N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 1990
N. 153 Ordinanza emessa il 12 novembre 1990 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Scarponi Giovanni Maria ed altri Processo penale - Indagini preliminari - Richiesta di archiviazione (13 agosto 1990) - Opposizione della parte offesa (13 settembre 1990) in termini perche' concomitante con la sospensione feriale degli stessi (1 agosto 1990-15 settembre 1990) ma inammissibile perche' successiva all'emissione del decreto di archiviazione (3 settembre 1990) - Richiesta di revoca del p.m. "in base a nuove valutazioni degli stessi fatti" - Inammissibilita' - Possibilita' solo per esigenze di nuove investigazioni - Conseguente violazione del diritto di difesa della p.o. (C.P.P. 1988, art. 409). (Cost., art. 24).(GU n.11 del 13-3-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letta la richiesta del p.m., originariamente formulata il 28 settembre 1990, reiterata, a seguito di chiarimenti richiesti dal giudicante, in data 27 ottobre 1990, con motivazioni che evidenziano la pregevolezza della questione squisitamente giuridica, con la quale si chiede la revoca del pregresso decreto del giudice delle indagini preliminari di archiviazione parziale del 3 settembre 1990 a fronte di altrettanto parziale richiesta di archiviazione del 13 agosto 1990 (va tenuto conto, nelle more, della sospensione feriale dei termini procedurali 1 agosto 1990-15 settembre 1990 ribadito dalla piu' recente normativa 1990). Premesso che sempre nelle more e' intervenuta richiesta della parte offesa di ulteriori indagini preliminari, il tutto in sede di apparizione alla richiesta di archiviazione (data dell'opposizione il 13 settembre 1990), opposizione presentata ex art. 410, del nuovo codice di procedura penale (avviso alla persona offesa ex art. 408 del 14 agosto 1990). Premesso altresi' che stando al pubblico ministero nel merito si ribadisce implicitamente la richiesta di archiviazione per infondatezza della notitia riminis (in parte) e per amnistia (per il residuo) mentre la richiesta contestuale di revoca dell'archiviazione attiene ad esclusivi motivi dentologici, posto che il giudice delle indagini preliminari aveva emesso il decreto di archiviazione nel presupposto del favor rei di cui all'art. 411 del nuovo codice di procedura penale (relativo alla fase delle indagini preliminari cioe' al "procedimento" nei confronti degli indagantiindiziati, cioe' delle persone assoggettate alle indagini preliminari) equivalente in detta sede dell'art. 129 dello stesso codice (primo comma - "in ogni stato e grado del processo") tutelando entrambe le norme il concetto di "evidenza" in favore del reo (vedi anche secondo comma dell'art. 129) in quanto, come noto ma come devesi ribadire per evitare commistioni interpretative, l'art. 129 ricalca il 152 dell'abrogato codice di procedura penale pur limitandone l'operativita' al vero e proprio processo e non anche all'intero procedimento, in quanto nella detta fase delle indagini preliminari le situazioni previste nell'art. 125, determinano l'archiviazione per infondatezza della notizia di reato (art. 408) ovvero per gli altri casi previsti (art. 411), ritenendosi, da parte dello scrivente giudicante, che l'avviso alla persona offesa dal reato (incombente per legge a carico del p.m. ex art. 408 secondo comma del nuovo codice di procedura penale e non certo dal giudice delle indagini preliminari) avesse esclusivo riferimento a quegli aspetti del procedimento non coinvolti nella richiesta di archiviazione parziale, stante anche l'incontestabile aggettivo particolare che la stessa denuncia-querela per diffamazione si individua esplicitamente ed univocamente quali responsabili del delitto p. e p. dall'art. 595 del codice penale. Scarponi Giuseppe piu' altre nove persone, tutte quante estranee all'ambiente del giornalismo marchigiano, mentre successivamente, in ordine di spazio per la scrittura (sempre f 6), attribuisce tale reato a Federico Teloni di Treia corrispondente del quotidiano "Il Messaggero" senza menzionare per esplicito altri quotidiani tipo il Corriere Adriatico, con l'aggiunta generica ed indeterminata (importante in sede di denuncia-querela) della fase "e di ogni altro responsabile dei fatti sovra esposti" senza quindi far trasparire (almeno esplicitamente) ed intendere alcuna effettiva