N. 132 SENTENZA 18 - 29 marzo 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro-   Donna   lavoratrice-   Tutela-  Astensioneobbligatoria  per
 maternita' - Contratto a tempo parziale di  tipo  verticale  su  base
 annua-  Indennita'  giornaliera di maternita'- Esclusione nel caso di
 inizio dell'astensione oltre i sessanta  giorni  dopo  la  cessazione
 della  precedente  fase  di  lavoro,  anche  in relazione ai previsti
 successivi periodi di  ripresa  dell'attivita'  lavorativa-  Richiamo
 alla   sentenza   n.  160/1974  della  Corte  -  Natura  indennitaria
 dell'istituto  finalizzato  all'adeguata   protezione   della   madre
 lavoratrice   e   del  bambino-  Irrazionalita'  e  ingiustificatezza
 discriminatoria della norma censurata- Illegittimita' costituzionale
 
 (Legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, secondo comma)
 
 (Cost., artt. 13, 31 e 97).
(GU n.14 del 3-4-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Ettore GALLO;
 Giudici:  dott.  Aldo  CORASANITI,  prof.  Giuseppe BORZELLINO, dott.
 Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo  SPAGNOLI,  prof.
 Francesco  Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.  Enzo CHELI,
 dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  17,  secondo
 comma,   della   legge  30  dicembre  1971,  n.  1204  (Tutela  delle
 lavoratrici madri), promosso con ordinanza emessa il  3  aprile  1990
 dal  Pretore  di  Lucca  nel  procedimento civile vertente tra Meloni
 Aurora e S.p.A. Esselunga Viareggio ed altro, iscritta al n. 595  del
 registro  ordinanze  1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visti gli atti di costituzione della S.p.A. Esselunga Viareggio  e
 dell'I.N.P.S.;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  febbraio  1991  il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Uditi l'avvocato Nicola Pinto per S.p.A.  Esselunga  e  l'avvocato
 Gaspare Benenati per l'I.N.P.S.;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  procedimento civile vertente tra Meloni
 Aurora e S.p.A. Esselunga Viareggio e altro,  il  Pretore  di  Lucca,
 giudice  del  lavoro,  ha  sollevato  d'ufficio - in riferimento agli
 artt. 3, 31 e 37 Cost. - una questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 17, secondo comma, della legge  n.  1204  del  1971  "nella
 parte  in  cui  esclude  dal  diritto alla percezione dell'indennita'
 giornaliera di maternita' le  lavoratrici  con  contratto  di  lavoro
 part-time di tipo verticale su base annua, allorche' il loro rapporto
 di  lavoro  all'inizio  del  periodo  di  astensione obbligatoria sia
 sospeso da oltre sessanta giorni".
    Oggetto  del  giudizio  a  quo  e'  la   spettanza   del   diritto
 all'indennita'  giornaliera  di maternita' della lavoratrice - legata
 all'azienda da un rapporto di  lavoro  part-time  verticale  su  base
 annua, in cui le prestazioni lavorative erano concentrate nel periodo
 maggio-ottobre  -  per la quale il periodo di astensione obbligatoria
 di cui all'art. 4 della legge n. 1204  del  1971  coincideva  con  la
 ripresa  del  periodo  lavorativo  ed  avveniva  dopo una sospensione
 dell'attivita' superiore ai sessanta giorni.
    Secondo  il   Pretore   -   poiche'   per   consolidata   opinione
 giurisprudenziale   il   contratto  part-time  verticale  sarebbe  un
 contratto di lavoro a tempo indeterminato in cui si alternano periodi
 di vigenza e periodi di sospensione (non verificandosi qui lo scambio
 lavoro-salario) - la lavoratrice, nel caso di  specie,  doveva  dirsi
 esclusa  dal  godimento  dell'indennita' di maternita' poiche' l'art.
 17, secondo comma, non ne consente l'attribuzione, tra le altre, alle
 lavoratrici che all'inizio del periodo di astensione obbligatoria, si
 trovino sospese da piu' di sessanta giorni. Proprio questa esclusione
 dal beneficio giustificherebbe i  dubbi  di  costituzionalita'  della
 disposizione  impugnata. Essa infatti determinerebbe per tale via una
 inammissibile  disparita'  di  trattamento  della   lavoratrice   con
 contratto   part-time  annuale  rispetto  sia  alle  lavoratrici  con
 contratto part- time orizzontale oppure verticale a  base  mensile  o
 settimanale  (in cui i periodi di sospensione non superano i sessanta
 giorni), sia alle lavoratrici a tempo pieno, lavoratrici  che  invece
 conserverebbero,  tutte,  il diritto ai benefici previsti dalla legge
 n. 1204 del 1971: l'esclusione dai medesimi benefici nel caso di spe-
 cie  sarebbe  in  contraddizione  senza  ragionevole  motivo  con  la
 sostanziale  equiparazione  dei contratti full-time e di tutti quelli
 part-time, distinti soltanto per cio' che riguarda la  commisurazione
 della retribuzione.
