N. 148 SENTENZA 8 - 12 aprile 1991

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Ambiente  - Regione Toscana - Parco nazionale dell'arcipelago Toscano
 - Redazione del progetto del piano - Presunta mancanza di  potere  da
 parte  del  Ministro  dell'ambiente  di  dettare  direttive e criteri
 generali - Attribuzione della relativa competenza con  delibera  CIPE
 non impugnata - Inammissibilita'.
 
 (Decreto del Ministro dell'ambiente 26 luglio 1990)
 
 (Cost., artt. 97 e 113).
(GU n.16 del 17-4-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Ettore GALLO;
 Giudici: dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott.
    Francesco  GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv. Ugo SPAGNOLI,
    prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,
    prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,
    prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della regione Toscana notificato il
 22 ottobre 1990, depositato in  cancelleria  il  29  successivo,  per
 conflitto  di  attribuzione  sorto a seguito del decreto del Ministro
 dell'ambiente 26 luglio 1990 (Direttive e  criteri  generali  per  la
 redazione  del  piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano) ed
 iscritto al n. 35 del registro conflitti 1990;
    Visto l'atto di costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  febbraio  1991  il giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'avvocato  Alberto  Predieri  per  la  regione  Toscana  e
 l'avvocato  dello  Stato  Pier  Giorgio  Ferri  per il Presidente del
 Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto di fatto
    1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la  regione
 Toscana  ha  sollevato  conflitto di attribuzione nei confronti dello
 Stato in relazione al decreto del Ministro  dell'ambiente  26  luglio
 1990,  intitolato  "Direttive e criteri generali per la redazione del
 piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano".
    Secondo la ricorrente,  il  decreto  impugnato,  nell'adottare  le
 direttive  e  i criteri generali per la redazione del piano del Parco
 nazionale dell'Arcipelago toscano  e  nel  bandire  la  gara  per  la
 concessione   della  predetta  redazione,  invaderebbe  la  sfera  di
 competenza regionale, decidendo illegittimamente in  una  materia  in
 cui il Ministro sarebbe privo di poteri. Cio' sarebbe dimostrato, tra
 l'altro,   dal   riferimento  della  scarna  o,  meglio,  inesistente
 motivazione (che, di per se', costituirebbe violazione degli artt. 97
 e 113 della Costituzione) all'art. 5 della legge 8  luglio  1986,  n.
 349,  il  quale,  come ha gia' affermato questa Corte (v. sentenza n.
 346  del  1990),  attribuisce  soltanto  il  potere  di  proposta  in
 relazione   all'individuazione  delle  aree  da  destinare  a  parchi
 naturali di interesse nazionale.
    In  secondo  luogo,  sempre  secondo  la  ricorrente,  il  decreto
 impugnato  non avrebbe un idoneo fondamento legislativo nell'art. 18,
 lett. c), della legge 11 marzo 1988, n.  67,  il  quale,  pur  se  e'
 citato  nella premessa dell'atto impugnato, non potrebbe riferirsi al
 Parco  dell'Arcipelago toscano, dal momento che prevede l'istituzione
 dei parchi nominativamente indicati attraverso le procedure di cui al
 predetto art. 5 della legge n. 349 del 1986 ovvero  l'istituzione  di
 "altri  parchi nazionali" d'intesa con le regioni interessate, intesa
 che nel caso non e' stata raggiunta.
    Del  resto,  continua  la   ricorrente,   il   decreto   impugnato
 s'inserisce  nella  procedura  prevista nel programma contenuto nella
 sezione III della delibera CIPE 5 agosto 1988. Ma, secondo la regione
 Toscana, tale procedura e' stata impropriamente richiamata,  poiche',
 per  un  verso,  la  sezione  III si riferisce soltanto ai parchi ivi
 menzionati (tra i quali non rientra  quello  relativo  all'Arcipelago
 toscano)  e, per altro verso, la delibera CIPE o qualsiasi altro atto
 non legislativo non potrebbero attribuire poteri extra-legem  a  pena
 della  loro  illegittimita'. Nel caso, comunque, la delibera CIPE non
 avrebbe attribuito poteri sostitutivi  dell'intesa,  ma  tali  poteri
 sarebbero  stati assunti dal Ministro dell'ambiente senza alcuna base
 normativa, in contrasto con l'art. 5 della legge n. 349 del 1986 (che
 gli riconosce soltanto poteri di proposta) e con l'art. 83 del d.P.R.
 n. 616 del 1977 (che affida  al  Consiglio  dei  Ministri  poteri  di
 individuazione  dell'area  da  proteggere  e di direttiva nell'ambito
 della funzione di indirizzo e coordinamento).
