N. 49 SENTENZA 28 gennaio - 6 febbraio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Sanita' pubblica - Regione Lombardia, province autonome di Trento e
 Bolzano - Attivita' trasfusionali - Disciplina Lesione di competenze
 regionali e provinciali - Inammissibilita'  - Non fondatezza.
 
 (Legge 4 maggio 1990, n. 107; legge 4 maggio 1990, n. 107, artt.   1,
 settimo e ottavo comma, 2, terzo comma, 11, quarto e quinto comma, 4,
 5, 6, 7 e 8, 5, primo comma e 6 primo comma, 8, secondo comma, lett.
 c), e quarto comma, 19, primo comma).
 
 (Cost., artt. 117 e 118; statuto Trentino-Alto Adige, artt. 9, n. 10,
 16 e 100).
 
 Sanita' pubblica- Regione Lombardia, province autonome di Trento e
 Bolzano- Attivita' trasfusionali- Lesione di competenze regionali e
 provinciali- Produzione di plasma e derivati- Congruo preavviso alla
 regione o alla provincia autonoma inadempiente in ordine all'adozione
 di atti sostitutivi- Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (Legge 4 maggio 1990, n. 107, artt. 11, primo comma, 12, quarto
 comma, secondo periodo, 24, secondo periodo, 1, nono comma)
 
 (Cost., artt. 117 e 118, in relaz. d.P.R. 616/1977, alla L. 833/1978
 e all'art. 17 della L. 400/1988).
(GU n.7 del 13-2-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
 GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, settimo,
 ottavo e nono comma, 2, terzo comma, 4, 5, 6, 7, 8, 11, primo, quarto
 e  quinto  comma,  12,  quarto  comma,  19,  primo comma, 24, secondo
 periodo, legge 4 maggio 1990, n. 107  (Disciplina  per  le  attivita'
 trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la
 produzione di plasma-derivati), promossi con  ricorsi  della  Regione
 Lombardia   e  delle  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
 notificati l'11 giugno 1990, depositati in cancelleria il 16 e il  18
 successivi ed iscritti ai nn. 46, 47 e 48 del registro ricorsi 1990;
     Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
     Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  dicembre  1990 il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
     Uditi  gli  Avvocati  Valerio Onida per la Regione Lombardia e la
 Provincia autonoma di Trento, Sergio Panunzio e  Roland  Riz  per  la
 Provincia autonoma di Bolzano, e l'Avvocato dello Stato Franco Favara
 per il Presidente del Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso regolarmente notificato e depositato la Regione
 Lombardia  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 dell'intera  legge 4 maggio 1990, n. 107 (Disciplina per le attivita'
 trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la
 produzione  di  plasma-derivati),  e,  in particolare, degli artt. 1,
 ottavo e nono comma, 2, terzo  comma,  11,  primo,  quarto  e  quinto
 comma,  e  24,  secondo  periodo,  della stessa legge, per violazione
 degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione al  d.P.R.  14
 gennaio  1972,  n.  4, agli artt. 27-34 del d.P.R. 27 luglio 1977, n.
 616, agli artt. 4, 5 e 6  della  legge  23  dicembre  1978,  n.  833,
 nonche'  all'art.  17, primo comma, lettera b), terzo e quarto comma,
 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
     Secondo  la  ricorrente,  la  legge  n.  107 del 1990 violerebbe,
 innanzitutto, gli artt. 117 e 118 della  Costituzione,  come  attuati
 dall'art.  4, primo comma, n. 6), e dall'art. 6, primo comma, lettera
 c), della legge n. 833 del 1978. In  base  agli  articoli  da  ultimo
 menzionati,  sono ricomprese nella materia dell'assistenza sanitaria,
 di spettanza regionale, la "raccolta, frazionamento, conservazione  e
 distribuzione  del sangue umano", in relazione alle quali e' prevista
 una successiva legge dello Stato vo'lta a dettare  norme  dirette  ad
 assicurare  condizioni  e  garanzie  di  salute uniformi per tutto il
 territorio nazionale, mentre sono riservate allo Stato la produzione,
 la  registrazione,  la  ricerca,  la  sperimentazione, il commercio e
 l'informazione concernenti gli emoderivati.  Nell'adempiere l'obbligo
 di   stabilire  condizioni  uniformi  a  garanzia  della  salute  dei
 cittadini, la legge n. 107 del 1990 pone una disciplina che,  per  un
 verso,  riguarderebbe oggetti che nulla hanno a che vedere con quelli
 riservati allo  Stato  e,  per  altro  verso,  conterrebbe  norme  di
 dettaglio,  illegittimamente  invasive  di  uno spazio che la regione
 ricorrente ha gia' occupato con proprie leggi.
     Piu'    in    particolare,   contrasterebbe   con   i   parametri
 costituzionali invocati l'art. 1, ottavo e nono  comma,  della  legge
 impugnata,  il  quale prevede che la partecipazione di associazioni e
 di  federazioni  di  donatori  volontari  di  sangue  alle  attivita'
 trasfusionali  organizzate  presso  le U.S.L. debba esser regolata da
 apposite  convenzioni  regionali,  adottate  in  conformita'  a   uno
 schema-tipo definito con decreto del Ministro della sanita', le quali
 dovranno  essere  emanate  entro  il  termine  fissato  dal  predetto
 schema-tipo.  Il  nono  comma  dello  stesso  articolo  aggiunge che,
 trascorsi inutilmente sei mesi  dal  termine  indicato,  e'  previsto
 l'intervento  sostitutivo del Consiglio dei ministri, su proposta del
 Ministro della  sanita'.  Ad  avviso  della  ricorrente,  poiche'  la
 suddetta   partecipazione,   oltreche'   la  scelta  di  attivarla  e
 l'individuazione delle  associazioni  e  delle  federazioni  ritenute
 idonee,  sono  affare  esclusivo delle autorita' regionali e locali e
 non  concernono  in  alcun  modo  esigenze  di  uniformita',  non  si
 giustificherebbe  affatto  la  previsione di schemi-tipo ministeriali
 vincolanti per  le  regioni.  Oltretutto,  tale  potere  non  sarebbe
 riconducibile  alla funzione governativa di indirizzo e coordinamento
 (e se lo fosse,  sarebbe  illegittima  perche'  affidata  a  un  atto
 inidoneo  e  perche'  priva  di  adeguata  copertura  legislativa)  e
 l'intervento sostitutivo previsto contravverrebbe a tutti i requisiti
 di validita' affermati da questa Corte (presupposto di un adempimento
 obbligatorio,   mancata   previsione   del   termine   nella   legge,
 inosservanza delle regole sulla leale cooperazione).
     Secondo  la  Regione  Lombardia,  incostituzionale  sarebbe anche
 l'art. 2, terzo comma, il quale, nello stabilire che rientrano tra le
 associazioni  e  le federazioni concorrenti ai fini istituzionali del
 Servizio sanitario nazionale quelle il cui statuto  corrisponde  alle
 finalita'   della   legge   n.   107   del  1990,  precisa  che  tale
 corrispondenza va valutata alla stregua  delle  "indicazioni  fissate
 dal Ministro della sanita' con proprio decreto". Anche in tal caso la
 ricorrente, in considerazione delle diverse realta' locali, nega  che
 sussistano ragioni di carattere unitario a giustificazione del potere
 del Ministro, un potere che, peraltro, si  assume  essere  totalmente
 discrezionale,   considerata   l'assenza  nella  legge  di  qualsiasi
 criterio in ordine alla fissazione dei requisiti.
     Palesemente  illegittimo  sarebbe,  ad  avviso  della ricorrente,
 l'art. 11, primo comma, della legge impugnata, in base  al  quale  il
 Ministro  della  sanita' "emana le norme di indirizzo e coordinamento
 alle quali devono conformarsi le Regioni e le  Province  autonome  di
 Trento  e di Bolzano per l'attuazione della presente legge". Oltre ad
 essere un ulteriore esempio dell'atteggiamento statale  di  usare  la
 funzione  di indirizzo e coordinamento come passe partout, l'atto ivi
 previsto, secondo la  ricorrente,  non  rientrerebbe  nella  predetta
 funzione,   ma   configurerebbe   un'atipica   e   anomala   potesta'
 regolamentare per l'attuazione della  intera  legge:  esso,  infatti,
 anziche'  delineare  obiettivi  da  conseguire in vista di un preciso
 interesse  unitario  legislativamente  individuato  e  attuativo  dei
 limiti costituzionali alle potesta' regionali, si riferisce a "norme"
 vincolanti per le regioni, riferite a tutto l'ambito di materia della
 legge  e vo'lte a dare attuazione alla legge stessa. Siffatta anomala
 potesta' regolamentare contrasterebbe con  vari  commi  dell'art.  17
 della legge n. 400 del 1988, laddove si prevede che: a) i regolamenti
 di attuazione e d'integrazione delle leggi sono preclusi  in  materie
 riservate  alla competenza regionale (primo comma, lettera b, seconda
 parte); b) i regolamenti  ministeriali  possono  riguardare  soltanto
 materie  di  competenza  del  ministro o delle autorita' sottordinate
 allo stesso, quando il relativo potere  sia  espressamente  conferito
 dalla legge (terzo comma, prima parte); c) i regolamenti devono avere
 la loro propria denominazione ed essere adottati con la procedura per
 essi  prevista,  comportante  il  parere  del Consiglio di Stato e il
 visto della Corte dei conti (quarto comma).
