N. 2 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 febbraio 1991
N. 2 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1 febbraio 1991 (della regione Toscana) Finanza regionale - Disposizioni urgenti in materia di finanza locale - Facolta' delle regioni di contrarre mutui decennali, nei limiti risultanti dai bilanci redatti ed approvati ai sensi delle norme vigenti relativamente agli anni 1987, 1988, 1989 e 1990, per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche, private e in concessione che non hanno trovato copertura con il Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi delle aziende di trasporto pubbliche e private, ai sensi della legge 10 aprile 1981, n. 151 - Indebito accollo di oneri economici a carico delle regioni senza copertura finanziaria - Lesione dell'autonomia finanziaria delle regioni. (D.-L. 31 ottobre 1990, n. 310, art. 2-bis). (Cost., artt. 28, primo comma, 81, 97, 117, 118 e 119).(GU n.8 del 20-2-1991 )
Ricorso per la regione Toscana in persona del presidente della giunta regionale Marco Marcucci, rappresentato e difeso per mandato a margine del presente atto dall'avv. Alberto Predieri e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Roma, via G. Carducci n. 4, in forza di deliberazione g.r. n. 372 del 21 gennaio 1991 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2- bis del d.-l. 31 ottobre 1990, n. 310, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 1990, n. 403, introdotto dalla legge di conversione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 1990. 1. - L'art. 2- bis del d.-l. n. 310/1990 "disposizioni urgenti in materia di finanza locale", introdotto con la legge di conversione n. 403/1990, dispone quanto segue: "1. Le regioni possono contrarre mutui decennali, nei limiti delle perdite risultanti dai bilanci redatti e approvati ai sensi delle norme vigenti relativamente agli anni 1987, 1988, 1989 e 1990, per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche, private e in concessione, che non hanno trovato copertura con i contributi di cui all'art. 6 della legge 10 aprile 1981, n. 151, nonche' limitatamente agli importi residuati dopo l'applicazione del primo, secondo, terzo e quarto comma dell'art. 2 del presente decreto. 2. L'assunzione dei mutui di cui al comma 1 puo' avvenire anche in deroga ai limiti previsti dalle leggi vigenti. Le relative procedure e criteri sono stabiliti con decreto del Ministro del tesoro. 3. L'onere di ammortamento dei mutui contratti ai sensi del presente articolo e' a carico dei bilanci delle regioni". 2. - La norma si pone in diametrale e ingiustificato contrasto con l'impostazione e i contenuti della normativa previgente in materia, seguita alla legge quadro n. 151/1981 e emanata in applicazione di questa, con grave ed ingiustificata lesione delle competenze costituzionalmente garantite e dei principi stabiliti dagli artt. 117, 118, 119, 81, 3 primo comma, della Costituzione, di cui piu' volte la Corte costituzionale ha fatto applicazione. Prima dell'entrata in vigore della legge n. 151/1981 l'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 5/1972 disponeva che, nel quadro del trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative esercitate in materia di tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale, erano altresi' trasferite alle regioni le funzioni concernenti "la erogazione di sovvenzioni, contributi e sussidi" (art. 3, lett. c). Successivamente, l'art. 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 trasferiva alle regioni le funzioni amministrative relative alle materie tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale, con inclusione dei servizi pubblici di trasporto di persone e merci (esclusi gli effetti postali) esercitati con linee tranviarie, metropolitane, filoviarie, funicolari e funiviarie di ogni tipo, nonche' automobilistiche. 