    In definitiva,  i  poteri  esercitati  con  il  decreto  impugnato
 sarebbero tutti illegittimi, in quanto sottrarrebbero arbitrariamente
 alla  competenza regionale la formazione del piano del parco. Sicche'
 l'intero  decreto,  a  giudizio  della  ricorrente,  dovrebbe  essere
 annullato e, in particolare, dovrebbe esser posto nel nulla l'art. 2,
 per  il fatto che, tanto per la brevita' del termine previsto, quanto
 per i suoi contenuti in ordine alla formazione del  piano  del  parco
 (che  eccederebbero  dalle finalita' di un parco, come definite dalla
 sentenza  n.  1029  del  1988),  sarebbe  gravemente   lesivo   delle
 competenze regionali.
    Pertanto,   conclude   la   ricorrente,   in   considerazione  del
 pregiudizio irrimediabile (anche in termini di  sperpero  del  denaro
 pubblico)  che  deriverebbe  dal bandire le offerte economiche per la
 formazione del piano del parco e dal dare in concessione la redazione
 del piano stesso, la  regione  Toscana  chiede  che  l'efficacia  del
 decreto  impugnato  sia  sospesa  previamente  alla  risoluzione  del
 conflitto di attribuzione.
    2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri per
 chiedere che il ricorso sia  dichiarato  inammissibile  o,  comunque,
 infondato.  Sotto  il  primo profilo, il resistente rileva che l'atto
 impugnato  consegue  al  decreto   21   luglio   1989,   recante   la
 perimetrazione  provvisoria  e  le  misure  di salvaguardia del Parco
 nazionale dell'Arcipelago toscano, che non e' stato  impugnato  dalla
 ricorrente.  Per quanto riguarda il merito, il resistente osserva che
 il decreto impugnato non comporta  l'istituzione  del  parco,  ma  si
 iscrive  nella  funzione statale di promozione della costituzione dei
 parchi nazionali, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 349 del 1986  e
 dell'art. 18, lett. c), della legge n. 67 del 1988.
    3.  -  In prossimita' della discussione dell'istanza di sospensiva
 proposta dalla regione Toscana, avvenuta nella  Camera  di  Consiglio
 del  12  dicembre  1990,  la  difesa del Presidente del Consiglio dei
 Ministri ha presentato una memoria, con la quale,  oltre  ad  addurre
 argomenti contro la richiesta di sospensione dell'efficacia dell'atto
 impugnato,  replica  alle considerazioni avanzate dalla ricorrente in
 ordine al merito del conflitto.
    Secondo l'Avvocatura dello Stato, il  decreto  impugnato  si  basa
 sull'art.  18,  lett.  c)  della  legge  n. 67 del 1988, il quale, in
 attesa della legge-quadro indicata dall'art. 83, secondo  comma,  del
 d.P.R.   24   luglio   1977,  n.  616,  stabilisce  che  il  Ministro
 dell'ambiente provvede, sulla base delle procedure di cui all'art.  5
 della  legge  n.  349  del  1986,  all'istituzione  di  alcuni parchi
 nominativamente  indicati,  nonche',   "d'intesa   con   le   regioni
 interessate,  di  altri  parchi  nazionali  o  interregionali".  Piu'
 precisamente, l'atto impugnato s'inserirebbe nell'ambito  del  potere
 ministeriale  di proposta e di promozione, regolato dal predetto art.
 5, e costituirebbe la diretta attuazione della delibera CIPE 5 agosto
 1988 che, alla  sezione  III,  prevede  un  programma  di  interventi
 urgenti per la salvaguardia ambientale.
    Dal  punto  di vista organizzativo, l'esecuzione di tale programma
 comporta  la  formazione  di  apposite  Commissioni  paritetiche   di
 rappresentanti  statali  e  della  regione  interessata, investite di
 poteri  referenti  e  di  proposta   nei   confronti   del   Ministro
 dell'ambiente    concernenti    "fasi    propedeutiche    a    quella
 dell'istituzione vera e propria", quali  la  definizione  provvisoria
 dell'area   da   proteggere   e   degli   obiettivi   da  perseguire,
 l'individuazione  delle  misure  provvisorie  di  salvaguardia  e  la
 determinazione  dei  criteri  per  la redazione del piano di sviluppo
 socio-economico dell'area protetta. Questa fase preparatoria, ricorda
 l'Avvocatura dello Stato, si e' svolta con  la  piena  collaborazione
 della regione, collaborazione che non puo', certo, surrogare l'intesa
 richiesta  per l'istituzione del parco, ma che si e' gia' tradotta in
 un precedente decreto (non impugnato) di perimetrazione provvisoria e
 che si esprime ora in  un  atto  non  avente  effetti  dispositivi  e
 costitutivi e, percio', inidoneo a ledere le competenze regionali.
