N. 16 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 18 marzo 1991

                                 N. 16
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 18
 marzo  1991 (del presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia
 Giulia)
 Statistica - Atto  di  indirizzo  e  coordinamento  alle  regioni  in
 materia  di  organizzazione degli uffici di statistica - Attribuzione
 agli  uffici  di  statistica  delle  regioni  del  ruolo  di   "unico
 interlocutore   del   Sistema  statistico  nazionale  per  quanto  di
 competenza  delle  rispettive  regioni"  e  della  facolta'  di   far
 pervenire  all'Istat  il  programma  delle rilevazioni statistiche di
 interesse di ciascuna regione affinche' lo stesso possa essere "preso
 in  considerazione  per  l'inserimento   nel   programma   statistico
 nazionale"  -  Disciplina analitica della organizzazione dell'Ufficio
 di  statistica  di  ciascuna  regione  -   Facolta'   dell'Istat   di
 autorizzare  la  regione  ad  avvalersi  anche  di  altri  uffici  di
 statistica  facenti  parte  del  Sistema  statistico   nazionale   ed
 attribuzione  in  via  eccezionale  al  responsabile  dell'ufficio di
 statistica del potere di utilizzazione di dati  provvisori  elaborati
 dall'ufficio  di statistica - Asserita indebita invasione della sfera
 di competenza regionale in materia di statistica - Illegittimo uso di
 "atto di indirizzo e coordinamento" per una disciplina minuziosamente
 analitica - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale  nn.
 139/1990, 242/1989 e 142/1982.
 (Decreto  del  Presidente del Consiglio dei Ministri 10 gennaio 1991,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 1991).
 (Statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, artt. 46, 42 e 34).
(GU n.14 del 3-4-1991 )
   Ricorso del presidente della giunta  regionale  del  Friuli-Venezia
 Giulia, rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia, con domicilio
 eletto  presso  l'ufficio di Roma della regione Friuli-Venezia Giulia
 in Roma, piazza Colonna n.  355,  come  da  procura  a  margine,  nei
 confronti   del   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
 risoluzione del conflitto di attribuzioni,  determinato  dal  decreto
 del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  10  gennaio  1991 (in
 Gazzetta Ufficiale n. 12 del 15 gennaio  1991)  contenente  "atto  di
 indirizzo  e  coordinamento alle regioni in materia di organizzazione
 degli Uffici di statistica".
    I.  - Con l'art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo
 fu delegato "ad emanare norme aventi valore di legge  ordinaria  perd
 la  riforma  degli  enti  e  degli organismi pubblici di informazione
 statistica", in base ad una serie di principi  e  criteri  direttivi,
 fra i quali fu evidenziata l'esigenza "che siano attribuiti all'Istat
 i compiti di indirizzo e coordinamento".
    Dando  un'appropriata  definizione di tali compiti, codesta ecc.ma
 Corte, con sentenza n. 242/1989, osservo'  che  essi  "non  rientrano
 concettualmente nella funzione di indirizzo e di coordinamento che lo
 Stato  esercita nei confronti delle regioni.. .. .. ma rappresentano,
 piuttosto, una forma di coordinamento tecnico, che ha il  solo  scopo
 di  unificare  o  di  rendere  omogenee  le  metodologie  statistiche
 utilizzate dai vari centri pubblici di informazione statistica e che,
 come tale, non incide sul potere - spettante  alle  regioni  ed  alle
 province di Trento e Bolzano entro i limiti di autonomia loro imposti
 -  di  programmare,  dirigere e gestire l'attivita' dei propri uffici
 statistici secondo i propri bisogni".
    Successivamente, con decreto legislativo delegato  n.  322  del  6
 settembre  1989,  al  primo,  secondo  e  terzo comma dell'art. 5, fu
 stabilito:
      (primo comma) "spetta a ciascuna regione  ed  alle  province  di
 Trento e Bolzano istituire con proria legge uffici di statistica";
      (secondo  comma)  "Il  Consiglio  dei  Ministri  adotta  atti di
 indirizzo e di coordinamento ai sensi dell'art. 2, terzo comma, lett.
 d), della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  per  assicurare  unicita'
 d'indirizzo  dell'attivita'  statistica di competenza delle regioni e
 delle province autonome";
      (terzo comma) "L'Istat esercita nei confronti degli  uffici,  di
 cui al primo comma, poteri di indirizzo e coordinamento tecnici, allo
 scopo di renderne omogenee le metodologie".