3. - Nella materia e' intervenuta poi la legge-quadro per l'ordinamento dei trasporti pubblici locali (legge 10 aprile 1981, n. 151). Questa stabilisce che le regioni, nell'ambito delle loro competenze, debbano - tra l'altro - adottare "programmi poliennali o annuali di intervento sia per gli investimenti sia per l'esercizio dei trasporti pubblici locali". Viene pertanto privilegiata la scelta dello strumento programmatorio non solo per quanto concerne le modalita' di svolgimento del servizio dei trasporti pubblici locali (cfr. art. 2, primo comma, lettere a) e b)), ma anche per quanto riguarda lo specifico profilo della erogazione di somme per gli investimenti e l'esercizio dei trasporti (art. 2, lett. c)). L'art. 5 della legge n. 151/1981 fa esplicito riferimento all'art. 2, lett. c), stabilendo che "i contributi per l'esercizio e per gli investimenti di cui alla lett. c) dell'art. 2, sono erogati dalla regione direttamente ovvero tramite gli enti o gli organismi di cui al terzo comma dell'art. 1" (ossia gli enti locali e i loro consorzi). Significativamente l'art. 5 aggiunge che "le somme che le regioni stanziano annualmente in appositi capitoli nei propri bilanci per i suddetti contributi non possono essere comunque inferiori a quanto a tale scopo sara' stato loro attribuito ogni anno dallo Stato attraverso i fondi attribuiti dagli artt. 9 e 11". 4. - Questi ultimi prevedono infatti l'istituzione, da un lato, del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio (artt. 9 e 10, dall'altro, del fondo per gli investimenti (art. 11, 12 e 13). Il primo, istituito presso il Ministero dei trasporti a partire dall'esercizio finanziario 1982, veniva dotato per il 1982 di un importo pari a quello corrisposto dalle regioni, province e comuni alle aziende di trasporto per l'anno 1981. Per gli anni successivi, l'art. 9 disponeva che l'importo sarebbe stato determinato con apposito articolo da inserire nella legge finanziaria, anche in relazione all'incremento della componente prezzi nella variazione del p.i.l. ai prezzi di mercato. Quanto al fondo per gli investimenti, la sua durata era prevista per 4 anni, sino al 1984, dall'art. 11, con specifica destinazione agli acquisti, costruzioni e ammodernamenti di cui all'ultimo comma dell'art. 11, punti 1 e 2. 5. - Va aggiunto che ai sensi dell'art. 6 della legge n. 151/1981 l'erogazione da parte delle regioni dei contributi di esercizio di cui all'art. 5 non puo' prescindere, quanto alle modalita', dalla presenza di "principi e procedure stabiliti con legge regionale"; quanto ai contenuti, dall'obiettivo del conseguimento dell'equilibrio economico dei bilanci, sulla base del calcolo degli elementi specificamente individuati nelle lettere a), b), e c) dello stesso art. 6, elementi aventi non una mera funzione di generico indirizzo, ma specifica funzione di presupposto necessario per la commisurazione dei contributi annuali di esercizio. Quanto ai contributi per gli investimenti, l'art. 8 della legge n. 151/1981 prevede che essi debbano essere erogati solo sulla base dei piani regionali di cui alla lett. b) dell'art. 2, nonche' dei piani di bacino di traffico di cui al n. 3 dell'art. 3. 6. - Dall'esame dei contenuti della legge n. 151/1981, emerge pertanto che: a) al momento stesso in cui e' stata prevista e disciplinata dalla legge-quadro l'erogazione, a carico delle regioni, di contributi per gli esercizi e gli investimenti delle aziende di trasporto, sono stati altresi' istituiti due fondi statali specificamente destinati alle spese regionali per l'erogazioni dei predetti contributi. La corrispondenza tra la spesa regionale e l'ammontare dei fondi statali e' particolarmente evidente per quanto riguarda il fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio, dal momento che esso, fin dalla sua istituzione, viene dotato di un importo pari a quello corrisposto effettivamente dalle regioni per l'anno precedente (ossia per il 1981) per le finalita' di cui al primo comma dell'art. 9, ossia per il ripiano dei disavanzi di esercizio; b) le erogazioni e i contributi regionali diversi da quelli finalizzati al ripiano dei disavanzi di esercizio, sono previsti dalla legge n. 151/1981 unicamente nel quadro di un'azione che presenta il carattere imprescindibile di una connotazione non episodica, anzi programmatoria, dal momento che tali contributi, ai sensi dell'art. 2, lett. c), della legge 151/1981 sono erogati solo a seguito dell'adozione di programmi poliennali o annuali di intervento; c) ancora, i contributi di esercizio di cui all'art. 5 hanno lo scopo di provvedere alle esigenze delle aziende di trasporto solo in quanto sussista la correlazione tra la loro erogazione e l'obiettivo del conseguimento dell'equilibrio economico dei bilanci (art. 6, primo comma) e solo in quanto essi vengano erogati in una misura risultante dall'applicazione di elementi