N. 18 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 novembre 1990

                                 N. 18
      Ordinanza emessa il 15 novembre 1990 dal pretore di Vercelli
      nei procedimenti penali riuniti a carico di Albertin Gianni

 Processo   penale  -  Procedimento  pretorile  -  Richiesta  di  rito
 abbreviato  formulata  prima  della  dichiarazione  di  apertura  del
 dibattimento   -  Inammissibilita'  -  Termine  perentorio  previsto:
 giorni quindici dalla notifica del decreto di  citazione  Conseguente
 inapplicabilita'  della diminuente ex art. 442 del c.p.p. - Lamentata
 incongruita' e irragionevolezza del termine Disparita' di trattamento
 rispetto all'analogo rito dell'applicazione della pena su richiesta -
 Compressione  del  diritto  di  difesa  -  Mancata  conformita'  alla
 direttiva n. 103 della legge delega.
 (C.P.P. 1988, art. 560).
 (Cost.,  artt. 3, 24, 76 e 77; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2,
 dir. n. 103).
(GU n.6 del 6-2-1991 )
                               IL PRETORE
    Sulla  questione  di legittimita' costituzionale prospettata dalla
 difesa e dal p.m.;
    Rilevato   che   prima   della   dichiarazione   di  apertura  del
 dibattimento  (instaurato  a  seguito  di  emissione  di  decreto  di
 citazione  a  giudizio  ex  art.  555 del c.p.p.) l'imputato Albertin
 Gianni formulava richiesta di giudizio abbreviato;
      che  il  p.m.  faceva rilevare la tardivita' della richiesta, in
 quanto il termine previsto dall'art. 560,  primo  comma,  del  c.p.p.
 deve  senz'altro  considerarsi  "perentorio  e  comunque  a  pena  di
 decadenza";
      che  la difesa eccepiva la legittimita' costituzionale dell'art.
 560, primo comma, del c.p.p. in relazione agli artt.  3  e  24  della
 Costituzione, argomentando, come da nota scritta acquisita agli atti,
 sulla "irragionevole" ristrettezza del termine  di  15  giorni  dalla
 notifica del decreto di citazione, concesso all'imputato per avanzare
 richiesta  di  giudizio  abbreviato  nell'ambito   del   procedimento
 pretorile e sulla ben diversa normativa prevista innanzi al tribunale
 ove e' consentito formulare tale richiesta  "fino  a  che  non  siano
 formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 del c.p.p.";
      che il p.m., aderendo alla prospettazione della difesa, eccepiva
 anch'egli identica questione di legittimita' costituzionale, come  da
 verbale,  argomentando  in  particolare  sulla  irragionevolezza  del
 differente trattamento normativo riservato nel procedimento pretorile
 ai termini utili per proporre richiesta di applicazione di pena e per
 avanzare invece richiesta di giudizio abbreviato; e  sottolineando  i
 riflessi   pregiudizievoli   per  l'imputato  sul  piano  sostanziale
 conseguenti   a   tale   situazione,   ritenuta   ingiustificatamente
 discriminatoria;
    Riconosciuto  che il termine di cui all'art. 560, primo comma, del
 c.p.p. deve ritenersi stabilito a pena di inammissibilita'  del  rito
 (inammissibilita'  autonomamente rilevabile dal giudice a prescindere
 da un eventuale consenso o discuso  del  p.m.),  in  quanto,  pur  in
 presenza   del   disposto   di   cui   all'art.   173   del   c.p.p.,
 un'interpretazione sistematica  della  normativa,  tenendo  conto  in
 particolare  di  quanto invece stabilito dall'art. 563, quarto comma,
 del c.p.p., conduce certamente ad una tale conclusione;
                             O S S E R V A
    La   disciplina  normativa  del  giudizio  abbreviato  innanzi  al
 tribunale costituisce diretta attuazione della direttiva n. 53  della
 legge delega per l'emanazione del nuovo c.p.p., direttiva che a'ncora
 il rito abbreviato all'udienza preliminare (su cui cfr. la  direttiva
 52).
