N. 100 SENTENZA 25 febbraio - 2 marzo 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Apparecchi radiologici - Radiazioni
 ionizzanti - Rischio specifico di danno alla persona - Obbligo
 assicurativo - Presunta imposizione di natura tributaria senza
 corrispettivo di obblighi di assunzione del rischio da parte
 dell'INAIL - Richiamo alla sentenza n. 179/1988 della Corte Distacco
 della assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, dal
 concetto statistico-assicurativo di rischio Non fondatezza.
 
 (Legge 20 febbraio 1958, n. 93, art. 5, nel testo sostituito
 dall'art. 1 della legge 30 gennaio 1968, n. 47, e poi dall'art.  12
 della legge 10 maggio 1982, n. 251).
 
 (Cost., artt. 24, 38 e 53).
(GU n.10 del 6-3-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Ettore GALLO;
 Giudici: dott. Aldo  CORASANITI,  prof.  Giuseppe  BORZELLINO,  dott.
 Francesco  GRECO,  prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.  Enzo CHELI,
 dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge
 20 febbraio 1958, n.  93,  ("Assicurazione  obbligatoria  dei  medici
 contro  le  malattie  e  le lesioni causate dall'azione dei raggi X e
 delle sostanze radioattive"), come sostituito dall'art. 1 della legge
 30 gennaio 1968, n. 47 ("Modifica degli articoli 5 e 8 della legge 20
 febbraio 1958, n. 93, sulla  assicurazione  obbligatoria  dei  medici
 contro  le  malattie  e  le lesioni causate dall'azione dei raggi X e
 delle sostanze radioattive") e dell'art. 12  della  legge  10  maggio
 1982, n. 251 ("Norme in materia di assicurazione contro gli infortuni
 sul  lavoro  e  le  malattie  professionali"), promosso con ordinanza
 emessa il 30 maggio 1990 dal Tribunale  di  Genova  nel  procedimento
 civile  vertente tra Zunino Tullio e l'I.N.A.I.L., iscritta al n. 560
 del registro ordinanze 1990 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visti  gli atti di costituzione di Zunino Tullio e dell'I.N.A.I.L.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  29  gennaio  1991  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Uditi gli avvocati Giuseppe Conte, Giuseppe Giacomini e Sergio  La
 China   per  Zunino  Tullio,  Gian  Luca  Bozzi  per  l'I.N.A.I.L.  e
 l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel corso del giudizio di appello promosso dal dott. Tullio
 Zunino  contro  la  sentenza  del  Pretore  di  Genova   confermativa
 dell'ingiunzione  di  pagamento, notificata all'opponente dall'INAIL,
 di premi e  accessori  relativi  all'assicurazione  obbligatoria  per
 l'uso  di  apparecchiature  radiologiche, il Tribunale di Genova, con
 ordinanza del 30 maggio 1990, ha sollevato questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  5 della legge 20 febbraio 1958, n. 93, nel
 testo  sostituito  dall'art.  1 della legge 30 gennaio 1968, n. 47, e
 dall'art. 12 della legge 10 maggio 1982, n. 251,  per  contrasto  con
 gli artt. 24, 38 e 53 della Costituzione.
    Premesso  che  i  consulenti  tecnici  d'ufficio hanno escluso con
 certezza,  anche  in  caso  di  guasti  alle  dette  apparecchiature,
 l'esistenza  di un rischio specifico di danno alla persona riferibile
 all'esposizione  a  radiazioni  ionizzanti,  il  giudice   remittente
 ritiene  che  questa  conclusione  tolga  fondamento alla presunzione
 legale  assoluta  collegata   dalla   norma   impugnata   -   secondo
 l'interpretazione   della  Corte  di  cassazione  -  al  possesso  di
 apparecchi radiologici funzionanti e di sostanze radioattive in  uso.
 Ne risulterebbe una violazione dell'art. 38, secondo comma, Cost., il
 quale  presuppone l'esistenza di un rischio e quindi non consente che
 all'esercente una professione autonoma sia imposto  il  pagamento  di
 premi assicurativi a fronte di un rischio inesistente.
