N. 179 SENTENZA 22 - 29 aprile 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  militari  -  Furto  d'uso - Mancata restituzione dovuta a caso
 fortuito o forza maggiore - Estensione della  relativa  disciplina  -
 Esclusione - Questione gia' decisa con declaratoria
 di  illegittimita'  costituzionale  (sentenza n. 2/1991) - Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P.M.P., art. 233, primo comma, n. 1).
 
 (Cost., artt. 27, primo e terzo comma, e 3).
 
 Reati militari - Furto d'uso - Mancata restituzione dovuta a condotta
 colposa - Richiamo alla sentenza n. 1085/1988 - Previsione del  furto
 ordinario militare - Ragionevolezza - Non fondatezza.
 
 (C.P.M.P., art. 233, primo comma, n. 1).
 
 (Cost., artt. 3 e 27, primo e terzo comma).
(GU n.18 del 8-5-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, avv. Ugo
    SPAGNOLI,  prof.   Francesco   Paolo   CASAVOLA,   prof.   Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 233, primo
 comma, n. 1,  del  codice  penale  militare  di  pace,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  15  ottobre  1990  dal Giudice per le indagini
 preliminari presso il Tribunale Militare di
 La Spezia, nel procedimento penale a carico  di  Bellini  Roberto  ed
 altri,  iscritta  al  n. 753 del registro ordinanze 1990 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale,
 dell'anno 1991;
    Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio  1991  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  emessa il 15 ottobre 1990 il Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale militare  di  La  Spezia  ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 233,
 primo comma, n.  1,  del  codice  penale  militare  di  pace  ("furto
 d'uso"), in riferimento agli artt. 27, primo e terzo comma, e 3 della
 Costituzione.
    Espone  il giudice remittente che i fatti al suo esame configurano
 una fattispecie del tutto analoga a quella  prevista  dall'art.  626,
 primo  comma,  n.  1,  del codice penale, dichiarato illegittimo, con
 sentenza n. 1085 del 1988 di questa Corte, nella  parte  in  cui  non
 estende   la   disciplina   ivi   prevista   all'ipotesi  di  mancata
 restituzione della cosa sottratta, dovuta a  caso  fortuito  o  forza
 maggiore.  Oggetto  del  giudizio e' infatti una fattispecie di furto
 (sottrazione di un'auto al solo scopo  di  farne  uso  momentaneo,  e
 impossibilita'   di  restituirla  per  un  fatto  indipendente  dalla
 volonta' dell'agente) in relazione alla quale  dovrebbe  configurarsi
 il  piu'  grave reato di furto militare ex art. 230 del codice penale
 militare di pace, non potendo  ipotizzarsi,  a  causa  della  mancata
 restituzione della cosa sottratta, quella piu' lieve di furto d'uso.
    In  piu',  prosegue  il  giudice  remittente,  nel  caso di specie
 dovrebbe considerarsi un ulteriore aspetto,  e  cioe'  che  il  fatto
 impeditivo   della   restituzione  della  cosa  sottratta  (incidente
 automobilistico nel corso del quale  l'auto  e'  stata  completamente
 distrutta)  e'  almeno  in  parte riconducibile alla colpa di uno dei
 coimputati, quale conducente del veicolo.
    2. - Cio' premesso, e richiamati i principi affermati nella citata
 sentenza n. 1085 del 1988, il Giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso  il  Tribunale militare di La Spezia dubita della legittimita'
 costituzionale della norma sotto i seguenti profili:
       a)  in  primo  luogo, in riferimento all'art. 27, primo e terzo
 comma, della Costituzione, in  quanto,  in  base  ai  principi  della
 "personalita'"   della   responsabilita'   penale  e  della  funzione
 rieducativa della pena, non puo' escludersi la  configurabilita'  del
 furto  d'uso  militare  in  caso  di  mancata restituzione della cosa
 sottratta dovuta a  caso  fortuito  o  forza  maggiore.  Inoltre,  in
 riferimento   all'art.  3  della  Costituzione,  perche'  la  diversa
 disciplina del furto d'uso  militare  rispetto  a  quello  comune,  a
 seguito  della  citata  sentenza  n. 1085 del 1988, si traduce in una
 ingiustificata lesione del principio di eguaglianza;
       b) in secondo luogo, e sempre in relazione agli artt. 27, primo
 e terzo comma, e 3 della Costituzione, in quanto  la  disciplina  del
 furto   d'uso   militare   non   comprende  l'ipotesi  della  mancata
 restituzione del bene dovuta a  colpa  dell'agente.  Irragionevole  e
 sproporzionata    appare   infatti,   ad   avviso   del   remittente,
 l'attribuzione  di  un  fatto  piu'  grave  -  punibile   per   legge
 esclusivamente  a  titolo  di  dolo  -  a causa del verificarsi di un
 evento avvenuto solo per colpa del soggetto stesso, senza che  questi
 abbia  mutato  la  propria  originaria intenzione di commettere altro
 meno grave reato.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Giudice per le indagini preliminari  presso  il  Tribunale
 militare   di   La   Spezia   solleva   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 233, primo comma, n. 1,  del  codice  penale
 militare di pace in riferimento agli artt. 27, primo e terzo comma, e
 3 della Costituzione.