    Per  quanto  concerne  il  procedimento pretorile la direttiva 103
 imponeva l'esclusione dell'udienza preliminare; "ritenere - come puo'
 leggersi  nella relazione al progetto preliminare del c.p.p. - che il
 legislatore  delegante  nell'escludere  nel   processo   di   pretura
 l'udienza   preliminare  abbia  voluto  eliminare  questi  meccanismi
 semplificati porterebbe a conclusioni illogiche e contrastanti con  i
 criteri  di  massima  semplificazione della direttiva 103. Si sarebbe
 costretti ad escludere, proprio nel processo pretorile, i  meccanismi
 abbreviati  e  piu'  celeri...":  ed  infatti,  nonostante  l'assenza
 dell'udienza preliminare, il giudizio abbreviato  e'  stato  comunque
 introdotto nel procedimento innanzi al pretore.
    Dunque:  una  valutazione,  sia  pur in sede di delibazione, sulla
 conformita' costituzionale del termine perentorio previsto  dall'art.
 560,  primo  comma,  del  c.p.p.  per  l'adozione del rito abbreviato
 nell'ambito del processo pretorile,  andra'  effettuata  secondo  due
 distinti  quadri  di riferimento (come peraltro prospettato da p.m. e
 difesa):
      rito  abbreviato  "tipico"  previsto  davanti  al tribunale, per
 verificare se la trasposizione di tale rito davanti al  pretore,  pur
 in  assenza  dell'udienza  preliminare,  possa  dirsi conforme a quei
 canoni di "ragionevolezza" e di "coerenza dell'ordinamento giuridico"
 cristallizzati  nel  primo comma dell'art. 3 della Costituzione (cfr,
 sul punto, da ultimo Corte costituzionale n. 445/1990);
      applicazione  della  pena  su  richiesta,  per verificare se nel
 procedimento pretorile vi sia una tale analogia tra questo rito e  il
 giudizio  abbreviato  da  rendere  ingiustificata  e irragionevole la
 divergenza di trattamento normativo tra i  due  riti  conseguente  ai
 diversi   termini   finali   utili   previsti   per   effettuare   la
 corrispondente opzione processuale.
    L'art.  439  del  c.p.p.  prevede  che  la  richiesta  di giudizio
 abbreviato possa essere presentata:
      a)  "almeno  5  giorni  prima  della data fissata per l'udienza"
 (primo comma);
      b)  "anche  nel  corso dell'udienza preliminare fino a che siano
 formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e  422  del  c.p.p."
 (secondo comma).
    Dunque,  secondo  lo  schema  "tipico"  e  "normale"  dell'udienza
 preliminare (art. 421 del c.p.p.) la richiesta di giudizio abbreviato
 potra'  essere  presentata  dopo  l'esposizione da parte del p.m. sui
 risultati delle  indagini  preliminari  e  sugli  elementi  di  prova
 raccolti, e dopo l'interrogatorio al quale l'imputato abbia richiesto
 di essere sottoposto, dopo, quindi, che si e' consentita all'imputato
 e alla difesa una valutazione sulla solidita' della tesi accusatoria,
 anche attraverso un volontario e diretto  "contributo"  dello  stesso
 imputato.
    E nel caso di cui all'art. 422 del c.p.p. la richiesta di giudizio
 abbreviato potra' essere presentata anche  al  termine  di  ulteriori
 acquisizioni  probatorie  (produzioni  documentali,  audizione testi,
 consulenti...).
    Si  noti,  ancora,  come  ai sensi dell'art. 440, terzo comma, del
 c.p.p. la richiesta puo'  essere  presentata  piu'  volte  nel  corso
 dell'udienza  preliminare, (e sempre sino al momento conclusivo della
 formulazione delle conclusioni) senza che  cio'  trovi  ostacolo  nel
 dissenso in precedenza espresso dal p.m.
