N. 126 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 gennaio 1991
N. 126 Ordinanza emessa il 10 gennaio 1991 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Antimi Marco Processo penale - Indagini preliminari - Attivita' del p.m. - Individuazione di persona - Avviso al difensore - Omessa previsione - Mancata estensione della disciplina di analoghi istituti (ispezione e confronto) - Lesione del diritto di difesa - Violazione della direttiva n. 3 della legge delega: principio di parita' tra le parti nel processo. (C.P.P. 1988, art. 364, in relazione all'art. 361 stesso codice). (Cost., artt. 24, secondo comma, e 77; legge 16 febbraio 1987, n. 81, dirett. n. 3).(GU n.10 del 6-3-1991 )
IL TRIBUNALE In seguito alle rapine a mano armata commesse presso il Banco di S. Spirito (agenzie di Fiumicino il 21 giugno 1990 e di Torrimpietra il 13 luglio e il 13 agosto 1990) i carabinieri di Roma esaminavano il nastro con la registrazione video dell'ultimo episodio, effettuata dagli appositi apparecchi della banca, e ne estraevano alcuni fotogrammi. Nelle immagini cosi' ricavate un militare dell'Arma riconosceva in uno degli autori della rapina l'attuale imputato Antimi Marco, da lui conosciuto personalmente. L'Antimi veniva sottoposto a provvedimento di fermo; all'udienza di convalida del 27 agosto il provvedimento non veniva convalidato - non sussistendo pericolo di fuga - dal giudice per le indagini preliminari, il quale decideva altresi' di non emettere il provvedimento di custodia in carcere nei confronti dell'Antimi, non risultando a suo carico indizi adeguati giacche' a parere dello stesso giudice per le indagini preliminari le fotografie non erano sufficientemente chiare. Mentre si procedeva alle operazioni burocratiche tese a eseguire l'ordinanza di liberazione dell'Antimi, il pubblico ministero, provvedeva a convocare presso la casa circondariale alcuni testi oculari delle rapine, e procedeva - senza dare alcun avviso ai difensori di fiducia dell'Antimi - alle opportune individuazioni, ai sensi dell'art. 361 del c.p.p. Avendo detti atti avuto esito positivo il p.m. rivolgeva nuova richiesta al giudice per le indagini preliminari, il quale, immediatamente, emetteva il provvedimento di custodia in carcere, che veniva notificato all'Antimi prima che questi guadagnasse la liberta'. Il giudice per le indagini preliminari respingeva successivamente un'istanza di revoca della misura, che era fondata anche su questioni di legittimita' costituzionale. Al termine delle indagini preliminari, il p.m. formulava richiesta di rinvio a giudizio, e si procedeva all'udienza preliminare: tanto nella richiesta scritta quanto nelle conclusioni in udienza il p.m. motivava la richiesta anche con riferimento all'esito delle individuazioni effettuate da parte di almeno un teste per ciascuna delle due rapine per cui si procede. La difesa, con memoria prodotta in udienza ed oralmente, ha eccepito con diversi argomenti la illegittimita' costituzionale dell'art. 361 del c.p.p., sia in relazione agli artt. 3 e 24 della costituzione, per violazione del diritto di difesa, sia per eccesso di delega in relazione alla violata parita' processuale fra accusa e difesa (art. 2, direttiva 3 della legge delega). Il p.m. ha opinato per l'infondatezza della questione, la parte civile per la sua irrilevanza. D I R I T T O Osserva il giudice per le indagini preliminari che la questione e' sostanzialmente fondata, sia pure con qualche correzione di tiro rispetto ai dati normativi e formali proposti. Infatti non pare perspicua la denuncia di illegittimita' volta nei confronti dell'art. 361 del c.p.p., che e' quello che conferisce al p.m. il potere di procedere ad individuazione. Intanto la stessa legge delega la prevede, alla direttiva 37; e neppure possono ritenersi incongrui i limiti in cui e' prevista "Quanto e' necessario per la immediata prosecuzione delle indagini", senza particolari sanzioni (inutilizzabilita' o