N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 ottobre 1990
N. 152 Ordinanza emessa l'11 ottobre 1990 dal tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Strobietto Arturo e ditta Elmex ed altra Assicurazione (contratto di) - Assicurazione contro danni - Diritto di surroga dell'assicuratore che ha pagato l'indennita', fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili - Mancata previsione dell'esclusione, dal regresso dell'ente assicuratore, delle somme dovute per titoli di danni autonomi rispetto a quelli che costituiscono oggetto del rischio assicurato - Asserita violazione del diritto fondamentale alla salute, quando (come nel caso di specie) si tratti di danni che su di esso incidono, attesa la nullificazione del compenso dovuto per il danno biologico ed il danno morale - Incidenza sul principio dell'assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di invalidita' - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 88/1/979, 132/1985 e 319/1989. (C.C., art. 1916). (Cost., artt. 2, 3, 32 e 38).(GU n.11 del 13-3-1991 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza collegiale nella causa civile iscritta al n. 6192/1987 di r.g. promossa da Strobietto Arturo, rappresentato e difeso dall'avv. Pioletti, attore, contro la ditta Elmex e MAA Assicurazioni, rappresentate e difese, dall'avv. Parisi, convenute. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione del 26 maggio 1987, Artuto Strobietto conveniva in giudizio avanti questo tribunale la S.r.l. Elmex e la S.p.a. MAA Assicurazioni in persona dei rispettivi legali rappresentanti protempore per sentirle condannare in solido al risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro stradale avvenuto in Torino il 30 dicembre 1985. Esponeva che, mentre percorreva il corso Dante a bordo di una Panda di proprieta' della SIP (propria datrice di lavoro), era stato investito da una Maserati di proprieta' della Elmex ed assicurata presso la MAA la quale, proveniente dalla direzione opposta, era sbandata invadendo la semicarreggiata di propria pertinenza. Avendo ricevuto dall'Inail le indennita' relative alla incapacita' temporanea ed alla invalidita' permanente riportate, chiedeva la condanna dei convenuti al risarcimento del danno biologico e di quello morale. Costituendosi ritualmente in giudizio, i convenuti non contestavano la responsabilita' del conducente della Maserati nella produzione del sinistro. Eccepivano pero' che l'Inail, riconoscendo all'attore una invalidita' del 18%, gli avevano corrisposto una somma assai maggiore del danno globalmente sofferto dallo stesso, per cui non residuava a suo favore alcun danno differenziale. Espletata c.t.u. medico legale e precisate le conclusioni, la causa perveniva alla decisione di questo collegio in data 11 ottobre 1990. Il tribunale sollevava d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1916 del c.c. Sotto il profilo della rilevanza della questione da sottoporre alla Corte e' necessario, innanzitutto, prendere in considerazione gli schemi risarcitori utilizzati per la liquidazione del danno rispettivamente dall'ente assicuratore e da questo tribunale nella presente fattispecie. Come risulta dalla lettera 11 marzo 1987 e non contestato tra le parti l'Inail ha riconosciuto allo Strobietto una "indennita' di temporanea + spese sanitarie" per L. 8.842.110 ed una "rendita al 1 luglio 1986" di L. 23.326.916. Tale ultima somma deve ritenersi liquidata a titolo d'incapacita' lavorativa riconosciuta dall'ente nella misura del 18%, come riconosciuto pacificamente dalle parti nei loro atti. Infatti, l'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965 fa riferimento all'infortunio dal quale sia derivata la morte ovvero una inabilita' permanente o temporanea; piu' esplicitamente, l'art. 74 della medesima normativa si richiama all'attitudine al lavoro, senza alcuna distinzione tra quella generica e quella specifica. Da cio' consegue che nella quasi totalita' dei casi di lesioni da infortunio, l'Inail indennizza la riduzione della capacita' lavorativa generica. L'attore si e' detto con cio' soddisfatto circa il danno patrimoniale subito, chiedendo il residuo danno biologico e morale. La disposta c.t.u. ha evidenziato che, dal sinistro de quo, l'attore riporto' lesioni