    Tutto  cio'  si  pone  certamente  in  coerenza con le esigenze di
 incentivazione del ricorso al rito alternativo secondo quello  schema
 di   deflazione   del   dibattimento   che   ha  determinato  proprio
 l'introduzione dei c.d. riti alternativi, e con quelle  di  garantire
 all'imputato  e  al  p.m.  la  possibilita'  di effettuare una scelta
 consapevole ("La previsione  del  giudizio  abbreviato  disposto  nel
 corso  dell'udienza  preliminare  e'  stata  dettata dall'esigenza di
 ampliare  il  piu'  possibile  la  possibilita'  di  instaurare  tale
 procedimento... Il meccanismo escogitato finisce, cosi', con l'essere
 rispettoso non solo della  formulazione  della  delega,  ma  altresi'
 della  corretta  formazione  del  consenso  delle  parti  al giudizio
 abbreviato..."  puo'  cosi'  leggersi  nella  relazione  al  progetto
 preliminare del c.p.p.).
    Non  vi e' dubbio che quegli aspetti del giudizio abbreviato, come
 ora descritto, strettamente interconnessi con  lo  svolgimento  e  la
 struttura  dell'udienza preliminare, non possono pretendersi presenti
 nell'ambito  del  giudizio  pretorile  ove,  come  si  e'  accennato,
 un'espressa  direttiva escludeva, appunto, l'udienza preliminare; ma,
 sembra,  permane  la  necessita'  di  verificare   se   le   esigenze
 sott'intese   a   tali  aspetti  siano  "esse"  davvero  inscindibili
 "comunque" dalla struttura fondamentale del giudizio abbreviato (come
 si  e'  conservata  anche  nel  giudizio  pretorile),  e se le stesse
 possano dirsi ugualmente soddisfatte.
    La  previsione  per  la  richiesta  di  giudizio  abbreviato di un
 "unico" termine perentorio di 15 giorni dalla  notifica  all'imputato
 del  decreto di citazione non pare potersi dire discenda direttamente
 ed ineluttabilmente dalla mancanza dell'udienza preliminare.
    Puo'  ritenersi  tale  scelta  normativa "ragionevole" rispetto ai
 principi  e  alle  ragioni   che   hanno   portato   all'introduzione
 nell'ordinamento  processual-penale del giudizio abbreviato? (ragioni
 di  deflazionare,  attraverso  meccanismi   incentivanti,   la   fase
 dibattimentale;  nella  relazione  al prog. prelim. - libro VI - puo'
 leggersi come si sia cercato di "incrementare il piu'  possibile"  il
 ricorso   ai   riti   differenziati,   e  come  vi  sia  il  "diffuso
 convincimento" "che ad essi e' affidata in gran parte la possibilita'
 di funzionamento del rito ordinario".
    Puo'  ritenersi  "ragionevole" rispetto all'esigenza specifica del
 procedimento pretorile imposta dalla direttiva 103, secondo cui, come
 efficacemente  espresso nella relazione al prog. prelim. - libro VIII
 - "... la massima semplificazione del processo pretorile deve  essere
 perseguita attraverso la scelta di fondo di potenziare al massimo gli
 sbocchi diversi dal dibattimento trasformando  la  relativa  fase  da
 situazione  ordinaria...  in  evenienza  eccezionale  o,  quantomeno,
 residuale"?
    Puo'  ritenersi  "ragionevole" rispetto all'esigenza di consentire
 una scelta  consapevole,  e  cioe'  sorretta  dalla  possibilita'  di
 effettuare  una  corretta  valutazione del materiale probatorio "agli
 atti" e degli eventuali elementi probatori ulteriori che  "agli  atti
 non sono" (e di eventualmente integrare il materiale probatorio)?
    Non sembra possa rispondersi in senso affermativo.
