N. 14 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 1991

                                 N. 14
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria il 5 marzo 1991 (della provincia autonoma di Bolzano)
 Zootecnia  -  Disciplina della riproduzione animale - Attribuzione al
 Ministro dell'agricoltura di concerto con il Ministro della  sanita',
 sentita  la conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e
 province autonome del potere  di  emanare  regolamenti  esecutivi  in
 materia  di:  a)  istituzione  ed  esercizio  delle stazioni di monta
 naturale  e  degli  impianti  per  l'inseminazione  artificiale;   b)
 requisiti   sanitari   per  il  prelievo,  conservazione,  impiego  e
 distribuzione del materiale di riproduzione e di ovuli  ed  embrioni;
 c)   certificazione   degli   interventi   fecondativi   e  raccolta-
 elaborazione dei dati riguardanti la riproduzione animale -  Asserita
 violazione  della  competenza provinciale in materia di agricultura e
 patrimonio zootecnico e di igiene e sanita'.
 (Legge  15  gennaio  1991,  n.  30, artt. 1, secondo comma, 5, primo,
 secondo, quinto e settimo comma, 7,  terzo  comma,  8,  primo  comma,
 lettere a), b) e c), 9 e 10).
 (Statuto  Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16; Cost.,
 art. 3).
(GU n.14 del 3-4-1991 )
   Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  persona  del
 presidente   della   giunta   provinciale   pro-tempore   dott.  Luis
 Durnwalder, giusta deliberazione della giunta n. 876 del 25  febbraio
 1991,  rappresentata  e difesa - in virtu' di procura speciale del 25
 febbraio 1991 (rep. n. 16066)  rogata  dall'avv.  Giovanni  Salghetti
 Drioli,  vice segretario generale della giunta ed ufficiale rogante -
 dagli avvocati professori Sergio Panunzio e Roland Riz, e  presso  il
 primo di essi elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese n. 3
 contro  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri, in persona del
 Presidente  del  Consiglio  in  carica,  per  la   dichiarazione   di
 incostituzionalita'  degli artt. 1, secondo comma, 5, primo, secondo,
 quinto e settimo comma, 7, terzo comma, 8, primo comma,  lettere  a),
 b)  e  c),  9  e  10  della  legge 15 gennaio 1991, n. 30, recante la
 "Disciplina della riproduzione animale", per violazione  degli  artt.
 8,  n.  21, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e rela-
 tive norme di attuazione e, in particolare, del  d.P.R.  19  novembre
 1987, n. 526, e dell'art. 3 della Costituzione.
                               F A T T O
    La  provincia autonoma di Bolzano ha potesta' legislativa primaria
 in materia di  agricoltura  e  patrimonio  zootecnico  (cfr.  statuto
 speciale e art. 8, n. 21, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), nonche'
 potesta'  legislativa secondaria in materia di igiene e sanita' (cfr.
 statuto speciale ed art. 9, n. 10 del d.P.R. n. 670/1972).
   La legge 15 gennaio 1991, n. 30, pubblicata in  Gazzetta  Ufficiale
 29  gennaio  1991,  n.  24, pretende di dettare una "disciplina della
 riproduzione  animale"  invadendo  le  competenze  legislative  della
 provincia  attraverso  un  generico  quanto  incongruo  richiamo alle
 normative comunitarie che non solo e' di per se' illegittimo, ma, con
 la sua indeterminatezza, mette in dubbio ed in discussione  tutta  la
 vigente normativa provinciale (cfr. art. 1, secondo comma, che detta:
 "Nei  limiti in cui attuino la normativa comunitaria, le disposizioni
 della presente legge costituiscono altresi', per le regioni a statuto
 speciale e per le provincie  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  norme
 fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica".
    Precisiamo  che  non si impugna la legge citata nella parte in cui
 regola l'ordinamento e la tenuta dei libri genealogici nazionali,  di
 cui  non  si  discute  la  competenza  statale, bensi' con riguardo a
 quelle disposizioni, precisate in epigrafe, che investono la concreta
 disciplina della riproduzione animale e la sanzionano (vedi capo II e
 III della legge). Disposizioni che  potrebbero  anche  ritenersi  non
 applicabili  alla  provincia  ricorrente,  poiche' non attuano alcuna
 normativa  comunitaria  e  quindi   non   sarebbero   a   rigore   da
 ricomprendersi  nel  dettato del citato secondo comma dell'art. 1, ma
 che, tuttavia, contraddittoriamente  sembrano  da  interpretarsi  nel
 senso della loro estensione anche alla provincia autonoma laddove, ad
 esempio,  all'art.  5, secondo comma, viene direttamente coinvolta la
 Provincia stessa.
