N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 1990

                                N. 153
   Ordinanza emessa il 12 novembre 1990 dal giudice per le indagini
               preliminari presso il tribunale di Ancona
 nel procedimento penale a carico di Scarponi Giovanni Maria ed altri
 Processo penale - Indagini preliminari - Richiesta  di  archiviazione
 (13 agosto 1990) - Opposizione della parte offesa (13 settembre 1990)
 in  termini  perche'  concomitante  con  la sospensione feriale degli
 stessi (1› agosto 1990-15 settembre 1990)  ma  inammissibile  perche'
 successiva  all'emissione  del  decreto di archiviazione (3 settembre
 1990) - Richiesta di revoca del p.m. "in  base  a  nuove  valutazioni
 degli  stessi  fatti"  -  Inammissibilita'  -  Possibilita'  solo per
 esigenze di nuove investigazioni - Conseguente violazione del diritto
 di difesa della p.o.
 (C.P.P. 1988, art. 409).
 (Cost., art. 24).
(GU n.11 del 13-3-1991 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letta la richiesta  del  p.m.,  originariamente  formulata  il  28
 settembre  1990,  reiterata,  a  seguito di chiarimenti richiesti dal
 giudicante, in data 27 ottobre 1990, con motivazioni che  evidenziano
 la pregevolezza della questione squisitamente giuridica, con la quale
 si  chiede la revoca del pregresso decreto del giudice delle indagini
 preliminari di archiviazione parziale del 3 settembre 1990  a  fronte
 di altrettanto parziale richiesta di archiviazione del 13 agosto 1990
 (va  tenuto  conto, nelle more, della sospensione feriale dei termini
 procedurali 1› agosto 1990-15  settembre  1990  ribadito  dalla  piu'
 recente normativa 1990).
    Premesso  che  sempre  nelle  more  e' intervenuta richiesta della
 parte offesa di ulteriori indagini preliminari, il tutto in  sede  di
 apparizione alla richiesta di archiviazione (data dell'opposizione il
 13  settembre  1990),  opposizione  presentata ex art. 410, del nuovo
 codice di procedura penale (avviso alla persona offesa  ex  art.  408
 del 14 agosto 1990).
    Premesso  altresi'  che stando al pubblico ministero nel merito si
 ribadisce  implicitamente   la   richiesta   di   archiviazione   per
 infondatezza  della notitia riminis (in parte) e per amnistia (per il
 residuo) mentre la richiesta contestuale di revoca dell'archiviazione
 attiene ad esclusivi motivi dentologici, posto che il  giudice  delle
 indagini  preliminari  aveva  emesso  il decreto di archiviazione nel
 presupposto del favor rei di cui all'art. 411  del  nuovo  codice  di
 procedura penale (relativo alla fase delle indagini preliminari cioe'
 al "procedimento" nei confronti degli indagantiindiziati, cioe' delle
 persone  assoggettate alle indagini preliminari) equivalente in detta
 sede dell'art. 129 dello stesso codice (primo comma - "in ogni  stato
 e  grado  del  processo")  tutelando entrambe le norme il concetto di
 "evidenza" in favore del reo (vedi anche secondo comma dell'art. 129)
 in quanto, come noto ma come devesi ribadire per evitare  commistioni
 interpretative,  l'art.  129  ricalca  il 152 dell'abrogato codice di
 procedura penale pur limitandone l'operativita'  al  vero  e  proprio
 processo  e  non anche all'intero procedimento, in quanto nella detta
 fase delle indagini preliminari le situazioni previste nell'art. 125,
 determinano l'archiviazione per infondatezza della notizia  di  reato
 (art.   408)   ovvero   per  gli  altri  casi  previsti  (art.  411),
 ritenendosi, da parte dello scrivente giudicante, che  l'avviso  alla
 persona  offesa  dal reato (incombente per legge a carico del p.m. ex
 art. 408 secondo comma del nuovo codice di  procedura  penale  e  non
 certo  dal  giudice  delle  indagini  preliminari)  avesse  esclusivo
 riferimento a quegli aspetti del  procedimento  non  coinvolti  nella
 richiesta  di  archiviazione  parziale, stante anche l'incontestabile
 aggettivo particolare che la stessa denuncia-querela per diffamazione
 si individua esplicitamente ed univocamente  quali  responsabili  del
 delitto  p.  e  p. dall'art. 595 del codice penale. Scarponi Giuseppe
 piu' altre nove  persone,  tutte  quante  estranee  all'ambiente  del
