N. 21 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 29 marzo 1991
N. 21 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 29 marzo 1991 (della provincia autonoma di Trento) Statistica - Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e prov- ince autonome in materia di organizzazione degli uffici di statistica - Attribuzione agli uffici di statistica delle regioni e province autonome del ruolo di "unico interlocutore del Sistema statistico nazionale per quanto di competenza delle rispettive regioni" e della facolta' di far pervenire all'Istat il programma delle rilevazioni statistiche di interesse di ciascuna regione e provincia autonoma affinche' lo stesso possa essere "preso in considerazione per l'inserimento nel programma statistico nazionale" - Disciplina analitica della organizzazione dell'ufficio di statistica di ciascuna regione e provincia autonoma - Facolta' dell'Istat di autorizzare la regione ad avvalersi anche di altri uffici di statistica facenti parte del Sistema statistico nazionale ed attribuzione in via eccezionale al responsabile dell'ufficio di statistica del potere di utilizzazione di dati provvisori elaborati dall'ufficio di statistica - Mancata consultazione della conferenza Stato-regioni - Asserita indebita invasione della sfera di competenza provinciale in materia di statistica e violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della provincia - Illegittimo uso di "atto di indirizzo e coordinamento" per una disciplina minuziosamente analitica - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 139/1990 e 242/1989. (D.P.C.M. 10 gennaio 1991 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 1991).(GU n.17 del 24-4-1991 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale dott. Mario Malossini, autorizzato con delibera della giunta regionale n. 2354 dell'8 marzo 1991, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da mandato speciale a rogito del notaio Pierluigi Mott di Trento in data 12 marzo 1991, n. 56248 rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro- tempore in relazione al d.P.C.M. 10 gennaio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 15 gennaio 1991, contenente "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni in materia di organizzazione degli uffici di statistica". F A T T O Il d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, che detta "norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica", in adempimento dalla delega di cui all'art. 24 della legge n. 400/1988, stabilisce fra l'altro, all'art. 5, primo comma, che "spetta a ciascuna regione ed alle province autonome di Trento e Bolzano istituire con proprie leggi uffici di statistica", uffici che, secondo la previsione dell'art. 2, primo comma, lett. c), dello stesso decreto legislativo, fanno parte del Sistema statistico nazionale, e nei cui confronti si esercitano i poteri di "indirizzo e coordinamento tecnici, allo scopo di renderne omogenee le metodologie", attribuiti all'Istat dal terzo comma dello stesso art. 5. Ai sensi del secondo comma del medesimo art. 5 "il Consiglio dei Ministri adotta atti di indirizzo e di coordinamento ai sensi dell'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, per assicurare unicita' di indirizzo all'attivita' statistica di competenza delle regioni e delle province autonome". Per quanto riguarda la provincia ricorrente, va rilevato che la materia e' compiutamente disciplinata dalle norme di attuazione contenute nell'art. 10 del d.P.C.M. 31 luglio 1978, n. 1017, ai cui sensi fra l'altro le funzioni statali in materia di statistica, attribuite agli uffici provinciali, sono delegate alla provincia e sono esercitate "dagli uffici istituiti con legge provinciale per provvedere alle attivita' statistiche di competenza delle province; degli uffici stessi l'Istat si avvale per l'esecuzione delle proprie rilevazioni rientranti nelle materie di competenza provinciale"; e nell'ambito della predetta delega le rilevazioni statistiche di interesse nazionale sono effettuate dall'ufficio provinciale di statistica. Ulteriori disposizioni in materia sono dettate dal titolo terzo della legge 11 marzo 1972, n. 118, a cui fa espresso riferimento l'art. 10, quinto comma, del d.P.R. n. 1017/1978, e nell'art. 1 del d.P.R. 24 marzo 1981, n. 228. La provincia ricorrente ha istituito e disciplinato il Servizio statistico provinciale con la l.p. 13 aprile 1981, n. 6, fra l'altro, "assicurandone l'indipendenza organica e tecnica rispetto agli organi provinciali", in conformita' alla previsione dell'art. 1, quarto comma, del d.P.R. n. 1017/1978 