    La  norma  denunciata contrasterebbe inoltre col diritto di difesa
 (art.  24  Cost.),  perche'   preclude   all'interessato   la   prova
 dell'assenza  in  concreto  di  un  rischio  specifico  assicurabile,
 nonche' con l'art. 53  Cost.  perche',  in  mancanza  di  un  rischio
 apprezzabile, verrebbe a costituire un rapporto assistenziale su base
 tributaria  svincolata  dal  criterio  di  proporzione alla capacita'
 contributiva.
    2.  -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  si   sono   costituiti
 l'appellante e l'INAIL, il primo concludendo per l'accoglimento della
 questione, l'altro per la reiezione. Le argomentazioni dell'ordinanza
 di  rimessione  -  delle  quali  e' criterio conduttore l'assunto che
 l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni rimane soggetta  al
 requisito  sancito  dall'art.  1895  cod.civ. - sono sviluppate dalla
 parte privata in un'ampia memoria difensiva specialmente in relazione
 all'art. 24 Cost.
    Nell'atto di costituzione in giudizio,  successivamente  integrato
 da una memoria, l'INAIL contesta anzitutto la possibilita' di ricorso
 ai  principi civilistici in materia di rischio assicurato; in secondo
 luogo osserva che nel sistema dell'assicurazione obbligatoria  contro
 gli  infortuni  sul lavoro la presunzione legale assoluta di rischio,
 connessa all'uso di determinati impianti e  apparecchiature,  e'  una
 scelta  normativa giustificata da un complesso di considerazioni, per
 le quali si richiama la sentenza della Corte di  cassazione  n.  1515
 del 1979, in particolare dall'esigenza che la tutela assicurativa del
 lavoratore  possa  "funzionare  senza necessita' di immediati singoli
 accertamenti   e   controlli   che   richiederebbero   un    apparato
 organizzativo  capillare  e  quindi  di  enormi dimensioni". La detta
 presunzione e' una norma di diritto sostanziale, non una norma  sulla
 prova,  sicche' non e' ipotizzabile una violazione dell'art. 24 Cost.
 Si rileva, infine, come lo stesso consulente tecnico d'ufficio  abbia
 riconosciuto  che  per  le  radiazioni  elettromagnetiche  (raggi X e
 gamma) l'azzeramento del rischio "non e' raggiungibile".
    3. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata infondata.
    L'Avvocatura  sostiene  che  al  caso  in  esame  si  attagliano i
 medesimi principi gia' enunciati da questa Corte  nella  sentenza  n.
 221  del  1986,  la  quale  ha dichiarato non fondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 24 del d.P.R.  30  giugno
 1965,  n.  1124,  nella parte in cui impongono l'obbligo assicurativo
 per i lavoratori addetti a macchine o occupati  in  ambienti  in  cui
 tali  macchine  sono impiegate, anche quando non sussista in concreto
 alcun rischio apprezzabile di infortunio. Tale obbligo dipende  dalla
 mera  potenzialita'  di danno senza riguardo al grado di probabilita'
 del suo verificarsi.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il   Tribunale   di   Genova   contesta   la   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  5 della legge 20 febbraio 1958, n. 93 (nel
 testo sostituito dall'art. 1 della legge 30 gennaio 1968,  n.  47,  e
 dall'art.  12  della legge 10 maggio 1982, n. 251), "interpretato nel
 senso che l'obbligo assicurativo grava  sui  possessori  a  qualunque
 titolo  di apparecchi radiologici funzionanti in forza di presunzione
 legale assoluta di intrinseca pericolosita' degli apparecchi stessi".