 giornalismo  marchigiano, mentre successivamente, in ordine di spazio
 per la scrittura (sempre f 6),  attribuisce  tale  reato  a  Federico
 Teloni  di  Treia corrispondente del quotidiano "Il Messaggero" senza
 menzionare per esplicito altri quotidiani tipo il Corriere Adriatico,
 con l'aggiunta generica  ed  indeterminata  (importante  in  sede  di
 denuncia-querela)  della fase "e di ogni altro responsabile dei fatti
 sovra esposti" senza quindi far trasparire (almeno esplicitamente) ed
 intendere alcuna effettiva volonta' di estendere la  denuncia-querela
 anche  ad  altri  quotidiani  (il  tutto ex art. 597, primo comma del
 codice penale sulla procedibilita'  del  reato  a  quella  di  parte)
 mentre  detti  quotidiani  (appunto  tipo Corriere Adriatico) vengono
 citati per relationem in quanto, e dire  del  querelante,  nei  detti
 articoli  si trovano espressioni riferite ai giornalisti dai soggetti
 fisici gia' individuati e querelati in detta sede (Scarponi  Giovanni
 +  11)  senza  tuttavia  che  il querelante ritenga il detto giornale
 corresponsabile  (discorso  di  segno  contrario  per  Il  Messaggero
 essendone stato querelato il corrispondente Federico Teloni).
    Avendo quindi il giudice delle indagini preliminari  ritenuto  che
 l'avviso  alla  persona  offesa  dovesse  riferirsi  proprio a quella
 "restituzione degli atti al p.m. per l'ulteriore corso di giustizia e
 l'eventuale esercizio dell'azione penale per il  residuo"  (richiesta
 effettuata dalla stessa a.g.o. requirente in sede di petitum tendente
 alla parziale archiviazione).
    Poiche'  si  e' gia' accennato, e lo si evidenzia di nuovo, che in
 sede di opposizione il 13 settembre 1990 la parte offesa, anche  alla
 luce  di  sentenza din. l. p. del giudice per le indagini preliminari
 presso il Tribunale di Macerata emessa ex art. 625 del  nuovo  codice
 di  procedura  penale  in  date  rispettivamente  24 aprile 1990 e 17
 maggio 1990 in favore dell'attuale querelante con  la  formula  piena
 "perche'  il  fatto non costituisce reato" ha implicitamente ribadito
 l'impostazione dell'originaria denuncia-querela del 25 ottobre  1989,
 tracciando  ampie  considerazioni  stricti iuris ed indicando ex art.
 410, n. 1) del nuovo  codice  di  procedura  penale  tanto  l'oggetto
 dell'investigazione  supplettiva quanto i relativi elementi di prova,
 non limitandosi quindi a contestare soltanto la valutazione, in fatto
 o in diritto, operata dal p.m. sugli elementi gia' acquisiti, ipotesi
 quest'ultima nella quale l'opposizione non avrebbe potuto che  essere
 dichiarata  inammissibile,  fermo restando naturalmente il potere del
 giudice di non accogliere comunque la richiesta di archiviazione,  se
 ritiene che la stessa non sia da accogliere.
    Ribadita  l'originalita'  e  novita'  della  richiesta del p.m. di
 revoca del decreto di archiviazione e di convocazione delle parti  in
 camera  di  consiglio,  richiesta  che  in un certo senso si appalesa
 contradditoria riflettendosi sulla dizione letterale  dell'art.  405,
 secondo  comma,  stante  il  primo  comma della citata norma, il p.m.
 quando non deve richiedere l'archiviazione esercita  l'azione  penale
 formulando  l'imputazione  (o nella forma della richiesta di giudizio
 immediato, o  nella  forma  della  richiesta  di  rinvio  o  giudizio
 finalizzato all'udienza preliminare, o nella forma della richiesta di
 applicazione  della  pena  ex art. 444 e segg.. .. .. nuovo codice di
 procedura penale), per cui tertium non datur (richieste che innescano
 il meccanismo dell'autentico "processo" che tramite  la  formulazione
 dell'accusa  rende ineludibile la pronuncia giurisdizionale) e quindi
 al riguardo l'art. 405, primo comma fissa  la  detta  alternativa  in
 termini  inequivocabili  (dovendosi  aggiungere  alle  dette forme di
 esercizio dell'azione penale anche quella della richiesta di  decreto
 penale  di  condanna, omesso il solo richiamo al giudizio abbreviato,
 non certo perche' la sua instaurazione prescinda  dall'azione  penale
 ma  semplicemente  in  ragione della superfluita' di un rinvio ad una
 forma processuale che, incondizionata nell'udienza preliminare  (art.
