N. 285 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 novembre 1990
N. 285 Ordinanza emessa il 15 novembre 1990 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Marchi Paolo ed altro Processo penale - Udienza preliminare - Sentenza di non luogo a procedere - Tassativita' dell'elencazione delle formule assolutorie - Necessita' per talune di esse dell'"evidenza" della prova - Lamentata genericita' di tale concetto - Mancato coordinamento con le prescrizioni dell'art. 422 del c.p.p. (richiesta di ulteriori informazioni da parte del g.i.p. ai fini della decisione) - Disparita' di trattamento rispetto alla disciplina di attuazione - Violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione della giustizia - Conseguente lesione del principio dell'accertamento della verita' materiale. Processo penale - Udienza preliminare - Discussione - Richiesta del p.m. di derubricazione del reato - Conseguente mutamento della competenza - Mancata previsione, tra le ipotesi contemplate, della sentenza declaratoria di incompetenza - Mancato coordinamento tra norme (artt. 22 e 424-425 del c.p.p.) - Lamentata diversa disciplina rispetto alla fase precedente la discussione dell'udienza preliminare - Violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Processo penale - Udienza preliminare - Modifica della imputazione e contestazione all'imputato da parte del p.m. - Ritenuta insufficiente specificazione in relazione alla "diversita' del fatto" - Lamentata disparita' di trattamento rispetto alla disposizione di cui all'art. 521 (correlazione tra imputazione contestata e sentenza). Processo penale - Udienza preliminare - Derubricazione dell'imputazione richiesta dal p.m. - Obbligatorieta' per il g.i.p. alla "riduzione della sfera dell'azione penale" su istanza di una parte processuale - Violazione del principio di soggezione del giudice alla sola legge. (C.P.P. 1988, art. 425, in relazione agli artt. 22, terzo comma, 422, primo comma, 424, primo comma, e 423, primo comma, stesso codice). (Cost., artt. 2, 3, 97, 101, secondo comma, e 112).(GU n.17 del 24-4-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza all'esito dell'odierna udienza preliminare 15 novembre 1990; Ritenuta la estrema pregevolezza e complessita' delle questioni giuridiche in oggetto, per le quali si preannuncia fin d'ora una serie di eccezioni di illegittimita' costituzionale della normativa che segue, eccezioni che ovviamente lasciano del tutto impregiudicato l'esame del merito, che verra' affrontato all'esito della presente rimessione, e sul quale naturalmente il giudicante ritiene di non potersi pronunciare allo stato degli atti, stante la prevalenza della interessante problematica prospettata nel corso dell'udienza preliminare da tutte le parti, pubbliche e private; Dovendosi in primo luogo precisare che tutte le questioni che seguono sono da ritenersi non manifestamente infondate e rilevanti ai fini del decidere, e che le stesse vengono sollevate d'ufficio da questa a.g.o.; Dovendosi tuttavia precisare che la prima eccezione e' stata implicitamente ventilata dalla difesa dell'imputato Nobili, cosi' come segue; Premesso che la dizione letterale dell'art. 425 del nuovo c.p.p. focalizza le ipotesi in cui viene emessa sentenza di non luogo a procedere, ipotesi di per se' tassative ed insuscettibili di applicazione analogica, non perche' nel nostro ordinamento processuale sia preclusa l'analogia in bonam partem (essendo logicamente vietata quella in malam partem) ma perche' il discorso analogico appartiene piu' propriamente al diritto penale sostanziale, e malamente si adatta al terreno del diritto processuale, stante comunque la formulazione letterale della norma che concepisce il proscioglimento se sussiste causa estintiva del reato, o per la quale ricorrano i presupposti della improcedibilita' dell'azione penale (a livello di inizio o prosecuzioni), nonche' qualora la fattispecie non sia prevista dalla legge come reato o qualora risulti l'evidenza che il fatto non sussiste, che l'imputato non lo abbia commesso, che il fatto non costituisca reato, che si tratti di persona non imputabile o non punibile per qualsiasi altra causa; Premesso altresi' che la formulazione originaria dell'articolo, nella sua prima stesura, prevedeva che la sentenza n.l.p. dovesse pronunciarsi soltanto qualora, all'esito dell'udienza, fosse risultata una causa estintiva del reato o di improcedibilita' dell'azione penale, ovvero