volonta' di estendere la denuncia-querela anche ad altri quotidiani (il tutto ex art. 597, primo comma del codice penale sulla procedibilita' del reato a quella di parte) mentre detti quotidiani (appunto tipo Corriere Adriatico) vengono citati per relationem in quanto, e dire del querelante, nei detti articoli si trovano espressioni riferite ai giornalisti dai soggetti fisici gia' individuati e querelati in detta sede (Scarponi Giovanni + 11) senza tuttavia che il querelante ritenga il detto giornale corresponsabile (discorso di segno contrario per Il Messaggero essendone stato querelato il corrispondente Federico Teloni). Avendo quindi il giudice delle indagini preliminari ritenuto che l'avviso alla persona offesa dovesse riferirsi proprio a quella "restituzione degli atti al p.m. per l'ulteriore corso di giustizia e l'eventuale esercizio dell'azione penale per il residuo" (richiesta effettuata dalla stessa a.g.o. requirente in sede di petitum tendente alla parziale archiviazione). Poiche' si e' gia' accennato, e lo si evidenzia di nuovo, che in sede di opposizione il 13 settembre 1990 la parte offesa, anche alla luce di sentenza din. l. p. del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Macerata emessa ex art. 625 del nuovo codice di procedura penale in date rispettivamente 24 aprile 1990 e 17 maggio 1990 in favore dell'attuale querelante con la formula piena "perche' il fatto non costituisce reato" ha implicitamente ribadito l'impostazione dell'originaria denuncia-querela del 25 ottobre 1989, tracciando ampie considerazioni stricti iuris ed indicando ex art. 410, n. 1) del nuovo codice di procedura penale tanto l'oggetto dell'investigazione supplettiva quanto i relativi elementi di prova, non limitandosi quindi a contestare soltanto la valutazione, in fatto o in diritto, operata dal p.m. sugli elementi gia' acquisiti, ipotesi quest'ultima nella quale l'opposizione non avrebbe potuto che essere dichiarata inammissibile, fermo restando naturalmente il potere del giudice di non accogliere comunque la richiesta di archiviazione, se ritiene che la stessa non sia da accogliere. Ribadita l'originalita' e novita' della richiesta del p.m. di revoca del decreto di archiviazione e di convocazione delle parti in camera di consiglio, richiesta che in un certo senso si appalesa contradditoria riflettendosi sulla dizione letterale dell'art. 405, secondo comma, stante il primo comma della citata norma, il p.m. quando non deve richiedere l'archiviazione esercita l'azione penale formulando l'imputazione (o nella forma della richiesta di giudizio immediato, o nella forma della richiesta di rinvio o giudizio finalizzato all'udienza preliminare, o nella forma della richiesta di applicazione della pena ex art. 444 e segg.. .. .. nuovo codice di procedura penale), per cui tertium non datur (richieste che innescano il meccanismo dell'autentico "processo" che tramite la formulazione dell'accusa rende ineludibile la pronuncia giurisdizionale) e quindi al riguardo l'art. 405, primo comma fissa la detta alternativa in termini inequivocabili (dovendosi aggiungere alle dette forme di esercizio dell'azione penale anche quella della richiesta di decreto penale di condanna, omesso il solo richiamo al giudizio abbreviato, non certo perche' la sua instaurazione prescinda dall'azione penale ma semplicemente in ragione della superfluita' di un rinvio ad una forma processuale che, incondizionata nell'udienza preliminare (art. 438), vede tra i suoi presupposti la richiesta di rinvio a giudizio, cioe' l'atto tipico con il quale viene impresso l'avvio al periodo propriamente processuale (mentre d'altronde il giudizio abbreviato puo' nascere dalla stessa opposizione a decreto penale di condanna). Poiche' comunque il decreto di archiviazione (per eccellenza il tipo di provvedimento piu' aderente al favor rei) non puo' non collocarsi nell'area della giurisdizionalita', ferma restando l'obbligatorieta' dell'azione penale ex art. 112 della Costituzione. Rilevato che ex art. 408 il termine per prendere visione degli atti e presentare l'opposizione, ai sensi del citato terzo comma, decorre ovviamente dalla notifica dell'avviso di cui al secondo comma e solo dopo la scadenza di detto termine o dopo l'eventuale presentazione, entro il termine stesso dell'opposizione, il p.m., sulla base ovviamente di quanto disposto