    4.  -  Nella  Camera  di  Consiglio  del 12 dicembre 1990 e' stata
 discussa  l'istanza  di  sospensione   dell'efficacia   del   decreto
 impugnato, che e' stata respinta con ordinanza n. 12 del 1991.
    5.  -  In  prossimita' dell'udienza pubblica la regione Toscana ha
 depositato una memoria, con la quale, oltre  a  ribadire  le  proprie
 posizioni   e  a  prender  atto  che  lo  stesso  resistente  ritiene
 necessaria l'intesa con la  regione  in  ordine  all'istituzione  del
 parco,  contesta  l'assunto  che  il  decreto  impugnato si riferisca
 soltanto a studi preparatori e a suggerimenti, dal momento che, a suo
 giudizio,  tale  atto  determina   l'intero   contenuto   del   piano
 (previsioni,  prescrizioni,  norme, cartografie) attraverso direttive
 vincolanti e dettagliate e, pertanto, esercita una competenza che non
 spetta allo Stato e, per esso, al Ministro dell'ambiente. Si  tratta,
 precisa  la  regione,  del  tipico contenuto di un piano urbanistico-
 territoriale e di un  piano  per  un  parco  naturale  immediatamente
 operativo,  cosi'  come  viene  determinato  la'  dove  i parchi sono
 regolati da piani  (ad  esempio,  Parco  del  Ticino  o  Parco  della
 Maremma).
    Ne',  continua  la  ricorrente,  si puo' invocare a fondamento del
 decreto  impugnato  la  delibera  CIPE   5   agosto   1988,   poiche'
 quest'ultima si riferisce, nella sezione III, solo ai parchi indicati
 nella  legge  n.  67  del 1988 (art. 18, lett. c), tra i quali non e'
 compreso quello in contestazione. Tanto che, mentre per questi ultimi
 non e' prevista l'intesa (salvo che per il caso del Parco di Orosei),
 ma  solo una commissione paritetica, per gli altri parchi, invece, e'
 prescritta  l'intesa,  previa  l'eventuale  proposta   del   Ministro
 dell'ambiente  (come  ha  confermato  la  successiva legge n. 305 del
 1989): quest'ultimo, anzi, ha solo tale potere, e non gia' quello  di
 redigere  il piano o di dare direttive per la redazione dello stesso,
 che rientra nelle competenze regionali in materia di parchi.  Con  il
 decreto  impugnato,  insomma,  il  Ministro dell'ambiente, a giudizio
 della ricorrente, ha esercitato un potere di direttiva  che  non  ha,
 per la formazione di un piano che non potrebbe mai redigere, un piano
 che  presuppone  che  venga  raggiunta  l'intesa  (che  non  e' stata
 raggiunta) e che anche  dopo  l'intesa  non  dev'essere  redatto  dal
 Ministro  stesso,  per  il fatto che lo Stato ha solo poteri a tutela
 dell'unitarieta' di struttura e di disciplina dei  parchi,  oltreche'
 quelli  di programmazione generale della difesa ambientale. Pertanto,
 conclude la ricorrente,  al  Ministro  dell'ambiente  non  spetta  la
 funzione  di  redazione  e  di  approvazione del piano, ne' quella di
 emanare direttive per la redazione stessa e di dare in concessione la
 predisposizione del testo del piano medesimo.
    Se,  dunque,  non  v'e'  contestazione  sul  fatto  che  il  Parco
 dell'Arcipelago  debba essere istituito previa intesa con la regione,
 tuttavia l'aver invertito l'iter procedurale - nel senso  di  emanare
 le direttive e di redigere il piano in un primo tempo e di richiedere
 poi,  "a  cose  fatte", l'intesa sull'istituzione del parco - oltre a
 essere irrazionale, costituisce, secondo la ricorrente, invasione  di
 competenze   regionali,   sia  sotto  il  profilo  dell'esercizio  di
 un'attivita' che dev'essere iniziata solo dopo l'intesa, sia sotto il
 profilo dell'occupazione  dell'area  di  funzioni  amministrative  in
 materia  di  parchi  che l'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977 assegna
 alle regioni.