fosse risultato che il fatto non era previsto dalla legge come reato o fosse risultato evidente che il fatto non sussisteva o che l'imputato non lo avesse commesso; Poiche' tuttavia il legislatore ha ritenuto preferibile una for- mula estensiva, tale da comprendere la casistica ulteriore (il fatto non costituisce reato, persona non imputabile o non punibile per qualsiasi causa), apparendo ragionevole prevedere quelle situzioni in cui la non punibilita' dell'imputato appaia in termini probatoriamente tali da raggiungere la soglia dell'evidenza, scongiurandosi il rischio di un eccessivo e strumentale contenzioso nel corso della udienza preliminare, ben potendosi pervenire ad una soluzione anticipata del processo che eviti la celebrazione di un dibattimento dall'esito scontato, ricalcando la norma le orme dell'art. 378, primo comma, parte prima, abrogato dal c.p.p., recando tuttavia la differenza, poco piu' che nominalistica, concernente la necessita' della "evidenza"; Poiche' quindi l'evidenza riguarda soltanto la seconda parte del primo comma dell'art. 425; Poiche' tuttavia deve ritenersi che tale evidenza non possa intendersi un duplicato dell'art. 129, primo e secondo comma, del nuovo c.p.p., concernente l'obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilita', norma quest'ultima che ricalca l'art. 152 vecchio c.p.p., limitandone tuttavia l'operativita' al vero e proprio processo, non anche all'intero procedimento, cio' in quanto il processo costituisce un tipo speciale di procedimento e ne e' prova la normativa particolare relativa all'udienza preliminare (artt. 416 e segg. stesso cod.), stante il principio generale dell'ordinamento giuridico, nel suo complesso e non soltanto processuale, secondo cui lex specialis derogat legi generali; Poiche' quindi deve intendersi che l'art. 121, laddove si esprime con la dizione "in ogni stato e grado del procedimento", ha riferimento alla fase delle indagini preliminari, in cui non sia stata ancora esercitata l'azione penale dal p.m. nelle forme stabilite dal codice, ex art. 50, da parte del p.m., non sussistendo i presupposti per la richiesta archiviazione (forme che si concretizzano in procedimenti tipici, quali la richiesta di rinvio a giudizio finalizzata all'udiienza preliminare, la richiesta di giudizio immediato, la richiesta di applicazione della pena ex artt. 444 e segg. stesso codice), essendo al contrario la fase delle indagini preliminari caratterizzata dalla presenza non di un autentico imputato, bensi' di una persona assoggettata alle indagini stesse (indagata-indiziata); Poiche' quindi in detta fase delle indagini preliminari le situazioni che rientrerebbero nell'art. 129 conducono all'archiviazione per infondatezza della notizia di reato (art. 408) ovvero per gli altri casi previsti (art. 411); Poiche' quindi in sintesi, come gia' accennato e come si ribadisce, il processo costituisce soltanto una fase ben avanzata e matura del procedimento, ragion per cui l'udienza preliminare, anche se non aperta al pubblico come l'udienza del dibattimento, differisce, per le sue peculiarieta', dalla udienza in camera di consiglio di cui all'art. 127 nuovo c.p.p. che caratterizza la fase delle indagini preliminari, e quindi costituisce anche una udienza camerale, ma di tipo ben particolare; Poiche' deve tracciarsi un parallelismo tra l'art. 425 del c.p.p. e l'art. 125 delle disp. att. stesso cod. che tratta dell'infondatezza della notizia di reato di fronte alla non idoneita' degli elementi acquisiti nelle indagini preliminari a sostenere in giudizio, formula quest'ultima che per la sua ampiezza assorbe anche l'ipotesi della classica insufficienza di prove di cui al vecchio c.p.p., quella che al contrario non conduceva all'archiaviazione ex art. 74, terzo comma ma soltanto a sentenza istruttoria di proscioglimento con formula dubitativa, previo necessario esercizio dell'azione penale, mentre d'altronde in sede di stesura del nuovo sistema processuale si e' ritenuto di non agganciare l'infondatezza della notizia di reato alla assenza di "elementi sufficienti pe la condanna dell'imputato", il tutto per non snaturare i caratteri del sistema accusatorio, fra i quali va sicuramente compresa la "deflazione dibattimentale"; Poiche' quindi deve intendersi che per "giudizio" l'art. 125 abbia inteso non riferirsi riduttivamente al solo dibattimento, bensi' al rinvio a giudizio in sede di udienza preliminare, finalizzato non