    L'ordinanza  di  rimessione  prospetta  due distinte questioni che
 vanno separatamente esaminate.
    2. - In primo luogo il giudice a quo  censura  l'art.  233,  primo
 comma,  n.  1, del codice penale militare di pace (furto d'uso) nella
 parte in cui non estende la disciplina ivi  prevista  all'ipotesi  di
 mancata  restituzione  della  cosa sottratta dovuta a caso fortuito o
 forza maggiore. Il remittente richiama espressamente la  sentenza  n.
 1085  del  1988  che  ha  riconosciuto  fondata identica questione in
 ordine al furto d'uso previsto dall'art. 626, primo comma, n.  1  del
 codice penale.
    Posteriormente  all'ordinanza di rimessione, con sentenza n. 2 del
 1991, questa Corte ha gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale
 del predetto art. 233, primo comma, n. 1, del codice penale  militare
 di  pace  nella  parte  in cui non estende la disciplina ivi prevista
 alla mancata restituzione, dovuta a caso fortuito o  forza  maggiore,
 della  cosa sottratta. La questione, pertanto, deve essere dichiarata
 manifestamente inammissibile.
    3.1 - In secondo luogo il giudice remittente, dopo aver  dato  per
 scontato  - come in effetti e' avvenuto con la sentenza n. 2 del 1991
 - che la Corte non avrebbe potuto non estendere all'art.  233,  primo
 comma,  n.  1,  del  codice  penale  militare di pace la pronuncia di
 illegittimita' costituzionale emanata con la  sentenza  n.  1085  del
 1988  in  ordine  all'art. 626, primo comma, n. 1, del codice penale,
 dubita che anche la non estensione della disciplina del  furto  d'uso
 (militare)  all'ipotesi  di mancata restituzione della cosa sottratta
 per colpa del soggetto agente sia in  contrasto  con  gli  artt.  27,
 primo e terzo comma, e 3 della Costituzione.
    L'argomentazione si fonda sulla lettura della sentenza n. 1085 del
 1988  secondo  la  quale  "e'  la  presenza  nel  reo della specifica
 intenzione  di  restituire  la   cosa   immediatamente   dopo   l'uso
 momentaneo..  .. .. che caratterizza, in relazione al furto comune, e
 sin dall'origine, il furto d'uso", ed inoltre "soltanto un  mutamento
 di volonta' del soggetto attivo del fatto in ordine alla restituzione
 della cosa sottratta puo' rendere applicabile la disciplina del furto
 ordinario".  Ne  seguirebbe  -  ad  avviso del giudice a quo - che la
 mancata restituzione della cosa sottratta non puo' essere  addebitata
 al  reo,  per  contestargli  il  piu' grave reato di furto (militare)
 anziche' di quello di furto d'uso, non soltanto nell'ipotesi di  caso
 fortuito  o  forza  maggiore,  ma anche qualora tale evento sia a lui
 addebitabile a titolo di colpa.
    3.2 - La sentenza citata va letta nel suo complesso: e'  vero  che
 nell'ipotesi  di  mancata  restituzione della cosa sottratta dovuta a
 caso fortuito o forza maggiore viene sottolineato che non  e'  mutata
 la  volonta'  del  soggetto  intesa  a restituire la cosa dopo averla
 momentaneamente usata, senonche' questa argomentazione  non  basta  a
 far  ritenere  costituzionalmente illegittima anche la configurazione
 del piu' grave reato  di  furto  ordinario  nell'ipotesi  di  mancata
 restituzione  della  cosa  sottratta  dovuta  a  colpa (o concorso di
 colpa) del soggetto agente.
    La motivazione della sentenza n. 1085 parte dal convincimento  che
 la restituzione non costituisce evento del furto d'uso: e' la mancata
 restituzione,  negativamente valutata dal legislatore, a far divenire
 applicabili le piu' gravi sanzioni previste per il  furto  ordinario.