    L'intesa, infatti, e'  un  accordo  preliminare  finalizzato  alla
 predeterminazione   del  contenuto  dell'atto  da  emanare,  sicche',
 secondo  la  difesa  della   Regione,   e'   contrario   all'esigenza
 legislativa   dell'intesa   il   predisporre   l'integrale  contenuto
 dell'atto e richiedere, poi, sullo stesso  l'intesa  con  la  regione
 interessata.  E  pur  se la lesione delle competenze regionali deriva
 essenzialmente dall'aver impartito direttive per la redazione  di  un
 piano  che dev'essere effettuata dalla regione, e non gia' da privati
 concessionari dello Stato, nondimeno, ove in via puramente  ipotetica
 si  dovesse  supporre  che  si  tratti  di  una  competenza  statale,
 quest'ultima,  secondo  la  ricorrente,  dovrebbe  esser  esercitata,
 d'intesa  con  la regione, successivamente all'istituzione del parco,
 in   considerazione   del   coinvolgimento   di   numerose    materie
 (urbanistica,   agricoltura,   artigianato,   etc.)   affidate   alle
 attribuzioni regionali.
    6. - Nel corso della discussione tenuta  nella  pubblica  udienza,
 entrambe  le parti hanno addotto elementi ulteriori, rilevanti per la
 decisione.
    La regione Toscana, pur ribadendo che la  delegificazione  operata
 con  la  delibera  CIPE  5  agosto  1988  vale  soltanto per i parchi
 indicati nella sezione III della  stessa  delibera,  ricorda  che  la
 commissione  paritetica  ivi prevista e' stata convocata dal Ministro
 soltanto fino a che si e' proceduto alla proposta di perimetrazione e
 di  adozione  delle  misure di salvaguardia, mentre non e' stata piu'
 convocata per gli adempimenti successivi (fissazione degli  obiettivi
 del  parco, definizione delle direttive e dei criteri generali per la
 redazione del piano) nonostante le sollecitazioni e le  pressioni  da
 parte  della regione, la quale e' stata totalmente ignorata in questa
 fase procedurale.
    Secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri, ferma
 restando l'esigenza dell'intesa riguardo all'istituzione  del  parco,
 l'atto   impugnato  si  inserisce  in  una  fase  interna  al  potere
 ministeriale di proposta, di cui all'art. 5 della legge  n.  349  del
 1986,  nel senso che concerne l'apertura di una gara per la redazione
 di un progetto di piano del  parco  rivolta  a  studi  professionali.
 Pertanto,  conclude  l'Avvocatura  dello Stato, in considerazione del
 fatto che si tratta di direttive inidonee a  vincolare  sia  soggetti
 pubblici  (come  le  regioni), sia soggetti privati (come i cittadini
 delle zone interessate), ma rivolte a vincolare soltanto i  redattori
 del progetto del piano, non e' richiesta un'apposita base legislativa
 -   necessaria   quando  si  sia  in  presenza  di  un'attivita'  che
 interferisca nei rapporti fra Stato e regioni -, essendo  sufficiente
 l'attribuzione  del  potere  di  proposta  al  Ministro dell'ambiente
 operata dall'art. 5 della legge n. 349 del 1986.
                         Considerato in diritto
    1. - La regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei
 confronti  dello  Stato,  in  relazione  al  decreto   del   Ministro
 dell'ambiente  26  luglio  1990  (Direttive e criteri generali per la
 redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano), per
 invasione delle competenze ad essa  affidate  in  materia  di  parchi
 naturali  dagli  artt.  117  e  118  della Costituzione, come attuati
 dall'art. 83 del d.P.R. 24 luglio  1977,  n.  616.  Ad  avviso  della
 ricorrente,   il   decreto   impugnato  tenderebbe,  innanzitutto,  a
 sottrarre alle regioni le competenze in ordine  alla  formazione  del
 piano  del  parco,  anche  in  considerazione  del rilievo che adotta
 direttive cosi' dettagliate e  puntuali  da  prefigurare  in  pratica
 l'intero  contenuto  del  piano  stesso.  In secondo luogo, lo stesso
 decreto costituirebbe esercizio di un potere privo di qualsiasi  base
 legislativa  e non incardinabile neppure nella delibera CIPE 5 agosto
 1988, sezione  III,  la  quale  si  riferirebbe  soltanto  ai  parchi
 nominativamente  indicati  dalla  stessa,  fra cui non rientra quello
 relativo all'Arcipelago toscano.