necessariamente al dibattimento, ma comprendente l'ipotesi di un proscioglimento, magari richiesto (ma non necessariamente) dallo stesso p.m.; Ritenuto quindi che la formulazione piu' elastica dell'art. 125 non si ripeta nel 425, ove la genericita' del termine "evidenza" denota una macroscopica lacuna della normativa processuale, pur concordandosi con chi sostiene che il legislatore non puo' avere ritenuto il 425 un mero duplicato del 129, fatto cioe' di una evidenza lampante ed oculare, di una prova cioe' che sia gia' in atti, e che non richieda quindi la ricerca dell'evidenza di cui all'art. 422 del nuovo c.p.p. laddove il giudice, terminata la discussione puo' indicare alle parti temi nuovi o incompleti sui quali si rende necessario acquisire ulteriori informazioni ai fini della decisione, ammettendosi le prove richieste dal p.m. o dal difensore della parte civile quando ne risulti manifesta la decisivita' ai fini dell'accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio, e le prove a di scarico richieste dai difensori delle altre parti private quando appaia evidente la loro decisivita' ai fini del non luogo a procedere. Ritenuto tuttavia che la lettura del supporto di cui al 422, in sede di interpretazione esegetica e giurisprudenziale, non elimina la vistosa lacuna del 425, rimanendo il concetto di evidenza pur sempre tautologico ed eccessivamente discrezionale, in contrasto con la certezza del diritto; Poiche' quanto sopra, stante la discriminazione tra le rispettive fattispecie di cui ai riferiti 425 e 125, viola la parita' di trattamento di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione; Poiche' inoltre in tal modo l'udienza preliminare viene penalizzata e non adempie a quella funzione di autentico filtro selettore e di deflazione dibattimentale, limitando eccessivamente le ipotesi di proscioglimento ed incoraggiando altrettanto eccessivamente rinvio a giudizio, violando in tal modo anche l'art. 97 della Costituzione relativamente alle norme di organizzazione dei pubblici uffici (quali nella specie le norme processuali) ed il buon andamento-efficienza della p.a. (in cui non e' possibile non comprendere anche l'Amministrazione della giustizia); Poiche' inoltre il tutto lede anche il principio dell'accertamento della verita' materiale, rinviando detto accertamento in sede di dibattimento, ed anche questo si inquadra nella normativa costituzionale violata; Poiche', per di piu', l'art. 422, primo comma, del nuovo c.p.p., si riferisce nella sua sfasata seconda parte alla audizione di testimoni e di consulenti tecnici, senza menzionare esplicitamente l'eventualita' che, prima dell'apertura della discussione, siano le stesse parti a prospettare al giudice la necessita' di non dichiarare chiusa la discussione stessa onde consentire la acquisizione di ulteriori informazioni ai sensi del successivo art. 422; Poiche', stante una lettura letterale della norma, sembra che l'impulso probatorio delle parti venga a dipendere a sua volta da uno stimolo-impulso da parte del g.i.p., ledendo in tal modo l'art. 24 della Costituzione sul diritto di difesa delle parti, pubbliche o private che siano, diritto che viene leso anche dalla mancata indicazione tassativa (nel 422 primo comma nella dizione "Consulenti tecnici") della c.t.u., sembrando riduttivo il termine "audizione di consulenti tecnici" che sembrerebbe limitato all'audizione di c.t. gia' nominati dalle parti, mentre al contrario la normativa di cui al nuovo c.p.p. ed in particolare agli artt. 220 e segg. in tema di perizia e' compresa nella parte generale e non nella parte speciale del codice, e in sede di art. 227 si privilegia di per se' la risposta orale immediata, fatta salva la complessita' dei quesiti e quindi la difficolta' delle indagini peritali, conconseguente concessione di un termine per il deposito dell'elaborato; Poiche' detta perizia - c.t.u. non reintrodurrebbe la figura del g.i., e quindi il procedimento inquisitorio, in quanto la c.t.u. rimarrebbe nella sfera endoprocessuale delle indagini preliminari, sarebbe cioe' finalizzata o al rinvio a giudizio o al non luogo a procedere, non utilizzabile quindi in sede dibattimentale, e non costituirebbe quindi un doppione della perizia che viene disposta in sede di incidente probatorio ex artt. 392 e segg. del nuovo c.p.p. allorche' la prova riguardi una persona, una cosa, un luogo il cui stato sia soggetto a modificazione non evitabile, o si tratti di