     Ad  avviso  della  Regione  Lombardia, l'illegittima anomalia ora
 indicata troverebbe una conferma nell'art. 24, secondo periodo, della
 stessa  legge,  il  quale  dispone  che "sino alla data di emanazione
 delle norme di indirizzo e coordinamento, di cui all'art.  11,  comma
 primo,  continuano  a trovare applicazione, in quanto compatibili con
 la presente legge, le disposizioni recate dal decreto del  Presidente
 della  Repubblica  24  agosto  1971,  n.  1256". Poiche' quest'ultimo
 decreto e' un regolamento di esecuzione  anteriore  al  trasferimento
 alle   regioni  delle  funzioni  in  materia  di  sanita',  la  norma
 impugnata, per un verso, ripeterebbe  gli  stessi  vizi  indicati  in
 relazione  al  predetto  art.  11,  quarto comma, e, per altro verso,
 pretenderebbe illegittimamente di ribadire l'applicabilita' su  tutto
 il  territorio nazionale di un regolamento che in regioni dotatesi di
 proprie leggi in materia (come la Lombardia) era stato sostituito  da
 queste ultime.
     Infine,  la  ricorrente  dubita della legittimita' costituzionale
 dell'art. 11, quarto e quinto comma, che prevede  la  predisposizione
 da  parte  del  Ministro  della  sanita',  ove  siano state segnalate
 carenze  nella  raccolta   di   sangue,   di   un   progetto   mirato
 all'incremento  della donazione di sangue periodica e occasionale nei
 comuni  delle  regioni  in  cui  sussistano  le   predette   carenze,
 coinvolgendo  anche  i  comuni interessati e utilizzando mezzi per la
 sensibilizzazione   dell'opinione   pubblica    e    la    promozione
 dell'associazionmo  dei  donatori. Tali disposizioni, ad avviso della
 ricorrente, lederebbero le competenze regionali, in  quanto  affidano
 al Ministro della sanita', anziche' alle regioni (magari con supporti
 finanziari statali), progetti  da  attuare  nell'ambito  di  ciascuna
 regione   in   relazione   a  interessi  regionali  o  infraregionali
 attraverso attivita' tipicamente connesse al  contesto  locale,  come
 l'informazione,  la sensibilizzazione, la propaganda e la promozione.
     2.  -  Con  un  ricorso  regolarmente  notificato e depositato la
 Provincia   autonoma   di   Trento   ha   sollevato   questioni    di
 costituzionalita'  sulle  stesse  disposizioni della legge n. 107 del
 1990  impugnate  con  il  ricorso  riassunto  nel  punto  precedente,
 assumendone  il  contrasto con gli artt. 9, n. 10, e 16 dello Statuto
 speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e
 con  le  relative norme di attuazione, nonche' con gli articoli, gia'
 indicati nell'illustrazione del primo ricorso, contenuti nelle  leggi
 n.  833  del 1978 e n. 400 del 1988. I motivi addotti dalla Provincia
 di Trento  sono  i  medesimi  prospettati  dalla  Regione  Lombardia,
 riassunti nel punto precedente.
     3.  -  Con  un  ricorso  regolarmente  notificato e depositato la
 Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha   contestato   la   legittimita'
 costituzionale  di numerose disposizioni della legge n. 107 del 1990,
 ritenendole contrastanti con l'art. 9, n. 10, e con gli  artt.  16  e
 100 dello Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige, nonche' con le
 relative norme di attuazione e l'art.  80  della  legge  23  dicembre
 1978, n. 833.
     La    ricorrente   dubita,   innanzitutto,   della   legittimita'
 costituzionale degli artt. 11, primo comma, e  24,  secondo  periodo,
 che, prevedendo un atto di indirizzo e coordinamento ministeriale per
 l'attuazione dell'intera  legge,  estenderebbero  alla  Provincia  di
 Bolzano  l'applicabilita'  di una funzione non prevista dallo Statuto
 speciale ed esclusa, in materia sanitaria, dalla puntuale  previsione
 dell'art.  80  della  legge  n.  833 del 1978. In via subordinata, la
 Provincia di Bolzano adduce gli stessi profili  d'incostituzionalita'
 proposti  dai  precedenti  ricorsi, compreso quello relativo al fatto
 che si e' in presenza di un regolamento  ministeriale  extra-ordinem,
 il  quale  sarebbe costituzionalmente illegittimo in quanto incidente
 su materie riservate a una fonte superiore, cioe' la legge  regionale
 o provinciale.
     Riguardo  alle  restanti censure, dopo aver premesso che i propri
 rilievi hanno carattere cautelare, considerato  che  le  disposizioni
 impugnate  si  riferiscono letteralmente soltanto alle regioni, e non
 anche alle Province autonome, la ricorrente impugna, in primo  luogo,
 l'art.  1,  settimo,  ottavo  e nono comma, adducendo motivi simili a
 quelli proposti nei  precedenti  ricorsi  ed  estendendoli  anche  al
 settimo  comma dello stesso articolo, il quale istituisce il registro
 del sangue e riserva al  Ministro  della  sanita'  l'indicazione  dei
 contenuti  del  medesimo  registro.  La  Provincia  impugna, inoltre,
 l'art. 2, terzo comma, ritenendolo lesivo delle proprie competenze in
 materia di sanita' sul presupposto che tale disposizione possa essere
 interpretata  nel  senso  di  implicare  che  le  associazioni  e  le
 federazioni  di  volontari,  per  corrispondere  alle finalita' della
 legge e delle indicazioni ministeriali, dovrebbero operare a  livello
 nazionale,  con  esclusione,  quindi,  di  quelle  operanti  nel solo
 territorio della Provincia. La  stessa  ricorrente  censura,  infine,
 l'art.  11,  quarto  comma, con argomenti analoghi a quelli usati nei
 precedenti ricorsi.
     Nel loro complesso sono, altresi', impugnati gli artt. 4, 5, 6, 7
 e 8, i quali fanno riferimento ad attivita'  di  uffici  e  strutture
 pubbliche  senza richiamare le norme statutarie sull'uso delle lingue
 tedesca e italiana. Tali disposizioni violerebbero l'art.  100  dello
 Statuto  ove  il mancato richiamo avesse un significato preclusivo di
 quell'uso.
     Piu'  in  particolare, poi, la Provincia contesta la legittimita'
 costituzionale degli artt. 5, primo comma, e 6, primo comma, i quali,
 nel    dettare    norme   per   l'organizzazione   dei   servizi   di
 immunoematologia e trasfusione, nonche' dei centri  trasfusionali,  e
 nel  determinare  i  bacini  di  utenza,  porrebbero in essere scelte
 costituzionalmente riservate alla Provincia, in  quanto  solo  questa
 potrebbe avere le necessarie conoscenze della realta' locale.
     Incostituzionale  sarebbe  anche l'art. 8, secondo comma, lettera
 c),  e  quarto  comma,  dal  momento  che  sottoporrebbe  il   centro
 provinciale di coordinamento e compensazione al potere di direzione e
 coordinamento dell'Istituto  superiore  di  Sanita',  violando  cosi'
 l'autonomia della ricorrente.
     La  Provincia  di  Bolzano  impugna,  inoltre,  l'art. 12, quarto
 comma, sia perche' richiama il potere di  indirizzo  e  coordinamento
 previsto  dal  gia'  ricordato  art.  11,  primo  comma,  sia perche'
 conferisce al Ministro della sanita' il potere di  adottare  atti  di
 indirizzo  in  materia  di  propaganda della donazione di sangue e di
 attivita'  promozionali  delle  associazioni  dei  donatori  e  delle
 relative  federazioni,  potere  che  non  avrebbe a fondamento quegli
 interessi unitari e infrazionabili che soli lo legittimerebbero.
     Infine,  la  Provincia  di  Bolzano contesta la costituzionalita'
 dell'art. 19, primo comma, il quale prevede l'obbligo, per le regioni
 e   le   province  autonome,  di  trasferire  alle  U.S.L.  i  centri
 trasfusionali gia' gestiti, per convenzione, dalle  associazioni  del
 volontariato  o  dalle  strutture  private.  Tale obbligo, secondo la
 ricorrente,  sarebbe  illegittimo,  in  quanto  troppo  stringente  e
 puntuale.
     4. - Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito in
 tutti i giudizi instaurati con i ricorsi  precedentemente  riassunti,
 chiedendo il rigetto delle richieste avanzate.
