N. 29 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 maggio 1991

                                 N. 29
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 13
                              maggio 1991
                 (della provincia autonoma di Trento)
 Inquinamento - Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti
    abitativi  e  nell'ambiente  esterno  -  Attribuzione  al Ministro
    dell'ambiente, di concerto con il Ministro  della  sanita',  della
    competenza  a proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri la
    fissazione  di  limiti  massimi  delle  emissioni   "relativamente
    all'ambiente  esterno  ed  abitativo"  -  Obbligo delle imprese di
    presentare  piani  di  risanamento  per  adeguarsi  ai  limiti  di
    tollerabilita'  nonche' di corredare le domande per il rilascio di
    concessione edilizia relativa a  nuovi  impianti  industriali  con
    un'idonea documentazione di impianto acustico - Asserita invasione
    della  sfera di competenza della provincia di Trento in materia di
    urbanistica, tutela del paesaggio, lavori  pubblici  di  interesse
    provinciale e igiene e sanita'.
 (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1› marzo 1991,
    pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991).
 (Statuto speciale Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 5, 6 e 17; 9, n.
    10).
(GU n.21 del 29-5-1991 )
   Ricorso  per  conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di
 Trento, in persona del presidente della giunta provinciale sig. Mario
 Malossini, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale  n.
 4950  in  data  24 aprile 1991, rappresentato e difeso dagli avvocati
 prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed  elettivamente  domiciliato
 presso  quest'ultimo  in  Roma,  largo  della  Gancia, 1, per mandato
 speciale a rogito notaio dott. Pierluigi Mott di Trento  in  data  30
 aprile  1991,  n.  56359  di  repertorio,  contro  il  Presidente del
 Consiglio dei  Ministri  pro-tempore  in  relazione  al  decreto  del
 Presidente del Consiglio dei Ministri 1› marzo 1991, pubblicato nella
 Gazzetta  Ufficiale  n.  57  dell'8  marzo  1991,  contenente "Limiti
 massimi  di  esposizione  al  rumore  negli  ambienti   abitativi   e
 nell'ambiente esterno".
   La  materia  dell'inquinamento  acustico  e'  di  competenza  della
 provincia autonoma, come risulta espressamente dall'art. 101, secondo
 comma, lett. d), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, richiamato  dagli
 artt.  9  e  10  del  d.P.R.  19  novembre  1987, n. 526 (concernente
 "estensione alla regione Trentino-Alto  Adige  ed  alle  province  di
 Trento  e  Bolzano  delle  disposizioni del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616"), in quanto ricompresa nelle  materie  dell'urbanistica,  tutela
 del  paesaggio,  lavori  pubblici di interesse provinciale e igiene e
 sanita', attribuite alla provincia dagli artt. 8, nn. 5, 6 e 17, e 9,
 n. 10, dello statuto speciale.
    L'art. 4, secondo comma, della legge 23  dicembre  1978,  n.  833,
 stabilisce che e' di competenza dello Stato fissare, fra l'altro, con
 decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri "i limiti massimi..
 ..  .... delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e
 nell'ambiente esterno"; e  l'art.  2,  quattordicesimo  comma,  della
 legge  8  luglio 1986, n. 343, attribuisce al Ministro dell'ambiente,
 di  concerto  con il Ministro della sanita', la competenza a proporre
 al Presidente del Consiglio la fissazione  di  detti  limiti  massimi
 delle emissioni "relativamente all'ambiente esterno e abitativo".
    Per il resto, come si sa, la materia dell'inquinamento acustico e'
 oggi  priva  di  qualsiasi  disciplina legislativa statale, e rimessa
 dunque  alla  legislazione  regionale  o   provinciale,   oltre   che
 eventualmente ai regolamenti locali.
    L'impugnato   d.P.C.M.   1›  marzo  1991  prende  le  mosse  dalla
 considerazione della opportunita' di stabilire, in  via  transitoria,
 stante  la  grave  situazione  di  inquinamento  acustico attualmente
 riscontrabile nell'ambito  dell'intero  territorio  nazionale  ed  in
 particolare nelle aree urbane, limiti di accettabilita' di livelli di
 rumore  validi in tutto il territorio nazionale, quali misure immedi-
 ate ed urgenti di salvaguardia  della  qualita'  ambientale  e  della
 esposizione umana al rumore, in attesa dell'approvazione di una legge
 quadro in materia di tutela dell'ambiente dall'inquinamento acustico,
 che fissi i limiti adeguati al progresso tecnologico ed alle esigenze
 emerse in sede di prima applicazione dello stesso decreto.