che comportarono una malattia di giorni 136 e postumi permanenti nella misura del 9 per cento di invalidita' "biologica non influente sulla capacita' lavortiva specifica". Sulla base dei criteri oggi seguiti da questo tribunale si giungerebbe alla seguente liquidazione: L. 3.400.000 (L. 25.000 x g. 136) per la durata della malattia (danno biologico in assenza di prova circa il lucro cessante); L. 13.500.000 (L. 1.500.000 x 9) per la invalidita' permanente (danno biologico); L. 4.500.000 (L. 500.000 x 9) a titolo di danno morale. Parte convenuta sostiene - come visto - che l'attore ha percepito dall'Inail una somma assai maggiore di quanto sarebbe stato liquidato dal tribunale, in quanto, sommando l'equivalente delle voci di danno lamentato (ITT, ITP, morale), si raggiunge un risultato molto inferiore alla somma corrisposta dall'ente. Tale tesi poggia sull'orientamento dominante della suprema Corte (Cass. civ. 2378/78, 2137/78, 4222/75, 3548/75, 954/75, 1463/74, 917/80, 2583/81, 2635/84, 5551/86, 4689/87), secondo il quale la surroga dell'assicuratore prevista dall'art. 1916 del c.c. si configura come istituto unitario, caratterizzato dal subingresso dell'assicuratore per la totalita' delle somme versate, indipendentemente dalla sue componenti strutturali. Non e', cioe', possibile operare alcuna distinzione tra risarcimento per danno patrimoniale e risarcimento per danno morale e biologico. La surroga dell'assicuratore non opera, infatti, per i singoli titoli di danno ma nel diritto e nella azione riferiti al danno complessivo. Il rapporto di indennita' da rispettare e' unicamente quello tra bene assicurato e bene leso. Conseguentemente, se dal risarcimento debbono essere esclusi i danni alle cose, l'assicuratore puo' rivalersi nei confronti del responsabile con capienza sull'intero risarcimento da questo dovuto per lesioni, senza percio' che danno morale e danno biologico possano avere sorti diverse dal danno patrimoniale. L'applicazione di tale interpretazione al caso di specie comporterebbe dunque l'assorbimento, da parte dell'Inail ceh agisce in regresso, di tutta la somma erogata al danneggiato, (a titolo di incapacita' lavorativa individuata sulle scorte di criteri propri dell'ente, oltretutto rivedibili dallo stesso successivamente) impedendo cosi' a quest'ultimo il conseguimento delle voci di danno biologico e morale che il tribunale avrebbe liquidato secondo i criteri visti, anche se non comprese nell'obbligo assicurativo. Non rileva il proposito che l'Inail non sia parte in causa nel presente giudizio (e' in atti la lettera con la quale l'ente ha manifestato la volonta' di surrogarsi), poiche' in ogni caso l'applicazione dell'interpretazione maggioritaria comporterebbe il rigetto della domanda per avvenuto integrale risarcimento. Tale indirizzo, giustificato anche in base e ragioni d'ordine economico (importanza della surroga per impedire la lievitazione dei costi e della opportunita' del corrispondente continuamento dell'ammontare dei premi) non appare tuttavia conforme ai principi di cui agli artt. 3, 32, 2 e 38 della Costituzione (profilo della non manifesta infondatezza). Sotto il profilo dell'art. 3 la parita' di trattamento dei cittadini non puo' considerarsi attuata se per effetto dell'esercizio del regresso il ricupero degli enti assicurativi si risolve in una singolare forma di esproprio di talune componenti del danno, in pregiudizio degli assicurati-danneggiati (aventi come tali, semmai, diritto ad una particolare tutela), dando luogo cosi' ad una ingiusta discriminazione da un punto di vista soggettivo tra profili di risarcimento altrimenti universalmente assicurativi. Nel nostro ordinamento l'integrita' personale e' configurata come fondamentale diritto dell'individuo, col dovere della Repubblica di tutelarlo (art. 32 della Costituzione) nonche' al riconoscimento della sua inviolabilita' ai sensi dell'art. 2 Cost. (cfr. sentenze della Corte costituzionale n. 132/1985 e n. 319/1989). Con riferimento alla fattispecie in esame l'interpretazione del regresso nel senso riferito, nullificando il compenso dovuto per il danno biologico e per il danno morale, sacrifica valori costituzionalmente garantiti, incidendo su diritti personali ed inviolabili. In materia la Corte adita