 438),  vede tra i suoi presupposti la richiesta di rinvio a giudizio,
 cioe' l'atto tipico con il quale viene impresso  l'avvio  al  periodo
 propriamente  processuale  (mentre  d'altronde il giudizio abbreviato
 puo' nascere dalla stessa opposizione a decreto penale di condanna).
    Poiche' comunque il decreto di archiviazione  (per  eccellenza  il
 tipo  di  provvedimento  piu'  aderente  al  favor  rei) non puo' non
 collocarsi  nell'area  della   giurisdizionalita',   ferma   restando
 l'obbligatorieta' dell'azione penale ex art. 112 della Costituzione.
    Rilevato  che  ex  art.  408 il termine per prendere visione degli
 atti e presentare l'opposizione, ai sensi  del  citato  terzo  comma,
 decorre ovviamente dalla notifica dell'avviso di cui al secondo comma
 e  solo  dopo  la  scadenza  di  detto  termine  o  dopo  l'eventuale
 presentazione, entro il termine  stesso  dell'opposizione,  il  p.m.,
 sulla  base  ovviamente di quanto disposto dall'art. 126 disposizioni
 attuative  del  nuovo  codice  di  procedura  penale,   sara'   nella
 possibilita'  tecnico-giuridica  di  effettuare  la  trasmissione  al
 giudice delle indagini preliminari della  richiesta  di  achiviazione
 completa dei relativi atti e delle sue ulteriori osservazioni, mentre
 nel  caso  di  specie  tale trasmissione appare, a posteriori e ad un
 riesame della questione per gli  accennati  motivi,  lacunosa  e  non
 colmabile      sulla     base     dell'interpretazione     esegetico-
 giurisprudenziale.
    Ritenuto che quindi, ove il p.m. trasmetta detta  richiesta  senza
 aver  provveduto all'avviso di rito o in precedenza al verificarsi di
 una delle due condizioni suindicate, il giudice puo' o respingere  la
 richiesta  e  provvedere ex art. 409, commi secondo e seguenti o puo'
 in difetto di esplicita previsione in tal senso, restituire gli  atti
 al p.m. invitandolo a dar luogo agli edempimenti prescritti.
    Poiche'  al  contrario,  nella  concreta  fattispecie  si  pone la
 problematica del caso in cui il giudice, pur sulla base di  ragionati
 presupposti  (ritenuti  dal  giudicante  alla base della richiesta di
 archiviazione  parziale),  abbia,  non   rilevando   l'irregolarita'-
 irritualita'  della  richiesta  (si  ribadisce  non avendola ritenuta
 tale|) egualmente accolto la detta richiesta pronunciando il  decreto
 di cui all'art. 409, primo comma.
    Posto  che la normativa al riguardo (art. 408) oppure lacunosa (al
 riguardo, si e' gia' detto|) non prevedendo l'ordinamento processuale
 alcun specifico rimedio processuale e  potendo  la  riapertura  delle
 indagini  preliminari  avere  luogo  soltanto  su iniziativa del p.m.
 seguendo le previsioni  dell'art.  414,  restando  escluso  anche  la
 possibilita'  di  un'avocazione  da  parte  della  procura  generale,
 essendo questa prevista soltanto per la casistica ex art. 412, tra la
 quale non puo' certo farsi rientrare quella in argomento,  in  quanto
 il  p.g. si limita a disporre con decreto motivato l'avocazione delle
 indagini preliminari se il p.m. non esercita l'azione  penale  o  non
 richiede   l'archiviazione   nel  termine  stabilito  dalla  legge  o
 prorogato dal giudice.