    In generale, l'Avvocatura dello Stato osserva come la legge n. 107
 del 1990 abbia dato attuazione all'art. 4 della legge n. 833 del 1978
 al  fine  di  assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per
 tutto il territorio nazionale. Si tratterebbe, piu' precisamente,  di
 una  legge  quadro  di  settore  che  ripartisce  le competenze nella
 materia regolata tra Stato e regioni  entro  un  quadro  armonico  di
 programmazione  dei  servizi  e delle attivita', con previsione di un
 programma specifico per le attivita' trasfusionali,  nell'ambito  del
 piano  sanitario,  formato  su  parere-proposta  di  una  Commissione
 nazionale,  comprensiva  di  rappresentanti  delle  regioni  e  delle
 province  autonome. Ed e' in questo quadro che, secondo l'Avvocatura,
 va inquadrata la funzione di  indirizzo  e  coordinamento  (art.  11,
 primo  comma)  e  il potere sostitutivo (art. 1, nono comma), di modo
 che non  sarebbe  possibile  considerarli  come  espropriativi  delle
 competenze regionali o provinciali.
     Secondo  la  resistente, il fine di stabilire condizioni uniformi
 per tutto il territorio nazionale  relativamente  alla  raccolta  del
 sangue  giustifica  anche la trasformazione da eventuale a necessario
 del  rapporto  del  volontariato  specifico  nel  Servizio  sanitario
 nazionale  (art.  1,  ottavo  comma)  e  la  conseguente  validazione
 nazionale degli statuti delle associazioni e federazioni dei donatori
 volontari  di  sangue sulla base delle indicazioni ministeriali (art.
 2, terzo comma), nonche' il potere sostitutivo statale nella  stipula
 delle  convenzioni  per le regioni inadempienti (art. 1, nono comma).
 Inoltre, la diversa  realta'  regionale  nella  raccolta  del  sangue
 avrebbe  imposto  l'esistenza  di un prezzo unitario del sangue anche
 all'emoscambio (art. 8, primo e quarto comma, in  relazione  all'art.
 11,  terzo  comma,  lettera  e), con relativa azione promozionale per
 raggiungere l'autosufficienza  del  sangue  su  tutto  il  territorio
 nazionale (art. 11, quarto e quinto comma).
     Infine,  per quanto riguarda l'art. 24, primo comma, l'Avvocatura
 dello Stato osserva che il vecchio regolamento  di  esecuzione  della
 legge  n.  592  del 1967 (ora abrogata) ha un carattere tecnico e non
 puo'  essere  posto  in  parallelo  con   l'atto   di   indirizzo   e
 coordinamento  previsto  all'art.  11,  primo  comma,  ed esser cosi'
 considerato   contrastante   con   l'autonomia   legislativa    delle
 ricorrenti,   dal  momento  che  la  statuita  ultravigenza  di  quel
 regolamento avrebbe il solo scopo di evitare soluzioni di continuita'
 nel  servizio trasfusionale vigente, che era regolato in buona misura
 dalla citata legge  n.  592  del  1967  e  solo  in  parte  da  leggi
 applicative regionali.
     5. - In prossimita' dell'udienza la Provincia autonoma di Bolzano
 ha presentato una memoria per ribadire le  proprie  posizioni  e  per
 replicare agli argomenti addotti dall'Avvocatura dello Stato.
     Sotto quest'ultimo profilo, la ricorrente, oltre alla genericita'
 dei rilievi esposti dalla resistente, sottolinea come molte attivita'
 -  quali  la  programmazione dei servizi trasfusionali, la tenuta del
 registro del sangue, la stipula delle convenzioni con le associazioni
 e   le   federazioni  di  donatori,  la  determinazione  dei  bacini,
 l'individuazione dei centri di coordinamento e di  compensazione,  la
 promozione   della   donazione  -  siano  sottratte  alle  competenze
 regionali o provinciali  oppure  svuotate  da  penetranti  interventi
 statali.  Ne',  sempre  ad  avviso  della  ricorrente, avrebbe valore
 sostenere che alla programmazione  nazionale  concorre  il  parere  -
 proposta  di  una  Commissione  cui  partecipano anche rappresentanti
 regionali (e provinciali), poiche' questi ultimi sono solo quattro su
 un  totale di ventun membri. E neppure potrebbe valere, rispetto alla
 Provincia di Bolzano,  la  tesi  secondo  la  quale  la  disposizione
 dell'art.   24,   concernente   l'ultrattivita'  del  regolamento  di
 esecuzione emanato con  d.P.R.  24  agosto  1971,  n.  1256,  sarebbe
 giustificata  dall'esigenza  di  evitare  soluzioni  di  continuita',
 considerato  che  la  ricorrente  ha  gia'  esercitato   la   propria
 competenza  in  materia con la legge provinciale 24 novembre 1973, n.
 86, e con il relativo  regolamento  di  esecuzione,  nonche'  con  il
 recente Piano sanitario provinciale 1988-1991, approvato con la legge
 provinciale n. 33 del 1988.
     6.  -  Nel  corso della discussione orale nella pubblica udienza,
 l'Avvocatura dello Stato, premesso in via generale come sia difficile
 separare  la  disciplina sulle attivita' trasfusionali del sangue (di
 competenza regionale) da quella  sugli  emoderivati  (riservata  allo
 Stato)  e premesso che la legge impugnata rivela una particolare cura
 nel salvaguardare le competenze regionali (e provinciali), precisa in
 particolare  che,  nei  poteri  di  indirizzo  e  coordinamento  e di
 intervento sostitutivo, al Ministro della sanita'  sono  riconosciuti
 poteri  meramente  sollecitatori  di  deliberazioni governative. Essa
 aggiunge,  poi,  con  riguardo   alla   funzione   di   indirizzo   e
 coordinamento,  che,  pur  se  qualche  dubbio  potrebbe  sorgere sul
 procedimento previsto, pochi dubbi si dovrebbero avere  sull'oggetto,
 il   quale,   quando   incide  su  materie  di  spettanza  regionale,
 consisterebbe in direttive e posizioni di principio,  mentre,  quando
 concerne  materie  riservate allo Stato, dovrebbe esser dato da norme
 di natura regolamentare.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  Regione Lombardia e le Province autonome di Trento e di
 Bolzano hanno sollevato, con tre distinti ricorsi, numerose questioni
 di legittimita' costituzionale concernenti la legge 4 maggio 1990, n.
 107 (Disciplina per le attivita'  trasfusionali  relative  al  sangue
 umano  ed ai suoi componenti e per la produzione di plasma-derivati).
     Piu' in particolare, la Regione Lombardia e la Provincia autonoma
 di Trento contestano la legittimita' costituzionale dell'intera legge
 nonche'  degli  artt.  1,  ottavo  e  nono comma, 2, terzo comma, 11,
 primo, quarto e quinto comma, e 24, secondo periodo,  ritenendoli  in
 contrasto,   rispettivamente,   con   gli   artt.  117  e  118  della
 Costituzione (in relazione al d.P.R. 27 luglio  1977,  n.  616,  alla
 legge  23  dicembre  1978, n. 833, nonche' all'art. 17 della legge 23
 agosto 1988, n.  400), e con gli artt. 9, n. 10, e 16  dello  Statuto
 speciale  per il Trentino Alto-Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670),
 in connessione con le relative norme di attuazione e le citate  leggi
 nn.  833  del  1978 e 400 del 1988. La Provincia autonoma di Bolzano,
 invece, sospetta che siano contrari all'art. 9, n. 10, all'art. 16, e
 all'art.  100  dello  Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige, in
 connessione con le relative norme di attuazione e con l'art. 80 della
 citata  legge  n. 833 del 1978, sia gli articoli gia' impugnati dalle
 altre ricorrenti, sia gli artt. 1, settimo comma, 4, 5, 6, 7, 8,  12,
 quarto comma, e 19, primo comma.
     Poiche'   i  ricorsi  sollevano  questioni  di  costituzionalita'
 identiche   o   connesse,   i   relativi   giudizi   vanno   discussi
 congiuntamente e decisi con un'unica sentenza.
     2.  -  La  Regione  Lombardia  e  la Provincia autonoma di Trento
 contestano la legittimita' costituzionale dell'intera  legge  n.  107
 del  1990,  adducendo che questa, nella sua complessiva impostazione,
 sarebbe lesiva delle competenze regionali (e provinciali) in  materia
 di  sanita',  sia  perche' disciplinerebbe oggetti non riservati allo
 Stato, sia perche' conterrebbe norme di  dettaglio  o  rinvierebbe  a
 regolamenti  o  a decreti ministeriali l'adozione di norme egualmente
 analitiche in relazione a settori materiali affidati alle regioni  (e
 alle province autonome).
     La questione, cosi' come e' posta, non e' ammissibile.
