N. 117 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 1990

                                N. 117
     Ordinanza emessa il 4 dicembre 1990 dal tribunale di Verbania
      nel procedimento penale a carico di Bozza Giovanni Battista
 Imposta - Infedele dichiarazione dei redditi - Alterazione  rilevante
 -  Indeterminatezza,  in  parte  qua,  della  norma  incriminatrice -
 Lamentato contrasto interpretativo tra Corte costituzionale (sentenza
 n. 247/1989) e sezioni unite della Cassazione  (sentenza  23  ottobre
 1990)  -  Disparita'  di  trattamento  tra contribuenti - Lesione del
 principio di soggezione  alla  sola  legge  e  dell'indipendenza  del
 giudice.
 (Legge 7 agosto 1982, n. 516, art. 4, n. 7).
 (Cost.,  artt.  3, 25, secondo comma, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77,
 78, 79, 80, 81, 82 e 101, secondo comma).
(GU n.10 del 6-3-1991 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la  seguente   ordinanza   sulle   questioni   di
 legittimita' costituzionale sollevata d'ufficio.
    Il  Collegio  giudicante  e'  chiamato  a  decidere in ordine alla
 responsabilita' penale del Bozza Gian Battista per il reato  indicato
 in  epigrafe:  appare,  pertanto,  evidente la rilevanza di qualsiasi
 questione  di  legittimita'  costituzionale  che  involga  la   norma
 incriminatrice da applicare.
    Non   si   ignora   di   aver   gia'  sollevato  la  questione  di
 costituzionalita' della norma citata anche in relazione  ai  medesimi
 profili  in altri processi; ma la reiterazione della questione appare
 imposta dalla sentenza della suprema corte di  cassazione  e  sezioni
 unite depositata il 23 ottobre 1990 sul tema.
    Ed  invero,  poiche' e' da ritenersi nel nostro ordinamento che le
 sezioni unite della cassazione siano massima espressione del "diritto
 vivente" cui spesso la Corte costituzionale si  riferisce  nelle  sue
 decisioni,   non   pare  dubbio  che  nella  visione  moderna  e  non
 formalistica del diritto cui  sempre  piu'  la  Corte  costituzionale
 mostra  di ispirarsi nella sua funzione, debba ritenersi ammissibile,
 in quanto consono ai principi generali d'equita' e  di  certezza  del
 diritto,  la  riproposizione delle questioni di costituzionalita' ove
 si debba riconoscere che il dato normativo gia' esaminato della Corte
 costituzionale  sia stato, dal punto di vista sostanziale, modificato
 dalla giurisprudenza successiva.
    Esaminando il merito, va ritenuto  tutt'altro  che  manifestamente
 infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 4, primo comma,
 n. 7 della legge n. 516/1982 nella parte in cui prevede come elemento
 costitutivo  del  reato  de quo l'alterazione in misura rilevante del
 risultanto della dichiarazione con  riferimento  agli  artt.  3,  25:
 secondo comma, da 70 a 82, della Costituzione.
    E' utile e, per cosi' dire, maieutico nella notevole incertezza in
 cui  deve  esercitarsi  la funzione giurisdizionale, essere tacitiano
 nell'illustrare la motivazione a sostegno della questione.
    La Corte costituzionale, con la sentenza n. 247/1989, ha  ritenuto
 infondata  la  questione  di  costituzionalita'  della fattispecie di
 reato suindicata in  relazione  all'art.  25,  secondo  comma,  della
 Costituzione, ritenendo individuata la fattispecie criminosa nei suoi
 elementi  costitutivi  e mera condizione di punibilita' dell'illecito
 la "rilevanza" dell'alterazione.
    Le sezioni unite della cassazione, invece, con la sentenza del  23
 ottobre  1990,  interpretando la norma incriminatrice de qua, come e'
 noto, individuano non solo la mera alterazione, ma anche la rilevanza
 di essa tra gli elementi  costitutivi  del  reato  (basti  un  passo:
 "perche'   si   consumi   il   reato  non  e'  certo  sufficiente  la
 presentazione di una infedele dichiarazione,  ma  e'  necessario  che
 l'oggetto  della  dissimulazione  e  della  simulazione sia idoneo ad
 alterare  ed  in  misura  rilevante,  il  risultato  effettivo  della
 dichiarazione".
    Il  diritto  vivente  -  giustamente  o  meno,  non interessa - ha
 negato, quindi, il presupposto logico  e  soprattutto  giuridico  sul
 quale si e' fondata la precedente sentenza di rigetto.
    Ritiene,  pertanto,  il  collegio  che  la  Corte  investita debba
 pronunziarsi sulla questione ed all'uopo fa rilevare che:
      1) lo stesso contrasto interpretativo a cosi' sommi  livelli  e'
 significativo   e   clamoroso   indice   dell'indeterminazione  della
 fattispecie,  con  violazione  dell'art.  25,  secondo  comma,  della
 Costituzione;
      2)  l'indeterminatezza  della  norma  e'  lesiva  alla  luce dei
 parametri giurisprudenziali elaborati (cui si e' riferita  la  stessa
 Corte   costituzionale  in  precedenza),  in  ordine  alla  rilevanza
 dell'art. 3 della Costituzione; ed invero, vi e' il concreto  rischio
 che  alla luce di tali parametri sia ritenuto responsabile penalmente
 a parita' di sottrazione di imposte colui  che  ha  minore  capacita'
 contributiva;
      3)    l'indeterminatezza   della   norma   viola   il   precetto
 costituzionale secondo il quale i giudici sono soggetti soltanto alla
 legge;  tale  precetto,  come  dimostrano  anche  le  ormai   perenni
 discussioni   in   ordine   al   modo   di   esercitare  la  funzione
 giurisdizionale, implica che a difesa dell'ordinamento  la  norma  da
 applicare  abbia  un  minimo  di parametri essenziali tali da potersi
 qualificare come norma e  non  come  delega  in  bianco,  perche'  la
 soggezione  alla  legge  oltre  che  garanzia  dell'indipendenza  del
 giudice e' anche garanzia che quest'ultimi  esercitino  una  funzione
 giurisdizionale e non legislativa delegata;
      4)  discende  da  tale  ultimo profilo anche la violazione degli
 artt. da 70 a 82 della Costituzione.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge n. 3/1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 4, n. 7 della legge n. 516/1982
 sollevata  in  riferimento  agli  artt.  3,  25,  secondo comma, 101,
 secondo comma, da 70 a 82 della Costituzione;
     Dispone la sospensione del presente giudizio;
    Dispone che gli atti vengano trasmessi alla Corte costituzionale e
 che la presente ordinanza a cura della cancelleria  venga  notificata
 al  Presidente  del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Verbania, addi' 4 dicembre 1990
                  Il presidente: (firma illeggibile)

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