    Poiche' quindi la persona offesa  non  sembra,  allo  stato  delle
 riferite  lacune normative, avere altra possibilita' se non quella di
 sollecitare il p.m. in qualche modo affinche' si attivi nel senso  di
 cui  all'art.414  senza  tuttavia  disporre di alcun valido strumento
 formale per il superamento della altrettanto  eventuale  inerzia  del
 p.m.,  inerzia  che  potrebbe  essere  mantenuta  a  fronte  di  tali
 sollecitazioni, mentre sembra  chiaro  che  il  p.m.  stesso  (ove  i
 termini  glielo  consentissero)  ben  potrebbe rinunciare all'inoltro
 della stessa richiesta di archiviazione provvedendo in  modo  diretto
 alle   nuove   necessarie   investigazioni   all'esito   delle  quali
 residuerebbe piena liberta' di richiedere il  rinvio  a  giudizio  di
 rinnovare, al contrario, la richiesta di archiviazione (rinnovando in
 tale  ipotesi  l'avviso  di cui al secondo comma), investigazioni che
 nella specie il p.m., insistendo nel  merito  sull'achiviazione,  non
 ritiene di dover espletare.
    Atteso  che,  stante  le pregresse considerazioni, il punto focale
 della questione e' dato dal rapporto fra l'art. 408 e  l'art.  414  e
 dalla  differenza  fra  il caso in cui il p.m. con richiesta motivata
 dalla esigenza di nuove investigazioni attiva  il  giudice  affinche'
 autorizzi  nella  forma  del  decreto  motivato  la  riapertura delle
 indagini (segue in caso affermativo nuova iscrizione di reato ex art.
 412, secondo comma del nuovo codice di procedura penale), ed il  caso
 (attuale)  in cui si limiti a richiedere la revoca dell'archiviazione
 per motivi di rito.
    Poiche', in tema  di  414,  va'  detto  che  il  provvedimento  di
 archiviazione  previsto  nella  nuova  normativa  crea  una autentica
 preclusione alla riapertura delle  indagini,  come  si  desume  dalla
 lettera  della  norma  in  esame,  in  base  alla quale, per le dette
 causali (tassative) viene esclusa  l'eventualita'  che  la  richiesta
 stessa  possa essere motivata da una diversa valutazione degli stessi
 fatti gia' accertati, a differenza dell'art. 74 terzo comma  abrogato
 codice di procedura penale, che non poneva preclusioni di sorta ad un
 eventuale   successivo  esercizio  dell'azione  penale,  quest'ultima
 sempre possibile "anche in base  a  nuove  valutazioni  degli  stessi
 fatti"  (v.  al riguardo in questo senso cassazione IV 4 luglio 1980,
 n. 4895) con conseguente necessaria restituzione degli atti da  parte
 del giudice istruttore al p.m. a semplice richiesta di quest'ultimo e
 senza  alcuna  possibilita'  di opposizione, mentre attualmente nuove
 indagini   eventualmente    espletate    dal    p.m.    in    assenza
 dell'autorizzazione rilasciata dal giudice delle indagini preliminari
 conoscerebbero  la  sanzione processuale della inutilizzabilita', pur
 in una logica formalmente ben differente da quella  di  cui  all'art.
 407, ultimo comma, in sostanza da applicare per analogia.
    Rilevato  che  la  lettura  di  quanto scritto dal p.m. in sede di
 richiesta di revoca originaria 28 settembre 1990 (ove e' testualmente
 detto "Perche' voglia prendere in esame l'opposizione a richiesta  di
 archiviazione  e valutare l'opportunita' di revocare il provvedimento
 di archiviazione e fissare udienza in  camera  di  consiglio"  sembra
 evidenziare   una   motivazione   intesa   ad  ottenere  una  diversa
 valutazione  degli  stessi  fatti  gia'  accertati  (cio'  quindi  in
 contrasto   con   la   norma   rigida  "di  chiusura  delle  indagini
 preliminari" di cui al 414), mentre la successiva  richiesta  del  27
 ottobre  1990  sembra,  contradditoriamente, far risultare una logica
 meramente formale che tende a riottenere l'archiviazione con identica
 motivazione a quella gia' accolta in sede di  ordinanza  3  settembre
 1990;
   Ritenendosi tale diametralmente opposto ragionamento frutto di mera
 svista  materiale, mentre altrettanto contraddittorio sembra il fatto
 che  proprio  il  p.m.  si  opponga  all'archiviazione  e  chieda  la
 convocazione  delle parti in camera di consiglio (con quale esito? di
 ennesima archiviazione senza  supplementari  indagini?  archiviazione
 all'esito  del detto supplemento? ordine al p.m. di formulare il capo
 d'imputazione ex art. 409, n. 5, e conseguente ottemperanza del  p.m.
 in  tal  sede?),  propende  il  giudicante  a  ritenere  che l'a.g.o.
 requiente sia orientata a domandare sic et simpliciter la revoca  del
 decreto   di  archiviazione  sulla  mera  base,  o  meglio  sul  mero
 presupposto della differente valutazione come gia' detto  e  come  si
 ribadisce, degli stessi identici fatti gia' accertati, con esclusione
 di nuove investigazioni.