    Considerato che i consulenti tecnici di ufficio hanno escluso  con
 certezza  l'esistenza  di  un rischio specifico di danni alla persona
 causalmente riferibili all'esposizione a  radiazioni  ionizzanti,  la
 norma denunciata violerebbe:
      a)  l'art.  24  Cost.  perche'  impedisce  al  medico  o tecnico
 odontoiatra, che usa un apparecchio radiologico a  fini  diagnostici,
 di  resistere alla pretesa dell'INAIL con la prova di inesistenza del
 rischio ai sensi dell'art. 1895 cod. civ., ritenuto applicabile anche
 all'assicurazione sociale obbligatoria di cui e' causa;
       b)  l'art.  38,  secondo  comma  Cost.,   perche'   impone   al
 professionista l'obbligo di pagare premi assicurativi all'INAIL senza
 il  corrispettivo dell'assunzione del rischio di un evento generatore
 di uno stato di bisogno al quale l'ente debba provvedere;
      c) l'art. 53  Cost.  perche',  mancando  il  rischio,  il  detto
 obbligo   si  trasforma  in  sostanza  in  un'imposizione  di  natura
 tributaria sottratta al criterio  della  proporzione  alla  capacita'
 contributiva del soggetto.
    2. - La questione non e' fondata.
    L'interpretazione  corrente  nella  giurisprudenza  della Corte di
 cassazione, secondo cui l'art. 1 del testo unico 30 giugno  1965,  n.
 1124,  in  generale,  e gli artt. 1 e 5 della legge n. 93 del 1958 in
 particolare, collegano a determinati impianti, apparecchi o  macchine
 una  presunzione  iuris  et  de  iure  di rischio per i soggetti che,
 nell'esercizio delle loro  mansioni  o  della  loro  professione,  ne
 facciano  uso  o  con  essi  vengano  a contatto, non va intesa, come
 sembra ritenere il giudice remittente, nel senso che  la  fattispecie
 legale  dell'obbligo  di  assicurazione  e'  costruita con la tecnica
 della  presunzione  assoluta.  Caratteristica  di   questa   tecnica,
 operante  sulla  base  di  massime  di  esperienza,  e' l'equivalenza
 normativa, per la produzione degli effetti, al fatto che li  dovrebbe
 produrre  di  un  fatto  diverso,  mentre nelle norme citate non v'e'
 traccia di equiparazione  al  rischio,  come  fatto  costitutivo  del
 rapporto  assicurativo,  di un altro fatto consistente nell'esercizio
 di una delle attivita' ivi previste.  Come  ha  precisato  la  stessa
 Corte  di  cassazione  (sent.  n. 436 del 1991), "il riferimento alla
 categoria della presunzione assoluta e' solo descrittivo del  sistema
 dell'assicurazione,  basata  non sul rischio concreto derivante dalle
 singole lavorazioni, ma sulle attivita' protette". Del resto, nemmeno
 in questo senso il riferimento e' plausibile: esso si risolve in  una
 definizione  falsa  perche'  definisce  in  termini  di  "presunzione
 assoluta di rischio" una fattispecie in cui l'esistenza  o  meno  del
 rischio  e'  giuridicamente  indifferente,  restando  percio' esclusa
 l'applicabilita'  dell'art.  1895  cod.  civ.  Oggetto  della  tutela
 assicurativa   disposta  dalla  legge  n.  93  del  1958  non  e'  la
 pericolosita' dell'attivita'  considerata,  concretamente  misurabile
 secondo un certo grado di probabilita' statistica, bensi' l'attivita'
 per  se  stessa,  in  quanto  connotata  tipicamente  dall'impiego di
 apparecchi radiologici  e  di  sostanze  radioattive  che  richiedono
 l'esposizione alle radiazioni ionizzanti.
    Pertanto,  non  essendo  l'esistenza del rischio un elemento della
 fattispecie costitutiva del rapporto assicurativo, l'inammissibilita'
 della prova contraria su questo punto non  configura  un  limite  del
 diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost.