una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare apposita sospensione superiore a sessanta giorni, in quanto in tal caso e' ben noto che le prove anticipatamente raccolte dal g.i.p. su richiesta delle parti sono predibattimentali e quindi in detta sede utilizzabili; Ritenuto che le pregresse considerazioni in materia peritale attengono alla necessita' di ulteriori informazioni ai fini della decisione sulla circostanza se il trattamento chirurgico costituisse nl caso concreto l'unica terapia applicabile e praticabile, questione sulla quale tanto la perizia di ufficio quanto la c.t.p. si sono pronunciate in modo generico, evasivo e comunque non approfondito; Premesso che si apre una ulteriore problematica alla luce della richiesta del p.m. in sede di udienza preliminare di derubricare l'ipotesi criminosa in senso riduttivo, cioe' da lesioni volontario gravissime a lesioni colpose gravissime, quest'ultime di competenza della pretura; Preso atto che a fronte di tale richiesta la difesa del r.c. INRCA deduce non esservi altra via se non quella obbligata di dichiarare l'incompetenza per materia e di restituire gli atti al p.m. affinche' a sua volta ne investa la procura circondariale; Ritenuto che detta pregevole questione investe da un lato il rapporto ed il coordinamento fra l'art. 22 e l'art. 425 del nuovo c.p.p., dall'altro l'art. 423 sulla modifica dell'imputazione e l'art. 112 della Costituzione sull'esercizio obbligatorio dell'azione penale; Poiche' dette questioni debbono essere trattate separatamente per via della differenza peculiare ed intrinseca inerente a ciascuna di esse; Non potendosi intendere la lettera e lo spirito dell'art. 425 senza una lettura contestuale del precedente 424, autentico punto di riferimento; Rilevato che il primo comma del 424 statuisce che il giudice, subito dopo aver dihchiarato la chiusura della discuzione, procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a procedere o decreto che dispone il giudizio, fattispecie di per se' antitetiche fra le quali non sembra, allo stato lacunoso della norma citata, potersi desumere l'esistenza di un tertium genus quale l'apposita sentenza declaratoria di incompetenza per materia, non sembrando detta stensione analogica potersi dedurre proprio dal carattere antitetico degli sbocchi dell'udienza preliminare, e non potendosi del resto qualificare l'improcedilbilita' o la non proseguibilita' dell'azione penale come una ipotesi che si adatti alla declaratoria di incompetenza, in cui l'azione penale, gia' esercitata, tale rimane e viene semplicemente differita nel tempo investendone tramite pronuncia del g.i.p. un altro p.m., per la quale investitura dovra' attivarsi il primo p.m. e dovra' farlo comunque; Poiche' l'art. 22, primo comma contempla il caso in cui l'ordinanza declaratoria d'incompetenza per qualsiasi causa, con conseguente restituzione degli atti al p.m., venga pronunciata nel cosro delle indagini preliminari mentre il terzo comma prevede l'ipotesi della declaratoria d'incompetenza, sempre per qualsiasi causa, pronunciata nella forma della sentenza dopo la chiusura delle indagini preliminari, ragion per cui nulla osterebbe di per se', se di contrario avviso non fosse la dizione tassativa del 424, a ritenere che proprio nel corso dell'udienza preliminare il giudice possa, anzi debba, pronunciare autentica sentenza declaratoria della detta incompetenza, riconoscendosi d'altronde, tanto nella fase delle indagini preliminari, quanto dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, per pervenire al concetto in incompetenza per qualsiasi causa, non abbisogni dell'impulso del p.m. o del sollecito delle parti private, ma possa e debba pronunciarsi anche d'ufficio, ove si intenda egli ritenga di doversi pronunciare in tal senso, e che quindi sia soltanto una coincidenza, come nel caso di specie, che il p.m. eserciti il suo impulso in tal senso; Poiche' ad ogni modo la novita' di cui all'art. 22, terzo comma consiste nella pronuncia in forma di sentenza anziche' di ordinanza, in quanto, nell'ipotesi di richiesta di giudizio immediato o di decreto penale di condanna, gli artt. 455 e 459 del cod. non lasciano altra alternativa al giudice, ove ritenga di non accogliere tale richiesta, se non quella di restituire gli atti al p.m., con la sola eccezione, nella sola ipotesi della richiesta di decreto penale, della eventuale applicazione dell'art. 129 con apposito proscioglimento, non