    La   medesima  ingiustificata  esclusione,  inoltre,  penalizzando
 pesantemente  la  lavoratrice  madre,  si  tradurrebbe  anche   nella
 violazione dei precetti costituzionali degli artt. 31 e 37 Cost.
    2.  -  Nel  giudizio  davanti  a  questa Corte si e' costituita la
 Esselunga S.p.A. ed ha presentato  in  prossimita'  dell'udienza  una
 memoria  illustrativa,  chiedendo una pronunzia di infondatezza della
 questione. A suo avviso infatti, atteso il carattere volontario della
 scelta del contratto part-time  del  tipo  di  quello  di  specie  e,
 conseguentemente,  dell'assenza  dal  lavoro  superiore  ai  sessanta
 giorni, non potrebbe utilmente farsi richiamo alle sentenze di questa
 Corte nn. 106 del 1980 e 332 del 1988, concernenti  assenze  determi-
 nate da esigenze connesse alla maternita'.
    Si  e'  costituito  in giudizio pure l'I.N.P.S., osservando che il
 legislatore potrebbe legittimamente sottoporre a limiti e  condizioni
 l'attribuzione  di  provvidenze  economiche  alle  lavoratrici madri,
 purche' nei limiti della  razionalita';  cio'  e'  quanto  accadrebbe
 nella  specie in cui il verificarsi o meno del decorso del periodo di
 assenza o sospensione del lavoro fissato nell'art. 17, secondo comma,
 sarebbe elemento idoneo a differenziare  le  situazioni  e  dunque  a
 giustificare una loro disciplina corrispondentemente diversa.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Secondo l'art. 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, le
 lavoratrici hanno diritto ad un'indennita' giornaliera  pari  all'80%
 della  retribuzione  per  tutto il periodo di astensione obbligatoria
 dal lavoro stabilita dagli artt. 4 e 5 della medesima legge.
    L'art. 17, secondo comma, attribuisce il diritto a tale indennita'
 anche alle lavoratrici che,  all'inizio  del  periodo  di  astensione
 obbligatoria,   si   trovino   sospese,   assenti  dal  lavoro  senza
 retribuzione, ovvero disoccupate,  ma  solo  se  tra  l'inizio  della
 sospensione,  dell'assenza  o  della disoccupazione e quello di detto
 periodo non siano trascorsi piu' di 60 giorni (nei  quali  non  vanno
 computati  i  giorni  di  assenza  per malattia o infortunio, ne', in
 ragione di quanto deciso da questa Corte  con  sentenza  n.  106  del
 1980,  quelli  di  assenza  facoltativa ai sensi dell'art. 7, primo e
 secondo comma, ne', in ragione di quanto deciso da questa  Corte  con
 sentenza  n. 332 del 1988, i periodi di assenza di cui la lavoratrice
 abbia fruito per accudire il minore a lei  affidato  in  preadozione,
 ne'  infine, in ragione di quanto ritenuto dalla Corte di cassazione,
 i periodi in cui la lavoratrice e'  stata  collocata  in  aspettativa
 sindacale).
    Il  Pretore  di  Lucca  interpreta  tale  norma  -  in conformita'
 all'indirizzo enunciato dalla Corte di  cassazione  con  sentenza  n.
 5668  del  9  novembre  1984 - nel senso che nei rapporti di lavoro a
 tempo parziale annuo, che prevedono fasi di lavoro limitate ad alcuni
 mesi dell'anno, l'indennita' giornaliera di maternita' non e'  dovuta
 se  il  periodo  di  astensione  obbligatoria  inizia tra una fase di
 lavoro e l'altra e dopo piu' di 60 giorni dalla cessazione della fase
 di lavoro precedente.
    Secondo il giudice a quo la norma,  cosi'  intesa,  determina  una
 disparita'  di  trattamento  non  ragionevolmente giustificata tra le
 lavoratrici a tempo parziale annuo e  lavoratrici  a  tempo  parziale
 giornaliero,  settimanale  o  mensile,  nonche'  tra  le  prime  e le
 lavoratrici a tempo pieno. L'ingiustificata esclusione dal  beneficio
 in  esame, per le pregiudizievoli conseguenze che essa determina, sul
 piano economico, ma anche sul piano  morale  e  familiare,  a  carico
 della  lavoratrice madre a tempo parziale annuo, si tradurrebbe anche
 in una violazione degli artt. 31 e 37 della Costituzione.
