e 97, primo comma; statuto regione
 Sicilia, artt. 14 e 17).
(GU n.5 del 30-1-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.
 Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 7, comma
 terzo,  e  36  della  legge  della  Regione  siciliana  n.  510-423/A
 approvata  il  19  luglio  1990  dall'Assemblea  regionale siciliana,
 avente  per  oggetto:  "Norme  per  la   salvaguardia   dei   diritti
 dell'utente   del   Servizio   sanitario   nazionale   e  istituzione
 dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei  servizi  sanitari",
 promosso  con  ricorso  del  Commissario  dello  Stato per la Regione
 siciliana, notificato il 26 luglio 1990, depositato in cancelleria il
 3 agosto successivo ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi 1990;
    Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  dicembre  1990  il Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Udito l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio, per il ricorrente;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso del 26 luglio 1990 il Commissario dello Stato per
 la Regione Siciliana impugna gli artt. 7, terzo  comma,  e  36  della
 legge  regionale  approvata il 19 luglio 1990 e recante "Norme per la
 salvaguardia dei diritti dell'utente del Servizio sanitario nazionale
 e  istituzione  dell'Ufficio  di  pubblica  tutela  degli  utenti dei
 servizi sanitari".
    La  disposizione espressa nel terzo comma dell'art. 7 prevede che,
 ove il genitore, nell'esercizio della sua potesta', neghi il  proprio
 consenso  ad  attivita'  diagnostiche,  terapeutiche o assistenziali,
 l'operatore   sanitario   che   ritenga   tale   scelta    gravemente
 pregiudizievole per la salute del minore puo' richiedere l'intervento
 del giudice minorile ai sensi degli artt. 333 del codice civile.
    Secondo il ricorrente tale previsione sarebbe in contrasto con gli
 artt. 14 e 17 dello Statuto  speciale  della  Regione  siciliana,  in
 quanto  verrebbe  a  disciplinare  una  sfera  di  rapporti giuridici
 intercorrenti  fra  privati,  esclusi  dalla  competenza  legislativa
 regionale.
    Il  profilo  di incostituzionalita' riguarderebbe, in particolare,
 l'estensione  all'operatore  sanitario  della  facolta'  di  attivare
 dinanzi al Tribunale dei minorenni il procedimento previsto dall'art.
 336 del codice civile, in  contrasto  con  l'individuazione,  operata
 tassativamente  dal medesimo articolo del codice civile, dei soggetti
 legittimati a  promuovere  tale  procedimento  (genitori,  parenti  o
 pubblico  ministero).  L'estensione  operata  dalla  norma  impugnata
 configurerebbe una manifesta ingerenza nella  sfera  del  diritto  di
 famiglia   e   sarebbe  fonte  di  regimi  differenziati,  a  livello
 regionale, in una materia riservata alla competenza statale.
    La   seconda  disposizione  impugnata  concerne  l'art.  36  della
 medesima legge, dove si prevede l'imputazione degli oneri  finanziari
 per  l'attuazione  del  provvedimento  legislativo  in questione alla
 quota del Fondo sanitario nazionale - parte corrente - assegnato alla
 Regione,  senza fornire alcuna indicazione circa la quantificazione e
 la disponibilita' di tale quota a finanziare la nuova spesa.
    Ad  avviso  del  ricorrente,  l'assenza  di  quantificazione  e di
 indicazioni sulla disponibilita' della copertura della spesa verrebbe
 a  ledere  l'art.  81,  quarto  comma, Cost., mentre l'imputazione al
 Fondo sanitario nazionale di tale spesa - date le finalita' sociali e
 non  di  assistenza  sanitaria  e ospedaliera della legge impugnata -
 comporterebbe una distrazione del  finanziamento  dalla  destinazione
 imposta  dalla  legge  statale,  in violazione del principio di buona
 amministrazione di cui all'art. 97, primo comma, Cost.
    2.  -  E' intervenuta in giudizio la Regione siciliana, sostenendo
 l'infondatezza del ricorso.
    In riferimento all'art. 7, terzo comma, della legge in oggetto, la
 Regione osserva che  il  ricorso  risulta  viziato  da  errore  nella
 interpretazione   della   norma  impugnata.  Questa  non  stabilisce,
 infatti,  che  l'operatore  del  servizio  sanitario  puo'  "proporre
 ricorso"  ai  sensi  dell'art.  336  codice  civile,  ma si limita ad
 attribuire all'operatore stesso il potere di  "chiedere  l'intervento
 del  giudice  minorile ai sensi dell'art. 333 c.c.": pertanto, non si
 sarebbe  realizzata  un'estensione   all'operatore   delle   facolta'
 spettanti   ai  soggetti  indicati  dall'art.  336  c.c.  L'operatore
 sanitario potrebbe invece stimolare l'intervento  del  Tribunale  dei
 minori nelle forme e attraverso i canali previsti dall'art. 336 c.c.:
 o sollecitando l'iniziativa del pubblico ministero  o  attivando,  in
 caso di urgente necessita', i poteri d'ufficio del giudice.
