N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 ottobre 1990

                                N. 151
     Ordinanza emessa il 25 ottobre 1990 dal pretore di Pordenone
      nel procedimento penale a carico di Puiatti Mario ed altro
 Affissioni  pubbliche  - Distruzione di scritti fatti affiggere dalle
 autorita' pubbliche o ecclesiastiche  -  Previsto  assoggettamento  a
 sanzione penale anche nel caso in cui tali scritti sono affissi fuori
 dei   luoghi   a   cio'  destinati  -  Ingiustificata  disparita'  di
 trattamento rispetto alla ipotesi di  distruzione  di  scritti  fatti
 affiggere da privati, nel qual caso la punibilita' e' ammessa solo se
 gli scritti siano affissi nei luoghi suddetti.
 (C.P., art. 664, primo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.11 del 13-3-1991 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale n.
 75/1990 r.g. a carico di: 1) Puiatti Mario, nato  a  Pordenone  il  7
 settembre  1949; 2) Coral Italo, nato a Pordenone il 14 ottobre 1935,
 imputati del reato di cui all'art. 664 del c.p.  per  aver  staccato,
 lacerato  e  resi  inservibili  i  manifesti  del  "4 novembre" fatti
 affiggere dalle autorita' civili.
                   FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con rapporto 7 novembre 1989 i CC di  Pordenone  segnalavano  alla
 procura  di questa pretura, che il 5 novembre 1989 sul quotidiano "Il
 Gazzettino" edizione di Pordenone era apparsa la notizia che  Puiatti
 Mario e Corai Italo, attivisti della lista per l'alternativa, avevano
 staccato  i  manifesti  fatti  affiggere  per la festa del 4 novembre
 dall'autorita' civile.  Il  fatto  era  avvenuto  pubblicamente  alla
 presenza  di  fotografi,  giornalisti  e  televisione.  Il g.i.p., su
 richiesta del p.m. emetteva nei confronti dei due decreti di condanna
 alla pena di L. 400.000 di ammenda. Avverso tale decreto  proponevano
 rituale  opposizione  i  prevenuti  che,  quindi, venivano citati per
 l'odierno dibattimento. In limine litis la difesa degli imputati,  ha
 eccepito la illegittimita' costituzionale dell'art. 664, primo comma,
 del  c.p.  nella  parte  in  cui  prevede la punibilita' di colui che
 stacca, lacera o rende comunque inservibili o  illegibili  scritti  o
 disegni   fatti   affiggere   dalle  autorita'  civili  o  da  quelle
 ecclesiastiche al di fuori dei luoghi e  dei  modi  consentiti  dalla
 legge   o   dall'autorita',   con   riferimento   all'art.   3  della
 Costituzione.
    Osserva la  difesa  che,  mentre  il  contravventore  al  predetto
 dettato  dal  secondo  comma  dell'art.  664  del c.p. e' punito solo
 quando gli scritti e disegni sono affissi dai privati  nei  luoghi  e
 modi  consentiti,  colui che stacca o lacera maniesti fatti affiggere
 dalle autorita' civili od ecclesiastiche e' punito  quand'anche  tali
 scritti e disegni siano affissi nei luoghi e nei modi non consentiti.
    In  buona  sostanza,  alla  p.a.  ed alle autorita' ecclesiastiche
 verrebbe assicurata una discrizionalita' assoluta nella scelta  degli
 spazi  e  delle  modalita'  di  affissione  e  la  tutela  penale  si
 concretizzerebbe in una palese disparita'  di  trattamento  a  favore
 delle  autorita'  civili  ed ecclesiastiche (primo comma) rispetto ai
 soggetti privati (secondo comma), con  corrispondente  disuguaglianza
 di  trattamento  sanzionatorio  verso  i  contravventori  dell'una  o
 dell'altra disposizione.
                             D I R I T T O
    Giova premettere, innanzitutto, che non e' qui in  discussione  il
 potere  discrezionale  che compete alla p.a. nell'esercizio delle sue
 funzioni istituzionali e per il perseguimento  degli  scopi  ad  esse
 inerenti.
    Laddove  la p.a., ad esempio in occasione di calamita', pericoli o
 che altro  di  normale  od  eccezionale  riguardi  l'interesse  della
 collettivita',  decida  di  far  affiggere  manifesti su tutti i muri
 della citta', essa agirebbe nell'ambito che  le  e'  peculiare  e  la
 norma   esplicherebbe  appieno  e  legittimamente  la  sua  efficacia
 protettiva.