     E'  affermazione  ormai  costante  nella giurisprudenza di questa
 Corte (v. sentt. nn. 195 del 1986, 517 del 1987, 998 e 1111 del 1988,
 242  e  459  del  1989,  85  del  1990)  che anche nei ricorsi in via
 principale ogni questione di legittimita' costituzionale deve  essere
 definita nei suoi precisi termini e dev'essere adeguatamente motivata
 al fine di render possibile l'inequivoca determinazione  dell'oggetto
 del   giudizio   e   di   consentire   la   verifica   dell'eventuale
 pretestuosita'  o  astrattezza   dei   dubbi   di   costituzionalita'
 sollevati,  nonche'  della sussistenza dell'interesse a ricorrere, in
 relazione   alle   singole   disposizioni   impugnate.   Poiche'   le
 contestazioni   concernenti   l'intera  legge  non  toccano  in  modo
 specifico singole disposizioni,  neanche  quelle  di  carattere  piu'
 generale  e tali da irradiare i propri eventuali vizi sul complessivo
 testo legislativo,  le  relative  censure  devono  esser  considerate
 inammissibili a causa della loro genericita'. Tanto piu' cio' vale in
 presenza di una legge, come quella esaminata,  che  solo  per  quanto
 riguarda  la  raccolta,  il  frazionamento,  la  conservazione  e  la
 distribuzione del sangue  umano  e'  una  legge-cornice,  diretta  ad
 assicurare, in un settore assegnato alla competenza concorrente delle
 regioni e delle province autonome, le condizioni  e  le  garanzie  di
 salute  uniformi  per  tutto  il  territorio nazionale (art. 4, primo
 comma, n. 6, della legge n. 833 del 1978), mentre per tutto quel  che
 concerne   la   produzione,   la   registrazione,   la   ricerca,  la
 sperimentazione,  il  commercio  e  l'informazione  riguardanti   gli
 emoderivati  e' una legge direttamente regolante un settore riservato
 alle competenze dello Stato (art. 6, lettera c, della  legge  n.  833
 del  1978,  nonche'  art.  3, n. 5, del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474,
 contenente  norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale  per   il
 Trentino-Alto Adige).
     3.  -  Prima di esaminare partitamente le specifiche questioni di
 legittimita'  costituzionale  sollevate  dalle  ricorrenti,   occorre
 considerare  che  la  Provincia  autonoma  di Bolzano precisa nel suo
 ricorso che tutte le censure da essa sollevate contro la legge n. 107
 del  1990, ad eccezione di quella riguardante l'art. 11, primo comma,
 devono intendersi condizionate all'applicabilita' alla  Provincia  di
 Bolzano  delle  disposizioni  cui si riferiscono le predette censure,
 considerato  che,   mentre   l'art.   11,   primo   comma,   menziona
 espressamente  le  province  autonome  accanto alle regioni, tutte le
 altre disposizioni, invece, fanno esplicito riferimento soltanto alle
 regioni.
     Il  dubbio  che  le disposizioni le quali menzionano solamente le
 regioni non siano applicabili alle province autonome non puo'  essere
 condiviso, poiche', come questa Corte ha piu' volte affermato (v., ad
 esempio, sentt. nn. 210 e 433 del 1987, 1000 del 1988, 372 del 1989),
 quando  una  disposizione  di  legge  usa  la  semplice  locuzione di
 "regioni", non si puo' da cio' stesso inferire che il legislatore non
 abbia  inteso  alludere anche alle province autonome o alle regioni a
 statuto speciale, dovendosi  piuttosto  analizzare  quell'espressione
 senza   ulteriori  qualificazioni  nell'ambito  dell'intero  contesto
 legislativo e nel significato che ad essa si  puo'  dare  sulla  base
 delle   comuni   regole   di  interpretazione  della  "volonta'"  del
 legislatore. Nel caso delle disposizioni di legge contestate  non  si
 puo'  dubitare  che  la  locuzione "regioni" abbia il suo significato
 piu'  ampio,  comprensivo   anche   delle   province   ad   autonomia
 differenziata, oltreche' delle regioni a statuto speciale.
     A  tale  conclusione  conducono  vari argomenti. Innanzitutto, va
 ricordato che l'art. 11, primo  comma,  nel  prevedere  le  norme  di
 attuazione  dell'intera  legge e nel vincolare le autonomie regionali
 alla loro osservanza, fa esplicito richiamo, oltreche' alle  regioni,
 alle  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  sottintendendo
 chiaramente  con  cio'  che  anche  queste  ultime   sono   vincolate
 all'intera legge cui quelle norme debbono dare attuazione. In secondo
 luogo,  l'art.  12  della  legge  impugnata,  allorche'  prevede  una
 Commissione  nazionale  per  il  servizio  trasfusionale,  avente una
 generale funzione consultiva  nei  confronti  di  tutte  le  funzioni
 attribuite  dalla  legge al Ministro della sanita', ne stabilisce una
 composizione cui  partecipano  anche  "quattro  rappresentanti  delle
 regioni e delle province autonome": e cio' non avrebbe alcun senso se
 non si presupponesse che l'insieme  delle  funzioni  ministeriali  e,
 quindi,  l'intera  legge  non  si  applicassero  anche  alle province
 autonome. Infine, a  conforto  di  tali  elementi  testuali,  occorre
 sottolineare  che  dai  lavori preparatori risulta chiara la volonta'
 del legislatore di  predisporre  una  legge-cornice  per  un  settore
 particolare  della  sanita',  cioe'  le  attivita'  trasfusionali del
 sangue umano, che, come tale, e' diretta ad esser applicata in  tutti
 gli  enti dotati di potesta' legislative concorrenti e amministrative
 in materia sanitaria, vale a dire  in  tutte  le  regioni  a  statuto
 ordinario, in quelle a statuto speciale e nelle province ad autonomia
 differenziata.
     4.   -   La  sola  Provincia  autonoma  di  Bolzano  contesta  la
 legittimita' costituzionale dell'art. 1, settimo comma, per il  quale
 "in ciascuna regione e' istituito, secondo le indicazioni fissate con
 decreto del Ministro della  sanita',  il  registro  del  sangue".  Ad
 avviso  della  ricorrente, tale disposizione violerebbe le competenze
 delle province autonome in materia di igiene e sanita',  dal  momento
 che,  con  l'affidare  al  Ministro  della  sanita' l'indicazione dei
 contenuti del menzionato registro, invaderebbe con norme di dettaglio
 un   settore   assegnato  alla  sfera  di  attribuzione  regionale  e
 provinciale.
     La censura non e' fondata.
     La  competenza ministeriale di determinare le indicazioni in base
 alle quali dev'essere istituito, formato e  tenuto  il  registro  del
 sangue  in  ciascuna  regione costituisce l'oggetto di una riserva di
 funzione a favore dello Stato, giustificata da un interesse nazionale
 non  frazionabile,  frutto di una scelta legislativa non arbitraria e
 perseguito con mezzi non incongrui (v., ad esempio, sentt. nn. 177  e
 217 del 1988, 407 del 1989).
     E,  infatti, il problema principale che la nuova legge si propone
 di risolvere e' quello dell'autosufficienza della disponibilita'  del
 sangue  e  dei  suoi  componenti utilizzabili a scopi terapeutici, in
 modo da eliminare la dipendenza dall'estero, tuttora  sussistente  in
 questo  delicato  settore.  A questo fine di primaria importanza sono
 direttamente collegate alcune disposizioni, le quali  apprestano  gli
 strumenti  strategicamente  piu'  rilevanti  rispetto  allo scopo cui
 servono, quali il rafforzamento dei legami con il Servizio  sanitario
 nazionale  e  dei  vincoli solidaristici relativi alle associazioni e
 alle federazioni dei donatori volontari (art.  2),  l'affidamento  ai
 centri  regionali  di  coordinamento  e  di compensazione dei compiti
 necessari al  raggiungimento  dell'autosufficienza  del  sangue,  del
 plasma  e degli emoderivati all'interno di ciascuna regione (art. 8),
 la previsione, nell'ambito  del  Piano  sanitario  nazionale,  di  un
 programma specifico per le attivita' trasfusionali, al quale dovranno
 seguire "piani sangue  regionali"  (art.  12,  quinto  comma,  e  11,
 secondo  comma)  e,  infine, l'esigenza, perfettamente consequenziale
 nel quadro appena  delineato,  di  stabilire  i  necessari  punti  di
 uniformita' in relazione al coordinamento nazionale dello svolgimento
 delle  attivita'  piu'  rilevantemente  connesse  con  le  competenze
 statali,  concernenti,  segnatamente,  la determinazione del registro
 del sangue e le convenzioni regionali  relative  alla  partecipazione
 delle  associazioni  e  delle federazioni dei donatori volontari alle
 attivita' trasfusionali (artt. 1, settimo e ottavo comma).
     Piu'   in   particolare,   sotto  quest'ultimo  profilo,  non  va
 trascurato che la determinazione delle indicazioni  uniformi  per  la
 formazione  e la tenuta del registro del sangue risponde al carattere
 strettamente strumentale di  quest'ultimo  rispetto  all'acquisizione
 delle  informazioni e dei dati necessari all'esercizio delle funzioni
 statali relative agli  emoderivati  e,  soprattutto,  necessari  allo
 svolgimento  della  competenza  attribuita  allo Stato concernente la
 determinazione del programma nazionale per le attivita' trasfusionali
 nell'ambito  del  piano sanitario nazionale. Cio', del resto, risulta
 chiaramente dai lavori preparatori della  legge  e,  in  particolare,
 dall'affermazione  del  relatore  alla  Camera dei deputati diretta a
 sottolineare  "l'opportunita'  di  prevedere  registri  regionali   e
 nazionali   del   sangue,   che  permetterebbero  un  monitoraggio  e
 un'osservazione piu' coordinata all'interno del  nostro  territorio".
