N. 309 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 dicembre 1990

                                N. 309
   Ordinanza emessa il 18 dicembre 1990 dal tribunale amministrativo
                       regionale della Campania
  sui ricorsi riuniti proposti da De Luca Antonino contro il comitato
               regionale di controllo di Napoli ed altra
 Impiego pubblico - Stato giuridico del personale delle uu.ss.ll. -
    Medici in posizione apicale - Collocamento a riposo al  compimento
    del  sessantacinquesimo  anno  di  eta' come il restante personale
    medico delle uu.ss.ll. - Mancata  previsione  del  trattamento  in
    servizio  fino  al  settantesimo anno di eta' come per i dirigenti
    civili  dello  Stato,  i professori nonche' i dipendenti di alcune
    regioni - Ingiustificata disparita' di trattamento  di  situazioni
    analoghe   -   Incidenza  sul  diritto  alla  retribuzione  (anche
    differita) proporzionata ed adeguata.
 (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53; d.-l. 27 dicembre 1989, n.
    413, art. 1,  comma  4-quinquies,  convertito  con  modificazione,
    nella legge 28 febbraio 1990, n. 37).
 (Cost., artt. 3, 38 e 97).
(GU n.18 del 8-5-1991 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 1563/90 reg.
 ric., proposto da De Luca  Antonino,  rappresentato  e  difeso  dagli
 avvocati  Giuseppe  Abbamonte  ed  Orazio Abbamonte presso i quali in
 Napoli al viale
 A. Gramsci, n. 16, e' elettivamente domiciliato, contro  il  comitato
 regionale  di  controllo  di  Napoli,  in persona del presidente pro-
 tempore della giunta regionale,  rappresentato  e  difeso  dal  dott.
 proc.   Rosaria   Ciotti   dell'avvocatura   regionale   e  con  esso
 elettivamente domiciliato in Napoli alla via S.  Lucia,  n.  81,  per
 l'annullamento:
       a)  del  provvedimento  del  comitato  regionale  di controllo,
 comunicato alla u.s.l. n. 36 della Campania con fono n.  154  del  24
 luglio  1990  con il quale e' stata annullata la delibera n. 499/1990
 adottata dal comitato di gestione dell'u.s.l. stessa;
       b) di ogni altro atto preordinato,  connesso  e  conseguenziale
 comunque lesivo;
 nonche'  sul  ricorso  n.  1646/1990  reg.  ric., proposto da De Luca
 Antonino, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Abbamonte ed
 Orazio Abbamonte, presso i quali in Napoli al viale  A.  Gramsci,  n.
 16,  e' elettivamente domiciliato, contro l'u.s.l. n. 36, con sede in
 Sant'Agnello, in persona del presidente pro-tempore del  comitato  di
 gestione, non costituita in giudizio, per l'annullamento:
       a)  della  delibera  n.  686  del  29  agosto 1990 adottata dal
 comitato di gestione  dell'u.s.l.  suddetta,  recante  l'annullamento
 della  precedente  deliberazione  n. 499 del 3 luglio 1990, avente ad
 oggetto  il  trattenimento  in  servizio  del  ricorrente  oltre   il
 sessantacinquesimo anno di eta';
       b) di ogni altro atto anche preparatorio, richiamato o meno nel
 provvedimento sub a) comunque lesivo; e, comunque, per l'accertamento
 del  diritto  del  ricorrente al trattenimento in servizio al fine di
 raggiungere il massimo di anzianita' contributiva;
    Visti i ricorsi ed i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  della  regione  Campania
 per il ricorso n. 1563/1990;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Udita  alla pubblica udienza del 18 dicembre 1990 la relazione del
 consigliere dott. Francesco Guerriero;
    Uditi, altresi', gli avvocati O. Abbamonte e R. Ciotti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
     A) Con il ricorso n. 1562/1990, notificato il 21  agosto  1990  e
 depositato  il  successivo  giorno  27,  il  dott.  Antonino De Luca,
 primario di medicina generale di ruolo dell'u.s.l.  n.  36,  con  una
 anzianita'  pensionabile di trentasei anni contributivi, ha impugnato
 la  decisione  n.  148  del  24 luglio 1990, prot. n. 41218 (verb. n.