secondo cui gli uffici provinciali "devono essere organizzati in modo da risultare tecnicamente indipendenti rispetto agli organi provinciali". Ora nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 15 gennaio 1991 e' stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 gennaio 1991, contenente "atto di indirizzo e coordinamento alle regioni in materia di organizzazione degli uffici di statistica". Tale decreto contiene una dettagliata disciplina della organizzazione e dell'attivita' degli uffici di statistica delle regioni: disciplina che non ha alcuna base di legge, esorbita dall'ambito del potere di indirizzo e coordinamento attribuito allo Stato, e per piu' versi appare lesiva delle competenze organizzative, legislative, amministrative e dell'autonomia finanziaria delle regioni. Nel silenzio del decreto, sembra da ritenersi che esso sia applicabile anche agli uffici di statistica delle province autonome, contemplati insieme a quelli delle regioni dall'art. 2, lett. c), e dall'art. 5 del d.lgs. n. 322/1989. Per l'ipotesi che cosi' debba intendersi, la ricorrente propone in relazione a detto decreto ricorso per conflitto di attribuzioni, per le seguenti ragioni di D I R I T T O 1. - Assenza di fondamento legislativo. Violazione del principio di legalita'. Il decreto impugnato pretende di fondarsi, oltre che sull'art. 2 della legge n. 400/1988, sulla citata previsione dell'art. 5, secondo comma, del d.legs. n. 322/1989. Ma tali disposizioni non costituiscono base legale sufficiente per l'atto di indirizzo in questione. Infatti, per quanto riguarda l'art. 2 della legge n. 400/1988, esso non e' "norma che attribuisca al Governo la competenza ad esercitare per via amministrativa la funzione di indirizzo e coordinamento e che, come tale, innovi il diritto positivo", ma e' norma "semplicemente diretta a ribadire la competenza, in via diretta e immediata, del Consiglio dei Ministri a deliberare gli atti di indirizzo e di coordinamento governativi", onde non vale ad "eliminare le previsioni normative vigenti al momemto della sua entrata in vigore, relative alle modalita' di esercizio della predetta funzione", modalita' fra cui e' compreso in particolare il "principio di legalita' sostanziale" (sentenza n. 242/1989). Quanto poi all'art. 5, secondo comma, del d.lgs n. 322/1989, questa Corte ha chiarito di recente che tale disposizione "si limita a richiamare l'applicabilita' dell'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge n. 400/1988 all'attivita' statistica; essa, cioe' "non e' rivolta a istituire un determinato e particolare potere di indirizzo e coordinamento, ma, piu' semplicemente, ribadisce che l'esercizio di tale funzione governativa esige la deliberazione del Consiglio dei Ministri"; appare dunque chiara "la volonta' del legislatore ordinario di non innovare o di non arrecare deroghe alle norme vigenti in materia di esercizio della relativa funzione governativa" (sentenza n. 139/1990). Non vi e' dunque nessuna norma legislativa "sostanziale" che fondi l'esercizio della potesta' di indirizzo e coordinamento "per dettare i criteri informativi sull'organizzazione degli uffici regionali di statistica", come si esprimono le premesse del decreto impugnato. Manca il "legittimo e apposito supporto nella legislazione statale" necessario per l'esercizio della potesta' statale, ed e' violato il principio di legalita', in quanto manca una legge che discerna "le esigenze unitarie, che sollecitano l'esercizio della funzione", e detti "le norme volte ad attuarle", o stabilisca "almeno i criteri, in base ai quali, sempre in conformita' di dette esigenze, l'indirizzo ed il coordinamento, ed i connessi vincoli dell'attivita' amministrativa regionale sono posti in essere mediante atti degli organi governativi" (sentenza n. 150/1982). Non varrebbe certo osservare in contrario che l'art. 21, lett. c), del d.lgs n. 322/1989 prevede atti di indirizzo aventi ad oggetto "i criteri organizzativi e la funzionalita'.. .. ... degli enti e degli uffici facenti parte del Sistema statistico nazionale". Infatti, come ha chiarito la Corte nella citata sentenza n. 139/1990 "l'art. 21, lett. c), va interpretato alla luce dell'art. 5, secondo e terzo comma, che.. .. ... distingue l'indirizzo e coordinamento 'tecnico' da quello politico-amministrativo": quest'ultimo concernente "l'indirizzo politico delle amministrazioni regionali (o delle province autonome", il primo, invece, consistente "in indirizzi e criteri volti allo scopo di rendere omogenee le metodologie statistiche applicate dagli uffici di statistica delle regioni (o delle province autonome), la cui determinazione e' riservata all'Istat". Onde "l'espressione usata dall'art. 21, lett. c), non puo' essere intesa come se si riferisse all'organizzazione amministrativa o alla distribuzione del personale negli uffici di statistica delle regioni e delle province autonome", materia questa che "rientra a pieno titolo nelle competenze regionali nei limiti stabiliti dalla Costituzione e, per le regioni e le province ad autonomia differenziata, dai rispettivi statuti", ma "deve essere interpretata in relazione alle finalita' per le quali e' posta", cioe' va "intesa nel senso che si riferisce ai criteri per l'organizzazione tecnica del lavoro statistico, vale a dire ai criteri che presiedono alla scelta e alle modalita' di applicazione delle metodologie statistiche, nonche' ai criteri volti a rendere tale applicazione piu' efficiente e produttiva"; ne' vi e' "un rapporto di necessaria implicazione tra indirizzi sulle metodologie statistiche e indirizzi sull'organizzazione amministrativa degli uffici di statistica (e del relativo personale)", poiche' "e' vero, invece, che tra i due poteri sussiste una reciproca autonomia logica" (sempre sentenza n. 139/1990). I compiti di "indirizzo" previsti dall'art. 21 in capo all'Istat "non rientrano concettualmente nella funzione di indirizzo e di coordinamento che lo Stato esercita nei confronti delle regioni al fine di salvaguardare l'essenziale unitarieta' della pluralita' degli indirizzi politici e amministrativi connaturata a un ordinamento autonomistico, ma rappresentano, piuttosto, una forma di coordinamento tecnico, che ha il solo scopo di unificare o di rendere omogenee le metodologie statistiche utilizzate dai vari centri pubblici di informazione statistica e che, come tale, non incide sul potere - spettante alle regioni e alle province di Trento e di Bolzano entro i limiti di autonomia loro imposti - di programmare, dirigere e gestire l'attivita' dei prorpi uffici statistici secondo i propri bisogni" (sentenza n. 242/1989; concetti poi ribaditi nella sentenza n. 139/1990). Pertanto e' palese che l'art. 21, lett. c) (come l'art. 5, terzo comma, del d.lgs n. 322/1989 non offre alcun supporto sostanziale al potere di indirizzo e coordinamento che il Governo ha preteso di esercitare con l'atto impugnato. Cio' anche a tacere del fatto che nelle premesse dell'atto non sono affatto richiamati ne' l'art. 5, terzo comma, ne' l'art. 21, lett. c), del d.lgs. n. 322/1989; che l'atto di indirizzo e' stato adottato dal Governo, nelle forme previste dall'art. 2, lett. d), della legge n. 400/1988, e non dall'Istat ne' del comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica, come previsto per il coordinamento "tecnico" dagli artt. 5, terzo comma, 17 e 21 dello stesso d.lgs. n. 322/1989; che esso non e' comunque rivolto, per il suo contenuto, a "rendere omogenee le metodologie statistiche utilizzate", ma a incidere sulla organizzazione degli uffici delle regioni e delle province autonome. Sotto ogni profilo, dunque, risulta violato il principio di legalita'. Nelle premesse del decreto, la' dove si asserisce la necessita' di adottare l'atto di indirizzo e coordinamento per dettare i criteri informativi sull'organizzazione degli uffici regionali di "statistica", si aggiunge l'inciso "tenuto conto che in tale senso e' intervenuta intesa con i rappresentanti delle regioni". Ora, e' di tutta evidenza che nessuna ipotetica "intesa" fra rappresentanti delle regioni e dello Stato potrebbe valere a sostituire la base legale mancante per l'esercizio della potesta' di indirizzo. Onde la censura di violazione del principio di legalita' resterebbe in ogni caso integra. Tuttavia, in fatto, non e' vero che sia intervenuta "intesa con i rappresentanti delle regioni" sul contenuto del decreto, e nemmeno sulla necessita' di dettare con atto di indirizzo "i criteri informativi sull'organizzazione degli uffici regionali di statistica". In realta', risulta che la conferenza Stato-regioni, nella seduta del 6 marzo 1990, su proposta dell'apposito comitato speciale, ha dato il proprio assenso ad una "intesa Stato-regioni sul Sistema statistico nazionale" (doc. 1), nella quale ci si limita a convenire "che evidenti ragioni di funzionalita' postulano la omogeneizzazione delle varie iniziative regionali, ai fini dell'efficienza e dell'efficacia dell'intero sistema", e che "tali oggettive esigenze possono venir soddifatte attraverso intese tra Stato e regioni che concernano gli aspetti piu' prettamente organizzatori delle strutture che andranno a costituire o rimodulare". Tutto