 Esigenza,  questa,  che  e'  direttamente riflessa nella disposizione
 immediatamente susseguente a  quella  oggetto  dell'attuale  censura,
 laddove  si  stabilisce,  con  un  chiaro  riferimento  anche ai dati
 desumibili dai  registri  del  sangue,  che  i  centri  regionali  di
 coordinamento  e  di  compensazione  "trasmettono  al Ministero della
 sanita' i dati relativi alla loro attivita'".
     5.  -  Per  gli  stessi  motivi  ora formulati deve ritenersi non
 fondata la questione di  legittimita'  costituzionale  che  tutte  le
 ricorrenti hanno sollevato, con argomenti analoghi a quelli esaminati
 nel punto della motivazione immediatamente precedente, nei  confronti
 dell'art.  1, ottavo comma, il quale stabilisce che la partecipazione
 alle attivita'  trasfusionali,  organizzate,  ai  sensi  della  legge
 impugnata,  da  parte  delle  associazioni  e  delle  federazioni dei
 donatori volontari concorrenti ai  fini  istituzionali  del  Servizio
 sanitario  nazionale,  "e' regolata da apposite convenzioni regionali
 adottate in conformita' allo schema tipo  definito  con  decreto  del
 Ministro della sanita'".
     Anche  nell'ipotesi  ora  considerata,  infatti,  la riserva allo
 Stato  della  determinazione  di  uno  schema-tipo   di   convenzione
 regionale  va  giustificata  con  il  preminente  interesse nazionale
 sottostante  all'esigenza,  espressa  dalla  disposizione  impugnata,
 relativa  a  una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale
 dei rapporti fra le organizzazioni dei donatori volontari e i  centri
 trasfusionali.  E  tale esigenza e' tanto piu' forte se si considera,
 come e' stato sottolineato nel punto precedente,  che  la  disciplina
 interessata concerne uno snodo essenziale del programma nazionale per
 le attivita' trasfusionali, avente come  obiettivo  il  perseguimento
 dell'autosufficienza   della   disponibilita'   del  sangue  a  scopi
 terapeutici. Infatti, la raccolta del sangue regolata dalla legge  n.
 107  del  1990  si  basa  sul presupposto della "donazione volontaria
 periodica e gratuita del sangue umano e dei suoi  componenti"  (artt.
 1,  secondo  comma,  e  3,  primo  comma) e segue il principio che il
 "sangue umano e i suoi derivati non sono fonte di profitto" (art.  1,
 quarto  comma).  Sicche'  la  realizzazione  su  tutto  il territorio
 nazionale   di   una   disciplina   uniforme    relativamente    alla
 partecipazione  delle  organizzazioni  dei  donatori  volontari  alle
 attivita' trasfusionali e' un punto decisivo del disegno legislativo,
 diretto  a  garantire  continuita'  e  razionalita' alla raccolta del
 sangue.
     Ne'  puo' riconoscersi valore agli argomenti della ricorrente, in
 base ai quali le disposizioni ora esaminate sarebbero invasive  delle
 competenze regionali, in quanto disciplinerebbero oggetti estranei ed
 esorbitanti rispetto alle finalita' che l'art. 4 della legge  n.  833
 del  1978  affida  all'atto  legislativo  ora  esaminato, vale a dire
 rispetto allo scopo di assicurare condizioni e garanzie  uniformi  su
 tutto  il  territorio nazionale. Infatti, pur a voler prescindere dai
 rilievi  precedenti  tendenti  a  dimostrare  che   le   disposizioni
 impugnate  si inquadrano perfettamente nelle anzidette finalita', non
 si puo' negare che  il  legislatore  nazionale  possa,  in  linea  di
 principio,  correggere  o rivedere una ripartizione di competenze fra
 Stato e regioni precedentemente definita da una legge  ordinaria  (v.
 sent.  n.  85  del 1990). Nel caso, comunque, non puo' essere taciuto
 che, nel riservare al Ministro della sanita' la determinazione  degli
 schemi-tipo  delle  convenzioni regionali, la legge impugnata prevede
 che nell'esercizio  del  relativo  potere  il  Ministro  deve  essere
 assistito  dal  parere  della  Commissione  nazionale per il servizio
 trasfusionale (art. 12, primo comma),  nella  quale  siedono  quattro
 rappresentanti  delle regioni e delle province autonome, che potranno
 far presente in quella sede le particolari esigenze locali.  Inoltre,
 non  va  neppure trascurato che la competenza statale e' circoscritta
 alla determinazione degli schemi-tipo, i quali, per  propria  natura,
 dovranno  fissare  i profili piu' generali della relativa disciplina,
 lasciando alle regioni e alle province autonome  la  possibilita'  di
 regolare,  sulla base di proprie scelte, gli aspetti piu' particolari
 e peculiari alle singole realta' locali (v. sent. n. 191 del 1976).
     6.  -  Parzialmente  fondata  e'  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale che le tre ricorrenti hanno  sollevato  nei  confronti
 dell'art.  1, nono comma, il quale stabilisce che "qualora, trascorsi
 sei mesi dal termine fissato nello schema-tipo, i  competenti  organi
 regionali  non  abbiano proceduto alla stipulazione delle convenzioni
 di cui al comma ottavo del presente articolo, si  provvede  ai  sensi
 dell'art.  6,  comma secondo, della legge 23 ottobre 1985, n. 595", e
 cioe' nel senso che "il  Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del
 Ministro  della sanita', dispone il compimento degli atti relativi in
 sostituzione dell'amministrazione regionale".
     Ad    avviso    delle    ricorrenti,   nell'ipotesi   considerata
 mancherebbero taluni dei requisiti  riconosciuti  come  necessari  da
 questa  Corte  al  fine  di ritenere legittimo l'esercizio dei poteri
 sostitutivi dello Stato nei confronti delle regioni. In  particolare,
 esse  sostengono, la partecipazione delle organizzazioni dei donatori
 alle  attivita'  trasfusionali  mediante   convenzionamento   sarebbe
 soltanto  un'eventualita', non gia' un comportamento dovuto; inoltre,
 non vi sarebbe nella  legge  alcun  termine  perentorio,  ne'  questo
 sarebbe  ricavabile  dalla  natura  dell'intervento previsto; infine,
 l'intera  procedura  richiamata  dalla  disposizione  impugnata   non
 ottempererebbe ai principi della leale cooperazione.
     In  effetti,  questa Corte ha piu' volte affermato (v. sentt. nn.
 153 e 294 del 1986, 177 del 1988, 101 del 1989, 85 del 1990), che  in
 materia  di  intervento sostitutivo posto in essere da organi statali
 nei confronti di quelli  regionali  in  relazione  al  compimento  di
 particolari  adempimenti,  il  relativo  potere  deve  avere una base
 legale, deve essere strumentale  all'adempimento  di  obblighi  o  al
 perseguimento  di  interessi  tutelati costituzionalmente come limiti
 all'autonomia  regionale,  deve  riguardare  attivita'  sottoposte  a
 termini  perentori  o  la  cui  mancanza metterebbe in serio pericolo
 interessi  affidati  alla   responsabilita'   finale   dello   Stato,
 dev'essere   esercitato   da   un'autorita'  di  governo  e,  infine,
 dev'essere assistito da garanzie ispirate al principio  della  "leale
 cooperazione".  Ebbene, le considerazioni gia' svolte dimostrano come
 tali requisiti, ad eccezione di  quello  indicato  da  ultimo,  siano
 tutti  presenti  nell'ipotesi  esaminata,  compresa l'esistenza di un
 termine perentorio per l'adempimento,  che,  come  e'  stato  ammesso
 dalla  sentenza  n.  85  del  1990,  non  dev'essere  necessariamente
 predeterminato  dalla  legge   che   prevede   il   relativo   potere
 sostitutivo.   Tuttavia   la  mancata  predisposizione  di  procedure
 ispirate al principio di cooperazione e, segnatamente,  l'assenza  di
 una  previa  messa in mora della regione (o della provincia) inattiva
 mediante diffida ad adempiere entro un determinato termine,  porta  a
 dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 1, nono comma,
 nella parte in cui non prevede un congruo preavviso  alla  regione  o
 alla  provincia  autonoma  inadempiente  in ordine all'adozione degli
 atti sostitutivi ivi previsti.