    Diverso e', invece, il caso in  cui  la  p.a.  agisca  uti  civis,
 avendo  cioe'  di  mira  interessi  analoghi  a  quelli  del  privato
 cittadino, ovvero quando esorbiti dai poteri istituzionali.
    In queste ipotesi, e' pacifico  che  alla  p.a.  non  puo'  essere
 riservata una tutela piu' intensa di quella garantita ai privati.
    Nel  caso di specie, (messaggio celebrativo della ricorrenza del 4
 novembre), pare evidente che il Sindaco,  lungi  dal  perseguire  uno
 scopo  di  interesse pubblico, abbia agito piuttosto, iure privatorum
 o, piu' propriamente, nell'ambito di quelle manifestazioni politiche,
 che fanno parte del corredo consolidato delle cariche istituzionali e
 son'anche legittime, ma non possono inquadrarsi, di certo, nel novero
 delle  funzioni   di   carattere   pubblicistico.   Per   completezza
 sembrerebbe opportuno segnalare l'ancor piu' stridente violazione del
 principio  costituzionale,  laddove  l'art.  664  del c.p. estende la
 tutela privilegiata alle affissioni delle autorita' "ecclesiastiche".
    La lettera della norma non consente, infatti, di ritenere che tale
 protezione sia limitata alle affissioni che avvengano all'interno  od
 esterno   degli   edifici   destinati   al   culto,  il  che  sarebbe
 perfettamente conforme all'art. 2 del  Concordato  stipulato  fra  la
 Santa  sede  e  l'Italia  il  27 maggio 1929, confermato dall'art. 7,
 quarto comma, della legge  di  ratifica  25  marzo1985,  n.  121,  ma
 comprenda    tutte    le    affissioni   disposte   dalle   autorita'
 ecclesiastiche, in qualunque modo e luogo avvengano.
    Suffraga questa deduzione, il periodo  storico  in  cui  e'  stato
 promulgato   il  codice  penale,  che  vedeva  una  netta  prevalenza
 dell'autorita'  in  genere,  fosse  pubblica  od  ecclesiastica,  sul
 privato  cittadino  ed  una collocazione privilegiata della religione
 cattolica nell'ambito dello Stato.
    Orbene, se una evidente influenza sul legislatore poteva avere, al
 tempo, l'autorita' ecclesiastica,  che  in  virtu'  dell'art.  1  del
 trattato  tra  la  Santa  sede  e  l'Italia  altri non era che quella
 cattolica apostolica romana, attualmente non si gustificherebbe piu'.
    Oggi,  dopo   l'avvento   della   Repubblica,   il   processo   di
 trasformazione   politica   e  sociale  verificatosi  in  Italia  nel
 dopoguerra e la progressiva  laicizzazione  della  societa',  parlare
 ancora   di   autorita'   ecclesiastica   o,   comunque,  parificarla
 all'autorita' civile e' fuori luogo. Senza  dire  che,  a  norma  del
 paragrafo  1  del protocollo addizionale all'accordo di modificazione
 del concordato lateranense, recepito dalla legge 25  marzo  1985,  n.
 121,  non  e'  piu'  in  vigore  il  principio  richiamato  dai patti
 lateranensi della religione  cattolica  come  religione  dello  Stato
 italiano.
    Alla   luce  delle  considerazioni  sopra  espresse,  la  denunzia
 d'illegittimita'  costituzionale  della   norma   appare   degna   di
 considerazione.
    La decisione sul punto, poi, e' senz'altro rilevante ai fini della
 definizione  del  giudizio,  posto che una decisione della Corte, nel
 senso   indicato   dalla   presente    ordinanza,    porterebbe    al
 proscioglimento con formula piena degli imputati.
                               P. Q. M.
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  664,  primo comma, del c.p. nella parte in
 cui prevede la punibita' di colui che stacca, lacera o rende comunque
 inservibili o illeggibili scritti o  disegni  fatti  affiggere  dalle
 autorita'  civili  o  da quelle ecclesiastiche al di fuori dei luoghi
 consentiti in riferimento all'art. 3, primo comma della  Costituzione
 della Repubblica italiana;
    Ordina  la rimessa degli atti alla Corte costituzionale per la sua
 decisione;
    Sospende il presente giudizio.
      Pordenone, addi' 25 ottobre 1990
                         Il pretore: APPIERTO

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