    Pertanto,  poiche'  la legge 15 gennaio 1991, n. 30, e' gravemente
 lesiva delle competenze della provincia autonoma  di  Bolzano,  quali
 definite  dallo statuto speciale T.-A.A., questa si vede costretta ad
 impugnarla per i seguenti motivi in
                             D I R I T T O
    1. -  Violazione  delle  competenze  legislative  della  provincia
 autonoma di cui all'art. 8, n. 21, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,
 e  relative  norme di attuazione dello statuto speciale T.-A.A. e, in
 particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, (spec.  artt.  7  e
 8), da parte dell'art. 1, secondo comma, della legge 15 gennaio 1991,
 n. 30. Violazione art. 3 della Costituzione.
    Come  si  e' gia' esposto, l'art. 1, secondo comma, della legge n.
 30/1991 stabilisce  che  nei  limiti  in  cui  attuino  la  normativa
 comunitaria, le disposizioni della predetta legge costituiscono norme
 fondamentali  di  riforma  economico  sociale della Repubblica per le
 provincie autonome.
    Una simile previsione  si  rivela  costituzionalmente  illegittima
 sotto piu' profili:
       a)  perche'  precostituisce  un'unica  modalita'  di attuazione
 della normativa comunitaria in materia di competenza esclusiva  della
 provincia,  in  aperto  contrasto con l'art. 7 del d.P.R. 19 novembre
 1987, n. 526, che, attuando lo  statuto  speciale,  prevede  che  "la
 regione  e  le  provincie  di  Trento  e di Bolzano, nelle materie di
 competenza  esclusiva,  possono  dare   immediata   attuazione   alle
 raccomandazioni  e direttive comunitarie, salvo adeguarsi, nei limiti
 previsti dallo statuto speciale, alle leggi statali di attuazione dei
 predetti atti comunitari".
    Inoltre, come si desume  dal  successivo  art.  8  del  d.P.R.  n.
 526/1987,  lo  Stato  puo'  intervenire  direttamente  nella  materia
 soltanto qualora si  riscontrasse  una  accertata  inattivita'  della
 Provincia  che  dovesse  comportare  un  inadempimento degli obblighi
 comunitari. Tale previsione esclude necessariamente  la  possibilita'
 di  un  intervento diretto e generalizzato come quello di cui all'art
 1, secondo comma, della legge impugnata, che  scavalca  la  normativa
 speciale  attraverso  l'apodittica  ed arbitraria equiparazione delle
 imprecisate norme dettate dalla legge n. 30/1991 alle leggi di grande
 riforma economico sociale della Repubblica;
       b) perche'  e'  irrazionale  ed  arbitrario  -  e  pertanto  in
 contrasto  con  i  principi  costituzionali  in materia di competenza
 legislativa esclusiva della provincia autonoma e con l'art.  3  della
 Costituzione  -  astrattamente e genericamente assimilare imprecisate
 disposizioni  di  attuazione  di  altrettanto  imprecisate  normative
 comunitarie  alle  leggi  di  fondamentale  riforma economico-sociale
 della Repubblica;
       c) perche' costituisce violazione delle  medesime  disposizioni
 costituzionali  indicate  sub  b)  l'emanazione  di  una disposizione
 legislativa come quella in questione che rende del tutto equivoca  ed
 indeterminata la statuizione normativa.
    2.  -  Violazione  delle  competenze  legislative  della provincia
 autonoma di cui agli artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e  16  del  d.P.R.  31
 agosto  1972,  n.  670,  e relative norme di attuazione dello statuto
 speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre  1987,  n.
 526,  da  parte  dell'art. 5, primo, secondo, quinto e settimo comma,
 della legge 15 gennaio 1991, n. 30.
    L'art.  5 della legge n. 30/1991 detta al primo comma disposizioni
 che regolamentano l'idoneita' dei  capi  animali  alla  riproduzione,
 distinguendo tra monta naturale e inseminazione artificiale.
    Quindi,  al secondo comma, esso prevede che le provincie autonome,
 sentito il Ministero  dell'agricoltura,  possono  autorizzare  alcune
 deroghe  minori alla normativa dettata al primo comma "in presenza di
 specifiche esigenze zootecniche locali".
    Ancora, al quinto comma,  vieta  per  le  specie  equina  e  suina
 l'esercizio  della  fecondazione  in  forma girovaga e, per la specie
 suina, la "monta pubblica naturale".
    Infine, al settimo  comma,  stabilisce  che  in  campo  equino  le
 manipolazioni  del  materiale  riproduttivo  e  la fecondazione degli
 equini devono essere effettuate in centri  appositamente  autorizzati
 dal Ministero dell'agricoltura e foreste.