dall'art. 126 disposizioni attuative del nuovo codice di procedura penale, sara' nella possibilita' tecnico-giuridica di effettuare la trasmissione al giudice delle indagini preliminari della richiesta di achiviazione completa dei relativi atti e delle sue ulteriori osservazioni, mentre nel caso di specie tale trasmissione appare, a posteriori e ad un riesame della questione per gli accennati motivi, lacunosa e non colmabile sulla base dell'interpretazione esegetico- giurisprudenziale. Ritenuto che quindi, ove il p.m. trasmetta detta richiesta senza aver provveduto all'avviso di rito o in precedenza al verificarsi di una delle due condizioni suindicate, il giudice puo' o respingere la richiesta e provvedere ex art. 409, commi secondo e seguenti o puo' in difetto di esplicita previsione in tal senso, restituire gli atti al p.m. invitandolo a dar luogo agli edempimenti prescritti. Poiche' al contrario, nella concreta fattispecie si pone la problematica del caso in cui il giudice, pur sulla base di ragionati presupposti (ritenuti dal giudicante alla base della richiesta di archiviazione parziale), abbia, non rilevando l'irregolarita'- irritualita' della richiesta (si ribadisce non avendola ritenuta tale|) egualmente accolto la detta richiesta pronunciando il decreto di cui all'art. 409, primo comma. Posto che la normativa al riguardo (art. 408) oppure lacunosa (al riguardo, si e' gia' detto|) non prevedendo l'ordinamento processuale alcun specifico rimedio processuale e potendo la riapertura delle indagini preliminari avere luogo soltanto su iniziativa del p.m. seguendo le previsioni dell'art. 414, restando escluso anche la possibilita' di un'avocazione da parte della procura generale, essendo questa prevista soltanto per la casistica ex art. 412, tra la quale non puo' certo farsi rientrare quella in argomento, in quanto il p.g. si limita a disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini preliminari se il p.m. non esercita l'azione penale o non richiede l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice. Poiche' quindi la persona offesa non sembra, allo stato delle riferite lacune normative, avere altra possibilita' se non quella di sollecitare il p.m. in qualche modo affinche' si attivi nel senso di cui all'art.414 senza tuttavia disporre di alcun valido strumento formale per il superamento della altrettanto eventuale inerzia del p.m., inerzia che potrebbe essere mantenuta a fronte di tali sollecitazioni, mentre sembra chiaro che il p.m. stesso (ove i termini glielo consentissero) ben potrebbe rinunciare all'inoltro della stessa richiesta di archiviazione provvedendo in modo diretto alle nuove necessarie investigazioni all'esito delle quali residuerebbe piena liberta' di richiedere il rinvio a giudizio di rinnovare, al contrario, la richiesta di archiviazione (rinnovando in tale ipotesi l'avviso di cui al secondo comma), investigazioni che nella specie il p.m., insistendo nel merito sull'achiviazione, non ritiene di dover espletare. Atteso che, stante le pregresse considerazioni, il punto focale della questione e' dato dal rapporto fra l'art. 408 e l'art. 414 e dalla differenza fra il caso in cui il p.m. con richiesta motivata dalla esigenza di nuove investigazioni attiva il giudice affinche' autorizzi nella forma del decreto motivato la riapertura delle indagini (segue in caso affermativo nuova iscrizione di reato ex art. 412, secondo comma del nuovo codice di procedura penale), ed il caso (attuale) in cui si limiti a richiedere la revoca dell'archiviazione per motivi di rito. Poiche', in tema di 414, va' detto che il provvedimento di archiviazione previsto nella nuova normativa crea una autentica preclusione alla riapertura delle indagini, come si desume dalla lettera della norma in esame, in base alla quale, per le dette causali (tassative) viene esclusa l'eventualita' che la richiesta stessa possa essere motivata da una diversa valutazione degli stessi fatti gia' accertati, a differenza dell'art. 74 terzo comma abrogato codice di procedura penale, che non poneva preclusioni di sorta ad un eventuale successivo esercizio dell'azione penale, quest'ultima sempre possibile "anche in base a nuove valutazioni degli stessi fatti" (v. al riguardo in questo senso cassazione IV 4 luglio 1980, n. 4895) con conseguente necessaria restituzione degli atti da parte del