    Per  accedere  al rito abbreviato nel procedimento pretorile, come
 si e' piu' volte detto, e' stabilito  un  unico  termine  a  pena  di
 inammissibilita':  entro  15  giorni  dalla notifica all'imputato del
 decreto  di  citazione,  questi  deve  determinarsi  ad  avanzare  la
 richiesta:  premesso  come  nel  procedimento  pretorile  sovente  il
 decreto  di  citazione  costituisca  la  prima  notizia  all'imputato
 dell'esistenza di un procedimento penale a suo carico (e su tale dato
 va misurata la concreta rilevanza della possibilita' di richiedere il
 giudizio   abbreviato   anche  prima  della  citazione  a  giudizio),
 l'imputato entro tale termine deve (come particolarmente sottolineato
 dalla difesa):
      attivarsi  nel  contattare  e  nell'ottenere un colloquio con il
 proprio difensore;
      acquisire   gli   atti  contenuti  nel  fascicolo  del  p.m.  ed
 effettuare, unitamente al difensore, una valutazione degli stessi;
      consentire  al  difensore  il riscontro di eventuali elementi di
 prova  a  discarico  (acquisizioni  documentali,  contattare   testi,
 chiedere  l'eventuale  allegazione al fascicolo del p.m. di ulteriori
 elementi...);
      decidere  quindi  se  presentare o meno la richiesta di giudizio
 abbreviato (accendendo ad un eventuale consenso anticipato del  p.m.)
 con  la  necessaria  consapevolezza in ordine ai benefici sostanziali
 possibili all'esito e alla "particolarita'" procedurale  per  cui  la
 decisione viene presa "allo stato degli atti".
    Pare  evidente  come  il termine di 15 giorni di cui all'art. 560,
 primo comma,  del  c.p.p.  appaia,  in  concreto,  troppo  esiguo  ed
 "incongruo",  e  conseguentemente  inidoneo  a  garantire  un'agevole
 attivazione del rito differenziato.
    Ancora:  proprio  l'esigenza  di  massima  incentivazione del rito
 abbreviato, come si e' accennato, aveva  condotto  il  legislatore  a
 prevedere  che  innanzi  al  tribunale  la  corrispondente  richiesta
 potesse  essere  presentata  "fino  a  che  non  siano  formulate  le
 conclusioni  a  norma degli artt. 421 e 422 del c.p.p.", e anche piu'
 volte nel corso dell'udienza preliminare.
    Ebbene  sembra  potersi  ritenere  non manifestamente infondato il
 dubbio  sulla  "ragionevolezza"  e  "coerenza"  di   una   disciplina
 normativa  -  quella stabilita per far ricorso al giudizio abbreviato
 davanti al pretore - che dovrebbe essere ancor piu'  improntata  alla
 incentivazione   dei  riti  alternativi  secondo  il  criterio  della
 "massima   semplificazione",   e    che    invece    nell'abbandonare
 necessariamente  quei  meccanismi  correlati  all'udienza preliminare
 (che ruolo primario svolgevano  proprio  per  quella  incentivazione)
 lascia  quale unico congegno di approdo al giudizio abbreviato quello
 contrassegnato dal termine ultimo di cui all'art. 560,  primo  comma,
 del  c.p.p.,  termine  che  finisce per rappresentare un ostacolo per
 l'adozione  del  rito  semplificato  e  conseguentemente  motivo   di
 "inflazione"  del  dibattimento;  pare  cosi'  che  il  dubbio  sulla
 legittimita' costituzionale della norma ora citata si ponga anche  in
 punto  di  conformita'  della stessa con la direttiva 103 della legge
 delega, e quindi con gli artt. 76 e 77 della Costituzione.
