N. 154 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 gennaio 1991

                                N. 154
   Ordinanza emessa il 10 gennaio 1991 dalla Corte di cassazione sul
                 ricorso proposto da De Vitali Roberta
 Processo  penale  -  Rito  abbreviato  -  Sentenza di condanna a pena
 detentiva e concessione del beneficio della sospensione  condizionale
 -  Appello  -  Inammissibilita'  -  Conseguente  improponibilita'  di
 impugnazione  per  motivi  di  merito  -  Lamentata   disparita'   di
 trattamento  rispetto  agli  imputati  che  non  usufruiscono di tale
 beneficio.
 (C.P.P. 1988, art. 443, secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.11 del 13-3-1991 )
                        LA CORTE DI CASSAZIONE
    A pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto  da:
 Roberta  De  Vitali,  nata  a  Milano  il  27 gennaio 1969, contro la
 sentenza 8 giugno 1990 della corte d'appello di Milano.
    Sentita la relazione del consigliere Fattori e udito il  p.g.,  in
 persona   del   dott.   Bruno   Frangini,  il  quale  ha  chiesto  la
 dichiarazione  di   manifesta   infondatezza   della   questione   di
 legittimita' costituzionale e il rigetto del ricorso.
    La Corte osserva, in fatto o in diritto, quanto segue.
    Roberta  De Vitali e' stata chiamata a rispondere del reato di cui
 all'art. 72 primo comma della legge 22 dicembre 1975, n.  685  (fatto
 accertato in Milano il 29 dicembre 1989).
    Si  e'  proceduto  con  il  rito  abbreviato  e il tribunale della
 predetta citta' (sent. 12  gennaio  1990)  ha  dichiarato  l'imputata
 colpevole  del  reato  ascrittole  e,  con  attenuanti generiche e la
 diminuente di cui all'art. 442 secondo comma nuovo cod.  proc.  pen.,
 l'ha  condannata alla pena di dieci mesi e venti giorni di reclusione
 e duecentomila lire  di  multa,  con  i  benefici  della  sospensione
 condizionale e della non menzione.
    Su  appello  della  De  Vitali, la Corte di Milano (sent. 8 giugno
 1990) ha dichiarato inammissibile l'appello  stesso,  trattandosi  di
 pena  che  -  in  forza  della sospensione concessa - non deve essere
 eseguita.
    L'imputata ha tuttavia proposto ricorso per cassazione,  deducendo
 tra l'altro:
      che  vi  e'  stata  violazione  dell'art. 443 n. 2 nuovo c.p.p.,
 giacche' - si asserisce  nei  motivi  di  gravame  -  anche  la  pena
 irrogata  a seguito di giudizio abbreviato e' stata sospesa l'appello
 deve comunque ritenersi consentito;
      che, diversamente opinando,  va  ritenuta  l'incostituzionalita'
 della  norma  suddetta, alla luce degli artt. 3 e 24 (primo e secondo
 comma) della Costituzione.
   Cio'   posto,   occorre   anzitutto    rilevare    come,    secondo
 l'interpretazione  di  questa  s.c. (c.f.r. sez. IV, 12 ottobre 1990,
 ric. Petrolini), sostanzialmente conforme  alle  poche  voci  che  in
 dottrina  si  sono espresse sull'argomento, la norma, di cui all'art.
 443 n. 2 c.p.p. del 1988 vada appunto intesa nel senso che,  in  caso
 di  sospensione condizionale della pena, l'appello non e' consentito,
 ferma la conversione,  ex  art.  580  stesso  codice,  dell'eventuale
 ricorso   per  cassazione  in  appello,  ove  quest'ultimo  mezzo  di
 impugnazione sia esperito da coimputato condannato a pena  eseguibile
 (cfr. cass. pen. sez. VI, 3 dicembre 1990, ric. Di Bella).
    Ma  -  ad  avviso  di  questo  collegio - se cosi' la norma de qua
 dev'essere interpretata, la questione di legittimita'  costituzionale
 formulata  nei  motivi  di gravame, non puo' ritenersi manifestamente
 infondata, non tanto in relazione all'art. 24 primo comma o  all'art.
 24  secondo comma della Costituzione (che mal si vede come potrebbero
 riferirsi alla norma di cui si discute), ma in relazione  all'art.  3
 primo comma della Costituzione medesima (principio d'equaglianza). E'
 necessario infatti sottolineare che il rito abbreviato corrisponde ad
 un'esigenza  d'immediatezza  o  comunque di sollecitudine di giudizio
 che e' comune, oltre che ad imputato colpevoli, ad imputati che  sono
 e  vogliono essere riconosciuti innocenti. Conseguentemente, nel caso
 in cui il giudizio stesso si conclude con una condanna  (anche  se  a
 pena    condizionalmente   sospesa),   viene   delusa   l'aspettativa
 dell'imputato il quale fonda la propria convinzione di  innocenza  su
 una  valutazione degli elementi di giudizio gia' acquisiti diversa da
 quella compiuti dalla sentenza e, al contempo, gli  si  impedisce  di
 sperimentare  l'appello,  unico mezzo di impugnazione con cui possono
 essere dedotti motivi di merito  e  con  il  quale  percio'  potrebbe
 ottenere  una rivalutazione dei predetti elementi in conformita' alle
 sue aspettative. In tal modo, gli imputati a pena sospesa  vengono  a
 trovarsi  -  contro  la  logica e l'equita' - in condizione deteriore
 rispetto ad imputato meno "positivi": rispetto  a  quelli  cioe'  che
 subiscano   una   condanna   senza  il  beneficio  della  sospensione
 condizionale. E questa situazione d'ingiusta disparita' appare  ancor
 piu'  rilevante  allorche', in caso di appello proposto da coimputato
 condannato a pena non sospesa, l'eventuale ricorso per cassazione  di
 chi  ha beneficiato della sospensione si converta appunto in appello,
 giacche' i motivi di ricorso non possono evidentemente consentire  al
 giudice di secondo grado quell'ampiezza di valutazione che potrebbero
 invece permettergli motivi d'appello.
    E'  appena  il  caso d'aggiungere che la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 443 n. 2  del  nuovo  c.p.p.  e',  nel  caso
 concreto, rilevante, dovendosi appunto decidere se l'appello proposto
 dalla De Vitali fosse o no ammissibile.
                               P. Q. M.
   La Corte dichiara non manifestamente infondata la dedotta questione
 di  legittimita'  costituzionale  relativamente all'art. 443 n. 2 del
 c.p.p. del 1988, in rapporto all'art. 3 della Costituzione, ed ordina
 la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e le conseguenti
 notificazioni alla Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  e  alle
 Presidenze  delle due Camere parlamentari; dispone la sospensione del
 processo fino alla pronuncia della Corte costituzionale.
      Roma, addi' 10 gennaio 1991
                  Il presidente: (firma illeggibile)

 91C0301