     7.  -  Tutte  e  tre  le  ricorrenti  contestano  la legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, terzo comma, il quale, dopo aver previsto
 al  comma  precedente  che  le associazioni dei donatori volontari di
 sangue e le relative federazioni concorrono ai fini istituzionali del
 Servizio  sanitario nazionale concernenti la promozione e lo sviluppo
 della donazione di sangue e la tutela dei  donatori,  stabilisce  che
 rientrano  nelle  associazioni  e  nelle federazioni prima menzionate
 "quelle il cui statuto  corrisponde  alle  finalita'  della  presente
 legge,  secondo le indicazioni fissate dal Ministro della sanita' con
 proprio decreto". Secondo le ricorrenti,  tale  disposizione  sarebbe
 illegittima,  poiche',  per  la  Regione  Lombardia e la Provincia di
 Trento, il potere del Ministro, del tutto discrezionale, non  sarebbe
 sorretto  da un interesse nazionale, in considerazione dell'esistenza
 di  realta'  locali  estremamente   variegate,   non   disciplinabili
 unitariamente, e, ad avviso della Provincia di Bolzano, poiche' detta
 disposizione esigerebbe illegittimamente che  le  organizzazioni  dei
 donatori   di   sangue  diano  alla  propria  azione  una  dimensione
 nazionale.
    La questione non e' fondata.
    Si  puo',  certo,  convenire con le ricorrenti nel ritenere che le
 associazioni dei donatori di sangue abbiano caratteri  molto  diversi
 da  regione  a  regione sia per quanto riguarda le loro strutture e i
 loro scopi, sia per quanto concerne l'erogazione dei relativi servizi
 sotto  il  profilo  qualitativo  e  quantitativo;  e si puo' altresi'
 convenire che molte di tali differenze  siano  presenti  nelle  leggi
 regionali  sussistenti nelle varie regioni. Tuttavia, proprio perche'
 la raccolta di sangue a scopi terapeutici  e'  strettamente  connessa
 con  la  tutela  del  diritto  inviolabile alla salute (art. 32 della
 Costituzione) ed esige, pertanto, che le relative prestazioni possano
 essere  erogate  con  la  massima  uniformita'  possibile su tutto il
 territorio nazionale, non e' affatto irragionevole che il legislatore
 statale,  in  nome del suddetto interesse nazionale, richieda che gli
 statuti delle associazioni e delle federazioni dei donatori  chiamati
 a   collaborare   con  il  Servizio  sanitario  nazionale  presentino
 caratteri  strutturali  e  finalita'  istituzionali  fondamentalmente
 unitari  e  commisurati agli scopi propri della legge sulle attivita'
 trasfusionali.
     In  altri  termini,  l'attribuzione al Ministro della sanita' del
 potere di definire le "indicazioni", in base alle quali valutare, nel
 modo   piu'  uniforme  possibile,  la  corrispondenza  degli  statuti
 associativi delle organizzazioni dei donatori alle finalita'  e  agli
 obiettivi  della  legge  n. 107 del 1990, e' strettamente legata alla
 concorrenza di tali organizzazioni al Servizio sanitario nazionale  e
 alla conseguente esigenza che i relativi servizi siano assicurati con
 caratteristiche  uniformi  (gratuita',  volontarieta',  etc.)  e  con
 elevati  standards  qualitativi e quantitativi in tutto il territorio
 nazionale. Ne' si puo' condividere l'opinione delle  ricorrenti,  per
 la  quale  il  potere  ministeriale  ora  esaminato  e' assolutamente
 discrezionale,  per  il  fatto  che,  trattandosi  di   "indicazioni"
 contenenti  criteri uniformi di adeguamento degli statuti associativi
 alle finalita' della legge n. 107 del  1990,  e'  chiaro  che  queste
 ultime    fungono   da   rigoroso   parametro   delle   deliberazioni
 ministeriali.
     In   questo  quadro,  l'esistenza  di  una  situazione  di  fatto
 variegata nell'organizzazione e negli  obiettivi  delle  associazioni
 dei  donatori  non  puo'  essere  assunta  come  limite o impedimento
 giuridico all'istituzione di una rete di organizzazioni di  volontari
 dotata  di  un  relativo  grado di uniformita' su tutto il territorio
 nazionale. Questo obiettivo, pienamente giustificato  alla  luce  dei
 principi  costituzionali,  non puo' essere confuso, come erroneamente
 suppone la Provincia di  Bolzano,  con  lo  scopo  di  permettere  il
 convenzionamento  con  il  servizio  sanitario  nazionale  alle  sole
 organizzazioni dei donatori operanti a livello nazionale. In realta',
 siffatto  scopo  e'  del tutto estraneo all'art. 2 della legge n. 107
 del 1990, il quale, al contrario, presuppone che le associazioni e le
 federazioni  dei  donatori  volontari  concorrenti alle finalita' del
 Servizio sanitario nazionale conservino i loro  caratteri  peculiari,
 compresa  l'eventuale  dimensione  regionale  o  infra-regionale  del
 raggio  di  attivita'  delle  stesse  associazioni,   purche'   siano
 osservate negli statuti associativi certe linee organizzative e certi
 criteri  di  azione  uniformi,  necessari  ad   assicurare   che   la
 collaborazione delle predette associazioni avvenga nel rispetto delle
 finalita' generali fatte proprie dalla legge n. 107 del 1990.
     8.   -   Tutte   le   ricorrenti   contestano   la   legittimita'
 costituzionale dell'art. 11, primo comma, il quale stabilisce che "il
 Ministro  della  sanita',  sentita la Commissione di cui all'art. 12,
 emana le  norme  di  indirizzo  e  coordinamento  alle  quali  devono
 conformarsi  le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
 per l'attuazione della presente legge". A loro  avviso,  infatti,  la
 disposizione  impugnata,  lungi  dal porre indirizzi e obiettivi alle
 potesta' regionali, istituirebbe una anomala competenza  ministeriale
 ad  adottare  norme regolamentari per l'attuazione dell'intera legge,
 che, come tale, contrasterebbe con l'art. 17 della legge n.  400  del
 1988,  la'  dove  preclude regolamenti d'attuazione delle leggi nelle
 materie spettanti alle potesta'  regionali  (art.  17,  primo  comma,
 lett.  b)  e  vincola  i  regolamenti  ministeriali  agli  ambiti  di
 competenza del Ministro e alle regole formali e procedurali per  essi
 previsti  (art.  17,  terzo  e  quarto  comma).  In ogni caso, sempre
 secondo  le  ricorrenti,  ove   la   disposizione   impugnata   fosse
 interpretata  come istitutiva di un potere governativo di indirizzo e
 coordinamento, questo dovrebbe essere considerato  costituzionalmente
 illegittimo  per  vizi di forma e di sostanza, nonche', limitatamente
 al ricorso proposto dalla Provincia  di  Bolzano,  per  il  fatto  di
 estendere  quel  potere  alla suddetta Provincia, in violazione dello
 Statuto  e  della  legge   n.   833   del   1978   che   vieterebbero
 quell'estensione.
     La questione e' fondata.
     Questa  Corte  ha  gia'  affermato che la funzione governativa di
 indirizzo e coordinamento "costituisce l'esercizio di una  competenza
 particolare che si distingue da altri poteri governativi di direzione
 o di direttiva - e, a maggior ragione,  di  normazione  -  per  avere
 contenuto  e  caratteri  formali del tutto peculiari " (v. sentt. nn.
 389 del 1989 e 345 del 1990).  Piu'  in  particolare,  questa  Corte,
 limitatamente ai profili rilevanti rispetto alla questione esaminata,
 ha sottolineato, che la funzione  di  indirizzo  e  coordinamento  e'
 svolta  attraverso  atti  caratterizzati  da  un contenuto tipizzato,
 consistente in indirizzi e criteri di coordinamento che sono rivo'lti
 a  vincolare  teleologicamente l'esercizio di potesta', legislative e
 amministrative, di soggetti dotati  di  autonomia  costituzionalmente
 garantita, quali le regioni e le province autonome, e che, in ragione
 di questa loro particolare destinazione,  sono  tenuti  a  rispettare
 peculiari  limiti  di svolgimento e ad essere adottati in determinate
 forme e secondo certe procedure.
     Dall'analisi  del  contenuto  degli  atti  e  della  natura della
 funzione cui si riferisce l'art. 11, primo comma, della legge n.  107
 del 1990, si deduce chiaramente che quella configurata nell'anzidetta
 disposizione non puo' essere qualificata,  sulla  base  dei  principi
 posti da questa Corte, come funzione di indirizzo e coordinamento. In
 primo luogo, infatti, essa e' definita come una  potesta'  normativa,
 cioe' come una fonte, e non gia' come un potere vo'lto alla posizione
 di fini o di direttive di coordinamento, che, proprio per questo  suo
 carattere  strutturale,  esige  una  conformazione,  da  parte  delle
 regioni e delle province autonome, che si considera soddisfatta anche
 mediante  il perseguimento di un risultato equivalente (v. sentt. nn.