giudice istruttore al p.m. a semplice richiesta di quest'ultimo e senza alcuna possibilita' di opposizione, mentre attualmente nuove indagini eventualmente espletate dal p.m. in assenza dell'autorizzazione rilasciata dal giudice delle indagini preliminari conoscerebbero la sanzione processuale della inutilizzabilita', pur in una logica formalmente ben differente da quella di cui all'art. 407, ultimo comma, in sostanza da applicare per analogia. Rilevato che la lettura di quanto scritto dal p.m. in sede di richiesta di revoca originaria 28 settembre 1990 (ove e' testualmente detto "Perche' voglia prendere in esame l'opposizione a richiesta di archiviazione e valutare l'opportunita' di revocare il provvedimento di archiviazione e fissare udienza in camera di consiglio" sembra evidenziare una motivazione intesa ad ottenere una diversa valutazione degli stessi fatti gia' accertati (cio' quindi in contrasto con la norma rigida "di chiusura delle indagini preliminari" di cui al 414), mentre la successiva richiesta del 27 ottobre 1990 sembra, contradditoriamente, far risultare una logica meramente formale che tende a riottenere l'archiviazione con identica motivazione a quella gia' accolta in sede di ordinanza 3 settembre 1990; Ritenendosi tale diametralmente opposto ragionamento frutto di mera svista materiale, mentre altrettanto contraddittorio sembra il fatto che proprio il p.m. si opponga all'archiviazione e chieda la convocazione delle parti in camera di consiglio (con quale esito? di ennesima archiviazione senza supplementari indagini? archiviazione all'esito del detto supplemento? ordine al p.m. di formulare il capo d'imputazione ex art. 409, n. 5, e conseguente ottemperanza del p.m. in tal sede?), propende il giudicante a ritenere che l'a.g.o. requiente sia orientata a domandare sic et simpliciter la revoca del decreto di archiviazione sulla mera base, o meglio sul mero presupposto della differente valutazione come gia' detto e come si ribadisce, degli stessi identici fatti gia' accertati, con esclusione di nuove investigazioni. Posto che ex art. 125, n. 1) nuovo c.p.p. "La legge stabilisce i casi nei quali il provvedimento del giudice assume la forma della sentenza, dell'ordinanza o del decreto (art. 48)" e che, per quanto riguarda le ordinanze, sono revocabili solo quelle ordinanze rispetto alle quali non e' ammessa alcuna impugnazione, mentre sono caratterizzate da irrevocabilita' quelle assoggettate a gravame acquistando esse autorita' di cosa giudicata quando l'impugnazione non sia esercitata e non determinano preclusione alcuna ne' nei confronti delle parti ne', tanto meno, nei confronti del giudice (Cass. pen. sez. IV 4 dicembre 1975 n. 1022, reg. 1977, 284; cass. pen. mass. cnn 1976, 1122), trattandosi quanto alle altre, per l'appunto di ordinanze emesse con procedimento de plano, quindi a carattere strumentale nei confronti delle esigenze del procedimento penale, senza pertanto passare in giudicato; atteso che l'archiviazione, quando originariamente accolta ex art. 408, lo e' nella veste del decreto, mentre lo e' nella forma dell'ordinanza allorche' viene recepita ex art. 409. Posto che la lacuna dell'art. 408 consiste nella lezione del diritto di difesa della persona offesa tutelato dall'art. 242 secondo comma della Costituzione ("la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento"), che tutela indistintamente tutte le parti, pubbliche o private che siano, diritto peraltro tutelato anche dall'art. 121 primo e secondo comma nuovo del c.p.p., il quale ha enucleato tutti i diritti della persona offesa in modo pressoche' tassativo, con riferimento e alla fase delle indagini preliminari (artt. 369, 101; art. 336; art. 341; art. 360; art. 366; art. 394; art. 398, terzo comma, 401, primo e terzo comma; art. 401, ottavo comma; art. 406, quinto comma; art. 409, secondo comma in relazione all'art. 127; art. 408, secondo e terzo comma, 409 secondo comma, 410, 411; art. 413, primo comma) e con riferimento alla fase autenticamente processuale (art. 419, primo comma; art. 429, quarto comma; art. 456; art. 561, secondo comma; art. 572; art. 120, secondo comma, del c.p.; art. 120, terzo comma 1a ip., del c.p.; art. 120, terzo comma, 1a ip.; art. 121, 1a ip., del c.p.; art. 121, 2a ip., del c.p.; art. 121 quindi richiamato con frequenza; da ultimo art. 90 terzo comma del