N. 192 SENTENZA 23 aprile - 2 maggio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  - Nuovo codice - Udienza preliminare - Costituzione
 della P.C. - Indagini preliminari - Non consentita  trasmissione  dal
 p.m.  al  g.i.p.  del relativo fascicolo - Impossibilita' di decidere
 sulla istanza di assegnazione di somma imputabile  alla  liquidazione
 definitiva  del  danno  -  Previsione  di  azione  diretta davanti al
 giudice civile per il provvedimento anticipatorio - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 79; legge  24  dicembre  1969,  n.  990,  art.  24,  in
 relazione agli artt. 329 e 335 del c.p.p.).
 
 (Cost., artt. 3, 24, primo comma, e 102, primo comma).
(GU n.18 del 8-5-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 79 del codice
 di procedura penale e  24  della  legge  24  dicembre  1969,  n.  990
 (Assicurazione  obbligatoria  della  responsabilita' civile derivante
 dalla circolazione di veicoli a motore natanti),  in  relazione  agli
 artt.  329  e  335  del  codice  di  procedura  penale,  promosso con
 ordinanza emessa il 14  maggio  1990  dal  Giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  Pretura di Pistoia nel procedimento penale a
 carico di Tesi Brunero, iscritta al n.  656  del  registro  ordinanze
 1990  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43,
 prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20 marzo 1991 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il procuratore di Benedetti Donato, in data 18  aprile  1990,
 sporgeva,  al  Pretore  di  Pistoia, querela per lesioni da incidente
 stradale a carico di Tesi Brunero; depositava atto di costituzione di
 parte civile nei confronti del suddetto, al  fine  di  conseguire  il
 risarcimento  dei danni subiti e proponeva istanza per l'assegnazione
 di una somma da imputarsi alla liquidazione definitiva del danno,  ai
 sensi dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969 n. 990.
    Il  Pretore  richiedeva  in  visione  al  p.m.  il fascicolo delle
 indagini e fissava l'udienza in camera di consiglio  nella  quale  il
 difensore    dell'imputato    eccepiva    l'inammissibilita'    della
 costituzione di parte civile nella fase delle indagini preliminari  e
 l'incompetenza funzionale del g.i.p. a decidere.
    Il g.i.p. con ordinanza del 14 maggio 1990 (R.O. n. 656 del 1990),
 sollevava  questione  di  legittimita'  costituzionale  del combinato
 disposto degli artt. 79 del codice di procedura  penale  e  24  della
 legge 24 dicembre 1969, n. 990, in relazione agli artt. 329 e 335 del
 codice di procedura penale.
    Rilevava  che l'art. 79 del codice di procedura penale indica solo
 il momento in cui la parte civile puo' esercitare i suoi diritti  nel
 processo  penale,  ma non esclude l'esercizio dei diritti previsti da
 altre norme, ed in particolare  della  facolta'  del  danneggiato  da
 incidente  stradale  di richiedere, in via di urgenza, l'attribuzione
 di   una   somma   di   denaro   mediante  un  procedimento  sommario
 anticipatorio delle statuizioni della sentenza emessa nel giudizio  a
 cognizione piena.
    Osservava, pero', che, nell'attuale codice di procedura penale, il
 concreto  esercizio  di  detta facolta' incontra seri ostacoli per la
 mancata previsione di un'apposita udienza, per la quale il p.m. debba
 trasmettere al giudice il suo fascicolo contenente gli atti rilevanti
 per la concessione del provvedimento richiesto; al contrario, il  re-
 gime  del  segreto  di ufficio vigente ai sensi degli artt. 329 e 335
 del codice di procedura penale lo consente solo in casi appositamente
 previsti.
    Pertanto, la normativa in  esame  si  porrebbe  in  contrasto  con
 l'art.  24,  primo  comma, della Costituzione, per il limite posto al
 pieno esercizio del diritto di azione; con l'art. 102,  primo  comma,
 della  Costituzione,  per  la  sostanziale  preclusione all'esercizio
 della funzione giurisdizionale conseguente all'impossibilita' per  il
 giudice di decidere su una istanza legittimamente propostagli, stante
 l'impedimento all'acquisizione degli elementi necessari esistenti nel
 processo;   con   l'art.  3  della  Costituzione,  per  l'irrazionale
 disparita' di trattamento tra il regime di conoscibilita' degli  atti
 del   p.m.   a  seconda  che  si  debba  decidere  sulla  istanza  di
 provvisionale o su quella di sequestro penale o di dissequestro.
    2. - L'ordinanza e' stata regolarmente  comunicata,  notificata  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    2.1.  -  Nel  giudizio  e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello
 Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio  dei  Ministri,
 la  quale  ha  concluso  per l'inammissibilita' o, quantomeno, per la
 infondatezza della questione.