 560  e  744  del  1988).  Inoltre,  la  potesta'  normativa  prevista
 dall'art.  11,  primo  comma,  essendo  ricondotta  a  una competenza
 oggettivamente circoscritta alla generale "attuazione della  presente
 legge", si caratterizza come diretta a costituire una fonte normativa
 secondaria  o,  piu'  precisamente,  si   qualifica   come   potesta'
 regolamentare  vo'lta  all'attuazione della legge, la quale, ai sensi
 dell'art. 17, primo comma, lettera b), non puo'  concernere  "materie
 riservate alla competenza regionale".
     Se, dunque, deve escludersi che l'art. 11, primo comma, configuri
 una potesta' propriamente riconducibile alla funzione di indirizzo  e
 coordinamento,  il cui esercizio porta all'emanazione di atti che non
 possono avere valore meramente dispositivo, non resta che  dichiarare
 l'illegittimita'    costituzionale    della    relativa   statuizione
 limitatamente all'inciso "di indirizzo e  coordinamento,  alle  quali
 devono  conformarsi  le regioni e le province autonome di Trento e di
 Bolzano". A seguito di tale pronunzia, l'art. 11, primo comma, rimane
 circoscritto  alla previsione che il Ministro della sanita' "emana le
 norme per l'attuazione della presente legge", nel senso che questi e'
 autorizzato  a  porre  tali  norme  nell'ambito  della competenza sua
 propria e delle  autorita'  a  lui  sottordinate,  nel  rispetto  del
 procedimento  indicato dall'art. 17, quarto comma, della legge n. 400
 del 1988. Rimane fermo, naturalmente,  che  nelle  materie  riservate
 alle  competenze  regionali  (e  provinciali)  e'  possibile  che, in
 mancanza di leggi regionali (o provinciali) disciplinanti gli  stessi
 oggetti,  continuino  a  sussistere regolamenti statali con efficacia
 dispositiva o suppletiva (v. sentt. nn. 226 del 1986 e 165 del 1989);
 ma  deve  trattarsi,  in  ogni  caso,  di  regolamenti deliberati dal
 Consiglio dei ministri nelle forme e nei limiti  stabiliti  dall'art.
 17 della legge n. 400 del 1988.
     Resta  assorbito ogni altro profilo sollevato dalle ricorrenti in
 relazione alla medesima questione.
     9.  -  In  connessione  con la questione appena esaminata e con i
 medesimi argomenti addotti riguardo  ad  essa,  tutte  le  ricorrenti
 hanno altresi' impugnato l'art. 24 della legge n. 107 del 1990, nella
 parte in cui stabilisce che "sino alla data di emanazione delle norme
 di  indirizzo  e  coordinamento  di  cui  all'art.  11,  comma primo,
 continuano a trovare  applicazione,  in  quanto  compatibili  con  la
 presente  legge,  le  disposizioni  recate dal decreto del Presidente
 della Repubblica 24 agosto 1971,  n.  1256".  La  sola  Provincia  di
 Bolzano  ha poi impugnato l'art. 12, quarto comma, nella parte in cui
 prevede che la commissione ivi prevista formula proposte al  Ministro
 della sanita' "con riferimento all'atto di indirizzo e coordinamento,
 di cui all'art. 11, comma primo".
     Sulla  base  dei  medesimi motivi formulati nel punto precedente,
 ambedue  le  censure  vanno  accolte,  limitatamente  all'inciso  "di
 indirizzo  e  coordinamento"  contenuto  in  entrambe le disposizioni
 impugnate.
     Se  l'incostituzionalita'  della  parte  riferita  dell'art.  12,
 quarto  comma,  e'  meramente   conseguenziale   alla   dichiarazione
 d'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  11, primo comma, merita,
 invece,  qualche  considerazione  aggiuntiva  la  decisione  relativa
 all'art.  24.  Quest'ultimo, infatti, contiene una norma transitoria,
 la quale stabilisce che, finche' non entrano in vigore le nuove norme
 previste   dall'art.   11,   primo   comma,   "continuano  a  trovare
 applicazione" le disposizioni  contenute  nel  regolamento  esecutivo
 adottato  per la precedente legge sul sangue (legge n. 592 del 1967),
 purche' non incompatibili con la nuova legge.
     Premesso  che  non si tratta di un regolamento meramente tecnico,
 come afferma l'Avvocatura dello Stato,  dal  momento  che  questo  e'
 stato  emanato  in  base  a  una  norma di competenza configurante un
 potere regolamentare piu' ampio, concernente  l'organizzazione  e  il
 funzionamento  dei  servizi  trasfusionali,  nonche'  la raccolta, la
 conservazione e l'impiego dei derivati (art. 20 della  legge  n.  592
 del 1967), non possono comunque condividersi, nella loro generalita',
 le censure sollevate dalle  ricorrenti.  La  disposizione  impugnata,
 infatti,  non  pretende  di  estendere  l'applicabilita'  del vecchio
 regolamento,  almeno  fino  all'emanazione  delle  nuove   norme   di
 attuazione,  in  tutto il territorio nazionale, comprese quelle parti
 di esso situate nelle regioni o nelle province  autonome  dove  siano
 entrate  in vigore leggi adottate nell'esercizio delle competenze che
 le stesse regioni (o province autonome)  posseggono  in  materia.  Al
 contrario,  l'art. 24 prevede semplicemente la permanente vigenza del
 vecchio regolamento, con riguardo alle disposizioni non incompatibili
 con  la nuova legge, nei limiti in cui quello sia applicabile, vale a
 dire nei limiti in cui non  sussistano  nella  stessa  materia  leggi
 regionali.  Sicche', come nel caso delle censure rivolte all'art. 12,
 quarto comma, anche quelle mosse all'art. 24 vanno dichiarate fondate
 soltanto per l'aspetto consequenziale all'accoglimento parziale della
 questione relativa all'art. 11, primo comma.
    10.  -  Non  fondate  sono,  invece,  le questioni di legittimita'
 costituzionale che la Provincia di Bolzano ha sollevato nei confronti
 dell'art. 11, quarto comma, e che la Regione Lombardia e la Provincia
 di Trento hanno posto nei confronti dell'art.  11,  quarto  e  quinto
 comma.
     Il   ricordato   quarto   comma   dispone  che,  entro  sei  mesi
 dall'entrata in vigore della legge, il Ministro della sanita',  sulla
 base   delle   carenze   segnalate  dai  centri  di  coordinamento  e
 compensazione, predispone "un  progetto  mirato  ad  incrementare  la
 donazione del sangue periodica e occasionale nei comuni delle regioni
 nelle quali non sia  stata  raggiunta  l'autosufficienza  del  sangue
 donato rispetto alle esigenze, anche mediante il coinvolgimento degli
 stessi comuni in attivita'  di  promozione  e  di  supporto  rispetto
 all'associazionismo".  Il comma successivo stabilisce, invece, che il
 suddetto progetto  "prevede  le  iniziative  piu'  opportune  tese  a
 sensibilizzare  l'opinione  pubblica,  ed in particolare i potenziali
 donatori, sui valori umani e solidaristici  che  si  esprimono  nella
 donazione del sangue e a promuovere l'associazionismo dei donatori al
 fine del raggiungimento dell'autosufficienza".
     Come risulta chiaramente dalla lettura complessiva dei due commi,
 le competenze contestate non  possono  essere  fondatamente  ritenute
 invasive  della  sfera  di attribuzione riservata alle regioni o alle
 province autonome, dal momento che si tratta di attivita' vo'lte alla
 sensibilizzazione   dell'opinione   pubblica   sui   valori  umani  e
 solidaristici connessi alla donazione volontaria del  sangue  e  alla
 promozione  del  relativo associazionismo. In altri termini, le norme
 impugnate concernono attivita' che non hanno  la  forza  di  scalfire
 l'autonomia  regionale  o  provinciale,  dal  momento  che riguardano
 l'informazione, la propaganda o la promozione di comportamenti legati
 all'attuazione di fondamentali doveri di solidarieta' sociale (art. 2
 della Costituzione), in ordine ai quali possono  essere  riconosciuti
 spazi  di azione tanto allo Stato quanto alle regioni: al primo, come
 soggetto in ipotesi interessato a ridurre le importazioni dall'estero
 del  sangue  umano a scopi terapeutici e a produrre a sufficienza gli
 emoderivati; alle regioni e alle province autonome,  in  quanto  enti
 che  la  legge  n.  107  del 1990 impegna a raggiungere, ciascuna nel
 proprio ambito, l'obiettivo dell'autosufficienza nella  raccolta  del
 sangue a fini terapeutici.
     11.  -  La  sola  Provincia  di  Bolzano contesta la legittimita'
 costituzionale degli artt. 4, 5,  6,  7  e  8,  nel  loro  complesso,
 poiche',  nel  far  riferimento ad attivita' di uffici e di strutture
 pubbliche all'interno del territorio provinciale, non richiamerebbero
 i  principi  posti  dall'art.  100  dello  Statuto  speciale  per  il
 Trentino-Alto Adige sul bilinguismo.