specifici indicati dalla legge (lettere a), b) e c) dell'art. 6). Ne segue ulteriormente che: la legge-quadro ha voluto (ed in seguito, come vedremo, vi e' sempre stato) un intervento statale specifico, distinto dal quadro programmatorio dell'azione regionale e dalle modalita' di erogazione dei contributi regionali ai sensi delle lettere a), b), c), dell'art. 6 della legge n. 151/1981, per la specifica finalita' del ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto; i contributi di esercizio previsti dalla legge a carico del bilancio regionale, non avevano come specifica finalita' il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto, ed erano invece necessariamente correlati ad una scelta pianificatoria regionale e a elementi di calcolo previamente stabiliti sulla base dell'art. 6 della legge n. 151/1981. In altre parole, nel quadro normativo introdotto dalla legge n. 151/1981, il ripiano dei disavanzi delle aziende di trasporto viene attribuito allo Stato. La regione, dal canto suo, ha facolta' di erogare contributi a carico del proprio bilancio se e in quanto essi siano funzionali ad una scelta pianificatoria della stessa regione e funzionali altresi' al conseguimento dell'obiettivo della economicita' della gestione, da perseguire con la commisurazione dei contributi ad un calcolo che deve tener conto degli elementi di cui alle lettere a), b) e c) dell'art. 6. 7. - L'intervento statale nella erogazione di contributi finalizzati ai ripiano dei disavanzi di esercizio e' confermato dalla legislazione successiva, anche quella intervenuta in anni successivi al 1986, ossia precisamente in quegli anni per i quali invece adesso l'art. 2- bis della legge n. 403/1990 pretende di individuare una diversa modalita' del ripianamento del disavanzo delle aziende di trasporto, con oneri a carico delle regioni. Il citato art. 2- bis trova infatti un precedente (analogo, quanto alla previsione della possibilita' di contrarre mutui per ripianare il disavanzo degli esercizi delle aziende di trasporto, ma ben diverso nello stabilire a carico di chi fosse imposto l'ammortamento dei mutui, dal momento che esso non era addossato alle regioni) nell'art. 1 del d.-l. 9 dicembre 1986, n. 833, convertito nella legge 6 febbraio 1987, n. 18. Tale articolo prevede che: "1. I disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e private nonche' dei servizi di trasporto in gestione diretta degli enti locali relativi agli esercizi 1982, 1983, 1984, 1985 e 1986 che non hanno trovato copertura con i contributi di cui all'art. 6 della legge 10 aprile 1981, n. 151, sono assunti a carico dei bilanci delle regioni in misura pari all'80% del loro ammontare. 2. Alla maggiore spesa derivante dall'applicazione del primo comma le regioni provvedono mediante operazioni di mutuo con la Cassa depositi e prestiti secondo procedure e criteri stabiliti con decreto del Ministro del tesoro. Non si applicano i limiti per l'assunzione di mutui previsti per le regioni dalle vigenti disposizioni. L'ammortamento dei mutui ha inizio a partire dall'anno successivo a quello di concessione e il relativo onere e' assunto a carico del bilancio dello Stato". E' evidente che la norma e' analoga a quella censurata in questa sede, con l'unica fondamentale differenza dell'assunzione dei relativi oneri a carico del bilancio dello Stato, invece che a carico dei bilanci delle regioni. Dal combinato disposto degli artt. 1 e 2 emerge che il ripianamento dell'80% dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto e' a carico dello Stato, mentre il residuo 20% e' a carico degli enti locali, con esclusione - pertanto - di oneri a carico delle regioni, dal momento che ad esse rimangono addossati i soli oneri relativi ai contributi di cui all'art. 6 della legge n. 151/1981, che hanno - come detto - diversa natura e funzione. 8. - In altre parole, il d.-l. n. 833/1986 conferma la scelta della legge-quadro sulla attribuibilita' di oneri a carico delle regioni per far fronte alle spese di esercizio delle aziende di trasporto solo in quanto essi fossero inseriti nel quadro programmatorio e conformi agli obiettivi di cui agli artt. 2, 5 e 6 della legge n. 151/1981, e fossero commisurati agli elementi di cui alle lettere a), b) e c) dell'art. 6. Al di fuori di questo specifico inquadramento, residua l'intervento di mero ripiano dei disavanzi di esercizio, che - confermando una scelta voluta dalla legge-quadro - il d.