    Ha osservato preliminarmente che l'art. 24 della legge n. 990  del
 1969  non  e'  stato censurato; che il giudice, ritenuta la validita'
 della costituzione di parte civile e la legittimita' della  richiesta
 nella   fase   che  precede  l'udienza  preliminare,  avrebbe  dovuto
 applicare il principio secondo cui l'art. 79 del codice di  procedura
 penale  indica  solo il momento a decorrere dal quale la parte civile
 puo' esercitare i suoi diritti.
    Nel merito ha rilevato che  la  opzione  del  legislatore  per  la
 disincentivazione  della  partecipazione  di  soggetti aventi pretese
 civilistiche all'interno del processo penale, specie nella fase delle
 indagini preliminari, non e' affatto irragionevole, ma  perfettamente
 coerente  con il principio della massima semplificazione del processo
 penale.
    Pertanto, in tale contesto, non sussisterebbe  la  violazione  ne'
 dell'art. 24 della Costituzione, non potendosi ravvisare compressione
 del   diritto  di  difesa  laddove  la  legge  individua  un  termine
 processuale di inizio dell'esercizio delle azioni  risarcitorie,  ne'
 dell'art.  102  della  Costituzione,  impropriamente  invocato  nella
 suddetta  fase  processuale,  ne'  dell'art.  3  della  Costituzione,
 perche'   le   situazioni   poste   a   raffronto   sono   nettamente
 differenziate.
                        Considerato in diritto
    1.  -  E'  sottoposta  all'esame  della  Corte  la  questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  79  del  codice di procedura
 penale, nella parte in cui stabilisce che la  costituzione  di  parte
 civile puo' avvenire per l'udienza preliminare, in relazione all'art.
 24  della  legge  4 dicembre 1969, n. 990, che attribuisce all'avente
 diritto al risarcimento dei danni da incidente stradale  la  facolta'
 di   richiedere  in  via  di  urgenza,  con  provvedimento  sommario,
 anticipatorio della decisione a cognizione piena,  l'attribuzione  di
 una  somma  di denaro, e agli artt. 329 e 335 del codice di procedura
 penale, che prevedono il segreto d'ufficio nella fase delle  indagini
 preliminari  e  non consentono ne' la trasmissione dal p.m. al g.i.p.
 del  fascicolo  delle  indagini,  ne'  la  fissazione  di  un'udienza
 apposita.
    Sarebbero violati:
       a)   l'art.   24   della  Costituzione,  per  il  limite  posto
 all'esercizio del diritto di azione per risarcimento  dei  danni  nel
 processo penale;
       b)  l'art.  102,  primo  comma,  della  Costituzione, in quanto
 risulterebbe  sostanzialmente  precluso  l'esercizio  della  funzione
 giurisdizionale  a  causa dell'impossibilita' del giudice di decidere
 su una istanza legittimamente  propostagli,  attesa  la  mancanza  di
 elementi e del potere di acquisirli;
       c)   l'art.   3   della   Costituzione,  per  la  irragionevole
 disparita', in ordine alla disciplina della conoscibilita'  da  parte
 del giudice degli atti del p.m., che sussisterebbe tra la fattispecie
 in  esame  e  quella  della  concessione  del  sequestro penale o del
 dissequestro.
    1. - La questione non e' fondata.
    2.1. - L'art. 79 del codice di procedura penale prevede il termine
 per la costituzione di parte civile nel processo  penale.  Essa,  pur
 essendo     consentita,     secondo     il    prevalente    indirizzo
 giurisprudenziale, durante la fase  delle  indagini  preliminari,  ha
 effetto per l'udienza preliminare. Cio' perche', fino alla fissazione
 di  questa,  non esiste un vero e proprio rapporto processuale; vi e'
 solo una situazione nella quale  il  p.m.  indaga  per  stabilire  se
 sussistano  o  meno  gli elementi per promuovere l'azione penale o se
 invece dovra' chiedere l'archiviazione (direttiva n. 38  della  legge
 delega del 1987).
    La presenza della parte civile nella fase processuale in questione
 e'  stata  esclusa  per non complicare lo svolgimento delle attivita'
 necessarie ai suddetti fini, pur essendosi tenuto presente che il suo
 intervento poteva contribuire alla acquisizione di elementi di  prova
 da utilizzare poi nelle susseguenti fasi del giudizio.
    Si  e'  pero' data prevalenza alla esigenza di non aggravare oltre
 misura questa fase, che si e' voluta la piu' spedita possibile.
    Rispetto al  precedente  codice  di  rito  si  e'  abbandonata  la
 soluzione che privilegiava la giurisdizione penale, nella quale erano
 previsti  anche gli aspetti civilistici conseguenti dal reato e si e'
 optato per il regime di separazione  dell'azione  penale  dall'azione
 civile,  scoraggiando  anche  la  partecipazione  del danneggiato dal
 reato al processo  penale,  in  coerenza  con  il  sistema  del  rito
 accusatorio.
    Le  considerazioni che precedono valgono anche per il procedimento
 che prevede l'assegnazione di una somma  in  anticipo  dell'ammontare
 dei  danni  subiti  dal  danneggiato  da  incidente  stradale, di cui
 all'art. 24 della legge 4 dicembre 1969, n. 990.