al contrario, dunque, di quanto e' affermato nelle premesse del decreto, si postulava in tali accordi non l'emanazione di un atto di indirizzo, ma la realizzazione di "intese" tra Stato e regioni, che avrebbero tra l'altro dovuto essere sottoposte al preventivo "esame tecnico da parte del comitato speciale". Nel testo poi delle "intese per la prima costituzione degli uffici di statistica regionale", allegato all'intesa predetta, non si prevede affatto quanto e' contenuto nel decreto impugnato, ma ci si limita a enunciare che all'ufficio di statistica "va conferito un elevato grado di autonomia organica, tecnica e finanziaria"; che esso "e' il referente regionale nei confronti del Sistema statistico nazionale"; a elencare talune competenze dell'ufficio; a prevedere che per la formazione dei quadri direttivi le regioni possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, delle strutture dell'Istat; che "nell'effettuazione delle indagini per conto dell'amministrazione di appartenenza, l'ufficio si atterra' ai quadri concettuali, alle classificazioni, alle metodologie di rilevazione e trattamento dei dati concordanti con il sistema statistico"; che le regioni, previe intese con l'Istat, possano avvalersi per le proprie indagini della rete locale di rilevazione; e a confermare l'obbligo del segreto statistico come regolato dal d.lgs. n. 322/1989. Come si vede, in nessun modo il decreto impugnato e' riconducibile, nemmeno dal punto di vista sostanziale, all'intesa approvata dalla conferenza. 2. - Mancata consultazione della conferenza Stato-regioni. Ai sensi dell'art. 12, quinto comma, lett. b), della legge n. 400/1988 la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome deve essere consultata tra l'altro "sui criteri generali relativi all'esercizio delle funzioni statali di indirizzo e coordinamento inerenti ai rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti infraregionali". Nella specie pero' tale consultazione non vi e' stata, ne' certo vale a sostituirla l'intesa - di contenuto affatto diverso - cui si e' fatto riferimento nel punto precedente. Tale violazione procedurale si configura come vizio dal quale discende di per se' una lesione dell'autonomia regionale e provinciale. 3. - Lesione dell'autonomia organizzativa della provincia autonoma. Diverse disposizioni del decreto impugnato ledono concretamente l'autonomia organizzativa delle regioni e delle province autonome. In particolare: l'art. 3, dedicato all'"organizzazione degli uffici di statistica delle regioni", stabilisce dei criteri direttivi che nulla hanno a che fare con l'omogeneita' delle metodologie statistiche, e incidono invece direttamente sull'autonomia organizzativa. Cosi' e' a dire delle previsioni secondo cui l'ufficio e' unico, e' collocato nell'ambito della presidenza della giunta regionale ed alle dirette dipendenze del presidente, mentre possono essere costituite sezioni operative distaccate, dipendenti dall'ufficio, presso singole strutture dell'organizzazione regionale (lett. a); della previsione secondo cui agli uffici deve essere assicurata autonomia organizzativa e tecnica, e pure autonomia "finanziaria" "anche attraverso la costituzione di appositi fondi di bilancio a gestione separata" (lett. b): nel che si configura una lesione anche dell'autonomia contabile delle regioni e delle province autonome); delle minuziose previsioni circa il funzionario preposto all'ufficio, la sua nomina, la sua qualificazione, categorie entro le quali deve essere scelto (lett. c); nonche' circa l'attrezzatura minima della quale l'ufficio sara' dotato, e che sara' "determinata dall'Istat" (lett. d), e circa il numero di addetti e l'articolazione in sezioni (lett. e). L'art. 4, primo comma, del decreto stabilisce che tutti i prodotti delle rilevazioni effettuate dall'ufficio nell'ambito del programma statistico nazionale "una volta vagliate nella loro attendibilita' dal responsabile dell'ufficio stesso", devono essere inviate all'Istat nelle forme e con le modalita' che saranno fissate. A sua volta l'art. 5, che si riferisce alle rilevazioni statistiche "di interesse regionale", stabilisce al primo comma che "i prodotti statistici ufficiali dell'ufficio di statistica delle regioni costituiscono patrimonio conoscitivo delle regioni e principale fonte informativa delle stesse"; disciplina al quarto comma la diffusione, come dati statistici ufficiali, dei prodotti delle rilevazioni, stabilendo che essa "puo' essere assentita, su richiesta del presidente della giunta regionale, dal responsabile dell'ufficio di statistica della regione, che