simili) per il mancato rispetto di tali limiti. E' anzi evidente che al p.m., investito dalla legge del potere-dovere di compiere indagini in funzione dell'esercizio dell'azione penale e dell'accertamento di fatti specifici e di procedere, per questi fini, a vari atti fra cui l'individuazione, non puo' essere conculcata la potesta' di decidere, in piena autonomia e in ogni momento ritenuto opportuno, quali atti specifici siano necessari nel corso delle indagini: onde la previsione in se' del potere di procedere alle individuazioni (art. 361 del c.p.p.) non viola ne' la legge delega, ne' il principio della dialettica parita' delle parti, ne' il diritto di difesa. Dove quest'ultimo e' invece palesamente violato e' nella mancata previsione delle garanzie di cui un atto cosi' delicato e importante deve essere circondato, ossia nella disciplina dell'art. 364 del c.p.p., che qui si denuncia per incostituzionalita'. Questo articolo, al di la' della infelice rubrica, regola proprio il tema delicato dei rapporti tra p.m. in sede di indagini (pur sempre parte) e atti da lui disposti ai quali deve partecipare l'indagato (anch'esso parte). E' imposto al p.m. - si direbbe quasi "naturalmente" - il dovere di invitare l'indagato a presentarsi a norma dell'art. 375 (quando non si tratti di atti "a sorpresa"), e quello di avvisare il difensore perche' assista all'atto medesimo (per quelli "a sorpresa"), soccorre l'art. 365). Orbene, questa corretta disciplina e' dettata per l'interrogatorio, per il confronto e per l'ispezione, ma non per la individuazione, senza che se ne possa ravvisare la ragione; anzi, sembra palese che alle considerazioni, giuridiche e metagiuridiche, poste a sostegno della adesione di tale disciplina garantistica in ordine agli atti suddetti, quando si tratti di individuazioni se ne aggiungono delle altre. E' infatti assolutamente evidente che l'individuazione operata nei confronti della persona sottoposta alle indagini da parte di teste oculare o addirittura della persona offesa, coincide in tutto e per tutto, come fatto storico, con una ricognizione, e per cosi' dire la esaurisce, rendendo del tutto inutile la successiva assunzione formale della "prova", che avra' esito scontato. Di qui la particolare importanza dell'atto, e di qui l'opinione che la mancata previsione legislativa dell'avviso al difensore perche' possa parteciparvi costituisca una palese violazione del diritto di difesa, sia in relazione all'art. 24 della Costituzione, sia - questa volta si' - in relazione alla direttiva 3 della legge delega in tema di parita' delle parti. In punto di rilevanza, questo giudice per le indagini preliminari - quali che fossero le opinioni del collega dell'udienza di convalida - non puo' decidere alcunche' in ordine al rinvio a giudizio o meno dell'imputato, ne' in ordine alla sua liberta', se non tenendo conto dei risultati delle individuazioni effettuate dal p.m.; le quali sarebbero nulle e inutilizzabili se compiute in violazione del diritto di difesa; onde risulta incontrovertibile la rilevanza della questione in relazione a tutti i reati fra l'altro fra loro connessi sul piano probatorio.
P. Q. M. Il Giudice per le indagini preliminari di Roma; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 364 del c.p.p. nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi prevista si applichi anche alla individuazione (art. 361 del c.p.p.) a cui debba partecipare la persona sottoposta alle indagini; per violazione dell'art. 24, secondo comma della costituzione, nonche' per violazione dell'art. 77 della costituzione in relazione alla direttiva 3 della legge delega (legge 16 febbraio 1987 n. 81) che prevede la parita' delle parti nel processo; Sospende il procedimento in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinaria sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Roma, addi' 10 gennaio 1991 Il giudice per le indagini preliminari: (firma illeggibile) 91C0262