    E  appare  non  manifestamente  infondato  anche  il  dubbio sulla
 legittimita' costituzionale del termine previsto dall'art. 560, primo
 comma,  del  c.p.p.  nei  riguardi  dell'art.  24, secondo comma, del
 c.p.p., non sembrando, come si e'  visto,  congruo  tale  termine  in
 rapporto  tanto  alla  complessita'  del'onere  cui  l'imputato  deve
 assolvere per salvaguardare un proprio diritto (e nel caso di specie,
 basta  appena rilevarlo, si tratta di una scelta sul rito con effetti
 certo  non  lievi  sul  merito)  quanto   alla   funzione   assegnata
 all'istituto  nel  sistema  processuale (sulla necessita' di una tale
 duplice valutazione nella verifica della conformita'  di  un  termine
 processuale  all'art.  24,  secondo comma, della Costituzione cfr. ad
 es. Corte costituzionale nn. 56/1979, 31/1977 e 138/1975; si  ricordi
 che  lo  spirare  del  termine  di cui all'art. 560, primo comma, del
 c.p.p. compromette irreparabilmente - salvi i casi eccezionali di cui
 all'art.  175  del  c.p.p.  - la possibilita' per l'imputato di poter
 fruire della riduzione di 1/3  sulla  pena  eventualmente  comminata,
 indipendentemente   dal   concreto   atteggiarsi   della   situazione
 probatoria, come il p.m. ha avuto cura di far rilevare).
    Fin  da  ora  sembrerebbe  potersi  affermare  che  il  massimo di
 incentivazione del giudizio abbreviato  nel  procedimento  pretorile,
 ove  una  tale  scelta  non  puo' essere necessariamente proceduta da
 un'esposizione del  p.m.,  in  contraddittorio  con  la  difesa,  sui
 risultati  delle indagini, o da un interrogatorio dell'imputato, puo'
 essere raggiunta,  soddisfacendo  alle  esigenze  di  consentire  una
 effettuazione consapevole della scelta, attraverso l'espansione della
 possibilita' di richiedere il giudizio  abbreviato  fino  al  termine
 massimo  compatibile con la funzione e la struttura del rito, e cioe'
 fino al momento della dichiarazione di apertura del dibattimento.
    Una tale conclusione pare essere avvalorata da un confronto con la
 disciplina normativa del procedimento per l'applicazione di  pena  su
 richiesta.
    Date  le  innegabili analogie e le innegabili differenze tra i due
 istituti, occorre, dopo una complessiva valutazione di tali  analogie
 e  differenze  nello  specifico  ambito  del  procedimento pretorile,
 verificare, ovviamente in sede  di  mera  delibazione,  se  l'aspetto
 previsto  per il solo procedimento ex art. 444 di poter effettuare la
 corrispondente richiesta oltre che entro 15 giorni dalla notifica del
 decreto  di  citazione, anche fino alla dichiarazione di apertura del
 dibattimento, trovi "razionale collocazione" tra le differenze.
    La  mancanza  nel procedimento pretorile dell'udienza preliminare,
 udienza sulla quale si innesta il giudizio abbreviato "tipico" ed  il
 doppio  termine  previsto  per avanzare la relativa richiesta, sembra
 poter costituire elemento per ravvisare una piu' forte analogia tra i
 due riti alternativi.
    Ancora:  sottolineato  come si e' autorevolmente ravvisato proprio
 nella "diversita' degli strumenti di approdo" (Corte  costituzionale:
 n.  66/1990)  un  elemento  specifico  di  differenziazione tra i due
 procedimenti nella loro struttura tipica, di  cui  al  libro  VI  del
 c.p.p., si pensi come nel procedimento pretorile:
      sia  la  richiesta ex art. 444 del c.p.p. che quella di giudizio
 abbreviato possono essere avanzate comunque  in  ogni  momento  delle
 indagini preliminari, e l'ottenuto consenso del p.m., a cui le stesse
 sono dirette,  innesca  automaticamente  un  identico  meccanismo  di
 fissazione  di  un'apposita  udienza  (artt. 560 e 562 del c.p.p.) (a
 differenza di quanto accade davanti al tribunale);
      procedura  del  tutto,  identica  sara'  seguita  ove il giudice
 ritenga  non  sussistenti  le  condizioni  per  la  definizione   del
 procedimento (563, terzo comma, del c.p.p.);
      sia  per  la richiesta di applicazione di pena che per quella di
 giudizio abbreviato e' previsto il  medesimo  termine  di  giorni  15
 dalla  notifica  del  decreto  di  citazione,  per la definizione del
 procedimento innanzi al giudice per le indagini preliminari,  secondo
 un  identico  modulo  di  attuazione  (art. 557 del c.p.p.), e con la
 medesima possibilita' per il p.m. di  esprimere  consenso  anticipato
 (art. 556 del c.p.p.).