essendovi quindi in tal sede apazio per la pronuncia di una sentenza sulla competenza; Poiche' tuttavia la formulazione originaria dell'art. 23 prevedeva l'ipotesi in cui il giudice dell'udi,enza preliminare poteva ordinare il rinvio a giudizio davanti alla pretura qualora ne avesse ritenuto la competenza in materia, analogamente a quanto previsto per il g.i. dall'art. 374, primo comma, del vecchio codice, e pertanto la soppressione di questa disposizione ha eliminato il detto potere, non ricavabile, al di fuori di una specifica previsione, dai principi generali; Poiche' tuttavia, malgrado detta eliminazione, rimane un antitetico conflitto, non colmabile fra le due tassativita' quella del 22 e quella del 424 - 425 con violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione, in via interpretativa ragione per cui, dal tenore riduttivo della detta normativa, sembra che il riconoscimento della propria incompetenza per qualsiasi causa dopo la chiusura delle indagini preliminari possa essere dichiarato con sentenza soltanto e limitatamente nelle more intercorrenti fra la richiesta tecnica del p.m. di rinvio a giudizio finalizzato all'udienza preliminare e l'udienza preliminare stessa, anteriormente quindi a detta udienza, in quanto comunque il giudice, trovandosi di fronte il caso di un imputato e non piu' di una persona sottoposta a indagini preliminari, resterebbe legittimato ad emettere il suo provvedimento nella forma della sentenza anziche' dell'ordinanza; Poiche' comunque, ancora una volta e' anche l'art. 97, penalizzandosi gli sbocchi dell'udienza preliminare e rinviandosi all'eventuale dibattimento ogni decisione, ad essere violato; Dovendosi a tal punto illustrare l'ultima, ancora piu' rilevante, eccezione di illegittimita', attinente alle lacune dell'art. 423, primo comma laddove specifica che il p.m. modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente, o la comunica al difensore che lo rappresenta ai fini della contestazione, ove lo stesso imputato non sia presente, se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come e' descritto nell'imputazione, non essendo specificamente detto se tale diversita' attenga alla materialita' del fatto con differenti conseguenze giuridiche od anche all'ipotesi in cui detta differente conseguenza scaturisca da un fatto materialmente identico ma diversamente qualificabile sotto il profilo del diritto; Ritenuto che la problematica di cui alla insufficienze formulazione del 423 primo comma, comporta il parallelo esame del 429 sul decreto che dispone il rinvio a giudizio; Pur tenendosi conto che il problema della competenza e della risoluzione della precedente eccezione si configura estremamente importante e pregiudiziale; dovendosi trattare della possibilita' o meno, a proposito del 429 di enunciare nel decreto che dispone il giudizio una imputazione diversa dsa quella formulata dal p.m., possibilita' pacificamente riconosciuta, nel sistema del vecchio codice, al g.i., non espressamente prevista da alcuna norma ma ricavata dai principi generali (ved. in tal senso, ad es. Cass. I, 21 febbraio 1979, n. 522); Stante il fatto che il potere di modificare la qualificazione giuridica del fatto, pur trattenendo il giudizio, era previsto dall'art. 477, primo comma unicamente per il giudice del dibattimento, mentre nel nuovo codice la situazione sembrerebbe, a prima vista, del tutto simile, prevedendo un rinvio a giudizio frutto di un provvedimento giurisdizionale sollecitato dal p.m., riservando tuttavia al solo giudice del dibattimento in sede di art. 521 la possibilita' di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata dell'imputazione, purche' il reato non ecceda la sua competenza mentre il secondo comma prevede l'ipotesi che il fatto risulti diverso ma che non venga contestato in dibattimento; Poiche' comunque non puo' attribuirsi di per se' rilievo alla circostanza che il provvedimento che dispone il rinvio a giudizio non abbia piu' forma di ordinanza motivata, inoppugnabile, ma di semplice decreto (parimenti inoppugnabile); Poiche' cio' configura contrasto fra il 423, primo comma, pur nella sua iniziale genericita', ed il 429, sempre al riguardo agli artt. 2 e 3 della Costituzione, stante la dizione tassativa di cui al 521, primo comma; Dovendosi coordinare il tutto al potere di integrazione e di correzione della iniziativa delle parti e marcatamente della parte pubblica, p.m., potere connaturato alla figura del