deve previamente vagliarne l'attendibilita'", e che in mancanza di tale assenso i prodotti stessi "non possono essere diffusi all'esterno come dati conoscitivi"; stabilisce al sesto comma che l'utilizzazione da parte della regione di dati statistici provvisori, elaborati dall'ufficio di statistica "puo' essere consentita in via eccezionale dal responsabile dell'ufficio di statistica", e che tali dati "non sono considerati a nessun effetto dati statistici ufficiali e non possono essere diffusi all'esterno come dati conoscitivi". Ora, stabilire quali siano i compiti e le responsabilita' del funzionario preposto all'ufficio di statistica, i suoi poteri, i rapporti col presidente, le possibilita' e i limiti della diffusione all'esterno dei dati raccolti nell'ambito delle rilevazioni autonome della regione, e' materia rientrante all'evidenza nella autonomia legislativa e organizzativa della regione o della provincia autonoma. 4. - Altri profili di violazione dell'autonomia provinciale. L'art. 6, quarto comma, del decreto impugnato, dopo aver previsto che l'ufficio di statistica della regione possa chiedere all'Istat la trasmissione di dati individuali in possesso dell'Istituto e concernenti il proprio ambito demografico e territoriale "se necessari al fine della propria attivita' istituzionale", stabilisce che "il presidente dell'Istat valuta la richiesta tenendo conto delle necessita' espresse dall'ufficio di statistica della regione e delle esigenze di riservatezza imposte dalla disciplina del segreto statistico". Ora, l'art. 24, lett. e), della legge n. 400/1988 e l'art. 10 del d.lgs. n. 322/1989 stabiliscono che le regioni e le province autonome hanno "accesso diretto" al Servizio statistico nazionale e ai dati da esso elaborati. Specificamente, l'art. 15 della legge 11 marzo 1972, n. 118, stabilisce che "l'Istituto centrale di statistica e' tenuto a fornire, a richiesta, le informazioni sui dati statistici di cui sia in possesso, alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province di Trento e Bolzano, relativi ai settori di rispettiva competenza". A sua volta l'art. 1 del d.P.R. 24 marzo 1981, n. 228 (contenente nuove norme di attuazione dello statuto speciale) stabilisce che l'amministrazione statale e gli enti e istituti pubblici a carattere nazionale (fra cui l'Istat) forniscono, a richiesta, all'ufficio provinciale di statistica i dati in loro possesso, resi anonimi e relativi alle singole unita' di rilevazione da utilizzare per elaborazioni statistiche nelle materie di competenza provinciale. Non si giustifica dunque in alcun modo un potere di valutazione del presidente dell'Istat circa la trasmissione di dati individuali (che non significa dati nominativi), poiche' non si tratta di tutelare il segreto statistico che e' volto al fine di apprestare le garanzie essenziali a tutela dei diritti dei singoli individui: sentenza n. 139/1990), ne' e' concepibile che il presidente dell'Istat possa essere titolare di un potere discrezionale di apprezzamento circa la pertinenza o meno dei dati richiesti alle attivita' istituzionali della regione o della provincia autonoma. 5. - Violazione dell'autonomia finanziaria. Il decreto impugnato tace sulle modalita' di copertura e di rimborso alle regioni e delle province autonome degli oneri finanziari sostenuti per l'organizzazione e l'attivita' dei propri uffici di statistica, allorquando essi operano nell'interesse dello Stato, nell'ambito del programma statistico nazionale. Ma, come questa Corte ha chiarito nella sentenza n. 139/1990, non si puo' "esigere che le regioni finanzino attivita' di interesse nazionale", onde le spese occorrenti per le attivita' che gli uffici di statistica regionali e provinciali sono tenuti a compiere per il Servizio statistico nazionale, ove non siano altrimenti coperte, devono gravare sul bilancio dell'Istat. Il silenzio del decreto impugnato sul punto sembra dunque in contrasto con il principio affermato da questa Corte; e anche sotto questo profilo l'atto impugnato e' lesivo dell'autonomia (finanziaria) delle regioni e delle province autonome.
P. Q. M. La provincia ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Consiglio dei Ministri e al Presidente del Consiglio Ministri, dettare con atto di indirizzo e coordinamento criteri e norme in materia di organizzazione degli uffici di statistica delle regioni e delle province autonome, quali quelli contenuti nel decreto impugnato; e per l'effetto annullare il decreto impugnato medesimo. Roma, addi' 15 marzo 1991 Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA 91C0425