-l. n. 833/1986 e la legge n. 18/1987 addossano allo Stato per la maggior parte e agli enti locali per la parte residua. 9. - La stessa impostazione e' successivamente confermata dal decreto del Ministro del tesoro 9 febbraio 1987 ("determinazione delle procedure e dei criteri per l'assunzione, ai sensi dell'art. 1 del d.-l. 9 dicembre 1986, n. 833, convertito con modificazioni dalla legge 6 febbraio 1987, n. 18, dei mutui di finanziamento dei disavanzi di esercizio dei servizi di trasporto locali relativi agli anni 1982, 1983, 1984, 1985 e 1986"), nonche' dalla circolare del Ministro del tesoro n. 60 del 28 settembre 1987. Quest'ultima, dopo aver ricordato quanto precisato nella precedente circolare n. 37 del 23 maggio 1987 sulla non recuperabilita', tramite operazioni di mutuo ai sensi del d.-l. n. 833/1986, delle somme stanziate annualmente dalle regioni a titolo di interventi aggiuntivi rispetto alla quota annuale del fondo nazionale trasporti previsto dall'art. 9 della legge n. 151/1981, aggiunge tuttavia che "possono ritenersi recuperabili gli interventi regionali disposti in eccedenza alla quota annuale del f.n.t. limitatamente pero' a quelli disposti per gli esercizi 1985-86. Si ritiene infatti che tali interventi siano stati attivati nella considerazione dell'avvio delle iniziative legislative intese ad attribuire ulteriori risorse statali per il settore del trasporto locale; iniziative che, avviate con il disegno di legge (atto Camera n. 3095) presentato nel 1985 per l'adeguamento del f.n.t. 1982 e 1983, si sono concluse con la legge n. 18/1987". E' evidente, dal riportato testo della circolare, che lo stesso Ministero del tesoro e' consapevole non solo della esistenza e della continuita' di un precedente intervento statale a favore del ripianamento dei disavanzi delle aziende di trasporto, ma altresi' della necessita' e opportunita' che tale intervento, nelle forme da ultimo assunte con il d.-l. n. 833/1986 e con la legge n. 18/1987, vada a colmare anche le ulteriori somme stanziate dalle regioni in eccedenza a quelle previste a loro favore nel f.n.t., almeno per gli anni 1985-86, dal momento che nelle regioni si era creato un legittimo affidamento sulla prosecuzione dell'intervento statale a favore del ripianamento dei disavanzi di bilancio delle aziende di trasporto: affidamento che lo stesso Ministero del tesoro riconosce fondato e tale da non poter essere disatteso. 10. - La legislazione regionale intervenuta nelle more della conversione del d.-l. n. 833/1986, conferma che l'intervento regionale per il ripianamento dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto era soggetto ai precisi limiti, anche cronologici, in attesa della contrazione dei mutui previsti dal d.-l. n. 833/1986 (cfr. legge Toscana 3 febbraio 1987, n. 8, art. 1). 11. - La previsione dell'intervento statale di ripianamento si inquadra nella piu' generale previsione di un intervento statale nella materia dei trasporti che e' stata riconosciuta legittima altre volte dalla Corte costituzionale, con precisi limiti. Nella sentenza n. 533/1989 la Corte ha respinto i ricorsi della Regione Lombardia e delle regioni Emilia-Romagna e Toscana che lamentavano nell'art. 1, secondo comma, del d.-l. n. 77/1989, convertito nella legge n. 160/1989, la violazione di competenze regionali costituzionalmente garantite perche' la norma aveva sostituito l'intesa prevista dall'art. 9 della legge n. 151/1981 per la ripartizione tra le regioni del fondo nazionale trasporti con un nuovo testo che sostituiva ai criteri adottati dai Ministri d'intesa con la commissione interregionale una decisione di iperdettaglio degli stessi Ministri dei trasporti e del tesoro preceduta da una mera audizione da una commissione Interregionale. Nel respingere i ricorsi, la Corte costituzionale ha sottolineato la legittimita' dell'intervento statale in relazione alle modalita' per esso previste dalla norma e "tenuto conto degli obiettivi che il legislatore statale ha inteso perseguire", ossia della necessita' "a fronte di una legislazione regionale in materia estremamente diversificata... (di) razionalizzare e ricondurre il sistema ad una maggiore omogeneita' di disciplina, al fine di risanare il settore - che versa in una grave crisi economica e organizzativa - tentando di ridurre