    Nel  secondo e terzo comma, appena trascritti, fu resa evidente la
 distinzione fra indirizzo e coordinamento politico-amministrativo (di
 spettanza del Governo e da esercitarsi nei  confronti  delle  regione
 delle  province  autonome)  ed indirizzo e coordinamento di carattere
 tecnico (di spettanza dell'Istat e da esercitarsi nei confronti degli
 uffici di statistica, istituiti dalle regioni e province autonome).
    Sulle norme delegate, appena trascritte, essendo  state  sollevate
 questioni  di  legittimita' costituzionale, codesta ecc.ma Corte, con
 sentenza n. 139/1990, ebbe modo di rilevare:
       a) in relazione al primo comma dell'art. 5, che la  statuizione
 ivi  contenuta (cioe' l'obbligo, posto a carico delle regioni e prov-
 ince autonome, di "istituire con propria legge uffici di statistica")
 intende  solo  affermare  che  saranno  esse  regioni  e  province  a
 costituire  i  predetti  uffici "in base alle norme regolatrici delle
 loro competenze", mentre il successivo inciso - con propria  legge  -
 "e'  semplicemente  diretto  a richiamare il principio costituzionale
 della riserva (relativa) di legge in materia di ordinamento di uffici
 pubblici";
       b) in relazione al secondo comma dello stesso art.  5,  che  la
 previsione  ivi  enunciata  (secondo  cui  il  Consiglio dei Ministri
 adotta atti di indirizzo e di coordinamento, per assicurare  unicita'
 di indirizzo dell'attivita' statistica delle regioni e delle province
 autonome)  rende "chiara la volonta' del legislatore ordinario di non
 innovare e di non arrecare deroghe alle norme vigenti in  materia  di
 esercizio   della   relativa  funzione  governativa",  posto  che  la
 previsione  anzidetta  "si limita a ribadire il requisito procedurale
 della  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri  e  le  finalita'
 generali  che  ogni  atto  d'indirizzo  e  coordinamento non puo' non
 avere".
    Fra le altre norme emanate con il d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322,
 interessa ricordare al fine del presente ricorso,  l'art.  21,  lett.
 c),  dove  e' stabilito che "le direttive e gli atti d'indirizzo" del
 comitato di indirizzo e  coordinamento  dell'informazione  statistica
 (organo  dell'Istat,  giusta  la  previsione  degli  articoli 14 e 17
 stesso d.lgs.)  hanno  ad  oggetto  "i  criteri  organizzativi  e  la
 funzionalita'"  degli  uffici di statistica facenti parte del sistema
 statistico nazionale e, quindi, anche gli uffici si statistica  delle
 regioni, che di tale sistema fanno parte (art. 2).
    Anche  sulla  disposizione  appena  richiamata  insorsero dubbi di
 legittimita' sostituzionale, essendo sembrato che  essa  pesantemente
 interferisse nella competenza delle regioni in materia di ordinamento
 dei  propri  uffici.  Ma,  rimuovendo  tali  dubbi con la sentenza n.
 139/1990, codesta ecc.ma  Corte  osservo'  che  "l'espressione  usata
 dell'art.  21,  lett. c), non puo' essere intesa come se si riferisse
 all'organizzazione amministrativa o alla distribuzione del  personale
 negli  uffici di statistica delle regioni e delle province autonome",
 poiche' "questa materia  rientra  a  pieno  titolo  nelle  competenze
 regionali";  ma  che l'espressione anzidetta "dev'essere interpretata
 in relazione alla finalita' per la quale e' stata posta e che  l'art.
 5,  terzo  comma,  definisce  come  lo  scopo  di rendere omogenee le
 metodologie statistiche applicate dai vari uffici di statistica delle
 regioni e delle province autonome".