     La  questione  non e' fondata, poiche' e' costante giurisprudenza
 di questa Corte (v., da ultimo, sentt. nn. 224 e 343 del 1990 e 3 del
 1991)  che le norme statutarie e quelle di attuazione si applicano di
 per se', a prescindere dall'esistenza di espliciti richiami.
     12.   -   La   Provincia   di  Bolzano,  dubita,  inoltre,  della
 legittimita' costituzionale degli artt. 5, primo comma,  e  6,  primo
 comma,  i  quali, nel porre norme per l'organizzazione dei servizi di
 immunoematologia e trasfusione nonche' dei  centri  trasfusionali,  e
 nel  determinarne  i  relativi bacini di utenza, usurperebbero poteri
 che dovrebbero spettare alla Provincia,  in  quanto  soltanto  questa
 potrebbe adeguatamente conoscere le caratteristiche locali necessarie
 per  un  buon  esercizio  di  quei  poteri,  quali  la  conformazione
 orografica  del territorio, la distribuzione della popolazione, della
 viabilita' e dei mezzi di trasporto.
     La  questione  non  e'  fondata,  poiche' le norme impugnate sono
 chiaramente dirette a stabilire  standards  minimi  relativi  sia  ai
 bacini  di utenza ("bacini di utenza aventi una popolazione di almeno
 400.000 abitanti, con un minimo di uno per provincia"), sia ai centri
 trasfusionali  (i  quali possono integrare i bacini di utenza laddove
 questi superino  i  400.000  abitanti),  standards  che,  come  tali,
 lasciano  sufficiente spazio alle regioni e alle province autonome in
 ordine  alle  valutazioni  concernenti   i   caratteri   locali   del
 territorio, della popolazione, della viabilita' e dei trasporti.
     13.  -  Ancora  la Provincia di Bolzano impugna l'art. 8, secondo
 comma, lettera c) e quarto comma, dal momento che  tali  disposizioni
 sottoporrebbero    il   centro   provinciale   di   coordinamento   e
 compensazione al potere di direzione  dell'Istituto  Superiore  della
 sanita', violando cosi' l'autonomia costituzionalmente garantita alla
 ricorrente.
     La questione non e' fondata.
     Le   norme   impugnate   prevedono  che  i  Centri  regionali  di
 coordinamento  e  di  compensazione  siano  sottoposti,  nelle   loro
 attivita' dirette al controllo del fabbisogno trasfusionale di emazie
 e in genere nelle loro funzioni istituzionali, alle indicazioni e  al
 coordinamento dell'Istituto superiore di sanita' "in attuazione delle
 normative tecniche emanate dal Ministro  della  sanita',  sentita  la
 Commissione  di  cui  all'articolo  12".  Poiche'  l'inciso da ultimo
 citato  lascia  chiaramente  intendere  che  quello  previsto   dalle
 disposizioni  contestate  e'  una  forma  di  coordinamento tecnico e
 poiche' questa Corte ha piu' volte affermato (v. sentt. nn.  924  del
 1988,  242  del  1989,  139 del 1990) che il coordinamento tecnico si
 distingue da quello politico-amministrativo e  puo'  essere  affidato
 anche  ad enti o a istituti appartenenti all'amministrazione statale,
 purche'  dotati  delle  conoscenze  e   delle   esperienze   tecniche
 necessarie  ai  compiti  di volta in volta previsti, non e' possibile
 rinvenire in ipotesi una lesione delle competenze  costituzionalmente
 assicurate alle regioni o alle province autonome.
    14.  -  Infine,  la  Provincia di Bolzano contesta la legittimita'
 costituzionale dell'art. 19,  primo  comma,  il  quale  -  prevedendo
 l'obbligo  di trasferire alle Unita' sanitarie locali, ai policlinici
 universitari e agli istituti  pubblici  a  carattere  scientifico,  i
 centri  trasfusionali  gestiti  per convenzione dalle associazioni di
 volontariato o da strutture  private  -  conterrebbe  una  disciplina
 puntuale,  lesiva  delle  competenze costituzionalmente affidate alla
 Provincia stessa.
     La questione non e' fondata.
     L'obbligo  che la ricorrente ritiene troppo stringente e puntuale
 rientra, in realta', in un disegno  piu'  ampio  di  pubblicizzazione
 della  gestione  relativa  alle  strutture  attraverso  le  quali  e'
 organizzata la raccolta del sangue disciplinata dalla  legge  n.  107
 del  1990.  E'  sufficiente  ricordare,  in  proposito,  che l'art. 6
 prevede che "i centri trasfusionali sono strutture ospedaliere" e che
 l'art.  7,  secondo comma, ammette che soltanto le unita' di raccolta
 possono  essere  gestite  direttamente  dalle  associazioni  o  dalle
 federazioni  di  donatori  volontari  di  sangue. Inoltre, l'art. 19,
 secondo comma, prevede  il  passaggio  alle  strutture  del  Servizio
 sanitario  nazionale anche dei centri trasfusionali della Croce rossa
 italiana. Poiche',  per  le  considerazioni  gia'  svolte  nei  punti
 precedenti, tale disegno non e' affatto irragionevole e incompatibile
 con i principi costituzionali relativi alla tutela  della  salute  in
 tutto il territorio nazionale e poiche' la disposizione oggetto della
 contestazione ora esaminata costituisce un elemento rilevante di  cui
 si compone il suddetto disegno, la questione proposta dalla Provincia
 autonoma di Bolzano va dichiarata non fondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
       1)  dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  dei  seguenti
 articoli della legge  4  maggio  1990,  n.  107  (Disciplina  per  le
 attivita'   trasfusionali   relative  al  sangue  umano  ed  ai  suoi
 componenti e per la produzione di plasmaderivati):
       art.  11, primo comma, limitatamente all'inciso "di indirizzo e
 coordinamento, alle quali devono conformarsi le regioni e le province
 autonome di Trento e di Bolzano";
       art.  12,  quarto  comma,  secondo  periodo, e art. 24, secondo
 periodo, limitatamente all'inciso "di indirizzo e coordinamento";
       2)  dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 1, nono
 comma, della legge 4 maggio 1990, n. 107,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  un  congruo preavviso alla regione o alla provincia autonoma
 inadempiente  in  ordine  all'adozione  degli  atti  sostitutivi  ivi
 previsti;
       3)   dichiara   inammissibili   le  questioni  di  legittimita'
 costituzionale sollevate, con i ricorsi  indicati  in  epigrafe,  nei
 confronti  dell'intera  legge  4  maggio  1990, n. 107, dalla Regione
 Lombardia, in riferimento agli artt. 117  e  118  della  Costituzione
 (come  attuati dagli artt. 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34 del d.P.R.
 27 luglio 1977, n. 616 e dagli artt. 4, 5 e 6 della legge 23 dicembre
 1978,  n.  833,  nonche'  dall'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n.
 400), e dalla Provincia Autonoma di Trento, in  riferimento  all'art.
 9,  n.  10,  e  all'art.  16  dello  Statuto  speciale per la Regione
 Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670),  in  connessione
 con  le relative norme di attuazione (dd.PP.RR. 28 marzo 1975, n. 474
 e 19 novembre 1987, n. 526), e con gli artt. 4, 5 e 6 della legge  23
 dicembre 1978, n. 833, e con l'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n.
 400;
       4)  dichiara  non  fondate,  in  riferimento,  per  la  Regione
 Lombardia e la Provincia autonoma di  Trento,  alle  norme  parametro
 indicate  al  precedente  n.  3  del  dispositivo e, per la Provincia
 autonoma di Bolzano, agli artt. 9, n. 10, 16 e 100 dello Statuto,  in
 connessione  con  le relative norme di attuazione (dd.PP.RR. 28 marzo
 1975, n. 474; 6 gennaio 1980, n. 197 e 15 luglio 1988, n. 574) e  con
 l'art.  80  della  legge  23  dicembre  1978, n. 833, le questioni di
 legittimita' costituzionale sollevate,  con  i  ricorsi  indicati  in
 epigrafe, avverso le seguenti disposizioni della legge 4 maggio 1990,
 n. 107:
       art.  1,  settimo  comma  (questione  proposta  dalla Provincia
 autonoma di Bolzano);
       art.   1,   ottavo   comma  (questione  proposta  da  tutte  le
 ricorrenti);
       art.   2,   terzo   comma   (questione  proposta  da  tutte  le
 ricorrenti);
       art.   11,   quarto  comma  (questione  proposta  da  tutte  le
 ricorrenti);
       art.  11,  quinto  comma  (questione  proposta  dalla Provincia
 autonoma di Bolzano);
       artt.  4,  5,  6,  7  e  8  (questione proposta dalla Provincia
 autonoma di Bolzano);
       artt.  5,  primo  comma,  e  6, primo comma (questione proposta
 dalla Provincia autonoma di Bolzano);
       art.  8,  secondo  comma,  lettera c) e quarto comma (questione
 proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano);
       art.  19,  primo  comma  (questione  proposta  dalla  Provincia
 autonoma di Bolzano).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1991.
                          Il Presidente: CONSO
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 6 febbraio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0146