N. 21 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 1990
N. 21 Ordinanza emessa il 30 ottobre 1990 dal pretore di Firenze nel procedimento penale a carico di Prebeza Jashar Processo penale - Istruzione dibattimentale - Teste irreperibile gia' escusso dalla p.g. - Non acquisibilita' di tale prova agli atti processuali - Conseguente impossibilita' di contestazione - Testimonianza indiretta - Divieto solo per gli agenti e ufficiali di p.g. - Violazione dei principi di eguaglianza e pari dignita' tra cittadini. (C.P.P. 1988, art. 195, quarto comma). (Cost., art. 3).(GU n.6 del 6-2-1991 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Premesso che l'imputazione concerne un tentativo di furto commesso in danno di turista straniera in transito a Firenze, divenuta irreperibile per avere mutato la propria residenza all'estero e, quindi, assente al dibattimento nonostante il rituale esperimento della notificazione eseguita con deposito degli atti in cancelleria, a norma dell'art. 154 del c.p.p. Il verbale di denuncia, per la parte in cui contiene dichiarazioni testimoniali, e' stato dichiarato non acquisibile agli atti processuali per i seguenti motivi: a) non e' possibile, per l'assenza del testimone, procedere a previa contestazione delle dichiarazioni assunte dalla p.g. nell'immediatezza e sul luogo del fatto, condizione da ritenere essenziale perche' consente l'utilizzazione di atti assunti in fase inquisitoria in deroga al principio generale della formazione della prova al dibattimento nel pieno contraddittorio delle parti; b) non e', sotto altro profilo, ricavabile dal disposto dell'art. 511, secondo comma, del c.p.p. il principio della acquisibilita' al fascicolo processuale delle dichiarazioni rese dal testimone alla p.g. nell'immediatezza e sul luogo del fatto allorquando l'esame del teste non abbia, per qualsiasi motivo, luogo. Detta norma disciplina lla leggibilita' - e quindi l'utilizzabilita' ai fini della decisione - di atti gia' acquisiti legittimamente al processo ma non amplia le condizioni di acquisibilita' anche ad ipotesi espressamente negate (per il principio della contestazione) da norme che disciplinano tipicamente l'acquisizione di verbali. Acquisizione al processo e lettura degli atti acquisiti sono momenti diversi dell'attivita' processuale, non equiparabili tra loro perche' costituenti l'uno il presupposto dell'altro: di talche' dalla possibilita' di lettura di dichiarazioni testimoniali quando l'esame non abbia luogo ( ex art. 511, secondo comma, del c.p.p.) non puo' ricavarsi il principio di acquisibilita' al fascicolo processuale delle stesse dichiarazioni anche quando le dichiarazioni non siano contestabili al teste perche' assente (art. 500, quarto comma, del c.p.p.). Rimane fermo, in materia, l'inderogabile principio della contestazione quale condizione per l'acquisibilita' delle dichiarazioni "rese a caldo" agli atti processuali; c) la irreperibilita' sopravvenuta di un testimone per mutamento di domicilio non comunicato all'ufficio procedente non consente la lettura delle sue dichiarazioni ove queste, come nel caso in esame, siano state rese alla p.g. e non anche al p.m., ostandovi l'espresso limite dell'art. 512 del c.p.p., ne' sarebbe, comunque consentita la lettura ove la dichiarazione fosse stata resa al p.m., stante che la irreperibilita' sopravvenuta non appare costituire impossibilita' di ripetizione dell'atto per circostanze o fatti imprevedibili al momento della sua assunzione, posto che non trattasi di "latitante" o "evaso" e che, quindi, con le necessarie indagini, e' reperibile la sua nuova dimora anche all'estero. L'istanza dell'assunzione in sede testimoniale del vigile urbano verbalizzante al momento della stesura della denuncia e' stata respinta nella parte in cui si pretende far riferire all'agente di p.g. le circostanze riferitegli "a caldo" dal derubata e trasfuse nel verbale di denuncia per il divieto espresso sancito dall'art. 195, quarto comma, del c.p.p. Contro tale norma ha sollevato eccezione di legittimita' costituzionale il p.m. d'udienza il quale ha eccepito che il divieto di testimonianza indiretta per i soli agenti e ufficiali di p.g. stabilito dal quarto comma dell'art. 195 del c.p.p. viola l'art. 3 della Costituzione perche' discrimina, in base alla loro appartenenza alle forze dell'ordine, taluni soggetti rispetto a tutti gli altri non riveste tale qualifica. La questione e' senz'altro rilevante nel presente processo perche' dalla sua risoluzione dipende la possibilita' per il p.m. di introdurre prove a sostegno della accusa. Invero, per quanto sopra evidenziato, attesa la non acquisibilita' al fascicolo processuale delle dichiarazioni testimoniali contenute nella denuncia sporta dalla derubata, non rimane che l'esperibilita' della prova testimoniale indiretta. La questione appare, inoltre, non manifestamente infondata. La testimonianza indiretta, ammessa a certe condizioni per tutti i testimoni in caso di irreperibilita' delle persone da cui i fatti furono appresi (art. 195, terzo comma), e' vietata assolutamente per gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, nell'implicito presupposto che gli stessi siano portatori di interessi alla condanna e, quindi, testimoni non attendebili. La norma censurata appare violare il principio di uguaglianza e di pari dignita' di tuti i cittadini davanti alla legge, essendo inaccettabile in un regime democratico il presupposto iuris et de iure della tendenziosita' dei testimoni qualora essi appartengano alla polizia giudiziaria, violandosi, contemporaneamente, il principio generale della libera valutazione della prova da parte del giudice. Il legislatore, nell'intento di parificare i poteri delle parti, appare avere ecceduto in senso opposto, negando attendibilita' a testi normalmente qualificati proprio per la loro funzione di primi interlocutori con le parti offese di comportamenti delittuosi. Per i motivi di cui alla narrativa la testimonianza della verbalizzante non appare assumibile se non previa rimozione del divieto di testimonianza indiretta gravante sugli agenti e sugli ufficiali di p.g. a norma dell'art. 195, quarto comma, del c.p.p.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1984, nn. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 84 su eccezione del p.m. dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195, quarto comma, del c.p.p. nella parte in cui vieta agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria di deporre, in caso di irreperibilita' del testimone, sul contenuto delle dichiarazioni da questi acquisite, a differenza di tutti gli altri soggetti capaci di testimoniare. Ordina la sospensione del presente giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' di comunicarla ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Firenze, addi' 30 ottobre 1990 Il pretore: (firma illeggibile) 91C0087