    II. - Nella cornice normativa sopra  tracciata  e'  venuto  ora  a
 calarsi  il d.P.C.M. 10 gennaio 1991 (in Gazzetta Ufficiale n. 12 del
 15 gennaio 1991), emanato in applicazione dell'art. 5, secondo comma,
 del d.lgs. n. 322/1989, dichiaratamente, come "atto  di  indirizzo  e
 coordinamento  alle regioni in materia di organizzazione degli uffici
 di statistica".
    Questo d.P.C.M.  invade  la  sfera  di  competenza  della  regione
 Friuli-Venezia  Giulia  nei  punti  ed  in relazione ai parametri che
 vengono qui' appresso elencati secondo l'ordine degli articoli.
    Nell'art.  1,  primo  comma,  si  prescrive  che  gli  uffici   di
 statistica  delle  regioni  "sono  l'unico  interlocutore del sistema
 statistico nazionale per quanto di competenza  delle  rispettive  re-
 gion".
    La prescrizione e' in contrasto, per il Friuli-Venezia Giulia, con
 le  previsioni  dello  statuto speciale di autonomia (l.c. 31 gennaio
 1963, n. 1), che disciplinano le attribuzioni della giunta  regionale
 (art.  46),  del presidente (art. 42) e degli assessori (art. 34); ed
 e', quindi, lesiva delle competenze della regione che attraverso tali
 organi si esprimono.
    Nell'art. 2, secondo comma, e' stabilito  che  "ciascuna  regione,
 attraverso  il  proprio ufficio di statistica, fa pervenire all'Istat
 il  programma  delle  rilevazioni  statistiche  di   suo   interesse,
 affinche'  possa essere preso in considerazione per l'inserimento nel
 programma statistico nazionale, predisposto ai sensi dell'art. 13 del
 d.lgs. n. 322/1989".
    Questa  disposizione  - nella parte in cui sembra dequalificare il
 programma delle rilevazioni statistiche della  regione,  prefigurando
 la eventualita' che esso possa non essere preso in considerazione per
 l'inserimento  nel  programma  statistico  nazionale o che, comunque,
 possa non valere come informazione  statistica  ufficiale  -,  appare
 lesiva   della   totalita'  delle  competenze  regionali,  posto  che
 l'informazione statistica e' attribuita  alla  regione  come  "potere
 implicito"  (sentenza n. 242/1989) sotteso alle potesta' regionali in
 tutte le materie elencate negli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. E
 cio', senza dire che la disposizione anzidetta e'  pure  in  contrsto
 con  lo  stesso  d.lgs.  delegato,  n. 322/1989, dove puntualmente si
 riconosce  che  gli  uffici  di  statistica  del  Sistema  statistico
 nazionale,  autonomamente,  "promuovono  e realizzano la rilevazione,
 l'elaborazione, la diffusione e l'archiviazione dei dati  statistici,
 che  interessano  l'amministrazione  di appartenenza, nell'ambito del
 programma statistico nazionale".
    Nell'art. 3 e'  contenuta  una  dettagliata  descrizione  di  come
 dev'essere organizzato l'ufficio di statistica di ciascuna regione:
      dev'essere   un   ufficio   "unico",   inquadrato   "nell'ambito
 organizzativo della presidenza della giunta regionale" e posto  "alle
 dirette dipendenze del presidente";
      deve  avere  "autonomia  organizzativa,  tecnica  e finanziaria,
 anche attraverso la costituzione di  appositi  fondi  di  bilancio  a
 gestione separata";
      dev'esservi   preposto   un   funzionario   dell'amministrazione
 regionale, con una speciale qualificazione  culturale,  nominato  dal
 presidente;
      deve  avere  un'"attrezzatura  minima, telefonica, informatica e
 telematica", come determinata dall'Istat.
    La regolamentazione appena  riassunta  pesantemente  incide  sulla
 competenza  della regione in materia di ordinamento dei propri uffici
 (art. 4, n. 1, dello statuto) e  addirittura  esaurisce  i  contenuti
 della  legge  regionale  cui  spetterebbe di organizzare l'ufficio di
 statistica.