    Esso   pero',   nella   parte   dispositiva,   pur  esordendo  con
 l'affermazione  secondo  cui  il  decreto  medesimo  "stabilisce,  in
 attuazione  dell'art.  2, quattordicesimo comma, della legge 8 luglio
 1986, n. 349, limiti massimi di esposizione al rumore negli  ambienti
 abitativi  e  nell'ambiente  esterno" (art. 1, primo comma), contiene
 poi una assai piu' complessa disciplina.
    Anzitutto, nell'allegato A, detta  una  serie  di  definizioni,  e
 nell'allegato  B  stabilisce  le  tecniche di rilevamento e di misure
 dell'inquinamento acustico (art. 1, secondo comma).
    L'art. 1, quarto  comma,  prevede  l'autorizzazione  del  sindaco,
 anche  in  deroga ai limiti del decreto, per le attivita' temporanee,
 quali cantieri edili, e per le manifestazioni  in  luogo  pubblico  o
 aperto  al  pubblico,  qualora  comportino l'impiego di macchinari ed
 impianti rumorosi.
    L'art. 2 del decreto demanda ai comuni il compito di  classificare
 in  zone,  secondo  una  tipologia fissata nella tabella allegata, il
 proprio territorio, e indica, in relazione alla classificazione della
 zona, i limiti massimi dei livelli sonori equivalenti (art. 2,  primo
 comma,  e tabella 2), nonche', per le zone industriali, le differenze
 massime tra il livello equivalente del rumore ambientale e quello del
 rumore residuo (art. 2, secondo comma), stabilendo altresi'  che  gli
 impianti a ciclo produttivo continuo operanti in dette zone l'obbligo
 di  adeguarsi  a  dette  differenze massime entro cinque anni, avendo
 inoltre la possibilita' di avvalersi in via prioritaria  delle  norme
 relative  alla  delocalizzazione  degli impianti industriali (art. 2,
 terzo comma).
    L'art. 3, "ai fini di un  graduale  adeguamento  delle  situazioni
 esistenti  ai  limiti  fissati",  stabilisce  che le imprese possono,
 entro sei mesi, presentare  alla  competente  regione  "un  piano  di
 risanamento  con  l'indicazione  delle modalita' di adeguamento e del
 tempo a tal fine necessario, che non puo' comunque  essere  superiore
 ad un periodo di trenta mesi dalla presentazione del piano". Il piano
 stesso "deve essere esaminato dalla regione, che, entro il termine di
 sei  mesi,  puo', sentiti il comune e la u.s.l. competente, apportare
 eventuali modifiche ed integrazioni. Decorso il predetto  termine  di
 sei  mesi  il  piano si intende approvato a tutti gli effetti" (primo
 comma); le imprese che non presentano il piano si debbono adeguare ai
 limiti fissati entro il termine previsto per la presentazione del pi-
 ano stesso (secondo comma).
    A  sua  volta  l'art.  4,  "al fine di consentire l'adeguamento ai
 limiti di zona previsti", stabilisce che "le regioni provvedono entro
 un  anno  dall'entrata  in  vigore  del  decreto  stesso  ad  emanare
 direttive  per  la  predisposizione  da  parte dei comuni di piani di
 risanamento"  (primo  comma);  fissa  il  contenuto  di  detti  piani
 (individuazione   dei   rumori   previsti,   soggetti   cui   compete
 l'intervento, modalita' e tempo per il risanamento, stima degli oneri
 finanziari e mezzi necessari, eventuali misure cautelari a  carattere
 d'urgenza  per  la  tutela  dell'ambiente  e  della  salute pubblica:
 secondo comma); e prescrive che "la regione, in  base  alle  proposte
 pervenutele e secondo la disponibilita' finanziaria assegnatale dallo
 Stato,  predispone  un  piano  regionale annuale di intervento per la
 bonifica dell'inquinamento acustico in esecuzione del  quale  vengono
 adottati dai comuni i singoli piani di risanamento" (terzo comma).