    Posto  che  ex art. 125, n. 1) nuovo c.p.p. "La legge stabilisce i
 casi nei quali il provvedimento del giudice  assume  la  forma  della
 sentenza,  dell'ordinanza  o del decreto (art. 48)" e che, per quanto
 riguarda le ordinanze, sono revocabili solo quelle ordinanze rispetto
 alle  quali  non  e'  ammessa  alcuna   impugnazione,   mentre   sono
 caratterizzate  da  irrevocabilita'  quelle  assoggettate  a  gravame
 acquistando esse autorita' di cosa  giudicata  quando  l'impugnazione
 non  sia  esercitata  e  non  determinano  preclusione alcuna ne' nei
 confronti delle parti ne', tanto  meno,  nei  confronti  del  giudice
 (Cass.  pen.  sez.  IV 4 dicembre 1975 n. 1022, reg. 1977, 284; cass.
 pen. mass. cnn  1976,  1122),  trattandosi  quanto  alle  altre,  per
 l'appunto  di  ordinanze  emesse  con procedimento de plano, quindi a
 carattere strumentale nei confronti delle esigenze  del  procedimento
 penale,   senza   pertanto   passare   in   giudicato;   atteso   che
 l'archiviazione, quando originariamente accolta ex art.  408,  lo  e'
 nella  veste  del  decreto,  mentre  lo e' nella forma dell'ordinanza
 allorche' viene recepita ex art. 409.
    Posto che la lacuna  dell'art.  408  consiste  nella  lezione  del
 diritto di difesa della persona offesa tutelato dall'art. 242 secondo
 comma  della  Costituzione ("la difesa e' diritto inviolabile in ogni
 stato e grado del procedimento"), che tutela indistintamente tutte le
 parti, pubbliche o private che siano, diritto peraltro tutelato anche
 dall'art. 121 primo e secondo comma nuovo del  c.p.p.,  il  quale  ha
 enucleato  tutti  i  diritti  della persona offesa in modo pressoche'
 tassativo, con riferimento e alla  fase  delle  indagini  preliminari
 (artt.  369,  101;  art. 336; art. 341; art. 360; art. 366; art. 394;
 art. 398, terzo comma, 401, primo e terzo  comma;  art.  401,  ottavo
 comma;  art.  406, quinto comma; art. 409, secondo comma in relazione
 all'art. 127; art. 408, secondo e terzo  comma,  409  secondo  comma,
 410,  411;  art.  413,  primo  comma)  e  con  riferimento  alla fase
 autenticamente processuale (art. 419, primo comma; art.  429,  quarto
 comma; art. 456; art. 561, secondo comma; art. 572; art. 120, secondo
 comma,  del  c.p.;  art. 120, terzo comma 1a ip., del c.p.; art. 120,
 terzo comma, 1a ip.; art. 121, 1a ip., del c.p.; art.  121,  2a  ip.,
 del c.p.; art. 121 quindi richiamato con frequenza; da ultimo art. 90
 terzo  comma  del  nuovo  c.p.p.);  stante,  allo stato attuale della
 normativa, la non revocabilita' del decreto di archiviazione,  avente
 contenuto  decisorio,  in  quanto non espressamente contemplata, e la
 vulnerabilita' dell'art. 112 della Costituzione  sull'obbligatorieta'
 dell'azione penale non consentendosi al p.m. di esercitarla, a fronte
 di  un  decreto  di  archiviazione  di  cui non si contesta la natura
 meramente giurisdizionale  ed  antitetica  all'esercizio  dell'azione
 penale  (mentre  il vecchio c.p.p. la considerava, rimosso dal d.l.l.