    Non  si  comprende  se le sopra richiamate disposizioni secondo la
 legge statale debbano  -  tutte  o  alcune  di  esse  -  considerarsi
 applicabili  nel  territorio  della  provincia autonoma, in quanto da
 considerare,  ai  sensi  dell'art.  1,  secondo  comma,  disposizioni
 attuative  della  normativa  comunitaria. Tuttavia, la subordinazione
 delle  eventuali  "deroghe"  provinciali  al  parere  del  Ministero,
 prevista  nel secondo comma, fa dubitare che dette norme si intendano
 applicabili anche alle province autonome.
    In questo caso, si deve denunziare l'illegittimita' costituzionale
 delle suddette disposizioni per le violazioni  indicate  in  rubrica,
 sotto diversi autonomi profili, in quanto:
       a) la normativa in questione illegittimamente si sovrappone, in
 una  materia di esclusiva competenza provinciale quale sicuramente e'
 l'agricoltura e la zootecnia (art. 8, n. 21, del d.P.R. n. 670/1972),
 alla competenza provinciale;
       b) non si tratta di normativa di principio,  ma  di  disciplina
 concreta e di dettaglio;
       c)  non  si  tratta  di  attuazione  di  normative comunitarie,
 perche' non  vi  sono  direttive  o  regolamenti  comunitari  che  si
 occupano  di  questi  aspetti, limitandosi le direttive CEE a dettare
 norme per i riproduttori di  razza  pura  tese  al  diverso  fine  di
 assicurarne  la  libera  circolazione,  peraltro  senza  fare  alcuna
 distinzione tra le diverse specie (cfr. direttiva 87/328/CEE);
       d) se anche si trattasse di normativa  di  attuazione  CEE  (ma
 decisamente  e'  da  escludere)  comunque  non  sarebbe  legittima la
 normativa statale perche'  spetterebbe  alla  Provincia  l'attuazione
 delle  direttive  CEE,  ai  sensi  del  citato  art.  7 del d.P.R. n.
 526/1987.
    3. -  Violazione  delle  competenze  legislative  della  provincia
 autonoma  di  cui  agli  artt.  8, n. 21, 9, n. 10 e 16 del d.P.R. 31
 agosto 1972, n. 670, e relative norme  di  attuazione  dello  statuto
 speciale  T.-A.A.  e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n.
 526, da parte dell'art. 7, terzo comma, della legge 15 gennaio  1991,
 n. 30.
    Se non siamo in errore il terzo comma dell'art. 7 inspiegabilmente
 contiene la stessa normativa dettata dal settimo comma dell'art. 5 e,
 pertanto,  nei  suoi  riguardi si deve riproporre e confermare quanto
 consurato al precedente paragrafo 2. Si tratta di  una  testimonianza
 della   frettolosita'  del  legislatore  statale,  frettolosita'  che
 probabilmente    sta    all'origine    degli    stessi    vizi     di
 incostituzionalita' qui denunciati.
    4.  -  Violazione  delle  competenze  legislative  della provincia
 autonoma di cui agli artt. 8, n. 21, 9, n. 10  e  16  del  d.P.R.  31
 agosto  1972,  n.  670,  e relative norme di attuazione dello statuto
 speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre  1987,  n.
 526,  da  parte  dell'art. 8, primo comma, lettere a), b) e c), della
 legge 15 gennaio 1991, n. 30.
    L'art.  8  della   legge   impugnata   attribuisce   al   Ministro
 dell'agricoltura,  di  concerto con quello della sanita' e sentita la
 conferenza permanente per i rapporti tra Stato,  regioni  e  province
 autonome, il potere di emanare regolamenti esecutivi in materia di:
       a)  istituzione ed esercizio delle stazioni di monta naturale e
 degli impianti per l'inseminazione artificiale, nonche' di  requisiti
 sanitari  che  devono  possedere i riproduttori per essere ammessi ad
 operare nelle stesse stazioni ed impianti;
       b) requisiti sanitari per prelievo,  conservazione,  impiego  e
 distribuzione del materiale di riproduzione e di ovuli ed embrioni;
       c)  certificazione  degli  interventi  fecondativi  e raccolta-
 elaborazione dei dati riguardanti la riproduzione animale.