    2. - Il decreto del Ministro dell'ambiente in relazione  al  quale
 e'  stato  sollevato l'attuale conflitto di attribuzione contiene due
 distinti articoli. Il primo  dispone  che  "sono  adottate,  come  in
 allegato  al  presente decreto, le direttive e i criteri generali per
 la redazione del piano del Parco  nazionale  dell'Arcipelago  toscano
 previsti  dal  punto 4, sezione III, della delibera CIPE del 5 agosto
 1988". Il secondo articolo stabilisce, poi, che  dalla  pubblicazione
 del  decreto  medesimo  decorre  il  termine  di trenta giorni per la
 presentazione al  Ministero  dell'ambiente  "delle  offerte  tecnico-
 economiche di cui alla lettera A 2 della sezione III dell'appendice A
 della  delibera  CIPE  del 5 agosto 1988", vale a dire "delle offerte
 tecnico-economiche relative alla attivita' per la redazione del piano
 del parco" da parte dei  professionisti  esterni  all'amministrazione
 indicati nella lettera A della sezione III della citata delibera.
    In  altri  termini,  come correttamente osserva l'Avvocatura dello
 Stato, le direttive e i  criteri  generali  di  cui  all'art.  1  del
 decreto  impugnato  non  sono  rivolti alle regioni, ne' hanno alcuna
 efficacia  nei  confronti  dei   cittadini   residenti   nelle   zone
 interessate,  ma  sono  esclusivamente  indirizzati ai professionisti
 esterni  all'amministrazione,  abilitati,  ai  sensi   della   citata
 delibera  CIPE  (lettera  A,  sezione III), a presentare al Ministero
 dell'ambiente le offerte tecnico-economiche al fine  di  ottenere,  a
 seguito  di  una  gara  pubblica,  l'affidamento  della redazione, in
 conformita' alle anzidette direttive,  dello  schema  del  piano  del
 parco.  Il  decreto  impugnato e', dunque, un atto che inerisce a una
 fase strettamente propedeutica e strumentale rispetto a un potere  di
 proposta del Ministro dell'ambiente, che e' preordinato all'adozione,
 d'intesa con la regione interessata, del piano del parco.
    Quest'ultimo  potere  si  incardina  in  un complesso procedimento
 puntualmente determinato dalla ricordata delibera CIPE (sezione III),
 delibera che e' stata adottata in attuazione dell'art. 18 della legge
 11 marzo 1988, n.  67  (legge  finanziaria  per  l'anno  1988).  Tale
 articolo,  infatti, dopo aver previsto la "istituzione, con le proce-
 dure di cui all'art. 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dei  parchi
 nazionali  del Pollino, delle Dolomiti Bellunesi, dei Monti Sibillini
 e, d'intesa con la regione Sardegna, del Parco marino  del  Golfo  di
 Orosei, nonche', d'intesa con le regioni interessate, di altri parchi
 nazionali  o  interregionali",  dispone, al terzo comma, che "il CIPE
 definisce, in sede di approvazione del programma (annuale), i criteri
 di priorita' territoriale  e  settoriale  per  la  definizione  e  la
 selezione  dei  progetti".  Nell'ambito di questo programma, il CIPE,
 con la delibera prima  ricordata  (sezione  III),  ha  stabilito  una
 particolare   procedura   per   l'istituzione  dei  parchi  nazionali
 nominativamente indicati nel citato art. 18, prevedendo  fra  l'altro
 che  il  Ministro dell'ambiente - sulla base di una proposta unitaria
 della commissione paritetica ivi indicata o,  in  mancanza  di  detta
 proposta,  a  seguito  di  una  propria  autonoma iniziativa - "attua
 direttamente le procedure per l'intesa con le  regioni  interessate",
 aventi ad oggetto, inter alia, "le indagini, gli studi e le attivita'
 per  la  redazione del piano di promozione e sviluppo socio-economico
 dell'area protetta e delle zone finitime".
    Definito cosi' il quadro legislativo e amministrativo nel quale si
 colloca il potere di cui costituisce esercizio  l'atto  che  ha  dato
 origine all'attuale giudizio, al fine della risoluzione del conflitto
 di attribuzione in discussione occorre verificare: a) se le procedure
 per  l'istituzione  dei parchi nazionali previste dalla delibera CIPE
 (sezione III),  nelle  quali  si  incardina  il  potere  ministeriale
 contestato,   possano  trovare  applicazione  all'ipotesi  del  Parco
 dell'Arcipelago toscano; b)  se,  ove  il  precedente  quesito  debba
 essere  risolto in senso positivo, il potere di proposta del Ministro
 dell'ambiente  in  ordine  all'adozione,  d'intesa  con  la   regione
 interessata, del piano del Parco dell'Arcipelago toscano sia conforme
 alla  ripartizione delle competenze fra Stato e regioni in materia di
 parchi  nazionali,  come  definita  dagli  artt.  117  e  118   della
 Costituzione, nell'attuazione ad essi data dall'art. 83 del d.P.R. n.