 154), del comitato di controllo di annullamento  della  deliberazione
 n.  499  del  3  luglio 1990, con cui l'u.s.l. suddetta ha accolto la
 domanda  del  ricorrente  di  trattenimento  in  servizio   fino   al
 compimento  del  sessantesimo  anno  di eta', per non aver raggiunto,
 alla data di compimento  del  sessantacinquesimo  anno  di  eta'  (23
 settembre  1990),  il  periodo  massimo pensionabile, bensi' soltanto
 trentasei  anni  contributivi  compresi   i   periodi   di   servizio
 riscattabili.
    A  sostegno  dell'impugnativa  proposta, il ricorrente ha dedotto,
 con l'unico motivo di gravame, la  violazione  e  falsa  applicazione
 dell'art.  1,  comma 4-quinquies, del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413,
 convertito con modificazioni nella legge 28  febbraio  1990,  n.  37,
 dell'art.  15, secondo comma, della legge n. 477/1973 e dell'art. 10,
 sesto  comma,  del  d.-l.  6  novembre  1989,  n.  357,  nonche',  in
 subordine, la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    Il  suddetto  ha concluso per l'accoglimento del ricorso, con ogni
 conseguenza di legge.
    In data 4 settembre 1990, si e' costituita in giudizio la  regione
 Campania,  la  quale  con  memoria difensiva depositata il 7 dicembre
 1990 ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza, con tutte le
 conseguenti  determinazioni  in  ordine  alle  spese  ed  onorari  di
 giudizio.
     B) Con il ricorso n. 1646/1990, notificato il 12 settembre 1990 e
 depositato  il  successivo  giorno  18,  il predetto dott. De Luca ha
 impugnato la deliberazione n. 686 del 29  agosto  1990,  con  cui  il
 comitato  di  gestione  dell'u.s.l.  n. 36 ha annullato la precedente
 delibera n. 499 del 3 luglio 1990, deducendo, in diritto, le seguenti
 censure:
      1) violazione dei principi generali del  diritto  amministrativo
 ed illogicita';
      2)   violazione   e   falsa   applicazione  dell'art.  1,  comma
 4-quinquies,del d.-l.  27  dicembre  1989,  n.  413,  convertito  con
 modificazioni  nella  legge  28  febbraio  1990, n. 37, dell'art. 15,
 secondo comma, della legge n. 477/1973 e dell'art. 10,  sesto  comma,
 del  d.-l.  6  novembre  1989,  n.  357,  nonche',  in  subordine, la
 violazione degli artt. 3  e  97  della  Costituzione  ed  errore  nei
 presupposti.
    Con  lo  stesso gravame, il suddetto ha chiesto l'accertamento del
 suo diritto ad essere trattenuto in servizio, sino al  raggiungimento
 del massimo di anzianita' contributiva.
    L'amministrazione  non  si  e'  costituita in giudizio, benche' il
 ricorso le sia stato notificato regolarmente.
    Con ordinanze nn. 1232 e 1233, adottate nella camera di  consiglio
 del  30 ottobre 1990, questa sezione ha disposto la sospensione degli
 impugnati provvedimenti, fissando la  odierna  udienza  pubblica  per
 l'esame del merito dei ricorsi.
                             D I R I T T O
    I due ricorsi, stante la loro connessione soggettiva ed oggettiva,
 possono essere riuniti, per essere decisi con un'unica pronuncia.
    Si impone, in via prioritaria, all'esame del collegio la questione
 (sollevata  dal  ricorrente)  di costituzionalita' dell'art. 1, comma
 4-quinquies, del d.-l. 27 dicembre  1989,  n.  413,  come  convertito
 nella  legge  28 febbraio 1990, n. 37, nella parte in cui non prevede
 l'estensione  delle disposizioni dell'art. 15, secondo e terzo comma,
 della legge 30 luglio 1973, n. 477, e dell'art. 10, sesto comma,  del
 d.-l.  6  novembre  1989,  n.  357,  come  convertito  nella legge 27
 dicembre 1989,  n.  417,  anche  al  personale  medico  delle  unita'
 sanitarie  locali  in  posizione  apicale,  nonche'  "a  fortiori" la
 questione  di  costituzionalita'  (che  questo   collegio   si   pone
 d'ufficio)  dell'art.  53  del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, nella
 parte in cui ugualmente non prevede per il personale di continuare  a
 prestare servizio fino al settantesimo anno di eta' per raggiungere o
 incrementare  il  minimo  della  pensione;  norma,  quest'ultima, che
 indubbiamente e' quella che in sostanza disciplina specificamente  il
 caso di specie.