    2. - La questione e' fondata.
    L'indennita' giornaliera di maternita' prevista dall'art. 15 della
 legge  30 dicembre 1971, n. 1204 e' diretta a tenere indenne la donna
 lavoratrice - sia pure in misura non  completa  -  dalla  perdita  di
 reddito   lavorativo   che   altrimenti   essa   subirebbe   a  causa
 dell'astensione dal lavoro per gravidanza e puerperio.
    Proprio in ragione di  tale  sua  natura  indennitaria  l'istituto
 rappresenta  puntuale  attuazione  sia  di  quella speciale, adeguata
 protezione alla madre lavoratrice e a suo figlio,  che  e'  stabilita
 dall'art.   37,   primo  comma,  sia  del  principio  di  uguaglianza
 sostanziale previsto dall'art. 3, secondo comma, della Costituzione.
    Tale  indennita',  infatti,  serve  ad   assicurare   alla   madre
 lavoratrice la possibilita' di vivere questa fase della sua esistenza
 senza  una radicale riduzione del tenore di vita che il suo lavoro le
 ha  consentito  di  raggiungere  e  ad  evitare,  quindi,  che   alla
 maternita'   si   ricolleghi   uno   stato   di   bisogno  economico,
 pregiudizievole per il benessere della donna e del  bambino  che  sta
 per nascere o che e' nei suoi primi mesi di vita.
    Nel  contempo,  l'indennita'  in  esame contribuisce ad assicurare
 alla donna lavoratrice il diritto di scegliere liberamente di  essere
 madre,   senza  che  tale  sua  liberta'  sia  di  fatto  limitata  o
 condizionata dalla prospettiva di una  perdita  del  proprio  reddito
 lavorativo quale conseguenza della maternita'.
    La  funzione di indennizzare la donna lavoratrice dalla perdita di
 reddito lavorativo che altrimenti essa subirebbe  per  effetto  della
 maternita'  e'  propria  dell'indennita'  in  esame anche nelle varie
 ipotesi in cui, a norma dell'art. 17 della legge, l'indennita' stessa
 viene riconosciuta pur in mancanza di un lavoro in atto al momento in
 cui inizia il periodo di astensione obbligatoria.
    In tali casi, infatti, l'indennita' non muta  la  sua  natura  per
 assumere  il  carattere di un mero sussidio o premio alla maternita':
 se cosi' fosse, non sarebbe giustificabile l'esclusione dal beneficio
 delle donne non lavoratrici,  ed  invece  il  legislatore  ha  inteso
 sopperire  mediante  servizi  sociali  alle  particolari esigenze che
 derivano dalla maternita', in  se'  considerata.  Nei  casi  previsti
 dall'art.  17,  l'indennita'  giornaliera  di  maternita' e', invece,
 diretta ad indennizzare la donna lavoratrice  per  la  perdita  della
 retribuzione  ricavabile  dal lavoro che essa avrebbe presumibilmente
 potuto trovare o riprendere se non  ne  fosse  stata  impedita  dalla
 maternita'  e  dal  periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che
 essa comporta. Da cio' derivano le limitazioni del beneficio ai  casi
 in  cui  la preesistente cessazione dell'attivita' lavorativa non sia
 da considerare -  in  virtu'  di  meccanismi  presuntivi  dettati  da
 evidenti   esigenze   di   semplificazione  -  una  situazione  ormai
 definitiva,  frutto  di  una  scelta  della  lavoratrice  o  comunque
 indipendente  dalla  maternita'. Cosi' e', appunto, per le ipotesi in
 cui la brevita' dell'intervallo di tempo intercorso tra la cessazione
 del lavoro e l'inizio del periodo di astensione obbligatoria,  oppure
 il godimento dell'indennita' di disoccupazione ovvero il collocamento
 in  Cassa  integrazione  guadagni  o in aspettativa sindacale o altre
 specifiche circostanze consentono di  presumere  che  la  lavoratrice
 fosse  ancora inserita nel circuito del lavoro allorquando il periodo
 di astensione obbligatoria ha avuto inizio.
    Questa  essendo  la funzione che e' propria dell'istituto e che fa
 dovuta attuazione, nei sensi gia' detti, del dettato  costituzionale,
 e'  chiaro  che, rispetto ad essa, costituisce una palese incoerenza,
 tale da determinare un'ingiustificabile  disparita'  di  trattamento,
 l'esclusione  del  diritto  all'indennita' nei casi e nella misura in
 cui, nei rapporti a tempo parziale annuo, il  periodo  di  astensione
 obbligatoria,  pur  iniziato  dopo piu' di 60 giorni dalla fine della
 precedente fase  di  lavoro,  venga  a  coincidere  con  la  prevista
 successiva  fase  di  ripresa  dell'attivita' lavorativa. In siffatta
 ipotesi, infatti, la lavoratrice, per effetto della maternita', viene
 a perdere una retribuzione di cui avrebbe certamente  -  e  non  solo
 probabilmente  - goduto se non si fosse dovuta astenere dal lavoro in
 ragione del suo stato.