 616 del 1977.
    3. - Sul primo dei punti ora indicati la regione Toscana asserisce
 che  la procedura stabilita nel programma contenuto nella sezione III
 della delibera CIPE del 5 agosto 1988 non potrebbe aver  applicazione
 al  Parco  dell'Arcipelago  toscano, poiche' tanto la delibera stessa
 all'inizio della sezione III, quanto l'art. 18, lett. c), della legge
 n. 67 del 1988, che di  quella  delibera  costituisce  il  fondamento
 legislativo, ne circoscrivono il campo di applicazione ai soli Parchi
 nazionali  del Pollino, delle Dolomiti Bellunesi, dei Monti Sibillini
 e, d'intesa con la regione Sardegna, del Parco marino  del  Golfo  di
 Orosei.
    L'interpretazione   proposta  dalla  ricorrente  non  puo'  essere
 condivisa. Sebbene, nella sua proposizione di  apertura,  la  sezione
 III  della delibera CIPE riferisca espressamente l'applicazione delle
 "procedure di cui alla presente sezione" soltanto ai parchi nazionali
 appena menzionati, sussistono, tuttavia, sicuri elementi che inducono
 a estendere le prescrizioni della  predetta  delibera  a  tutti  quei
 parchi  nazionali la cui istituzione, da effettuare secondo le proce-
 dure indicate nell'art. 5 della legge n. 349 del 1986,  sia  ritenuta
 di  assoluta  urgenza  ai  fini  della  tutela  dei  relativi  valori
 naturalistici e sia, comunque, considerata tale da non  poter  essere
 rimandata  all'avvenuta  approvazione  della  legge-quadro sui parchi
 nazionali.
    A  tale  interpretazione  estensiva  conduce,   innanzitutto,   la
 previsione  normativa  contenuta nell'art. 18, primo comma, lett. c),
 della legge n. 67 del 1988, per la quale il programma di  istituzione
 dei    parchi    nazionali,   emanato   eccezionalmente   in   attesa
 dell'approvazione  della   legge-quadro,   deve   essere   applicato,
 oltreche'  ai  parchi  nazionali  nominati  nello  stesso art. 18, ad
 "altri  parchi  nazionali  o  interregionali".  Inoltre,  la   stessa
 delibera  CIPE,  al  punto  5.2  del "Programma annuale 1988" (n. 2),
 autorizza  il  Ministero  dell'ambiente  sia  a  istituire  i  parchi
 nominativamente indicati nel citato art. 18, sia - ed e' quel che qui
 interessa  -  a  "promuovere"  l'istituzione,  previa  intesa  con le
 regioni interessate, di "nuovi parchi nazionali o interregionali"  ai
 sensi dell'art. 18, primo comma, lett. c), della legge n. 67 del 1988
 e  dell'art.  5  della  legge  n.  349  del 1986. Cio' significa che,
 quantomeno  per  le  attivita'  di  promozione  dell'istituzione,  la
 sezione  III  della  delibera  CIPE - la quale costituisce la diretta
 attuazione del citato art. 18, lett. c), e,  quindi,  del  richiamato
 art.  5  della  legge n. 349 del 1986 - puo' essere applicata anche a
 parchi nazionali ulteriori rispetto a quelli espressamente nominati.
