N. 152 ORDINANZA 8 - 12 aprile 1991
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati in genere - Repressione dell'evasione in materia tributaria - Dissimulazione di componenti positivi o simulazione di componenti negativi del reddito - Concretizzazione in forme artificiose - Mancata previsione - Norma gia' dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza n. 35/1991) - Manifesta inammissibilita'. (D.-L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 4, primo comma, n. 7, convertito, conmodificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516) (Cost., artt. 3, 25, secondo comma, 70, 82 e 101, secondo comma).(GU n.16 del 17-4-1991 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria) convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516 promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 9 novembre 1990 dal Tribunale di Verbania nel procedimento penale a carico di Morrica Annachiara, iscritta la n. 40 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale dell'anno 1991; 2) ordinanza emessa l'8 novembre 1990 dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Rodio Marcello, iscritta la n. 53 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1991 il giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Tribunale di Verbania, con ordinanza del 9 novembre 1991, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 101, secondo comma, e da 70 a 82 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, "nella parte in cui prevede come elemento costitutivo del reato de quo l'alterazione in misura rilevante del risultato della dichiarazione"; e che un'analoga questione ha sollevato anche il Tribunale di Torino con ordinanza dell'8 ottobre 1990, denunciando, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, lo stesso art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui prevede nell'applicazione concreta interpretazioni in contrasto e tali da creare disparita' di trattamento; e che in entrambi i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata "palesemente non fondata a meno che non sopravvenga ragione per restituire gli atti al giudice a quo"; Considerato che le ordinanze sollevano questioni analoghe e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti; che, con sentenza n. 35 del 1991, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui non prevede che la dissimulazione di conponenti positivi o la simulazione di componenti negativi del reddito debba concretarsi in forme artificiose; e che, pur essendosi, con l'art. 6 del decreto-legge 16 marzo 1991, n. 83, sostituito l'intero art. 4 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, converito in legge 7 agosto 1982, n. 516 - cosi' da modificare anche la stessa normativa oggetto di censura (v. lettera f del primo comma del nuovo testo) - poiche' l'art. 7 del decreto-legge 16 marzo 1991, n. 83, non contempla l'efficacia retroattiva della disciplina di cui all'art. 6 e, quindi, non deroga, in proposito, all'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, l'abrogazione della norma impugnata non comporta la restituzione degli atti ai giudici remittenti per una nuova valutazione della rilevanza (cfr., ancora - ma con riferimento all'identica prescrizione contenuta nell'art. 7 del decreto-legge 14 gennaio 1991, n. 7, non convertito in legge - sentenza n. 35 del 1991); che pertanto, la questione qui proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (v. ordinanza n. 85 del 1991); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 1982, n. 516, gia' dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 35 del 1991, nella parte in cui non prevede che la dissimulazione di componenti positivi o la simulazione di componenti negativi del reddito debba concretarsi in forme artificiose, questione sollevata dal Tribunale di Torino e dal Tribunale di Verbania con le ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1991. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: VASSALLI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 12 aprile 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI 91C0463