    Di  conseguenza,  secondo  l'interveniente,  la  questione sarebbe
 infondata sia se prospettata sotto il profilo (non denunciato)  della
 violazione  della  riserva  statale  in tema di giurisdizione, sia se
 sollevata sotto quello della invasione della riserva statale in  tema
 di  rapporti di diritto privato, che forma l'oggetto dell'impugnativa
 proposta. Infatti, la norma impugnata, lasciando inalterato il novero
 dei  soggetti legittimati a ricorrere al Tribunale dei minori ex art.
 336 c.c., esulerebbe dall'ambito dei  rapporti  di  diritto  privato,
 mentre  il  potere  di  chiedere  l'intervento  del  giudice minorile
 andrebbe  ricondotto  ai  poteri  propri  dell'operatore   sanitario,
 risultando funzionale al fine pubblico della tutela della salute.
    Con  riferimento  alla  questione  di  legittimita' costituzionale
 relativa all'art. 36 della legge impugnata la Regione  sostiene  che,
 venendo   in   gioco   spese   modeste  corrispondenti  ad  attivita'
 continuative e ricorrenti, dovrebbe ritenersi  sufficiente,  ai  fini
 della copertura finanziaria, il rinvio alla quota regionale del Fondo
 sanitario nazionale e quindi  alla  legge  di  bilancio  annuale  che
 quantifica la spesa.
                         Considerato in diritto
    1.  - L'impugnativa che viene proposta dal Commissario dello Stato
 per la Regione siciliana concerne gli artt.  7,  terzo  comma,  e  36
 della  legge  approvata  dall'Assemblea  regionale il 19 luglio 1990,
 avente per oggetto "Norme per la salvaguardia dei diritti dell'utente
 del  Servizio  sanitario  nazionale  ed  istituzione  dell'Ufficio di
 pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari".
    Ad avviso del ricorrente, la prima disposizione verrebbe a violare
 gli artt. 14 e 17 dello Statuto siciliano, per essere intervenuta  in
 una  sfera  di  rapporti attinenti al diritto privato, sottratta alla
 competenza  del  legislatore  regionale;  la  seconda   risulterebbe,
 invece,  lesiva  sia  dell'art.  81,  quarto  comma, Cost., per avere
 previsto una nuova spesa imputata genericamente  al  Fondo  sanitario
 nazionale,  senza  fornire  indicazioni riguardo alla quantificazione
 degli oneri ed alla disponibilita' della copertura; sia dell'art. 97,
 primo  comma,  Cost.,  per  aver utilizzato detto Fondo per finalita'
 sociali, diverse da quelle sanitarie ed ospedaliere contemplate dalla
 legge statale.
    2. - Le questioni sollevate nel ricorso non sono fondate.
    L'art.   7,   terzo   comma,   della  legge  impugnata  conferisce
 all'operatore sanitario addetto  a  servizi  e  presidi  ubicati  nel
 territorio  siciliano il potere di "chiedere l'intervento del giudice
 minorile ai sensi dell'art. 333 del codice civile",  nell'ipotesi  in
 cui  il  genitore  esercente  la  patria  potesta'  neghi  il proprio
 consenso ad attivita' diagnostiche,  terapeutiche  od  assistenziali,
 ponendo  in  essere  un comportamento che lo stesso operatore ritenga
 "gravemente pregiudizievole per la salute del minore".
    Va in primo luogo osservato che - cosi' come rilevato dalla difesa
 regionale - risulta agevole escludere che  tale  disposizione,  nella
 sua  formulazione  letterale e nel suo contenuto logico, abbia inteso
 in alcun modo ampliare - pur rinviando all'art. 333 del codice civile
 ai  fini dell'individuazione delle competenze del giudice minorile la
 sfera dei soggetti legittimati al "ricorso" per l'attivazione di tali
 competenze,   soggetti   che   l'art.  336  dello  stesso  codice  ha
 tassativamente individuato nei genitori, nei parenti e  nel  pubblico
 ministero.  Nel  prevedere  che  l'operatore sanitario puo', in certi
 casi, ritenuti gravemente pregiudizievoli per la salute  del  minore,
 "chiedere  l'intervento del giudice minorile", la disposizione stessa
 si  e'  limitata,  infatti,  a  richiamare  un  semplice  potere   di
 segnalazione  o  di denuncia dell'organo amministrativo nei confronti
 dell'autorita' giudiziaria, potere che non comporta  l'esercizio  del
 diritto  di  azione  di cui all'art. 336 cod. civ., ma che e' diretto
 soltanto a sollecitare tale esercizio da parte di  uno  dei  soggetti
 legittimati  dalla  stessa  norma  (pubblico  ministero o, in casi di
 urgente necessita', giudice minorile). In ogni caso,  trattandosi  di
 semplice  segnalazione  o  denuncia  e  non  di ricorso, il potere in
 questione  va   ricondotto   alla   sfera   degli   ordinari   poteri
 amministrativi  spettanti  all'operatore  del  servizio sanitario, in
 relazione al  perseguimento  delle  finalita'  connesse  alla  tutela
 pubblicistica del diritto costituzionale alla salute.