 La  mancata  restituzione  va  trattata  dunque  in  maniera  analoga
 all'omissione: ne  consegue  che  prevedere  la  responsabilita'  del
 soggetto  per  un'omissione  dovuta  a caso fortuito o forza maggiore
 determina  una  violazione   dell'art.   27,   primo   comma,   della
 Costituzione. Siffatto riconoscimento discende dall'interpretazione -
 che  la  Corte  stessa  ha dato con la sentenza n. 364 del 1988 - del
 predetto dettato costituzionale, nel senso che  esso  richiede  quale
 "essenziale  requisito subiettivo d'imputazione, oltre alla coscienza
 e  volonta'  dell'azione  od  omissione,  almeno   la   colpa   quale
 collegamento   subiettivo   tra   l'autore   del  fatto  ed  il  dato
 significativo (sia esso evento oppur no) addebitato". In coerenza con
 tale enunciazione la sentenza n. 1085  del  1988  afferma  che  nella
 fattispecie  tipica  di  furto  d'uso  vanno  analizzati,  in sede di
 colpevolezza, i diversi dati, i singoli elementi che contribuiscono a
 contrassegnarne il disvalore oggettivo, ed in relazione a ciascuno di
 tali elementi  va  ravvisata  la  rimproverabilita'  dell'autore  del
 fatto, perche' possa concludersi per la sua personale responsabilita'
 penale. Nel furto d'uso due sono le condotte (sottrarre e restituire)
 valutate    dal    legislatore,   l'una   negativamente   e   l'altra
 positivamente; nell'ipotesi invece della sottrazione e della  mancata
 restituzione   della   cosa   sottratta,   si   hanno   due  condotte
 strutturalmente distinte fra loro,  ambedue  negativamente  valutate.
 Perche'  si  integri  quella illiceita' che escludendo il furto d'uso
 viene ricondotta al furto ordinario e' indispensabile  ravvisare,  in
 relazione  a  ciascuna  delle  due  condotte  (sottrazione  e mancata
 restituzione),  gli  elementi  subiettivi  idonei   a   generare   il
 rimprovero richiesto dall'art. 27, primo comma, della Costituzione.
    La  mancata  restituzione,  pertanto,  se dovuta a caso fortuito o
 forza maggiore, non e' addebitabile al soggetto: il caso  fortuito  e
 la  forza  maggiore  non  consentono  il  rimprovero  di colpevolezza
 attinente all'oggettiva mancata restituzione della cosa sottratta, di
 guisa che non puo' essere chiamato a rispondere  di  furto  ordinario
 colui  che  non abbia potuto restituire la cosa sottratta per esserne
 stato  impedito  da  caso  fortuito  o  forza  maggiore.  Perche'  la
 responsabilita'  penale  sia autenticamente personale, come prescrive
 l'art. 27, primo comma, della Costituzione e' necessario che tutti  e
 ciascuno  degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore
 della fattispecie siano soggettivamente collegati  all'agente  (siano
 cioe'  investiti  dal  dolo  o  dalla  colpa)  ed  allo stesso agente
 rimproverabili.
    3.3 - Alla luce dei  principi  e  delle  argomentazioni  cosi'  in
 sintesi  richiamate  va  ora  esaminata,  in  riferimento al medesimo
 parametro costituzionale (art.  27,  primo  comma),  l'ipotesi  della
 mancata restituzione della cosa sottratta dovuta a colpa del soggetto
 agente.
    Nella  fattispecie  in  esame  il giudice remittente, escluso ogni
 dubbio circa l'intenzione degli imputati di  far  un  uso  momentaneo
 della  cosa  sottratta,  rileva  come  il  fatto  che  ha impedito la
 restituzione della cosa sia almeno in parte riconducibile alla  colpa
 di uno degli imputati.
   Ma  la  condotta  dell'imputato in ordine alla mancata restituzione
 della cosa sottratta e' certamente a lui rimproverabile,  essendo  la
 colpa   sufficiente  ad  integrare  il  collegamento  subiettivo  fra
 l'autore del fatto ed il dato significativo addebitato (cfr. sent. n.
 364 del 1988). Si puo' anche osservare come l'agente il quale voglia,
 dopo averne fatto uso momentaneo, restituire la cosa sottratta - e la
 sussistenza  di  tale   elemento   intenzionale   fin   dal   momento
 dell'appropriazione  della cosa caratterizza appunto il furto d'uso -
 sia  evidentemente  tenuto  ad  adoperare  quanto  meno  una  normale
 prudenza  e  diligenza  nell'uso  e  nella  conservazione  della cosa
 medesima  affinche'  ne  sia  possibile  la  restituzione.   Ove   la
 restituzione  non  avvenga, perche' la cosa sottratta viene distrutta
 (o anche soltanto deteriorata) in conseguenza di una condotta colposa
 dell'agente, che questi  sia  chiamato  a  rispondere  della  mancata
 restituzione   non  contrasta  con  l'art.  27,  primo  comma,  della
 Costituzione. Ne' la  responsabilita'  personale  del  soggetto  puo'
 essere esclusa, - secondo l'argomentazione del giudice a quo - per il
 fatto  che  non sia avvenuta nessuna modificazione nella volonta' del
 soggetto stesso per quanto riguarda  l'intenzione  di  restituire  la
 cosa sottratta: e' stato sopra ricordato - richiamando la sentenza n.