gli sperperi e il costante aumento del divario tra costi e ricavi". La decisione della Corte conferma la legittimita' dell'intervento statale in quanto ricollegato alla riduzione e al controllo della spesa pubblica. E' il caso di notare sin d'ora che l'art. 2- bis della legge n. 403/1990, nello stabilire la facolta' di contrarre senza limitazioni mutui per il ripianamento dei disavanzi delle aziende di trasporto, con ammortamento a carico delle regioni, non solo addossa alle regioni, al di fuori di ogni logica programmatoria e del quadro stabilito dalla legge n. 151/1981, cio' che sino ad allora era stato posto a carico dello Stato, ma contiene prescrizioni che vanno in senso opposto a quello del contenimento complessivo della spesa pubblica, dal momento che consente che al di fuori di qualunque programma regionale, la regione si assuma il puro e semplice ripianamento dei disavanzi delle aziende di trasporto. 12. - La prescrizione dell'art. 2- bis della legge n. 403/1990 si pone in contrasto non solo con la legge-quadro, ma con tutta la legislazione successiva, anche la piu' recente. Lo stesso d.-l. n. 77/1989, all'art. 1, conferma la esistenza e la funzione del f.n.t., parte esercizio, pur stabilendo che esso debba essere in futuro proporzionalmente ridotto in relazione al risanamento delle gestioni di cui al secondo comma dell'art. 1 dello stesso d.-l.; anzi, aggiunge una previsione di ulteriore durata del fondo stesso, affermando che "con apposito provvedimento di riforma della legge 10 aprile 1981, n. 151, l'ammontare del fondo nazionale trasporti, parte esercizio, sara' determinato secondo criteri che incentivino una corretta ed efficiente gestione dell'azienda con rispetto del carattere di socialita' del trasporto pubblico locale, nonche' del regolamento CEE n. 1191/69 in ordine agli obblighi di servizio pubblico". Dal testo della norma si ricava pertanto che le regioni non potevano non contare, anche solo pochi mesi prima dell'entrata in vigore della legge n. 403/1990, sulla previsione della sussistenza, anche per il futuro, del f.n.t., ossia dello specifico strumento di intervento statale configurato dalla legge n. 151/1981 per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e private. Inoltre, ancora nel 1989, l'art. 2 del d.-l. 29 maggio 1989, n. 201, autorizzava i tesorieri delle regioni e degli enti pubblici gestori di servizi di pubblico trasporto a concedere, anche in deroga alle loro norme statutarie, anticipazioni straordinarie di cassa entro il limite della maggiore spesa occorrente per la copertura dell'80% dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto relativi agli anni dal 1982 al 1986, affermando altresi' (art. 2, quarto comma) che l'esposizione debitoria delle regioni e degli enti pubblici in relazione a tali anticipazioni era assunta a carico del bilancio dello Stato. 13. - L'intervento statale nel settore dei trasporti e' confermato poi dall'art. 4 della legge 15 dicembre 1990, n. 385, che stabilisce che al Ministro dei trasporti spetta la scelta del servizio da sovvenzionare tra servizi in concorrenza, ai fini dell'applicazione dei contributi di esercizio di cui alla legge n. 151/1981, di sicura spettanza delle regioni, qualora queste non abbiano esercitato la scelta del servizio prevista all'art. 1, secondo comma, del d.-l. n. 77/1989. Lo stesso art. 4, al quarto e quinto comma, continua a prevedere un intervento (stavolta specificamente finalizzato alla concessione di contributi alle aziende per la diminuzione del carico inquinante delle emissioni di scarico degli autobus) direttamente da parte dello Stato, per la somma complessiva di 30 miliardi. In sostanza, anche la piu' recente legislazione, immediatamente precedente alla vera e propria svolta testimoniata dall'art. 2- bis della legge n. 403/1990, continua a prevedere l'intervento statale nella materia della disciplina del trasporto pubblico. 