    Le cennate questioni costituiscono problema direttamente rilevante
 ai  fini  della  risoluzione della presente controversia, dal momento
 che, se il giudizio di costituzionalita'  innanzi  al  giudice  delle
 leggi  si  dovesse  concludere  con l'accoglimento dell'eccezione, il
 provvedimento impugnato risulterebbe illegittimo e  percio'  dovrebbe
 essere annullato.
    Viceversa, in vigenza della normativa sopra indicata, i ricorsi in
 esame  si appalesano infondati, tenuto peraltro conto che, specie per
 quanto concerne l'art. 1, comma 4-quinquies, della  citata  legge  n.
 37/1990,  la citata normativa non si presta - come sembra ritenere il
 ricorrente  -  ad  un'interpretazione  estensiva,   con   conseguente
 estensione  del  beneficio  anche nei confronti del personale apicale
 dipendente delle uu.ss.ll., data la natura eccezionale e  derogatoria
 di  tali  norme  (art. 14 delle disposizioni sulla legge in generle);
 sicche' la fattispecie concreta  risulterebbe  disciplinata  soltanto
 dall'art.  53  del d.P.R. n. 761/1979, il quale - com'e' noto - per i
 dipendenti delle unita' sanitarie locali, limita  il  collocamento  a
 riposo  al  compimento  del  sessantacinquesimoanno,  se si tratta di
 personale sanitario e tecnico laureato, amministrativo, di assistenza
 religiosa e professionale, ovvero al compimento del sessantesimo anno
 di eta', se si tratta del restante personale.
    In relazione a  quanto  sopra,  si  deve  notare  che,  come  gia'
 ritenuto  da  questo tribunale, sezione seconda, con ordinanza del 17
 luglio  1990,  la  predetta  questione  non   appare   manifestamente
 infondata,  in  riferimento  agli  artt.  3,  97,  primo comma, e 38,
 secondo  comma,  della  Costituzione,  sia  perche'  il   trattamento
 previsto  per  il  personale medico, dirigente delle unita' sanitarie
 locali si appalesa irrazionalmente deteriore, rispetto a  quello  dei
 dirigenti civili dello Stato (di indubbia pari dignita'), di cui alla
 legge  n  37/1990,  e,  ancor  di  piu', a quello del personale della
 scuola (art. 15 della  legge  n.  477/1973),  nonche'  a  quello  dei
 dipendenti  di  alcune  regioni  (ad es. Calabria e Campania), la cui
 normativa, che consente la possibilita' di restare in servizio fino a
 settanta anni per il conseguimento del  minimo  di  pensione  -  come
 rilevato nella cennata ordinanza - non e' stata ritenuta in contrasto
 con l'art. 117 della Costituzione (Corte costituzionale n. 238 del 24
 febbraio-3  marzo 1988), e sia perche' l'amministrazione non potrebbe
 completamente  giovarsi  dell'opera  di  personale  qualificato,  per
 esperienza e professionalita', e, d'altro canto, quest'ultimo sarebbe
 illogicamente  privato  del  diritto  ad  una pensione piu' giusta ed
 adeguata.
    La  tesi  esposta non puo' che essere condivisa, soprattutto sotto
 il profilo della disparita' di  trattamento  tra  categorie  di  pari
 grado,  ancorche'  evidentemente  di diversa funzione, in ossequio al
 principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.
    Una diversa conclusione apparirebbe  illogica  ed  irrazionale  e,
 come  tale,  confliggente  con  il  principio  costituzionale  teste'
 ricordato.
    Non  v'e'  dubbio  che  tra  i  dirigenti  civili   dello   Stato,
 destinatari  della  disciplina  di cui all'art. 1, comma 4-quinquies,
 della legge n. 37/1990 piu' volte  richiamato,  i  primari  medici  e
 categorie ad essi equiparate (secondo la tabella 2 allegata al d.P.R.