    Dunque  pare  davvero  potersi  affermare  come  nel  procedimento
 pretorile i due riti alternativi  presentino  una  "forte  analogia",
 maggiore  comunque  di  quella  riscontrabile  nei  modelli  "tipici"
 delineati negli artt. 438 e 448 del c.p.p., analogia che riguarda, in
 particolare,  proprio  gli strumenti e le modalita' di approdo a tali
 riti.
    Significativa   differenza   (ed  unica  per  quanto  concerne  le
 modalita' di attivazione dei  due  riti)  resta  quella  per  cui  la
 richiesta di applicazione di pena puo' essere avanzata oltreche' fino
 al termine di 15 giorni dalla notifica del decreto di citazione  (con
 definizione  anticipata  del  procedimento  innanzi al g.i.p.), anche
 oltre  detto  termine,  fino  alla  dichiarazione  di  apertura   del
 dibattimento  (con  conseguente  definizione  del giudizio davanti al
 pretore del dibattimento, art. 563, quarto comma, del c.p.p.), mentre
 la richiesta di giudizio abbreviato resta definitivamente preclusa se
 non effettuata, appunto, entro il termine perentorio  ed  "unico"  di
 cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p.
    Ed  e'  proprio una tale disparita' di trattamento a potersi porre
 in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione.
    Non   possono  non  ricordarsi,  pur  nella  consapevolezza  della
 specificita' di ciascun caso, le sentenze nn. 66 e 183 del 1990 della
 Corte  costituzionale, in cui, riscontrata una "forte analogia" tra i
 due istituti nell'ambito rispettivamente della normativa  transitoria
 e  del  giudizio  direttissimo, e riscontrato quindi che la lamentata
 disparita' di  tratamento  si  configurava  come  "ingiustificata"  e
 quindi in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, si
 rilevava la "necessita' di estendere  le  soluzioni  piu'  favorevoli
 all'imputato  proprie  dell'applicazione  di  pena  su  richiesta..."
 (Corte costituzionale n. 183/1990).
    Sembra cosi' potersi affermare, stante un'analogia tra il giudizio
 abbreviato e la richiesta di  applicazione  di  pena  particolarmente
 "intensa" nel procedimento pretorile, che la significativa e profonda
 divergenza  di  trattamento  normativo  concretantesi  nella  diversa
 articolazione  dei  termini  utili  per  innescare  i rispettivi riti
 alternativi, si ponga in contrasto con l'art. 3, primo  comma,  della
 Costituzione;  emergendo  cosi'  l'esigenza  di  estendere  anche  al
 giudizio abbreviato la soluzione,  piu'  favorevole  all'imputato  (e
 piu' "incentivante" per l'adozione del rito), di consentire l'accesso
 a tale procedimento anche successivamente al termine di cui  all'art.
 560,  primo  comma, del c.p.p., e fino alla dichiarazione di apertura
 del dibattimento, conformemente a quanto disposto  (anche  in  ordine
 alla  competenza)  dall'art. 563, quarto comma, del c.p.p.; soluzione
 certamente compatibile con la struttura e la  funzione  assegnata  al
 giudizio abbreviato (significativa sul punto la ordinanza n. 320/1990
 della Corte costituzinale).