giudice nel procedimento di tipo inquisitorio e tuttavia ad avviso dello scrivente non da escludersi, pur con gli opportuni adattamenti, nell'attuale modello accusatorio, stante l'indiscutibile silenzio della norma circa la possibilita' o meno, per il giudice, nel momento in cui dispone il passaggio del procedimento alla fase del giudizio, di modificare a tal fine ed in funzione di tale passaggio l'imputazione formulata dal p.m., dovendosi tener conto che l'attuale sistema accusatorio non e' integrale ma temperato dal correttivo dell'art. 112 della Costituzione sull'esercizio obbligatorio della azione penale, la quale, nel caso di specie verrebbe ad essere menomata e comunque ridotta, giacche' la discrezionalita' dell'azione penale, pur ancora esercitata, verrebbe ad essere compressa da un impulso di parte, inibendosi al giudice del merito ogni esame sul fondamento o meno della richiesta di derubricazione; Poiche' non si ritiene che le pregresse considerazioni contrastino con il principio processuale, valido tanto nel processo inquisito quanto nel processo accusatorio, del ne procedat iudex officio, principio che deve riferirsi alla titolarita' dell'azione penale e quindi al suo effettivo inizio e non alla pronuncia su un'azione penale inizialmente dilatata, come da richiesta di rinvio a giudizio in questa sede per l'udienza preliminare, e successivamente compressa sempre in questa sede, ragion per cui appare iniquo che il giudice non possa disporre il rinvio a giudizio (anche se il decreto sarebbe inoppugnabile) enunciando una imputazione diversa da quella formulata dal p.m., con il rischio di nullita' assoluta rilevabile anche d'ufficio ex artt. 178, lett. b), primo ip., e 179 del nuovo c.p.p.; Poiche' una differente interpretazione finalizzerebbe l'udienza prelimninare ad uno sbocco limitato ed unilaterale, quale la obbligatoria declaratoria di incompetenza e quindi violerebbe da un lato l'art. 112 della Costituzione, gia' preannunciato dall'art. 6 del d.l.l. 14 settembre 1944, n. 288, modificativo del testo originario dell'art. 74 del vecchio c.p.p., normativa che nel suo complesso instaura un autentico controllo sull'operato del p.m., dall'altro vincolerebbe il giudice, terzo ed indipendente, alle parti o piu' precisamente ad una singola parte, pubblica che sia, violando l'art. 101, secondo comma, della Costituzione stante il quali i giudici sono soggetti soltanto alla legge;
P. Q. M. Letti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 9 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti processuali alla Corte costituzionale, non potendosi il presente giudizio essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, sollevata d'ufficio e da non ritenersi manifestamente infondata, concernente: 1) la violazione, per quanto riguarda l'art. 425 del nuovo c.p.p., nella parte in cui non specifica il concetto di evidenza e non lo coordina con l'art. 422 stesso cod., degli artt. 2 e 3 della Costituzione rispetto al piu' favorevole trattamento di cui all'art. 125 delle disp. att. del nuovo c.p.p., nonche' dell'art. 97 della Costituzione; 2) la violazione, per quanto concerne sempre il 425 ed il 424 primo comma, degli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione, il tutto in relazione all'art. 22, terzo comma, dello stesso cod.; 3) la violazione, per quanto attiene all'art. 423, primo comma, degli artt. 2 e 3 della Costituzione per insufficiente specificazione del periodo "se nel corso della udienza il fatto risulta diverso da come e' descritto nell'imputazione", stante il piu' favorevole trattamento di cui all'art. 521 dello stesso cod.; 4) la violazione, sempre per quanto concerne l'art. 423, primo comma, dello stesso cod. degli artt. 112 e 101, secondo comma, del nuovo c.p.p. nella parte in cui vincolano il g.i.p. alla riduzione della sfera dell'azione penale effettuato dal p.m. tramite il pur legittimo ed incontestabile diritto di richiedere la derubricazione dell'imputazione; Ordina la sospensione del giudizio in corso, sollecita al presidente della adita Corte la procedura d'urgenza per la trattazione del processo; Ordina altresi' che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti sia notificata alle parti in causa ed al p.m. nonche' alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunicata anche alla Presidenza delle due Camere del Parlamento. Ancona, addi' 15 novembre 1990 Il giudice dell'udienza preliminare: BONIVENTO 91C0500