 1085  del  1988 - come nel reato di furto d'uso due siano le condotte
 da valutarsi distintamente, e cioe' il  sottrarre  e  il  restituire.
 Vero e' che il dolo della sottrazione e dell'impossessamento non puo'
 estendersi  alla  condotta  di mancata restituzione della cosa, ed e'
 per questo che tale mancata restituzione se dovuta a caso fortuito  o
 forza  maggiore  non  e'  addebitabile  al  soggetto  agente;  ma  la
 conclusione  non  puo'  che  essere   diversa   quando   la   mancata
 restituzione  sia  collegabile  in  tutto  o in parte ad una condotta
 colposa del medesimo.
    Invero  la  responsabilita'  per   colpa   e'   pur   sempre   una
 responsabilita'  personale,  e  la  rilevanza  penale di una condotta
 colposa non fuoriesce dai limiti statuiti dall'art. 27, primo  comma,
 della Costituzione.
    4.  -  L'ordinanza di rimessione fa riferimento anche all'art. 27,
 terzo comma, e all'art. 3 della Costituzione.
    Sull'art. 27, terzo comma, l'ordinanza  e'  carente  di  qualsiasi
 specifica  motivazione:  del  resto  esso  potrebbe  essere  invocato
 soltanto in collegamento all'art. 27, primo comma, in quanto, ove non
 fosse rispettato il principio  della  responsabilita'  personale,  le
 pene  non  potrebbero  tendere alla rieducazione del condannato (cfr.
 sent. n. 364/1988).  La  riconosciuta  infondatezza  del  riferimento
 all'art.  27,  primo comma, si estende quindi anche al riferimento al
 terzo comma del medesimo articolo della Costituzione.
    Parimenti infondato e' il richiamo all'art. 3 della  Costituzione,
 formulato   sotto   il   profilo   della   irragionevolezza  e  della
 sproporzione che sussisterebbe nella punibilita' a  titolo  di  furto
 ordinario  (militare) della sottrazione della cosa compiuta per farne
 uso momentaneo, quando  la  mancata  restituzione  della  stessa  sia
 dovuta a colpa dell'agente.
    Invero  non  e'  di  per  se'  irragionevole che nella fattispecie
 assuma rilievo penale anche la condotta colposa del soggetto, e,  nel
 caso,  spetta  al  giudice di merito tenerne conto nella applicazione
 della pena, che offre comunque nella previsione del  furto  ordinario
 (militare) larghi margini di gradualita'.
    5. - Il giudice a quo ha pero' osservato che, nel caso in esame di
 mancata  restituzione  per  colpa,  il  soggetto  agente non potrebbe
 rispondere del piu' grave reato di furto (militare) perche'  il  dolo
 specifico  presente  nel  medesimo  rimane quello di furto d'uso; non
 essendo intervenuta alcuna modificazione nella volonta' del soggetto,
 non potrebbe essergli imputato - necessariamente a titolo di  dolo  -
 il  fatto di reato piu' grave (art. 230, secondo comma, anziche' art.
 233 del codice penale militare di pace).
    Ma, una volta  escluso  che  la  punibilita'  a  titolo  di  furto
 ordinario  di  chi si e' impossessato della cosa altrui per farne uso
 momentaneo, quando la mancata restituzione si verifica per sua colpa,
 integri   alcuno   dei   denunciati   profili    di    illegittimita'
 costituzionale,  spetta  allo  stesso  giudice di merito risolvere il
 caso alla stregua delle vigenti norme del codice penale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  233,  primo  comma, n. 1 del
 codice penale militare di pace, sollevata, in riferimento agli  artt.
 27,  primo  e terzo comma, e 3 della Costituzione, dal Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale militare di  La  Spezia  con
 l'ordinanza in epigrafe, nella parte in cui non estende la disciplina
 ivi prevista alla mancata restituzione dovuta a caso fortuito o forza
 maggiore  della  cosa  sottratta, per essere stata gia' dichiarata la
 illegittimita' costituzionale in parte qua della norma  suddetta  con
 sentenza n. 2 del 1991;
     Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 233, primo comma, n. 1, del codice penale militare di pace,
 sollevata dallo stesso giudice in relazione agli artt.  27,  primo  e
 terzo  comma,  e 3 della Costituzione, nella parte in cui non estende
 la disciplina ivi  prevista  alla  mancata  restituzione  della  cosa
 sottratta dovuta a colpa del soggetto agente.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 29 aprile 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0546