N. 66 ORDINANZA 28 gennaio - 8 febbraio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reato in genere - Interesse privato in atti di ufficio e abuso
 innominato d'ufficio - Disparita' in ordine alla punibilita' Mancanza
 di ogni riferimento al procedimento - Difetto di motivazione circa la
 rilevanza della questione - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Legge 26 aprile 1990, n. 86, artt. 13 e 20 in relazione al c.p.,
 artt. 323 e 324).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.7 del 13-2-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giovanni CONSO;
 Giudici:  prof.  Ettore  GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.
 Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 13 e 20 della legge 26 aprile 1990, n. 86  (Modifiche  in
 tema   di   delitti   dei   pubblici  ufficiali  contro  la  pubblica
 amministrazione), in relazione  agli  artt.  323  e  324  del  codice
 penale,  promosso  con  ordinanza  emessa il 5 luglio 1990 dal G.I.P.
 presso il Tribunale di Catanzaro nel procedimento penale a carico  di
 Costa Giulio Vito ed altri, iscritta al n. 699 del registro ordinanze
 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,
 prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto   l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 gennaio 1991 il Giudice
 relatore Ettore Gallo.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  emessa il 5 luglio 1990, il G.I.P.
 presso  il  Tribunale  di  Catanzaro  ha   sollevato   questione   di
 legittimita'  costituzionale  del combinato disposto degli artt. 13 e
 20 della legge 26 aprile 1990, n. 86, in relazione agli artt.  323  e
 324 del codice penale per contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
      che,  secondo  il  giudice a quo, la normativa introdotta con la
 legge denunciata sarebbe affetta da eccesso di potere in quanto rende
 punibili fattispecie di abuso innominato (di offensivita' penale meno
 grave) e lecite fattispecie di presa di  interesse  patrimoniale  (di
 offensivita' penale piu' grave), in relazione al trattamento punitivo
 dei reati gia' qualificati dal codice penale come abuso innominato ed
 interesse privato in atti d'ufficio;
    Considerato che, come anche osserva l'intervenuta Avvocatura dello
 Stato, nell'ordinanza manca ogni riferimento al procedimento cui essa
 inerisce e qualunque motivazione circa la rilevanza della questione;
      che quindi non essendo stato rispettato il disposto dell'art. 23
 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione, secondo  la  costante
 giurisprudenza   di   questa   Corte,  va  dichiarata  manifestamente
 inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi
 alla Corte Costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 20 della legge 26 aprile
 1990,  n.  86,  in  relazione agli artt. 323 e 324 c.p., promossa dal
 G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro con ordinanza  del  5  luglio
 1990, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1991.
                          Il Presidente: CONSO
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria l'8 febbraio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0165