    L'art.  5  disciplina  le  rilevazioni   statistiche   d'interesse
 regionale, disponendo:
       a)  che  esse  sono effettuate dall'ufficio di statistica della
 regione;
       b) che l'Istat puo' autorizzare la regione ad avvalersi, a  tal
 fine,  anche di altri uffici di statistica, facenti parte del sistema
 statistico   nazionale,   previa   intesa    con    l'amministrazione
 interessata;
       c)  che  la  diffusione,  come  dati  statistici ufficiali, dei
 prodotti di codeste rilevazioni "puo' essere assentita, su  richiesta
 del  presidente della giunta regionale, dal responsabile dell'ufficio
 di  statistica  della  regione,  che   deve   previamente   vagliarne
 l'attendibilita'"  e  che,  "in  mancanza di tale aasenso, i prodotti
 stessi non possono essere diffusi all'esterno come dati conoscitivi";
       d)  che  "l'utilizzazione  da  parte  della  regione  di   dati
 statistici  provvisori,  elaborati  dall'ufficio  di statistica, puo'
 essere consentita in via eccezionale dal responsabile dell'ufficio di
 statistica".
    Queste disposizioni dell'art. 5  sono  tutte  lesive,  vuoi  delle
 competenze  "implicite"  regionali,  di  cui  piu'  sopra si e' fatto
 cenno, in tema di  informazione  statistica,  vuoi  delle  competenze
 "esplicite" della regione in tema di ordinamento dei propri uffici.
    In  particolare,  e'  lesivo,  sotto  il  duplice  profilo  appena
 considerato, l'assoggettamento ad autorizzazione di  quanto  indicato
 alla  lettera  a)  (avvalimento  di  altri uffici e previa intesa con
 l'amministrazione interessata), sembrando non contestabile  che  gia'
 spetti  alla  regione  quel  che l'Istat dovrebbe autorizzare. E sono
 ancor piu' lesive le disposizioni richamate dalle lettere  c)  e  d),
 che  sovvertono  addirittura  i livelli decisionali ed istituzionali,
 ponendo il responsabile dell'ufficio di statistica della  regione  al
 di sopra del presidente della giunta.
    III.  - Le esorbitanze, sopra evidenziate al precedente paragrafo,
 nella sfera di competenza della regione Friuli-Venezia Giulia  (come,
 del  resto,  nella sfera di competenza delle altre regioni) non hanno
 una valida copertura costituzionale.
    Non puo' valere,  ovviamente,  come  copertura  l'autodefinizione,
 enunciata  nell'epigrafe  del  d.P.C.M.,  di  "atto  di  indirizzo  e
 coordinamento alle regioni in materia di organizzazione degli  uffici
 di  statistica";  ne'  puo'  valere  -  come si vedra' - il richiamo,
 contenuto nelle premesse del medesimo d.P.C.M., alla  "necessita'  di
 adottare  un atto d'indirizzo e coordinamento come previsto dall'art.
 5 secondo comma, del citato d.lgs. n. 322/1989".
    Secondo l'insegnamento di codesta ecc.ma  Corte,  l'esercizio,  in
 via   amministrativa,   della   funzione   statale   di  indirizzo  e
 coordinamento deve potersi ricollegare, nel rispetto del principio di
 legalita', ad una specifica disposizione legislativa che "in apposita
 considerazione della materia.. .. .. vincoli e diriga le  scelte  del
 Governo,  prima  che  questo  possa,  dal  canto  suo,  indirizzare e
 coordinare lo svolgimento dei poteri di autonomia".
    Nel porre questa essenziale condizione con la importante  sentenza
 n.  142/1982,  codesta  ecc.ma  Corte  non manco' di precisare che la
 condizione stessa non poteva considerarsi avverata quando il supporto
 legislativo  fosse  consistito  in  una  previsione  generica   sulle
 modalita'  di  esercizio  della  speciale funzione, invece che in una
 previsione specifica  e  puntuale  sui  contenuti  sostanziali  della
 funzione da esercitare.
