N. 232 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 1991

                                N. 232
 Ordinanza emessa il 1  febbraio  1991  dal  pretore  di  Catania  nel
 procedimento penale a carico di Alleruzzo Giuseppe
 Processo penale - Procedimento penale con magistrato quale parte
    offesa  -  Previsto  spostamento  della  competenza territoriale -
    Reato commesso in udienza - Prevista deroga allo spostamento della
    competenza - Lamentata disparita' di trattamento tra  imputati  in
    procedimenti con parte offesa un magistrato a seconda che il reato
    sia stato o meno commesso in udienza.
 (C.P.P. 1988, art. 11, terzo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.16 del 17-4-1991 )
                              IL PRETORE
   Il  p.m.  ha  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale
 dell'art. 11, terzo comma, del c.p.p., rilevando  che  la  deroga  al
 criterio  originario  ed  autonomo di determinazione della competenza
 per territorio per i procedimenti penali aventi come parti  offese  o
 danneggiate dal reato magistrati "appare assolutamente ingiustificata
 ed  impedisce  pertanto  l'attuazione del principio costituzionale di
 eguaglianza, che in questo caso attiene alla mancata espansione di un
 precetto generale ad una fattispecie che possiede la medesima ratio",
 essendo "anche nel caso di oltraggio  in  udienza  apprezzabili  quei
 pericoli di inquinamento dell'imparzialita' del giudice che in via di
 principio,  ex  art.  11,  primo  e  secondo  comma,  giustificano la
 sottrazione   dei   relativi   procedimenti   al   giudice   naturale
 territorialmente competente".
    Osserva  il  p.m. che la deroga di cui al terzo comma dell'art. 11
 del c.p.p. "appare ancora piu' arbitraria ove si consideri  che  essa
 opera  nell'ambito  di  un  meccanismo  normativo  che,  rispetto  al
 corrispondente  modello  del  codice  abbrogato  (art.  41-  bis)  ha
 ampliato  l'operativita'  dell'aspetto  traslativo  della  competenza
 proprio a garanzia della piu' piena e sostanziale autonomia ex  artt.
 101  e  104 della Costituzione degli organi giudicanti (non essendovi
 piu' il riferimento all'ufficio competente ed operando in relazione a
 tutti gli uffici del distretto  in  cui  il  magistrato  esercita  le
 funzioni);  e conclude che la deroga in questione non puo' rispondere
 alle esigenze di celerita' richiamate nei lavori  parlamentari  (vedi
 note  allegate  al processo verbale), non essendo questa conciliabile
 con il meccanismo introdotto dall'attuale art. 476 del c.p.p. che per
 i reati commessi in udienza, a differenza del corrispondente art. 435
 cod.  abrogato,  esclude   la   possibilita'   di   una   contestuale
 celebrazione  del  giudizio  e lascia il p.m. arbitro di procedere "a
 norma di legge"; e che, anche a volere condividere l'opinione che  il
 fondamento  della  deroga  in esame sia in relazione all'interesse di
 assicurare l'esemplarita' del giudizio e di  riaffermare  il  diritto
 nella  medesima  sede giudiziaria in cui si e' verificata la relativa
 lesione (Amodio Dominioni - commentario del nuovo codice di procedura
 penale   -   volume   1›,   pag.   70),   tale   interesse   non   e'
 consituzionalmente   garantito   e  non  puo'  quindi  prevalere  sul
 principio costituzionale dell'imparzialita' del giudice.
    Il difensore dell'imputato sollevava analoga questione,  anche  in
 relazione all'art. 24 della Costituzione.
    Ritiene  il decidente che la questione e' rilevante in ordine alla
 competenza e non manifestamente infondata.
    Il terzo  comma  dell'art.  11  del  c.p.p.,  infatti,  appare  in
 contrasto   con   l'art.  3  della  Costituzione  determinandosi  una
 condizione di disparita' tra cittadini imputati  in  procedimenti  in
 cui  assume  la qualita' di persona offesa o danneggiata dal reato un
 magistrato, a seconda che il reato stesso sia stato commesso  o  meno
 in udienza; e cio' in quanto scopo della norma e' quello di garantire
 la serenita' e l'imparzialita' del giudizio che potrebbe venir meno o
 potrebbe  apparire  venir meno, a causa dei rapporti che si creano, o
 possono venirsi a  creare,  tra  magistrati  che  esecitano  le  loro
 funzioni  nell'ambito  di uno stesso distretto giudiziario, (rapporti
 diversi  da  quelli  di  natura  personale  contemplati  dalle  norme
 sull'astensione  e  la  ricusazione,  ma non per questo meno idonei a
 condizionare, o a  far  apparire  condizionata,  l'imparzialita'  del
 giudizio).
    A  tal  fine  appare irrilevante che il reato sia stato commesso o
 meno in udienza, non potendo presunte ragioni di  celerita'  (sarebbe
 questa  la  ratio  della  norma che si ricava dai lavori preparatori)
 prevalere    su    valori    costituzionalmente    tutelati,    quale
 l'imparzialita'.
                               P. Q. M.
    Visto  l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n. 87, dichiara
 rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del  c.p.p.,  in  relazione
 all'art. 3 della Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del  presente giudizio e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Catania, addi' 1› febbraio 1991
                           Il pretore: COSTA

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