    3. - Non e' violato nemmeno l'art. 38, secondo comma, Cost. Questa
 norma  lascia  piena  liberta'  allo  Stato di scegliere le strutture
 organizzative ritenute piu' convenienti al  raggiungimento  dei  fini
 indicati (sent. n. 160 del 1974), ne' lo vincola, ove scelga la forma
 assicurativa,  a  improntarla  ai  presupposti  e  agli  schemi delle
 assicurazioni private. Nel precetto dell'art. 38, secondo comma, puo'
 dirsi "insito l'elemento del rischio" (sent. n. 91 del 1976) solo nel
 senso che la specifica tutela costituzionale dei  lavoratori  non  si
 estende  a qualsiasi situazione di bisogno, ma e' limitata agli stati
 di bisogno oggettivamente provocati da determinati eventi. In  questo
 senso  la  nozione  di rischio esprime un giudizio di possibilita' di
 lesione fondato su indici tipici,  indipendentemente  da  criteri  di
 verosimiglianza  statistica  rapportati  alle situazioni concrete dei
 singoli  lavoratori.  Percio'  sono,   ad   esempio,   legittimamente
 assoggettate  a  contribuzione  alla  Cassa  per  il  trattamento dei
 lavoratori richiamati alle armi anche le impiegate, ed e' soggetta ai
 contributi  all'assicurazione  di  maternita'  anche  la  lavoratrice
 affetta da sterilita' assoluta. Analogamente, nel caso in esame, cio'
 che  importa  e'  la  possibilita'  in  generale  -  attestata  dalle
 prestazioni erogate dall'INAIL a medici radiologi (nel 1988 oltre  11
 miliardi  per  rendite  dirette,  quasi  4  miliardi  per  rendite  a
 superstiti)  -  di   conseguenze   lesive   derivanti   dall'uso   di
 apparecchiature  radiologiche,  mentre  e'  irrilevante la misura del
 rischio (inteso in termini di probabilita' statistica)  concretamente
 inerente all'impiego di un determinato apparecchio.
    Il  distacco  dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro dal concetto statistico-assicurativo di rischio, al  quale
 era  originariamente  legata (distacco che puo' considerarsi compiuto
 con la sentenza di questa Corte n. 179 del 1988), e'  sollecitato  da
 una  interpretazione  dell'art.  38,  secondo  comma,  coordinata con
 l'art. 32 Cost. allo scopo di "garantire con la massima efficacia  la
 tutela  fisica  e sanitaria dei lavoratori" (cfr. art. 4 della legge-
 delega 30 luglio 1990, n. 212, per l'attuazione  di  direttive  delle
 Comunita'   europee  in  materia  di  sanita'  e  di  protezione  dei
 lavoratori). Oggetto della tutela dell'art. 38 non e' il  rischio  di
 infortunio  o  di  malattia  professionale,  bensi'  questi eventi in
 quanto incidenti sulla capacita' di lavoro e collegati  da  un  nesso
 causale   a   un'attivita'  tipicamente  valutata  dalla  legge  come
 meritevole di tutela. Con formula ellittica si puo' dire che  oggetto
 della tutela sono "alcune attivita' tipiche" (cfr. Cass. sent. n. 436
 del  1991  cit.),  indipendentemente dall'entita' concreta della loro
 pericolosita'.
    4. - Le considerazioni  svolte  nel  numero  precedente  escludono
 altresi'  che  la  mancanza in concreto di un rischio apprezzabile di
 danni alla persona valga a trasformare l'obbligazione contributiva in
 una tassa per la quale sia prospettabile la violazione  della  regola
 di  proporzionalita'  alla capacita' contributiva del soggetto. Anche
 in  questa   eventualita'   l'obbligo   della   contribuzione   opera
 nell'ambito   delle  finalita'  dell'art.  38,  secondo  comma  (cfr.
 sentenza n.  91  del  1976),  e  quindi  e'  soggetto  a  criteri  di
 determinazione  diversi da quello indicato nell'art. 53, primo comma,
 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  5  della  legge  20  febbraio  1958, n. 93 ("Assicurazione
 obbligatoria dei medici contro  le  malattie  e  le  lesioni  causate
 dall'azione  dei  raggi  X  e delle sostanze radioattive"), nel testo
 sostituito dall'art. 1 della legge 30  gennaio  1968,  n.  47  e  poi
 dall'art.  12  della  legge  10  maggio  1982,  n. 251, sollevata, in
 riferimento agli artt. 24, 38 e 53 della Costituzione, dal  Tribunale
 di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 1991.
                         Il Presidente: GALLO
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 2 marzo 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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