N. 332 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 marzo 1991
N. 332 Ordinanza emessa il 4 marzo 1991 dal pretore di Modena nel procedimento civile vertente tra Bortolotti Fernanda e l'I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Pensione di inabilita' - Elevazione dei limiti di reddito ostativi al conseguimento delle prestazioni economiche di invalidita' - Mancata previsione dell'estensione di detti piu' favorevoli limiti reddituali al conseguimento della pensione sociale per gli ultrasessantacinquenni - Ingiustificata disparita' di trattamento tra gli invalidi civili a seconda del riconoscimento dell'invalidita' prima o dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di eta', attesa anche la mancata considerazione del reddito del coniuge ai fini del computo della pensione di invalidita' ma non per la pensione sociale - Violazione del diritto a mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore in caso di invalidita' - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 769/1988 - Questione gia' sollevata dallo stesso giudice a quo e restituita allo stesso con l'ordinanza n. 219/1990 per ius superveniens (art. 2 della legge 29 dicembre 1988, n. 544) - Riproposizione della questione per ritenuta permanenza della rilevanza - Riferimento alla successiva recente evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze nn. 286/1990 e 75/1991). (D.-L. 23 dicembre 1976, n. 850, art. 1, sostituito dalla legge 23 febbraio 1977, n. 29; d.-l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14-septies, aggiunto dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.21 del 29-5-1991 )
IL PRETORE Pronuncia la seguente ordinanza. Con ricorso depositato in cancelleria in data 25 maggio 1989 la signora Bortolotti Fernanda agiva nei confronti dell'I.N.P.S. al fine di ottenere l'attribuzione della pensione sociale di cui all'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, ad esito della decisione della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 1 del d-l. 23 dicembre 1976, n. 850, convertito con modificazioni nella legge 21 febbraio 1977, n. 29, e dell'art. 14-septies del d.-l. 30 dicembre 1979, n. 663, introdotto con la legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, per contrasto con gli art. 3 e 38 delle Costituzione. La ricorrente infatti esponeva che in data 2 dicembre 1987 aveva presentato domanda per ottenere la pensione di inabilita' in quanto invalido civile; che in data 8 novembre 1988 era stata riconosciuta invalida con riduzione della capacita' lavorativa in misura superiore ai due terzi (90%); che in data 19 novembre 1988 aveva presentato all'I.N.P.S. sede di Modena domanda per l'ottenimento della pensione sociale negata in via amministrativa in quanto il "coniuge dell'istante ha redditi da pensione di importo superiore al limite per la concessione della pensione sociale". Esperito senza alcun esito il ricorso in via amministrativa, la signora Bortolotti Fernanda proponeva l'odierno giudizio, eccependo pregiudizialmente la illegittimita' costituzionale delle disposizioni di legge che prevedono per la pensione sociale un limite di reddito inferiore a quello stabilito per la pensione di inabilita' a favore degli invalidi civili. L'I.N.P.S. si costituiva in giudizio opponendosi alla domanda attrice e chiedendo la declaratoria di irrilevanza o di inammissibilita' della sollevata questione di costituzionalita', gia' peraltro dichiarata inammissibile dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 769 del 22 giugno 1988. Questo pretore dichiarando rilevante e non manifestamente infondata con riferimento all'art. 3 primo e secondo comma e all'art. 38, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decretolegge 23 dicembre 1976, n. 850, come sostituito con la legge di conversione 23 febbraio 1977, n. 29, e dell'art. 14-septies aggiunto al d-l. 30 dicembre 1979, n. 663, dalla legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, nella parte in cui e perche' non hanno esteso alla pensione sociale istituita con l'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, modificato dall'art. 3 del d.-l. 2 marzo 1974, n. 30, come convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114, quindi al reddito previsto dall'art. 3 del predetto d.-l. n. 30/1974, la previsione di piu' elevati limiti di redditto disposta invece a modificazione soltanto di quelli originariamente stabiliti dagli artt. 6, 8 e 10 dello stesso d.-l. n. 30/1974, in data 2 novembre 1989 rimetteva gli atti alla Corte costituzionale sospendendo il processo. La Corte costituzionale con ordinanza n. 219 del 19 aprile 1990 ordinava la restituzione degli atti a questo pretore per il riesame della rilevanza della questione sollevata in quanto nell'ordinanza di rimessione non risultava essere stata presa in considerazione la successiva norma di cui all'art. 2 della legge 29 dicembre 1988, n. 544, che sostituendo l'art. 2 della legge n. 140/1985 ha disposto un aumento della pensione sociale spettante "anche ai soggetti esclusi in relazione alle condizioni di reddito" ed ha introdotto variazioni circa il computo dei redditi ostativi al suo conseguimento. La parte attrice presentava ricorso, depositato in cancelleria in data 29 maggio 1990, per la prosecuzione del processo. All'udienza del 6 settembre 1990 si costituiva per l'I.N.P.S. l'avv. Franco Saracini (procura generale alle liti atto notaio Lupo di Roma, in data 27 ottobre 1986 rep. 5303) ed i difensori chiedevano fissarsi udienza di discussione finale con termine per note. All'udienza del 14 febbraio 1991 il difensore della ricorrente insisteva come esposto nelle note difensive perche' gli atti venissero rimessi nuovamente alla Corte costituzionale non essendo venuta meno la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale gia' sollevata; il difensore dell'istituto convenuto dichiarava di rimettersi a giustizia. Riesaminata la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale gia' sollevata si ritiene che essa sussista anche alla luce