    Riguardo a tale ipotesi non e' conferente l'argomento relativo  al
 carattere  volontario  della  scelta  del  contratto a tempo parziale
 annuo, dal momento che qui non e'  questione  di  considerare  se  il
 protrarsi  della  sospensione del lavoro oltre il sessantesimo giorno
 induca ad escludere in via presuntiva  il  nesso  di  causalita'  tra
 l'inizio  del  periodo  di astensione obbligatoria e la perdita di un
 reddito lavorativo potenziale: tale nesso di causalita', nell'ipotesi
 in esame, esiste per definizione e riguarda non gia'  la  perdita  di
 una  probabilita' di reddito, ma la perdita di un reddito effettivo e
 attuale.
    Questa Corte, del resto, ha gia' rilevato, nella sentenza  n.  160
 del  1974, che la disoccupazione conseguente al periodo di sosta, nei
 rapporti di lavoro  analoghi  a  quello  qui  considerato,  non  puo'
 ritenersi  volontaria  per  il lavoratore in conseguenza del fatto di
 aver volontariamente accettato quel tipo di attivita', il piu'  delle
 volte imposta dalle condizioni del mercato del lavoro: sicche' - alla
 stregua di quanto affermato nella medesima sentenza - la lavoratrice,
 rimasta priva di lavoro durante il periodo intercorrente tra una fase
 di  lavoro  e  l'altra  di  un  rapporto a tempo parziale annuo, puo'
 senz'altro acquisire, in tale periodo, il diritto  all'indennita'  di
 disoccupazione  allorche'  sussistano  gli  altri requisiti dai quali
 tale diritto prende vita, tra i quali  l'iscrizione  nelle  liste  di
 collocamento.   Tale   indennita'  viene  sostituita  dall'indennita'
 giornaliera di maternita', a norma  del  terzo  comma  dell'art.  17,
 anche  se  il periodo di astensione obbligatoria ha inizio piu' di 60
 giorni dopo la cessazione della precedente fase di lavoro.
    Nei casi in cui, invece, nell'intervallo tra una fase di lavoro  e
 l'altra,   la   lavoratrice   non  sia  nella  condizione  di  godere
 dell'indennita'   di    disoccupazione,    trova    giustificatamente
 applicazione,  per  la  durata  di  tale  intervallo, la regola posta
 dall'art. 17, secondo comma.
    Ma allorquando il periodo  di  astensione  obbligatoria,  iniziato
 durante  l'intervallo,  viene  a  coprire anche, in tutto o in parte,
 l'arco di tempo previsto come fase di lavoro,  escludere  il  diritto
 della  lavoratrice all'indennita' giornaliera di maternita' significa
 operare una irrazionale e  ingiustificata  disparita'  di  disciplina
 rispetto  alla  norma  principale  ed  originaria  che  prevede  tale
 indennita' per ogni altra ipotesi di assenza dal lavoro  direttamente
 determinata  dall'obbligo  di  astensione  previsto dagli artt. 4 e 5
 della  legge.  Significa,  anche,  per  quanto  gia'  si  e'   detto,
 pregiudicare  il diritto di questa categoria di lavoratrici di godere
 alla pari delle altre di  quella  speciale  adeguata  protezione  che
 l'ordinamento  e'  tenuto ad assicurare alla donna lavoratrice specie
 in occasione della maternita'; e vuole dire,  infine,  comprimere  la
 loro   liberta'   di  scegliere  di  diventare  madri,  senza  essere
 condizionate dal timore di dover sacrificare, per questa  scelta,  il
 diritto a quel reddito che esse hanno acquisito con il loro lavoro.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 17, secondo
 comma,  della  legge  30  dicembre  1971,  n.  1204   (Tutela   delle
 lavoratrici  madri),  nella  parte  in  cui,  per  le lavoratrici con
 contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale su base annua,
 allorquando il periodo di astensione obbligatoria abbia  inizio  piu'
 di  60  giorni  dopo  la  cessazione della precedente fase di lavoro,
 esclude il diritto all'indennita' giornaliera di maternita', anche in
 relazione ai previsti successivi periodi  di  ripresa  dell'attivita'
 lavorativa.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 marzo 1991.
                         Il Presidente: GALLO
                        Il redattore: SPAGNOLI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 29 marzo 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0409