    Inoltre:  non  puo' non riconoscersi come la richiesta di giudizio
 abbreviato,  implicando   e   presupponendo   "necessariamente"   una
 valutazione  dello "stato degli atti", della efficacia probante degli
 elementi raccolti dal p.m., della solidita' della  tesi  accusatoria,
 della idoneita' di eventuali elementi di prova ulteriori ad incidere,
 in un senso o nell'altro, sulla stessa, si presenta  come  operazione
 concettualmente  complessa  ed  articolata,  e  tale  da  esigere  le
 condizioni minime per l'espletamento delle valutazioni  indicate;  ed
 infatti,  lo  si  e'  gia'  detto,  il  modello  "tipico" di giudizio
 abbreviato risulta strutturato secondo un modulo procedimentale  tale
 da  garantire  e  anzi  sollecitare  tutte  quelle  valutazioni (e le
 eventuali integrazioni probatorie conseguenti) che vanno a fondare la
 richiesta di accedere al rito in questione.
    E   cosi'   il  gia'  rilevato  dubbio  sulla  "ragionevolezza"  e
 "coerenza"  della  scelta  normativa  di  prevedere  l'unico  termine
 perentorio  di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p. per proporre
 richiesta di giudizio abbreviato, (scelta che finisce per  essere  di
 ostacolo  per  l'adozione  del  rito  alternativo  e  per  la  previa
 formazione    di    una    richiesta     "consapevole",     incidendo
 conseguentemente,   e   vale  la  pena  sottolinearlo,  sulla  stessa
 possibilita'  di  un  migliore  trattamento  sanzionatorio),  risulta
 ulteriormente  avvalorato  dal  confronto  con la normativa prevista,
 sempre nell'ambito pretorile, per l'adozione del procedimento di  cui
 all'art.  444  del  c.p.p.  (E' pur vero che il termine finale per la
 richiesta di applicazione di pena e'  espressamente  stabilito  dalla
 direttiva 45 della legge delega, ma e' altrettanto vero che la stessa
 legge delega  -  direttiva  53  -  ancorava  saldamente  il  giudizio
 abbreviato  allo  svolgimento  dell'udienza  preliminare,  prevedendo
 invece soltanto l'assenza di quest'ultima nel procedimento  pretorile
 - direttiva 103).
    In  punto  di rilevanza poco deve aggiungersi a quanto si e' detto
 in premessa in  ordine  alla  interpretazione,  seguita  tanto  dalla
 difesa  che  dal p.m., secondo cui il termine previsto dall'art. 560,
 primo comma, del c.p.p.  deve  considerarsi  perentorio,  e  comunque
 previsto  a  pena  di  inammissibilita'  del rito, non consentendo di
 ritenere applicabile  al  giudizio  abbreviato  quanto  espressamente
 previsto dal quarto comma dell'art.  563 del c.p.p. Il p.m., infatti,
 alla richiesta di giudizio abbreviato  avanzata  dall'imputato  prima
 della  dichiarazione di apertura del dibattimento, faceva rilevare la
 tardivita' della stessa ai sensi dell'art. 560 del c.p.p.,  norma  di
 cui  contemporaneamente  veniva  eccepita, tanto dalla difesa che dal
 p.m., l'incostituzionalita'; e proprio in applicazione di tale norma,
 e  dell'unico  termine  perentorio  in  essa previsto, questo pretore
 dovrebbe, indipendentemente da  un  consenso  o  dissenso  del  p.m.,
 dichiarare  inammissibile  la  richiesta  dell'imputato  di  giudizio
 abbreviato, (precludendogli cosi' in via definitiva  la  possibilita'
 di  ottenere la prevista riduzione di 1/3 sulla pena eventualmente da
 comminare).
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 57;
    Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente infondato il dubbio di
 legitimita' costituzionale dell'art. 560 del c.p.p. in relazione agli
 artt.  3,  primo  comma,  e  24,  secondo  comma, della Costituzione,
 nonche' in relazione  agli  artt.  76  e  77  della  Costituzione  in
 riferimento  alla  direttiva  n. 103 di cui all'art. 2 della legge 16
 febbraio 1987, n. 181;
    Dispone la sospensione del procedimento e l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina   che   a   cura  della  cancelleria  siano  effettuate  le
 notificazioni e comunicazioni di rito.
      Vercelli, addi' 15 novembre 1990
                           Il pretore: MONTI

 91C0084