 14 settembre 1944 n. 288 il potere  discrezionale  ed  incondizionato
 del  p.m.  funzionario  della  p.a.  e dell'esecutivo di cestinazione
 della notitia criminis tramite la formalizzazione dell'istruttoria da
 parte del g.i. ed ancora piu' rimosso dalla Costituzione, un modo  di
 esercizio  dell'azione  penale), in semplice sede di nuova differente
 valutazione degli stessi fatti,  subordinando  detto  esercizio  alla
 riapertura  di  nuove  investigazioni  di  cui all'art. 614 del primo
 comma nuovo c.p.p.,  inibendo  quindi  al  p.m.  ogni  riesame  della
 questione  e  conferendo,  di  per  se',  almeno provvisoriamente, al
 decreto di archiviazione il carisma del giudicato che  non  gli  com-
 pete,  non  trattandosi  di provvedimento sottoposto a gravame e tale
 quindi  da  acquistare  detta  autorita'   a   seguito   di   mancata
 impugnazione,  stante  altresi',  l'esplicita  mancanza  di una norma
 sulla revocabilita' delle ordinanze ex art. 177 del c.p.c., e  stante
 altresi'  la  discriminazione fra decreti e ordinanze, queste ultime,
 allorche' inoppugnabili (v. al riguardo l'art. 568 primo  comma),  al
 tempo  stesso  revocabili  e  modificabili fino al momento in cui non
 abbiano avuto esecuzione  (v.  art.  396  nuovo  c.p.p.  in  tema  di
 incidente  probatorio)  nonche' quella fra decreti decisori e decreti
 egualmente tali (es.: il decreto penale  di  condanna  e'  revocabile
 allorche'  si  accoglie l'opposizione alla procedura monitoria mentre
 non lo e' il decreto di archiviazione,  estendosi  in  tal  campo  il
 principio,  del  favor  rei  di  cui all'art. 272 secondo comma sulla
 presunzione di non colpevolezza a scapito  di  altri  beni  e  valori
 costituzionalmente  garantiti,  art.  24 per quanto concerne la parte
 offesa ed art. 112 per quanto riguarda il p.m., nonche'  fra  decreti
 strumentali  e  decisori,  ritenuta,  alla  stregua  delle  pregresse
 argomentazioni, la questione non manifestamente infondata e rilevante
 nel giudizio de quo.
                               P. Q. M.
    Letti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 121  primo  e  secondo  comma,
 172, terzo comma nuovo c.p.p.;
    Dispone  con  la presente ordinanza l'immediata trasmissione degli
 atti prodedurali alla Corte costituzionale, non potendo  il  presente
 giudizio-procedimento   essere   definito   indipendentemente   dalla
 risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, sollevata
 d'ufficio iussu indicis  e  non  ritenuta  manifestamente  infondata,
 dell'art.  409  del  nuovo c.p.p. nella parte in cui non contempla il
 potere del giudice per le indagini preliminare di disporre la  revoca
 del  decreto di archiviazione allorche' lo richieda il p.m. in base a
 nuove valutazioni degli stessi fatti anziche' motivare  detta  revoca
 ex  art. 414 stesso codice con l'esigenza di nuove investigazioni, in
 violazione del diritto di difesa della parte offesa dal reato di  cui
 all'art.  24,  secondo comma della Costituzione e dell'art. 112 della
 Costituzione per quanto concerne l'esercizio obbligatorio dell'azione
 penale da parte del  p.m.,  per  le  specifiche  causali  di  cui  in
 narrativa;
    Statuisce la sospensione del giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  la presente ordinanza di
 trasmissione degli atti alla corte costituzionale sia notificata alle
 parti in  causa  (persone  sottoposte  alle  indagini  preliminari  e
 persona  offesa  dal reato, difensore di fiducia di quest'ultima avv.
 Pacifico Servili del Foro  di  Macerata  studio  legale  S.  Severino
 Marche,  difensore  di ufficio degli indagati-indiziati che si nomina
 ex art. 127 n. 1) nuovo c.p.p. nella persona  dell'avv.  Marco  Maria
 Brunetti  del  Foro  di  Ancona,  via  Carducci  10 extraturnista non
 essendo l'elenco dei difensori d'ufficio turnisti ancora pervenuto  a
 questa   a.g.o.   da  parte  del  consiglio  dell'ordine  avvocati  e
 procuratori del foro di Ancona) nonche' alla Presidenza del Consiglio
 dei Ministri e per la relativa comunicazione  anche  alla  Presidenza
 delle due Camere del Parlamento.
      Ancona, addi' 12 novembre 1990
           Il giudice per le indagini preliminari: DI MARCO

 91C0300