    Del resto, a conferma di tale  interpretazione  va  ricordato  che
 l'art.  10  della  legge 28 agosto 1989, n. 305, include tra i parchi
 per i quali si attuano le procedure di cui al  citato  art.  5  della
 legge  n. 349 del 1986 (e per i quali dispone un finanziamento in via
 provvisoria e d'urgenza per il loro primo funzionamento) tanto quelli
 nominativamente indicati dall'anzidetto art.  18,  lett.  c),  quanto
 altri parchi di nuova istituzione specificamente elencati, fra cui e'
 espressamente  ricompreso  anche  i  Parco  nazionale dell'Arcipelago
 toscano. Ne' va trascurato, da ultimo, che siffatta equiparazione tra
 i parchi nominati e quello oggetto del  presente  conflitto  ai  fini
 dell'applicazione  della  piu'  volte  citata  delibera CIPE e' stata
 pacificamente accettata sia  dal  Ministro  dell'ambiente  sia  dalla
 regione   Toscana   per   tutte   le  fasi  relative  alla  attivita'
 propedeutiche  all'istituzione  del  Parco  dell'Arcipelago   toscano
 anteriori  a  quella ora in contestazione, tanto che ambedue le parti
 hanno concordemente dato vita alla  Commissione  paritetica  prevista
 dalla  sezione  III  della  delibera CIPE in ordine alla formulazione
 delle proposte sulla perimetrazione dell'area  da  proteggere,  sulla
 determinazione   delle   misure   provvisorie   di   salvaguardia   e
 sull'indicazione, in via preliminare, degli obiettivi  e  dei  valori
 naturalistici e ambientali da perseguire e da sviluppare.
    4.  -  Nel  decreto  ministeriale  che ha dato origine all'attuale
 conflitto  di  attribuzione  v'e'   un'inequivoca   affermazione   di
 competenza  statale  in ordine al potere di proposta - o, quantomeno,
 alle  attivita'  preparatorie  per  l'esercizio  di  tale  potere  di
 proposta  -  avente  ad  oggetto  la  determinazione, d'intesa con la
 regione interessata, del piano del Parco dell'Arcipelago toscano. Per
 la definizione di tale conflitto  occorre  verificare,  pertanto,  se
 siffatta  affermazione  di  competenza,  indubbiamente  basata  sulla
 delibera CIPE (sezione  III)  sopra  menzionata,  sia  conforme  alla
 ripartizione delle funzioni fra Stato e regioni operata in materia di
 parchi   nazionali   dagli   artt.  117  e  118  della  Costituzione,
 nell'attuale datane dall'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977.
    Come questa Corte ha  affermato  in  numerose  decisioni  (v.,  da
 ultimo,  sentenze  n.  1029  e n. 1031 del 1988), pur se il ricordato
 art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977 rinvia a una  futura  legge-quadro
 sui  parchi  e  sulle  riserve  naturali d'interesse nazionale per la
 generale ripartizione delle funzioni relative alla predetta  materia,
 il grave, persistente e piu' volte deprecato ritardo nell'adozione di
 tale  legge  non  puo'  impedire - e, in passato, non ha impedito - a
 questa Corte di individuare, essenzialmente  sulla  base  del  citato
 art. 83, i punti-chiave della distribuzione fra Stato e regioni delle
 competenze  in materia di "protezione della natura" e di definire, in
 particolare, tanto il nucleo minimo dei poteri spettanti allo  Stato,
 quanto  lo  spazio  incomprimibile  che  deve  essere  lasciato  alle
 attribuzioni regionali.
    Secondo il ricordato art. 83, mentre sono trasferite alle  regioni
 le   funzioni   amministrative  concernenti  gli  interventi  per  la
 protezione della natura,  le  riserve  e  i  parchi  naturali,  anche
 d'importanza  nazionale,  resta  riservata  allo  Stato  una serie di
 poteri finalizzata all'assicurazione dell'unitarieta' di struttura  e
 di funzionamento dei parchi nazionali. "Con tale disciplina - come si
 e'  affermato nella sentenza n. 1029 del 1988 - si mostra chiaramente
 di voler  attribuire  allo  Stato  un  ampio  potere  programmatorio,
 comprensivo  tanto  della  posizione  di  direttive  in  ordine  alla
 struttura e al funzionamento dei parchi, quanto della  localizzazione
 e  del  dimensionamento  dei parchi stessi nel territorio nazionale".
 Piu' in particolare, vanno riconosciuto allo Stato, nell'ambito della
 funzione governativa di indirizzo e coordinamento  da  esercitare  su
 proposta  del  Ministro  dell'ambiente (art. 5 della legge n. 349 del
 1986), oltre al potere di individuare i nuovi territori da  destinare
 a  parchi o a riserve di rilevanza nazionale o interregionale (potere
 espressamente previsto dall'art.  83,  quarto  comma),  l'istituzione
 degli stessi parchi o riserve (v. sentenze n. 223 del 1984, n. 1029 e
 n. 1031 del 1988), nonche' la determinazione dei relativi confini (v.
 sentenze  n.  344  del  1987,  n.  1029  e  n. 1031 del 1988) e degli
 elementi costitutivi del parco medesimo (v. sentenze  n.  1029  e  n.