14. - La norma posta dall'art. 2- bis della legge n. 403/1990 introduce un irragionevole mutamento di rotta senza che vi sia alcuna ragione tranne quella, illegittima di addossare una parte delle spese statali alle regioni. Questo mutamento e' ingiustificato ed e' assunto in violazione dei principi' posti dalla Corte, per cui qualora lo Stato ponga a carico di un altro soggetto pubblico carichi pecuniari deve provvedere i mezzi per farvi fronte e per cui la regione non puo' essere tenuta a colmare disavanzi di enti che non sono governati dalle regioni e del cui deficit non puo' essere responsabile la regione. Altro e' l'erogazione di contributi nel quadro programmato, altro e' il ripiano di deficit formati contro le indicazioni programmatorie. La norma, inoltre, e' intrinsecamente contraddittoria con quella dell'art. 2 della stessa legge n. 403/1990, che prevede un'autorizzazione agli enti locali a contrarre mutui decennali per la copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto relativa agli esercizi 1987-90; l'art. 2- bis prevede la stessa autorizzazione alle regioni per gli stessi mutui, con una sovrapposizione e confusione di ruoli fra comuni e regioni. Obiettare che l'art. 2- bis introduce una previsione che si limita a facoltizzare l'accensione di mutui senza vincolare le regioni al ripiano dei disavanzi non tiene conto del contesto delle norme. Un'autorizzazione di assunzione di mutui con mezzi finanziari propri e a carico del proprio bilancio, come dice l'art. 2-bis, e' di per se', superflua: se la legge la prevede e' perche' intende porre un'indicazione che altrimenti sarebbe inutile e una deroga che scardina i principi posti da una legge-quadro, violando l'art. 119 della Costituzione che prevede un potere legislativo statale per assicurare un coordinamento e non una dispersione ed eversione dei bilanci regionali e di qui principio di buona amministrazione sancito dall'art. 97 della Costituzione. Introdurre in un sistema di previsioni di spese e di programmazione una sanatoria finanziaria o ripianamento a favore di chi non ha seguito le norme ed ha creato disavanzi che l'osservanza delle norme avrebbe evitato per di piu' senza che vi sia nessuna previsione di sanzioni, e' illegittimo perche' contrasta con principi fondamentali, e' del tutto irragionevole, urta contro un sistema che esige ragionevolezza (art. 3, primo comma, art. 97 della Costituzione) responsabilita' (art. 28) e non consente che vengano addossati a soggetti estranei al comportamento che porta al ripianamento (quali sono le regioni) responsabilita' e conseguenze dei comportamenti dei soggetti che hanno reso necessario il ripianamento. Un tal modo di legiferare si risolve in un contributo cospicuo all'incremento delle spese, all'incremento del deficit del bilancio della finanza allargata, entro cui si trasferisce il peso da un soggetto ad un altro in modo arbitrario e illegittimo, agendo con sostanziale retroattivita' di per se' illegittima. Invero le regioni vengono tenute oggi ad aggravare i loro bilanci per spese effettuate anni prima che erano regolate da una normazione diversa, ispirata a principi opposti (come e' stato ricordato in precedenza sub 7), creando perturbazioni all'ordinata sequenza di previsioni alle quali e' predisposto l'istituto del bilancio e l'intero congegno della spesa pubblica e ripetendo anche in questa ottica la contraddittorieta' - questa volta - diacronica che vizia la norma. Ne' puo' essere taciuto che nel contesto di provvedimenti normativi di cui prima abbiano seguito la sequenza, la previsione di mutui da parte delle regioni per ripianare deficit di bilanci, innovando le posizioni rispettive dello Stato e delle regioni, comporta un effetto di aspettative che si risolve in una contraddizione nell'ambito della legge n. 403/1990 stessa per il contrasto fra l'art. 2 e il 2- bis e nell'insorgere di pretese nei confronti delle regioni le cui previsioni finanziarie sancite da norme e da bilanci vengono travolte. 15. - Va aggiunto che anche la previsione relativa al decreto ministeriale che stabilisce criteri e procedure per l'assunzione dei mutui e' illegittima, in quanto sostituisce allo strumento di coordinamento previsto dall'art. 19 della Costituzione che e' solo la legge, un atto amministrativo che viene a regolare un'attivita' di erogazione di mutui a carico del bilancio regionale in materia di competenza regionale. In questo senso, la disposizione dell'art. 2-bis, terzo comma, si pone contro il ripetuto insegnamento e i ripetuti interventi della Corte.
P. Q. M. La regione Toscana chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' dell'art. 2- bis della legge n. 403/1990 per violazione degli articoli 117, 118, 119, 81, 97, 28, 3, primo comma, della Costituzione. Roma, addi' 27 gennaio 1991 Avv. Alberto PREDIERI 91C0157