N. 108 ORDINANZA 27 febbraio - 11 marzo 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Nuovo codice - Norme di attuazione Connessione -
 Riunione tra i procedimenti - Continuazione Esclusione - Diversita'
 tra il sistema accusatorio del nuovo codice e quello previgente -
 Ragionevolezza - Manifesta infondatezza.
 
 (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 259, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 25, secondo comma).
(GU n.12 del 20-3-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Ettore GALLO;
 Giudici: dott. Aldo  CORASANITI,  prof.  Giuseppe  BORZELLINO,  dott.
 Francesco  GRECO,  prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.  Enzo CHELI,
 dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  259, comma
 secondo, del decreto legislativo 28 luglio 1989,  n.  271  (Norme  di
 attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di procedura
 penale), promossi con ordinanze emesse il 16 e  20  luglio  1990  dal
 Pretore di Firenze nei procedimenti penali a carico di Mazzoni Loris,
 iscritte  ai  nn.  673 e 674 del registro ordinanze 1990 e pubblicate
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale
 dell'anno 1990;
    Udito nella camera di consiglio del 30  gennaio  1991  il  Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Ritenuto che prima del dibattimento cui Loris Mazzoni, imputato di
 due  contravvenzioni,  era  stato  citato secondo il vecchio rito, il
 Pretore  di  Firenze,  provvedendo  su  un'istanza  di  riunione  del
 giudizio  ad  altro,  cui  l'imputato  era  stato citato davanti allo
 stesso giudice secondo  il  nuovo  codice  di  procedura  penale  per
 rispondere      dell'inottemperanza     all'ordine     dell'autorita'
 amministrativa di porre fine all'attivita' illecita oggetto del primo
 processo, con ordinanza emessa il 16 luglio 1990  (R.O.  n.  673  del
 1990),   ha  sollevato,  su  eccezione  della  difesa  dell'imputato,
 questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3
 e 25, secondo  comma,  della  Costituzione,  dell'art.  259,  secondo
 comma,  delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
 codice  di  procedura  penale  (testo  approvato   con   il   decreto
 legislativo  28 luglio 1989, n. 271) in quanto esclude l'operativita'
 della connessione, e la possibilita' di riunione, tra i  procedimenti
 che  proseguono  con  l'osservanza del codice abrogato e quelli per i
 quali si applica il codice di procedura penale del 1988;
      che in punto di rilevanza il giudice a quo osserva come la norma
 transitoria, non consentendo la  riunione,  esclude,  sul  piano  del
 diritto sostanziale, l'applicazione della continuazione, risolvendosi
 "in  una  limitazione  del  diritto dell'imputato di piu' reati per i
 quali pendono diversi procedimenti  nello  stesso  stato  e  grado  e
 davanti allo stesso giudice, a chiederne la riunione, laddove cio' e'
 espressamente previsto dal nuovo c.p.p. agli artt. 17 e 12";
      che,   quanto   alla  non  manifesta  infondatezza,  l'autorita'
 remittente, argomentando sulla base degli artt. 2, terzo  comma,  del
 codice  penale, e 25, secondo comma, della Costituzione, premesso che
 la regola della retroattivita' della legge favorevole al reo non solo
 non contrasta con il principio di irretroattivita'  ma,  insieme  con
 esso,  rappresenta  una particolare espressione del favor libertatis,
 da cui entrambi discendono, lamenta  che  la  norma  denunciata,  non
 accogliendo  il principio generale del trattamento piu' favorevole al
 reo,  realizza   una   disparita'   di   trattamento   fra   imputati
 ingiustificata  ed  irragionevole,  collegata ad una circostanza - la
 mancata contestazione di tutti i reati o sotto il vigore del  vecchio
 codice  o  sotto  quello  del  nuovo  rito - del tutto occasionale ed
 indipendente dalla volonta' dell'imputato;
      che con successiva ordinanza (R.O. n. 674 del 1990) emessa il 20
 luglio 1990, la medesima autorita', davanti alla  quale  il  medesimo
 imputato  Loris  Mazzoni  era  stato tratto a giudizio, ma secondo il
 nuovo rito nell'ambito del secondo processo cui si e'  accennato,  ha
 sollevato  la  stessa  questione,  sulla  base  di  argomentazioni di
 identico  tenore  testuale,  osservando  pero'  in  particolare   che
 l'applicabilita'   dell'istituto   della  continuazione  in  sede  di
 esecuzione della pena in forza dell'art. 671 c.p.p. non ha  incidenza
 sulla  rilevanza, in quanto la trattazione congiunta dei procedimenti
 e' comunque piu' favorevole per l'imputato;
      che nel giudizio non ha spiegato intervento  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
    Considerato  che le due ordinanze sollevano la medesima questione,
 sicche' i relativi  giudizi  possono  essere  riuniti  e  decisi  con
 un'unica pronuncia;
      che,  quanto  al  riferimento all'art. 3 della Costituzione, una
 volta prevista - con la normativa di cui agli artt. 241 e 242 c.p.p.,
 normativa che qui non e' impugnata (e  cio'  a  prescindere  da  ogni
 dubbio  sulla  fondatezza  di  una  sua  eventuale impugnazione: cfr.
 ordinanza  n.  180  del 1990, in motivazione) - la possibilita' della
 coesistenza, anche per fatti analoghi, di processi regolati  da  riti
 profondamente   diversi   (quello,   introdotto   dal  nuovo  codice,
 improntato  al  principio  di  accusatorieta'  e  caratterizzato   da
 semplicita'  e  speditezza,  e quello previgente), non puo' ritenersi
 irragionevole, in relazione alla detta diversita', il  divieto  della
 riunione fra i procedimenti stessi;
      che,  quanto  al  riferimento  all'art.  25 della Costituzione -
 anche a prescindere da ogni riserva  sull'operativita'  dei  principi
 concernenti  l'efficacia  nel  tempo delle norme penali sfavorevoli o
 favorevoli quando si tratti di effetti svantaggiosi o vantaggiosi che
 discendono da norme processuali  e  non  gia'  da  norme  sostanziali
 dettate  in relazione al mutato atteggiamento della coscienza sociale
 relativamente al fatto tipico che ne e' oggetto  (sent.  n.  277  del
 1990) - l'applicazione della continuazione e' in ogni caso possibile,
 nonostante il cennato divieto di riunione, anche fra reati oggetto di
 processi   regolati   rispettivamente   dai  due  riti:  in  fase  di
 cognizione, nell'ipotesi che uno dei processi sia stato definito  con
 sentenza  passata  in  giudicato,  ad  opera del giudice del processo
 ancora in corso, secondo un principio (richiamato dalla  sentenza  di
 questa Corte n. 115 del 1987), alla cui vigenza non e' di ostacolo la
 diversita'  dei  riti;  in  sede  di esecuzione di piu' provvedimenti
 irrevocabili  di  condanna,  secondo  quanto  espressamente  disposto
 dall'art.  671  c.p.p.,  richiamato, in riferimento all'esecuzione di
 provvedimenti resi in processi regolati rispettivamente dai due riti,
 dall'art. 260 delle norme transitorie;
      che pertanto la questione e' manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza   delle
 questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3
 e  25,  secondo  comma,  della  Costituzione,  dell'art. 259, secondo
 comma, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie  del
 codice  di  procedura penale (testo approvato con decreto legislativo
 28 luglio 1989, n. 271), sollevate dal  Pretore  di  Firenze  con  le
 ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 1991.
                         Il Presidente: GALLO
                       Il redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria l'11 marzo 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0317