    L'art. 5 prescrive che la domanda di concessione edilizia relativa
 a   nuovi   impianti   industriali  e  di  licenza  o  autorizzazione
 all'esercizio di tali attivita' deve contenere "idonea documentazione
 di previsione d'impatto acustico".
    L'art. 6 infine fissa, in attesa della suddivisione dei  territori
 comunali nelle zone di cui alla tabella 1, i limiti di accettabilita'
 e,  per  le zone non esclusivamente industriali, le differenze da non
 superare tra il livello equivalente del rumore  ambientale  e  quello
 del  rumore  residuo  (secondo  comma),  stabilendo  altresi'  che le
 imprese possono avvalersi della facolta' di  cui  all'art.  3,  cioe'
 avvalersi    in   via   prioritaria   delle   norme   relative   alla
 delocalizzazionedegli impianti industriali.
    Orbene, potrebbe gia'  dubitarsi  che,  in  assenza  di  qualsiasi
 disciplina  legislativa  (prevista  dall'art.  4,  primo comma, della
 legge n. 833/1978), e sulla base del  solo  fondamento  dell'art.  4,
 secondo   comma,   della   stessa   legge   n.  833/1978  (l'art.  2,
 quattordicesimo  comma,  della  legge   n.   349/1986   e'   infatti,
 pacificamente,   solo   disposizione  di  carattere  procedimentale),
 possano fissarsi con decreto  del  Presidente  del  Consiglio  limiti
 massimi   delle   emissioni   sonore,   vincolanti   per  i  soggetti
 dell'ordinamento.
    Comunque, e' evidente che, anche ammesso che cio' possa  avvenire,
 la  base  legislativa  offerta  dall'art.  4  della legge n. 833/1978
 servirebbe solo  a  giustificare,  appunto,  la  fissazione  di  tali
 limiti,  e non certo la piu' ampia e complessa disciplina sostanziale
 e procedurale contenuta  nel  decreto  impugnato:  il  quale  dunque,
 almeno per tutti i suoi contenuti diversi dalla fissazione dei limiti
 di  emissione  (di  cui alla tabella 2, richiamata nell'art. 2, primo
 comma, parte seconda, del decreto, e  all'art.  6,  primo  e  secondo
 comma),  risulta  del  tutto  privo  di  base  legislativa  e  quindi
 illegittimo.
    La provincia ricorrente, peraltro, ha  disciplinato  organicamente
 la materia con la recentissima legge provinciale 18 marzo 1991, n. 6,
 contenente  "provvedimenti  per  la  prevenzione  ed  il  risanamento
 ambientale in materia di inquinamento acustico": legge che - si  badi
 -  e' entrata in vigore, a seguito della pubblicazione avvenuta il 26
 marzo 1991  (B.U.  n.  13),  in  data  10  aprile  1991,  cioe'  dopo
 l'emanazione del decreto impugnato.
    Si dovrebbe ritenere, secondo i principi, che la legge provinciale
 si  applichi,  in provincia di Trento, in luogo del decreto medesimo.
 La  legge  disciplina  infatti   completamente   la   materia   della
 prevenzione  e del risanamento dell'inquinamento acustico, prevedendo
 fra  l'altro  criteri  e  modalita'  di  controllo   (art.   3),   la
 zonizzazione dei territori (art. 4), i limiti massimi di emissioni in
 relazione  alla  destinazione  d'uso  del  territorio (art. 5), piani
 comunali  di  risanamento  (art.  5),  norme   sulla   pianificazione
 urbanistica  (art.  7),  la  valutazione  di  impatto  ambientale  in
 relazione all'inquinamentoacustico  (art.  8),  la  disciplina  delle
 attivita'  svolte all'aperto (art. 13), norme sulla vigilanza e sulle
 sanzioni (artt. 21, 22 e 23). Inoltre disciplina organicamente  anche
 aspetti  rimasti  estranei  invece al d.P.C.M. 1› marzo 1991, come il
 rumore da traffico veicolare, da  mezzi  di  trasporto  pubblico,  da
 traffico  ferriviario  e aereo (artt. 9, 10, 11 e 12), l'inquinamento
 acustico in ambienti civili ad uso privato nonche' in ambienti ad uso
 pubblico o collettivo e in ambienti di lavoro (artt. 15,  16  e  17),
 misure   di   prevenzione   dell'inquinamento   acustico   attraverso
 prescrizioni tecniche sulle costruzioni (artt. 18 e 19).