    Ancora   una   volta   si   deve    denunziare    l'illegittimita'
 costituzionale delle suddette disposizioni per le violazioni indicate
 in rubrica, sotto diversi autonomi profili, in quanto:
      I)  la  normativa  dettata  dalle  lettere  a)  e c) dell'art. 8
 illegittimamente  si  sovrappone,  in  una   materia   di   esclusiva
 competenza   provinciale  quale  certamente  e'  l'agricoltura  e  la
 zootecnia (art. 8, n. 21 del d.P.R.  n.  670/1972),  alla  competenza
 provinciale;
      II)  lo  stesso deve ripetersi per quanto riguarda la previsione
 di cui alla lett. b), poiche' la normativa disciplinante i  requisiti
 sanitari  per  prelievo,  conservazione,  impiego e distribuzione del
 materiale di riproduzione e  di  ovuli  ed  embrioni  (come  anche  i
 requisiti  sanitari  dei  riproduttori, di cui alla lett. a), rientra
 nella potesta' legislativa esclusiva della provincia o, comunque,  in
 quella  secondaria  della  provincia  stessa  in  materia di igiene e
 sanita' (art. 9, n. 10);
      III) non si tratta di normativa di principio, ma  di  disciplina
 concreta  e  di  dettaglio, come tale esulante dalla competenza dello
 Stato, ai sensi dell'art. 8, n. 21), dell'art. 9, n. 10, e  dell'art.
 16 del d.P.R. n. 670/1972;
      IV)  non  si  tratta  di  attuazione  di  normative comunitarie,
 perche'  non  vi  sono  direttive  o   regolamenti   comunitari   che
 intervengano nella specifica materia;
      V)  se  anche si trattasse di normativa di attuazione CEE (ma lo
 escludiamo fermamente) comunque non sarebbe  legittima  la  normativa
 statale   perche'   spetterebbe  alla  provincia  l'attuazione  delle
 direttive CEE, ai sensi del cit. art. 7 del d.P.R. n. 526/1987.
    5. -  Violazione  delle  competenze  legislative  della  provincia
 autonoma  di  cui  agli  artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31
 agosto 1972, n. 670, e relative norme  di  attuazione  dello  Statuto
 speciale  T.-A.A.  e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n.
 526, da parte degli artt. 9 e 10 della legge 15 gennaio 1991, n. 30.
    L'art.  9  della  legge  impugnata  stabilisce   alcune   sanzioni
 amministrative  per  la  violazione  della legge stessa. L'art. 10 ne
 disciplina la procedura prevedendo, tra l'altro,  la  competenza  del
 prefetto  alla  applicazione  delle  sanzioni  e  la comunicazione al
 Ministero dell'agricoltura.
    Anche  questa  parte della materia, nel territorio della Provincia
 ricorrente,   rientra   nella   statutaria    competenza    esclusiva
 provinciale.
    Pertanto,  denunziando  ancora una volta le violazioni indicate in
 rubrica, dobbiamo evidenziare:
      I) che la competenza non dello Stato ma delle regioni - e quindi
 anche delle province autonome - in tema di  sanzioni  amministrative,
 anche  per  quanto riguarda l'accertamento delle infrazioni e la loro
 applicazione, nelle materie di competenza propria  delle  stesse,  e'
 stata  anche  recentemente  ribadita dalla Corte costituzionale nella
 sentenza 27 ottobre - 15 gennaio 1988, n. 1034. Pertanto, essendo  la
 materia   de   qua  di  competenza  della  provincia,  rientra  nella
 competenza   della   stessa   anche   la   materia   delle   sanzioni
 amministrative,  con la conseguente illegittimita' degli artt. 9 e 10
 della legge n. 30/1991;
      II) che, comunque, per le specifiche sanzioni  amministrative  e
 la loro procedura applicativa non puo' certo parlarsi di normativa di
 principio ovvero di principi generali dell'ordinamento.
      III)  che  e'  altrettanto evidente che in questa materia non vi
 sono normative comunitare da invocare;
      IV) che, in ogni  caso,  anche  nella  assurda  ipotesi  che  si
 trattasse  di  normativa  di  attuazione  CEE,  comunque  non sarebbe
 legittima la normativa statale  perche'  spetterebbe  alla  provincia
 l'attuazione delle direttive CEE, ai sensi del cit. art. 7 del d.P.R.
 n. 526/1987.
                               P. Q. M.
    Voglia     l'ecc.ma    Corte    costituzionale    dichiarare    la
 incostituzionalita' degli artt. 1, secondo comma, 5, primo,  secondo,
 quinto  e  settimo comma, 7, terzo comma, 8, primo comma, lettere a),
 b) e c) 9 e 10 della  legge  15  gennaio  1991,  n.  30,  recante  la
 "Disciplina  della  riproduzione animale", per violazione degli artt.
 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,  e  rela-
 tive  norme  di  attuazione e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre
 1987, n. 526 e dell'art. 3 della Costituzione.
      Roma, addi' 27 febbraio 1991
          Prof. avv. Sergio PANUNZIO - Prof. avv. Roland RIZ

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