 20  dicembre  1979,  n.  761),  possa  oggettivamente  concepirsi una
 equiparazione di posizione.
    Invero, gli uni  e  gli  altri  si  trovano  ad  agire,  ancorche'
 evidentemente  in campi funzionali diversi, al vertice di strutture e
 servizi,   implicanti   analogo   grado   di    professionalita'    e
 responsabilita' sotto il profilo operativo.
    Pertanto,  non si vede come non si possa estendere il beneficio in
 argomento anche nei  confronti  del  personale  medico  delle  unita'
 sanitarie  locali  in  posizione apicale, tenuto peraltro conto della
 peculiarita'  e  delicatezza  delle  funzioni  da   esso   espletate;
 beneficio,  d'altronde,  che in passato e' stato gia' riconosciuto in
 loro favore, anche se l'elevazione del limite d'eta' pensionabile per
 tale personale e' stato giustificato, di volta in volta,  in  base  a
 considerazioni diverse.
    Al  riguardo,  va  condivisa  la  tesi della difesa del ricorrente
 secondo cui l'art. 1 del d.-l. n. 413/1989, della cui legittimita' si
 dubita, opera ingiustificatamente una differenziazione  di  posizioni
 dirigenziali  che  sotto  ogni  profilo  giuridico  ed economico sono
 equiparate, sicche', tenuto  conto  che  nessuna  logica  motivazione
 potrebbe  sorreggere  la diversa scelta operata dal legislatore per i
 dirigenti civili dello Stato, non si spiega un trattamento  di  minor
 favore  in danno di personale dirigente di altro settore del pubblico
 impiego, in un ambito delicato qual'e'  la  durata  del  rapporto  di
 impiego;  dal  che  la  non manifesta infondatezza della questione di
 legittimita' costituzionale  della  citata  normativa,  in  relazione
 all'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  esclude  il
 beneficio in parola in  favore  del  personale  medico  delle  unita'
 sanitarie locali in posizione apicale.
    Non  vale  obiettare, al riguardo, che il collocamento a riposo al
 compimento del sessantacinquesimo anno di eta' non  potrebbe  portare
 ad  escludere  che  il  legislatore, tenuto conto di alcune peculiari
 caratteristiche  di  certune  prestazioni  professionali  (quali   ad
 esempio  quelle dei professori o dei magistrati), possa per esse aver
 previsto un diverso limite di eta' nel collocamento a riposo.
    Invero, non puo' disconoscersi che  una  siffatta  deroga  sarebbe
 conforme   (come   in   effetti   e'   stato  ritenuto)  ai  principi
 costituzionali applicabili in materia, a condizione, pero',  che  con
 la  disciplina  derogatoria  non  venga  a  determinarsi  una  palese
 disparita' di trattamento tra categorie di personale che in relazione
 alla natura delle  funzioni  da  esso  espletate  possa  considerarsi
 equiparabile, come nel caso di specie.
                                P. Q. M.
    Visti   l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, in  riferimento
 agli   artt.   3,  97,  primo  comma,  e  38,  secondo  comma,  della
 Costituzione, la questione  di  costituzionalita'  dell'art.  53  del
 d.P.R.  20  dicembre  1979, n. 761, e dell'art. 1, comma 4-quinquies,
 del d.-l. 27 dicembre 1989,  n.  413,  convertito  con  modificazioni
 nella  legge  28 febbraio 1990, n. 37, nella parte in cui non vengono
 estese le disposizioni dell'art. 15, secondo  e  terzo  comma,  della
 legge 30 luglio 1973, n. 477 e dell'art. 10, sesto comma, del d.-l. 6
 novembre  1989,  n.  357, convertito nella legge 27 dicembre 1989, n.
 417, anche al personale  medico  delle  unita'  sanitarie  locali  in
 posizione apicale;
    Sospende  il giudizio in corso ed ordina la immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che a cura della  segreteria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del
 Senato della Repubblica.
    Cosi' deciso, in Napoli, nella camera di consiglio del 18 dicembre
 1990.
                        Il presidente: MAGLIULO
                                   Il consigliere estensore: GUERRIERO
 91C0560