e' stata esplicata nel pronunciare, (sentenza n. 88 del 26 luglio 1979) i seguenti principi: a) il bene della salute "e' tutelato dall'art. 32 della Costituzione non solo come interesse della collettivita', ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell'individuo"; b) percio' il bene della salute "si configura come un diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati"; c) questo diritto "e' da ricomprendere tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione"; d) sicche' "la indennizzabilita' non puo' piu' essere limitata alle conseguenze della violazione incidenti sull'attitudine a produrre reddito, ma deve comprendere anche gli effetti della lesione del diritto, considerato come posizione soggettiva autonoma, indipendentemente da ogni altra circostanza e conseguenza". Sotto il profilo dell'art. 38 della Costituzione la salvaguardia della funzione sociale esercitata dagli enti assicurativi non puo' ritenersi attuata se l'esercizio del diritto di regresso sia causa di una responsabilita' civile cui non si accompagna la completa reintegrazione del danneggiato e si risolva soltanto in una parziale anticipazione di somme. Ne' appare corretto un procedimento interpretativo che nel conflitto tra diritto dell'assicuratore sociale a ricuperare le somme erogate e quello dell'assicurato-danneggiato a conseguire il ripristino, dell'intera sfera del danno, privilegi il primo incidendo negativamente sulle stesse finalita' che presiedono all'attivita' dell'ente assicuratore, per effetto del prelievo a danno dello stesso soggetto che questi dovrebbe tutelare. La Corte adita ha gia' avuto modo di affermare, (sentenza n. 319/1989) giudicando sulla legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 28 della legge n. 990/1969 che concede agli enti di assicurazione la prelazione sul massimale assicurato, per responsabilita' civile dipendente da circolazione stradale, che tale norma va dichiarara illegittima nelle parti in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni possano esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assicurato al risarcimento del danno alla persona che non sia stata altrimenti risarcita. La ratio di tale pronuncia conduce con evidenza a ritenere che la legittimita' del ricupero e' dunque subordinata all'assenza di pregiudizio dell'assicurato-danneggiato in ogni caso in cui possa verificarsi, dunque anche quando, come nella fattispecie, l'esercizio del regresso appare in conflitto col diritto dell'assicurato- danneggiato a conseguire l'integralita' delle sue spettanze, danno morale e danno biologico compreso. Diversamente non si vede come potrebbe venir meno il pregiudizio, non potendosi istituire diversi limiti al ricupero a seconda se l'assicurato sia stato o non sia stato ancora integralmente risarcito. Nella sentenza in oggetto e' anche affermato: "il contenuto e la finalita' dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione vengono svuotati, nella normativa impugnata, nella misura in cui questa consente che le somme erogate all'assistito dell'ente gestore delle assicurazioni sociali in conseguenza della circolazione di veicoli a motore o natanti, possano essere ricuperati dall'ente stesso con pregiudizio della loro devoluzione al ristoro dei danni alla persona subiti dal lavoratore". Tale finalita' e' quella stessa di cui si chiede attualmente il conseguimento, con la denuncia di una interpretazione delle norme richiamate che non consentirebbe, nel caso di specie, altre soluzioni se non in pregiudizio del completo ristoro dei danni degli infortunati.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1955, n. 87; Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1916 del c.c. in relazione agli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione nell'interpretazione che non esclude dal regresso dell'ente assicuratore le somme dovute per titoli di danno autonomi rispetto a quelli che costituiscono oggetto del rischio assicurato, Sospende il presente giudizio; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale previa notifica della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Cosi' deciso nella camera di consiglio della quarta sezione civile del tribunale di Torino in data 11 ottobre 1990. Il presidente: DAMIANO 91C0299