    La  scelta  operata  dal  legislatore  a tutela e realizzazione di
 altri interessi che ha ritenuto di  dovere  privilegiare,  giustifica
 pienamente  la  mancata  previsione di una udienza apposita, prima di
 quella preliminare.
    Cosi' anche per quanto riguarda il mantenimento  del  segreto  che
 copre  gli  atti  raccolti nella fase delle indagini preliminari e il
 suo utilizzo per l'udienza.
    E' certamente consentito al danneggiato inoltrare la richiesta  di
 cui  trattasi  al  g.i.p.  all'udienza  preliminare  nella quale egli
 dispone degli atti suddetti.
    Del resto, lo stesso art. 24 citato, attribuendo  la  facolta'  di
 chiedere il provvedimento anticipatorio della liquidazione finale dei
 danni   subiti,  nella  vigenza  del  codice  del  1930,  al  giudice
 istruttore nella istruttoria formale  o  al  p.m.  nella  istruttoria
 sommaria (sent. Corte cost. n. 14 del 1976) presupponeva terminata la
 fase delle indagini.
    Indipendentemente,  pero',  dal processo penale e dall'inserimento
 in esso dell'azione civile, il danneggiato puo'  promuovere  l'azione
 di  risarcimento  dei  danni direttamente dinanzi al giudice civile e
 chiedergli  il  provvedimento  anticipatorio  senza   subire   alcuna
 preclusione  o  impedimento,  soluzione  quest'ultima considerata dal
 legislatore  piu'  favorevolmente  di  quanto   facesse   il   codice
 precedente.
    Atteso  che l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento dei
 danni  nel  processo  penale  non  e'  l'unico  strumento  di  tutela
 giurisdizionale  del diritto del danneggiato, non sussiste violazione
 dell'art. 24 della Costituzione (sent. n.  443  del  1990).  Essa  si
 verificherebbe  se  la via del processo penale fosse l'unica e non si
 fosse prevista altra forma di tutela giurisdizionale.
    Tanto piu' che  per  l'art.  75,  secondo  comma,  del  codice  di
 procedura  penale,  l'azione  anteriormente  proposta  in sede civile
 prosegue se non e' trasferita in sede  penale  allo  stesso  modo  di
 quella  iniziata  quando non e' piu' ammessa la costituzione di parte
 civile. Il tutto muovendo da un'ottica innovatrice diretta a favorire
 la separazione dei due giudizi, quello penale  e  quello  civile,  in
 conformita'  di  quella  che e' una delle caratteristiche del sistema
 accusatorio.
    A conferma del tendenziale favor per la separazione  stanno  anche
 le eccezioni apportate alla previsione
 dell'art. 75, ultimo comma, del codice di procedura penale.
    La  scelta  del  legislatore  e'  giustificata dalla necessita' di
 tutelare altri interessi tra cui quello della speditezza del processo
 penale secondo le  direttive  della  legge-delega  che  impongono  la
 massima  semplificazione  e  celerita'  anche  nello  svolgimento del
 processo (sent. Corte cost. n. 443 del 1990).
    2.2 - Non sussiste nemmeno  la  violazione  dell'art.  102,  primo
 comma, della Costituzione.
    Non  e',  infatti,  del  tutto precluso l'esercizio della funzione
 giurisdizionale in sede penale e non sussiste la  impossibilita'  del
 giudice  di  decidere  su  una  istanza legittimamente propostagli in
 quanto sono solo regolati i tempi del procedimento.
    Occorre,  invero,  che  l'azione  penale  sia   iniziata   e   sia
 validamente instaurato il rapporto processuale.
    L'esercizio  della  funzione  giurisdizionale e' individuato nella
 sua pienezza allorche' nessuna remora e' posta per lo svolgimento  di
 un   rapporto   processuale  dopo  che  esso  sia  stato  validamente
 instaurato.
    2.3 - Ne' risulta violato l'art. 3 della Costituzione in quanto le
 situazioni  poste  a  raffronto,  quella  in  esame  e  quella  della
 concessione  del  sequestro  penale  o  del dissequestro per cui sono
 previste apposite udienze, sono nettamente diverse.
    Pertanto, la questione sollevata deve essere dichiarata infondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  79  del  codice di procedura penale e 24 della legge 24
 dicembre   1969,   n.   990   (Assicurazione    obbligatoria    della
 responsabilita'  civile  derivante  dalla  circolazione  di veicoli a
 motore natanti), in relazione agli artt. 329  e  335  del  codice  di
 procedura  penale,  nella  parte  in cui dette norme escludono che il
 giudice penale possa, nel corso delle indagini preliminari,  decidere
 sulla  istanza  di  assegnazione  di una somma di denaro da imputarsi
 alla liquidazione definitiva del  danno  da  incidente  stradale,  in
 riferimento  agli artt. 3, 24, primo comma, e 102, primo comma, della
 Costituzione, sollevata  dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso la Pretura di Pistoia con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 2 maggio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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