nuovo c.p.p.); stante, allo stato attuale della normativa, la non revocabilita' del decreto di archiviazione, avente contenuto decisorio, in quanto non espressamente contemplata, e la vulnerabilita' dell'art. 112 della Costituzione sull'obbligatorieta' dell'azione penale non consentendosi al p.m. di esercitarla, a fronte di un decreto di archiviazione di cui non si contesta la natura meramente giurisdizionale ed antitetica all'esercizio dell'azione penale (mentre il vecchio c.p.p. la considerava, rimosso dal d.l.l. 14 settembre 1944 n. 288 il potere discrezionale ed incondizionato del p.m. funzionario della p.a. e dell'esecutivo di cestinazione della notitia criminis tramite la formalizzazione dell'istruttoria da parte del g.i. ed ancora piu' rimosso dalla Costituzione, un modo di esercizio dell'azione penale), in semplice sede di nuova differente valutazione degli stessi fatti, subordinando detto esercizio alla riapertura di nuove investigazioni di cui all'art. 614 del primo comma nuovo c.p.p., inibendo quindi al p.m. ogni riesame della questione e conferendo, di per se', almeno provvisoriamente, al decreto di archiviazione il carisma del giudicato che non gli com- pete, non trattandosi di provvedimento sottoposto a gravame e tale quindi da acquistare detta autorita' a seguito di mancata impugnazione, stante altresi', l'esplicita mancanza di una norma sulla revocabilita' delle ordinanze ex art. 177 del c.p.c., e stante altresi' la discriminazione fra decreti e ordinanze, queste ultime, allorche' inoppugnabili (v. al riguardo l'art. 568 primo comma), al tempo stesso revocabili e modificabili fino al momento in cui non abbiano avuto esecuzione (v. art. 396 nuovo c.p.p. in tema di incidente probatorio) nonche' quella fra decreti decisori e decreti egualmente tali (es.: il decreto penale di condanna e' revocabile allorche' si accoglie l'opposizione alla procedura monitoria mentre non lo e' il decreto di archiviazione, estendosi in tal campo il principio, del favor rei di cui all'art. 272 secondo comma sulla presunzione di non colpevolezza a scapito di altri beni e valori costituzionalmente garantiti, art. 24 per quanto concerne la parte offesa ed art. 112 per quanto riguarda il p.m., nonche' fra decreti strumentali e decisori, ritenuta, alla stregua delle pregresse argomentazioni, la questione non manifestamente infondata e rilevante nel giudizio de quo.
P. Q. M. Letti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, 121 primo e secondo comma, 172, terzo comma nuovo c.p.p.; Dispone con la presente ordinanza l'immediata trasmissione degli atti prodedurali alla Corte costituzionale, non potendo il presente giudizio-procedimento essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, sollevata d'ufficio iussu indicis e non ritenuta manifestamente infondata, dell'art. 409 del nuovo c.p.p. nella parte in cui non contempla il potere del giudice per le indagini preliminare di disporre la revoca del decreto di archiviazione allorche' lo richieda il p.m. in base a nuove valutazioni degli stessi fatti anziche' motivare detta revoca ex art. 414 stesso codice con l'esigenza di nuove investigazioni, in violazione del diritto di difesa della parte offesa dal reato di cui all'art. 24, secondo comma della Costituzione e dell'art. 112 della Costituzione per quanto concerne l'esercizio obbligatorio dell'azione penale da parte del p.m., per le specifiche causali di cui in narrativa; Statuisce la sospensione del giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti alla corte costituzionale sia notificata alle parti in causa (persone sottoposte alle indagini preliminari e persona offesa dal reato, difensore di fiducia di quest'ultima avv. Pacifico Servili del Foro di Macerata studio legale S. Severino Marche, difensore di ufficio degli indagati-indiziati che si nomina ex art. 127 n. 1) nuovo c.p.p. nella persona dell'avv. Marco Maria Brunetti del Foro di Ancona, via Carducci 10 extraturnista non essendo l'elenco dei difensori d'ufficio turnisti ancora pervenuto a questa a.g.o. da parte del consiglio dell'ordine avvocati e procuratori del foro di Ancona) nonche' alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e per la relativa comunicazione anche alla Presidenza delle due Camere del Parlamento. Ancona, addi' 12 novembre 1990 Il giudice per le indagini preliminari: DI MARCO 91C0300