    E   fu  allora  opportunamente  chiarito  che  non  poteva  essere
 utilmente invocata - per dedurne una inammissibile  copertura  -  "la
 sola  previsione dell'art. 3 della legge n. 382/1975", poiche' questa
 "non riguarda e non delimita per alcun verso il  possibile  contenuto
 sostanziale  degli  atti  di  questo  tipo".  Sullo  stesso  filo  di
 pensiero, nella gia' citata  sentenza  n.  139/1990,  codesta  ecc.ma
 Corte,  pronunciandosi proprio sull'art. 5, secondo comma, del d.lgs.
 n.  322/1989  (comma  richiamato,  ripetesi,   nelle   premesse   del
 d.P.C.M.),  ebbe  ad  osservare,  in aggiunta a quanto gia' riportato
 piu' sopra, che la norma "non e' rivolta ad istituire un  determinato
 e  particolare  potere  di  indirizzo e coordinamento" ma si limita a
 ribadire il requisito procedurale della deliberazione  del  Consiglio
 dei Ministri.
    In  realta',  l'"atto di indirizzo e coordinamento", racchiuso nel
 d.P.C.M. oggetto del presente conflitto, poggia  su  di  un  supporto
 legislativo   (art.  5,  secondo  comma,  del  d.lgs.  n.  322/1989),
 indeterminato e generico, che l'ecc.ma Corte gia' ritenne  inadeguato
 ed  insufficiente  con la sentenza n. 139/1990, cosi' come inadeguato
 ed insufficiente era stato ancor prima ritenuto (con la  sentenza  n.
 142/1982)   il  prototipo  costituito  dall'art.  3  della  legge  n.
 382/1975.
    Quand'anche il predetto art.  5,  secondo  comma,  del  d.lgs.  n.
 322/1989 potesse considerarsi, in astratto, come supporto legislativo
 adeguato,  per  l'esercizio  in  via  amministrativa  della  funzione
 statale di indirizzo  e  coordinamento,  e'  certo  che  le  concrete
 dimensioni  giuridiche  dell'impugnato  d.P.C.M. sarebbero pur sempre
 macroscopicamente lesive della sfera  di  competenza  della  regione,
 vuoi  perche'  la disciplina prefigurata nel d.P.C.M. non tiene conto
 dell'autonomia  differenziata  della  regione  stessa  (sentenza   n.
 340/1983),  vuoi perche' tale disciplina ha ben poco di " indirizzo e
 coordinamento",   presentandosi   invece    come    una    esasperata
 regolamentazione  di  dettaglio  che  lascia  alla  regione un spazio
 assolutamente trascurabile.
    Se la  funzione  statale  di  indirizzo  e  coordinamento  potesse
 davvero   esercitarsi   con   le  dimensioni  esposte  nell'impugnato
 d.P.C.M.,   ben   poco   rimarrebbe   delle   competenze   regionali,
 costituzionalmente garantite.
    Va, da ultimo, rilevato che sui contenuti dell'impugnato d.P.C.M.,
 nonostante  la  contraria  affermazione  enunciata nelle premesse del
 medesimo, non v'e' mai stata una valida intesa fra Stato e regioni.
   Per le considerazioni suesposte, che si fa riserva di  integrare  e
 di  completare  nel  corso del giudizio, si chiede che l'ecc.ma Corte
 costituzionale voglia compiacersi:
       a) di dichiarare che non spettano allo Stato, per la  parte  di
 cui  in  motivazione,  i poteri esercitati con il d.P.C.M. 10 gennaio
 1991 (in Gazzetta Ufficiale n. 12 del 15 gennaio 1991);
       b) di annullare, in parte qua, il predetto d.P.C.M. 10  gennaio
 1991.
    Nei  termini  di  legge,  saranno  depositate, assieme al presente
 ricorso, copia della delibera della giunta regionale
 20 febbraio 1991, n. 577, con autorizzazione a proporre  il  presente
 ricorso,  e  copia,  tratta  dalla Gazzetta Ufficiale, dell'impugnato
 d.P.C.M. 10 gennaio 1991.
      Trieste-Roma, addi' 14 marzo 1991
                          Avv. Gaspare PACIA

 91C0359