    Va,  pertanto,  escluso che la norma impugnata, nella sua corretta
 lettura, sia tale da interferire  nella  sfera  del  diritto  privato
 afferente  alla patria potesta' e regolata dalle richiamate norme del
 codice civile.
    3.  -  Del  pari  infondata  si presenta la questione proposta nei
 confronti dell'art. 36 della legge regionale, dove si stabilisce  che
 agli  oneri derivanti dall'attuazione della legge "si provvede con la
 quota del Fondo sanitario nazionale - parte corrente - assegnato alla
 Regione".
    Per  quanto  concerne  l'asserita  violazione dell'art. 81, quarto
 comma, Cost., va ricordato che la giurisprudenza di questa  Corte  ha
 riconosciuto  compatibile  con tale norma costituzionale il fatto che
 una  Regione  ordinaria  rinvii  la   quantificazione   delle   spese
 continuative  e  ricorrenti,  nonche'  l'individuazione  dei relativi
 mezzi di copertura, al momento della  redazione  e  dell'approvazione
 del  bilancio  annuale: e questo in relazione a quanto espresso nella
 legge-quadro in materia di bilancio e contabilita'  regionale  (legge
 19 maggio 1976 n. 335), dove si prevede espressamente la possibilita'
 di rinviare alla legge di  bilancio  la  determinazione  dell'entita'
 delle  spese  relative  ad  attivita'  o  interventi  continuativi  e
 ricorrenti   (art.   2),   imponendosi   contestualmente    l'obbligo
 dell'equilibrio  dei  bilanci  regionali  (art.  4) (v. sent. 331 del
 1988).
    Tale  principio  puo'  valere  anche  nei  confronti della Regione
 siciliana,  nel  cui  ambito  la  materia  del   bilancio   e   della
 contabilita' risulta regolata dalla legge regionale 8 luglio 1977, n.
 47. L'art.  7  di  tale  legge  stabilisce,  infatti,  che  le  leggi
 regionali  che  autorizzano  spese pluriennali determinano "di norma"
 l'ammontare complessivo della spesa per tutto il periodo  della  loro
 efficacia  nonche' la quota del primo anno, lasciando pertanto aperta
 la possibilita' di adottare, se del caso, anche la diversa  soluzione
 prevista  dalla  legge-quadro  statale,  consistente nel rinvio della
 quantificazione della spesa e della copertura degli oneri alla  legge
 annuale di bilancio.
    Con riferimento infine, alla doglianza relativa all'art. 97, primo
 comma, Cost., si  osserva  che  la  legge  impugnata  prevede  misure
 diverse, finalizzate ad assicurare la regolarita' e l'efficacia delle
 prestazioni sanitarie offerte all'utente. In questa ottica, la tutela
 dell'utenza   viene  perseguita  dalla  stessa  legge  sia  regolando
 specificamente alcuni  comportamenti  degli  operatori  del  servizio
 sanitario regionale (ad es. obblighi di informazione, di riservatezza
 etc.),  sia  prevedendo  norme  sul  funzionamento  delle   strutture
 ospedaliere  (ad  es. orari di servizio, visite ai ricoverati, etc.).
 Deve quindi escludersi che  i  finanziamenti  provenienti  dal  Fondo
 sanitario  nazionale  siano utilizzati, in base alla norma impugnata,
 per finalita' sociali che esulano  dagli  obiettivi  della  legge  23
 dicembre  1978,  n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale:
 al contrario,  gli  interventi  previsti  dalla  legge  in  questione
 costituiscono  attuazione  degli articoli 1 e 2 della stessa legge n.
 833/1978, in riferimento alla tutela della salute intesa come diritto
 fondamentale della persona e interesse della collettivita'.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale
 sollevate, con il ricorso di cui in epigrafe, nei confronti dell'art.
 7,  terzo  comma,  e dell'art. 36 della legge della Regione siciliana
 approvata il 19 luglio 1990, recante "Norme per la  salvaguardia  dei
 diritti  dell'utente  del  Servizio sanitario nazionale e istituzione
 dell'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei  servizi  sanitari",
 in relazione agli artt. 14 e 17 dello Statuto della Regione siciliana
 ed  agli  artt.  81,  quarto  comma,  e  97,   primo   comma,   della
 Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 gennaio 1991.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 24 gennaio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0073