 1031  del  1988), fra i quali rientra anche la definizione dei valori
 naturalistici  da  tutelare  e  degli  obiettivi  da  perseguire,  la
 fissazione  delle  misure  di  salvaduardia   e   la   perimetrazione
 provvisoria  dell'area protetta (v. ancora sentenze n. 1029 e n. 1031
 del 1988). Si tratta, in definitiva,  di  una  serie  di  poteri  che
 attengono  alla  struttura  fondamentale  del  parco  e  ai  principi
 basilari e ai criteri generali relativi al  funzionamento  del  parco
 medesimo,  nel  cui ambito si inseriscono le funzioni attribuite alle
 regioni e agli organi di amministrazione dell'ente parco (formati  da
 rappresentanti  dello  Stato  e  delle  regioni), le quali concernono
 essenzialmente la gestione delle istituzioni preordinate alla  tutela
 naturalistica e delle aree finitime.
    In  considerazione del fatto che il piano del parco costituisce un
 atto afferente al  livello  della  gestione  del  parco  stesso,  va,
 dunque,  escluso  che  la  sua  determinazione possa rientrare fra le
 competenze statali (v. sentenze n. 1029 e n. 1031 del 1988). Rispetto
 ad  esso,  lo  Stato  possiede  soltanto  poteri  di  direttiva,   da
 esercitare  nell'ambito  della  funzione  governativa  d'indirizzo  e
 coordinamento, e non gia' poteri di codeterminazione nella  forma  di
 proposta   ministeriale   da   sottoporre  all'intesa  delle  regioni
 interessate.
    5. - Tuttavia, come si e' gia' accennato nella  descrizione  della
 disciplina  posta  dal  programma  contenuto  nella delibera CIPE, e'
 quest'ultima che conferisce al Ministro dell'ambiente  un  potere  di
 proposta  in ordine alla redazione del piano del parco (da sottoporre
 all'intesa  con  le  regioni  interessate)  accompagnandolo  con   la
 posizione  delle direttive e con i criteri generali di cui al decreto
 impugnato (v. sezione III, punti 4, 5  e  6).  In  considerazione  di
 cio',  la  richiesta  della regione Toscana che questa Corte dichiari
 che non spetta allo Stato, e per essa al Ministro  dell'ambiente,  il
 potere  di  dettare  direttive  e  criteri  generali  in  ordine alla
 redazione  del   piano   del   Parco   dell'Arcipelago   toscano   e'
 inammissibile.  L'attribuzione della relativa competenza e', infatti,
 contenuta nella delibera CIPE non impugnata dalla ricorrente, sicche'
 l'eventuale accoglimento del ricorso non  produrrebbe  alcun  effetto
 sull'illegittima   assegnazione   al   Ministro  dell'ambiente  delle
 attivita'  preordinate   alla   redazione   del   piano   del   Parco
 dell'Arcipelago  toscano,  esercitate  con  il  decreto impugnato (v.
 sentenze n. 63 del 1965, n. 140 del 1970, n. 28 del 1979 e n. 337 del
 1989).
    Ne' le  conclusioni  potrebbero  mutare  ove  si  considerasse  la
 contestazione,  peraltro assorbita, avanzata in via subordinata dalla
 ricorrente, secondo la quale il decreto impugnato  configurerebbe  un
 esercizio  contrario  alla  legge  di  un  potere  statale  diretto a
 menomare competenze costituzionalmente assegnate alle regioni.  Anche
 sotto  tale  profilo, sulla base delle considerazioni gia' svolte nel
 precedente punto 2, per le quali le direttive e  i  criteri  generali
 contenuti  nell'atto  impugnato  sono  diretti  non  alla regione, ma
 unicamente  ai  professionisti   interessati   a   partecipare   alla
 presentazione  delle  offerte tecnico-economiche per la redazione del
 progetto del piano, non sarebbe possibile ravvisare alcuna violazione
 delle competenze regionali.
    Il ricorso proposto dalla  regione  Toscana  nei  confronti  dello
 Stato  in  relazione  al decreto del Ministro dell'ambiente 26 luglio
 1990 deve essere, dunque, dichiarato inammissibile.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile il conflitto di attribuzione proposto, con
 il ricorso indicato in epigrafe, dalla regione Toscana nei  confronti
 dello  Stato  in  relazione  al decreto del Ministro dell'ambiente 26
 luglio  1990,  intitolato  "Direttive  e  criteri  generali  per   la
 redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1991.
                         Il Presidente: GALLO
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 12 aprile 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0459