della disposizione appena citata. La norma richiamata dalla Corte costituzionale ha previsto un aumento della pensione sociale a favore di coloro che sono titolari di detta pensione nonche' di coloro che sono esclusi dal diritto alla pensione sociale per mancanza dei requisiti reddituali. L'erogazione dell'aumento predetto e' subordinata alla sussistenza degli stessi requisiti personali (compimento del sessantacinquesimo anno di eta', possesso della cittadinanza italiana, residenza in territorio italiano) previsti per avere diritto alla pensione sociale, nonche' alla sussistenza dei sottoindicati requisiti reddituali (vedasi circolare I.N.P.S. n. 35 del 15 febbraio 1989): anno 1988: soggetto non coniugato: limite di reddito personale L. 4.897.650; soggetto coniugato: limite di reddito personale L. 4.897.650; limite di reddito cumulato L. 10.467.750; anno 1989: soggetto non coniugato: limite di reddito personale L. 5.053.550; soggetto coniugato: limite di reddito personale L. 5.053.550; limite di reddito cumulato L. 11.046.550. La ricorrente come da atti era titolare dei sottoindicati redditi: anno 1988 (anno di presentazione della domanda di pensione sociale): reddito personale L. 223.000; reddito cumulato L. 16.296.000; anno 1989: reddito personale L. 252.000; reddito cumulato L. 19.148.000. E' evidente dal raffronto dei dati sopra riportati che il reddito della ricorrente e' ostativo al sorgere del diritto alla predetta maggiorazione. Inoltre occorre considerare che i nuovi limiti di reddito sono previsti solo per il sorgere del diritto all'aumento disposto dalla citata norma e non invece per avere diritto alla pensione sociale riguardo alla quale rimangono operanti i limiti ostativi gia' indicati nella prima ordinanza di rimessione. Si rileva che la stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 286 dell'11-14 giugno 1990 ha ribadito l'esigenza di un riequilibrio dei limiti di reddito ostativi al conseguimento della pensione di invalidita' e della pensione sociale (.. .. ... "La diversificazione che il giudice remittente evidenzia tra soggetti di pari reddito e parimenti inabili a seconda che l'invalidita' sia riconosciuta prima o dopo i sessantacinque anni non discende in realta' da tale congegno normativo, ma dalle disposizioni - diverse da quelle qui impugnate -, che stabiliscono diversi limiti di reddito ai fini del conseguimento della pensione di invalidita' e, rispettivamente, di quella sociale. Se essi venissero ricondotti all'originaria omogeneita', non vi sarebbe ragione di richiedere, dopo i sessantacinque anni, quest'ultimo trattamento alle condizioni reddituali del primo. L'incoerenza del sistema assistenziale che da cio' discende - e che non e' sanabile con l'alterazione dei rapporti tra i due trattamenti richiesta dal giudice a quo - e' gia' stata segnalata da questa Corte nella sentenza n. 769/1988; e va qui ribadita l'esigenza che vi si ponga rimedio con un riappropriato riequilibrio che realizzi un adeguato contemperamento degli interessi in gioco". La Corte costituzionale si e' pronunciata ancora piu' recentemente (sentenza n. 75 del 28 gennaio-11 febbraio 1991) segnalando con particolare vigore la incoerenza sopra denunciata: "In realta' il problema resta quello - ripetutamente evidenziato in tali decisioni - di riequilibrare i requisiti reddituali per conseguire la pensione sociale e quella di invalidita', restituendo a coerenza un sistema, la cui sopravvenuta disomogeneita' non solo ha provocato le denunziate distorzioni amministrative, ma finisce per determinare serie sperequazioni, non sempre giustificabili, con riflessi negativi su situazioni di effettivo bisogno. Nel segnalare ancora una volta l'esigenza che a tale incoerenza si ponga rimedio con un appropriato riequilibrio che realizzi un adeguato contemporamento degli interessi in gioco, la Corte ritiene doveroso sottolineare che tale segnalazione non puo' intenders come mero auspicio suscettibile di essere ulteriormente disatteso". Questo pretore si richiama quindi a tute le osservazioni gia' espresse nella prima ordinanza di rimessione evidenziando il persistere del comportamento omissivo del legislatore che non ha ovviato alla situazione di incoerenza del sistema rilevata dalla Corte costituzionale, con l'auspicio di una sua eliminazione, per ben tre volte (sentenze citate). Si ricordi che la questione di legittimita' costituzionale e' stata sollevata per la prima volta con ordinanza in data 30 aprile 1983. Si rimettono nuovamente gli atti alla Corte costituzionale e si dispone la sospensione del processo fino alla definizione della questione incidentale di incostituzionalita'.
P. Q. M. Visto l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata con riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, ed all'art. 38, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.-l. 23 dicembre 1976, n. 850, come sostituito con la legge di conversione 23 febbraio 1977, n. 29 e dell'art. 14-septies aggiunto al d.-l. 30 dicembre 1979, n. 663, dalla legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, nella parte in cui e perche' non hanno esteso alla pensione sociale istituita con l'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, modificato dall'art. 3 del d.-l. legge 2 marzo 1974, n. 30, come convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114, quindi al reddito previsto dall'art. 3 del predetto d.-l. n. 30/1974, la previsione di piu' elevati limiti di reddito disposta invece a modificazione soltanto di quelli originariamente stabiliti dagli artt. 6, 8 e 10 dello stesso d.-l. n. 30/1974; Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il processo fino alla definizione del giudizio incidentale di costituzionalita' cosi' promosso ad istanza di parte attrice; Manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza ai procuratori delle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la sua comunicazione al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Modena, addi' 4 marzo 1991 Il pretore: ARU 91C0617