    Tuttavia si deve osservare che per alcune delle  disposizioni  del
 d.P.C.M.  impugnato - precisamente quelle contenute negli artt. 3 e 4
 - pare difficile presupporre la  loro  non  applicabilita'  anche  in
 provincia  di  Trento,  in quanto esse non solo prevedono adempimenti
 dei comuni ma impongono alla stessa  provincia  (se  assimilata  alle
 regioni,  espressamente nominate) precisi obblighi di esame di piani,
 dettando specifiche prescrizioni procedimentali, fra cui  addirittura
 la  regola  del  silenzio-assenso  ai  fini dell'approvazioneda parte
 della provincia dei piani comunali (art.  3,  primo  comma),  nonche'
 obblighi di emanazione di direttive, contenuti vincolanti per i piani
 di  risanamento,  e  la  imposizione  di  un piano regionale annuo di
 intervento per la bonifica, da finanziarsi ad opera dello Stato (art.
 4, primo, secondo e terzo comma).
    Ma se tali disposizioni sono applicabili anche nella provincia  di
 Trento,  esse  sono  lesive dell'autonomia provinciale, in quanto del
 tutto prive di base legislativa e incidenti dettagliatamente, nonche'
 disciplinando perfino le procedure amministrative e la  spesa,  nella
 materia  demandata  dallo  statuto  e  dalle norme di attuazione alla
 competenza provinciale.
    Ma lo stesso deve dirsi di altre disposizioni del decreto, ove  le
 si  ritengano  prevalenti  sulla disciplina recata dalla sopravvenuta
 legge provinciale.
    Tali  l'art.  1,  quarto  comma,  ove  si  detta  una  disciplina,
 immediatamente applicabile, relativa alle attivita' temporanee e alle
 manifestazioni  in  luogo  pubblico  o aperto al pubblico comportanti
 l'impiego di macchinari  ed  impianti  rumorosi,  si  stabilisce  una
 competenza  del sindaco a concedere autorizzazioni anche in deroga ai
 limiti e si disciplina la relativa procedura; l'art. 2, terzo  comma,
 che  fissa  il  termine  per  l'adeguamento  degli  impianti  a ciclo
 produttivo   continuo   attualmente   operanti   nelle    zone    non
 esclusivamente industriali; l'art. 3, primo e secondo comma, la' dove
 prevede  la  presentazione  di  piani  di  risanamento da parte delle
 imprese, e l'obbligo per le imprese che non presentano  il  piano  di
 adeguarsi  ai  limiti  fissati  entro  il  termine  previsto  per  la
 presentazione dei piani; l'art. 5, che impone di corredare la domanda
 per  il  rilascio  di  concessione edilizia relativa a nuovi impianti
 industriali e di  licenza  o  autorizzazione  all'esercizio  di  tali
 attivita' con una idonea documentazione di impatto acustico.
    Anche  tali  disposizioni  infatti,  disciplinando  aspetti  della
 materia (per di piu' di dettaglio) di piena competenza provinciale, e
 ulteriori rispetto alla fissazione di limiti  dalle  emissioni,  sono
 sicuramente   prive   di   adeguata   base   legislativa   e   lesive
 dell'autonomia provinciale.
                               P. Q. M.
    La ricorrente  provincia  autonoma  chiede  che  la  Corte  voglia
 dichiarare  che  non  spetta allo Stato, e per esso al Presidente del
 Consiglio dei Ministri, disciplinare,  senza  base  legislativa,  gli
 aspetti  della  materia attinenti all'inquinamento acustico ulteriori
 rispetto  alla  fissazione   di   limiti   delle   emissioni   sonore
 relativamente  all'ambiente  esterno  e  abitativo;  e  per l'effetto
 annullare gli artt. 1, quarto comma, 2, 3, 4  e  5  del  d.P.C.M.  1›
 marzo 1991, meglio indicato in epigrafe.
      Roma, addi' 7 maggio 1991
            Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA

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